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Autore: Losiliel    30/01/2016    9 recensioni
Quando ancora i figli di Fëanor erano solo due, il piccolo Maglor giocava col suo amatissimo fratello maggiore e non aveva una sola preoccupazione al mondo. O quasi.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Maedhros, Maglor
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Los Tales'
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DI BRACCIALI E BISCOTTI

dedicato a Leila91


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NOTE
Makalaurë (Káno) è Maglor
Nelyafinwë (Nelyo) è Maedhros

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Nelyo non ci aveva mai messo così tanto a trovarlo.

Forse questa volta si era nascosto davvero bene! Non solo nel ripostiglio del terzo piano, ma anche chiuso dentro l'armadio delle scope. Beh, chiuso forse non era il termine giusto… diciamo dentro l'armadio delle scope con la porta un pochino aperta, tanto perché non fosse proprio buio buio.

Eppure, aveva la vaga sensazione che ci fosse qualcosa di strano… anche quella volta che era salito sulla quercia del giardino di dietro, Nelyo l'aveva trovato quasi subito. E considerato che quando era successo sapeva a malapena camminare, l'albero superava di gran lunga l'armadio come scelta per un nascondiglio.

Makalaurë tornò col pensiero a quel giorno non troppo lontano. Il problema, allora, non era stato trovarlo, ma tirarlo giù dall'albero! Lui non riusciva più a rimettere i piedi nei punti che aveva sfruttato per salire, per quanto Nelyo gli dicesse: "più in basso Káno, più a sinistra!" Come avrebbe potuto ricordarsi qual era la sinistra in un momento come quello, appeso per le mani, col rischio di cadere di sotto! "Non ce la faccio!" aveva gridato, e le grida avevano fatto accorrere papà. In un attimo lo aveva preso tra le braccia e l'aveva appoggiato a terra. Poi si era rivolto a Nelyo: "Devi stare più attento, Nelyafinwë."

Era sempre così. Quando lui combinava un pasticcio, Nelyo si prendeva i rimproveri. Doveva essere il compito del fratello maggiore.

Quello, e spiegargli le cose che i suoi genitori non riuscivano a fargli capire. Come quella volta che erano andati a trovare il nonno, a palazzo, e la mamma e il papà avevano tentato di spiegargli come si doveva rivolgere alla nonna. Un lungo discorso del quale lui non aveva capito nulla, col papà che alla fine se n'era andato esasperato dicendo: "insomma, chiamala come ti pare, basta che non la chiami nonna", lasciandolo nella confusione più totale. Era stato Nelyo a sussurrargli: "chiamala Indis con la esse, andrà benissimo".

E tutto era andato benissimo, infatti. Indis con la esse gli aveva persino fatto i complimenti per una canzone che si era inventato lì per lì. Cioè… in verità lei gli aveva detto che cantava come un usignolo, e lui le aveva risposto che non era affatto un usignolo, ma un ferocissimo falco cacciatore. Allora il papà aveva sorriso, uno di quei sorrisi che facevano paura, la mamma aveva guardato con estrema attenzione il contenuto della sua tazzina da tè, e Nelyo gli aveva chiesto se gli andava di uscire a giocare.

Makalaurë sorrise, al ricordo. Avevano passato l'intero pomeriggio a rincorrersi nel parco del Palazzo Reale, invece che stare dentro coi grandi che si sorridevano per finta. Sì, lui aveva in assoluto il miglior fratello maggiore del mondo!

Che però adesso non era lì con lui.

Il suo entusiasmo per il gioco cominciò a lasciare il posto a una leggera apprensione. Perché Nelyo non arrivava?

Si mise a canticchiare per darsi coraggio… o forse, sotto sotto, perché voleva farsi scoprire. Doveva azzardarsi a uscire, e rischiare di perdere il gioco? Makalaurë tentò di analizzare per bene la situazione valutandone ogni aspetto, come gli aveva insegnato il fratello, ma fu distratto dalle gambe che cominciavano a intorpidirsi per averle tenute troppo a lungo ripiegate sotto di sé, e da… avvicinò il viso alla fessura tra la porta e lo stipite… da un inconfondibile profumino di biscotti che proveniva dai piani inferiori! Quelli al cioccolato, per giunta, i preferiti della mamma.

La mamma stava costruendo un nuovo fratellino. Ma non di pietra, eh? un fratellino vero. Makalaurë non aveva capito bene il meccanismo, ma sapeva che doveva riposare molto e mangiare tutto quello che le pareva.

A lui, sinceramente, non preoccupava l'arrivo di un fratellino. Lo capiva benissimo che la mamma e il papà avrebbero avuto meno tempo da dedicargli, ma in fondo che importava, quando aveva Nelyo tutto per sé? Il problema ci sarebbe stato se Nelyo avesse dovuto fare da fratello maggiore anche al nuovo arrivato, ma questo era assolutamente fuori discussione: Nelyo era il suo fratello maggiore. Suo e basta. E poi, come diceva il nonno, non serviva a niente pensare alle cose tristi. "Cerca di vedere sempre il lato positivo", diceva.

In questo caso, il lato positivo era che i biscotti venivano fatti più spesso.

Un gorgoglio nello stomaco fu il segnale che lo spinse a uscire. Aprì pian piano la porta dell'armadio e guardò fuori, nella penombra del ripostiglio. Era pieno di vecchie cose accatastate, scaffali zeppi di scatole con sopra scritte che lui ancora non riusciva a decifrare, alcuni blocchi di marmo dalle forme strane, un tavolino con una gamba rotta… e sul tavolino una cosa che prima non aveva notato: il suo vecchio flauto di legno! Aveva pochi buchi e faceva un suono terribile, adesso lo sapeva, ma quanto lo aveva suonato nella sua cameretta, con Nelyo che gli chiedeva di smettere perché doveva fare i compiti. Poi il papà gliene aveva costruito uno di metallo, come quello dei grandi, solo più piccolo, adatto alle sue dita. E il suono che produceva era come una magia. Adesso Nelyo gli domandava di continuare.

Il pensiero della musica gli diede coraggio. Uscì in corridoio. I suoi piedini nudi ritrovarono il caldo tappeto sotto di loro. Il profumo di biscotti era inebriante. La luce piena di Laurelin scendeva su di lui dal grande lucernario che sovrastava la scalinata, poco più avanti. Makalaurë fece un gran sospiro. Tutto era perfetto.

Tutto sarebbe stato perfetto, si corresse, se il suo fratellone fosse stato lì con lui.

Beh, ormai era uscito dal nascondiglio... tanto valeva andarlo a cercare.

"Vado a dare una cosa a papà" gli aveva detto Nelyo, "ti raggiungo subito."

Così scese l'ampia scalinata che portava fino al piano terra, un gradino dopo l'altro, orgoglioso di non doversi più tenere al corrimano in pietra per affrontare la discesa. Giunto nell'atrio principale del palazzo, fu tentato, per un attimo, di seguire la scia del profumo e imboccare il corridoio che portava alle cucine, ma poi voltò risoluto in quello che conduceva allo studio del padre.

I suoi passetti leggeri non facevano alcun rumore nel percorrere il lungo tappeto che copriva il pavimento di marmo. Ad un tratto però si fecero incerti: quando la porta dello studio era chiusa, prima di bussare bisognava essere proprio sicuri sicuri che non ci fosse nessuno in tutta la casa che poteva esserti d'aiuto. Bussare a quella porta era l'estrema risorsa, così diceva papà. Si domandò se ne avrebbe avuto il coraggio.

Ma presto si accorse che la porta doveva essere aperta, perché sentiva delle voci arrivare nitide fino a lui. Quando riconobbe quella di Nelyo, il suo cuoricino fece un balzo nel petto per la gioia! Qualcosa tuttavia lo trattenne dal corrergli incontro, continuò invece ad avvicinarsi piano e quando giunse allo studio si fermò silenzioso sulla soglia.

Papà e Nelyo erano in piedi uno di fronte all'altro, nel centro della luminosa stanza, davanti a una scrivania ricoperta di carte, di libri e di molti altri oggetti dalla forma strana il cui utilizzo gli era ignoto. I due erano talmente presi l'uno dall'altro che non lo notarono nemmeno.

Makalaurë si sentì un po' a disagio a stare lì, non visto, ma per quanto ci provò, non riuscì a far muovere i suoi piedi per andarsene, né ad aprir bocca per rivelare la sua presenza. Restò quindi ad ammirare il padre, imponente e fiero anche quando indossava abiti semplici e teneva i capelli solo parzialmente raccolti in una treccia disordinata. Come sempre, la sua presenza gli suscitava un profondissimo orgoglio e un certo timore insieme.

Tuttavia non era il padre ciò che più attirava la sua attenzione in quella stanza, ma colui che gli stava di fonte. Così alto ormai che arrivava quasi alle spalle dell'adulto, con quella chioma fiammeggiante e quegli occhi in cui sembravano brillare tutte le stelle del cielo, il fratello non mostrava la minima soggezione di fronte al genitore, anzi ne osservava apertamente il volto come fosse intento ad analizzarne ogni minima espressione.

Makalaurë conosceva quello sguardo: cercava di indovinare, Nelyo. Quando guardava le persone, cercava di indovinare cosa pensassero, per essere pronto. Sorrise tra sé, e pensò ancora una volta che nessuno al mondo aveva un fratello come il suo.

Poi sentì il papà che diceva: "È molto bello, Nelyafinwë."

E solo in quel momento notò che il genitore teneva qualcosa tra le mani, e lo osservava con grande attenzione. Rimase a bocca aperta nel riconoscere il bracciale a cui Nelyo aveva lavorato, di nascosto, per tutto il mese. Gli aveva dato forma, l'aveva decorato, levigato, inciso. Gli aveva dedicato tutto il suo tempo libero.

"Qui, però, vedi, hai lasciato la superficie un po' irregolare."

Nelyo abbassò lo sguardo sull'oggetto e Makalaurë non fu più in grado di vedere i suoi occhi, ma non aveva alcuna difficoltà a immaginarseli: attenti, concentrati.

"E qui, dove si aggancia il fermaglio, c'è un piccolo tratto in cui la decorazione non arriva."

Nelyo tornò ad alzare lo sguardo sul padre e Makalaurë ebbe un piccolo sussulto. Conosceva anche quell'espressione! Era quella di quando si faceva male e si tratteneva dal piangere. Una volta era più facile da riconoscere, perché si mordicchiava il labbro inferiore e gli occhi gli luccicavano. Ora solo lui l'avrebbe notata: occhi asciutti, viso rilassato… solo un leggero irrigidirsi delle spalle.

"La prossima volta vieni da me prima, ti insegnerò io come puoi far meglio."

Il padre riconsegnò il bracciale a Nelyo, con un sorriso gentile e una breve carezza, poi gli voltò le spalle e tornò alla sua scrivania.

Nelyo uscì. Gli passò davanti come se non l'avesse visto e camminò piano fino alla fine del corridoio. Poi si mise a correre su per le scale.

Quando Makalaurë arrivò a spingere la porta di camera loro, lo trovò seduto sul letto, con la schiena dritta e le mani sulle ginocchia, immobile. Allora si avvicinò e si arrampicò di fianco a lui; sul copriletto, tra loro, vide il bracciale abbandonato.

Makalaurë aspettò. Sapeva cosa sarebbe accaduto: il fratello si sarebbe chinato su di lui e lo avrebbe preso in braccio, gli avrebbe mormorato all'orecchio cose buffe, fino a farlo ridere. Succedeva sempre così.

Ma Nelyo non si mosse.

Makalaurë guardò il bracciale che giaceva tra loro: doveva essere quello il problema. Lo prese in mano, con un po' di timore. Era davvero bellissimo, e lo disse ad alta voce.

Solo allora Nelyo si girò verso di lui e gli sorrise, senza gli occhi però.

"Davvero ti piace?"

Makalaurë aprì la sua mente, per fargli capire che stava dicendo la verità. È bellissimo, Nelyo. E per sottolineare il concetto, se lo infilò.

Era un bracciale chiaramente fatto per il polso di un adulto. Si domandò perché suo fratello si fosse costruito un bracciale da adulto, ma subito intuì, più che capire, che non era la cosa giusta da chiedere in quel momento.

Nelyo glielo sfilò gentilmente e lo mise da parte. "Allora, la prossima volta, ne farò uno per te" disse, e finalmente lo prese tra le braccia e lo sollevò, facendolo sedere sulle sue ginocchia.

Makalaurë si crogiolò per un attimo in quella sensazione di protezione assoluta, simile a quella che provava quando era tra le braccia della mamma, ma al contempo diversissima, così come erano diversi i due Alberi: entrambi donavano la luce, ma uno sconfiggeva l'oscurità, l'altro la rendeva affrontabile.

Poi alzò lo sguardo sul fratello. Nelyo non apriva mai la mente per nessuno, glielo aveva spiegato una volta la mamma. Gli aveva detto che era il suo modo per custodire nel cuore le cose che amava di più, per paura che condividendole diventassero meno sue. Non le aveva creduto – Nelyo non aveva paura di niente.

E in ogni caso lui non aveva bisogno di avere accesso alla sua mente per capire cosa provava il fratello. Adesso, per esempio, i suoi scintillanti occhi grigi erano tornati a sorridere, segno che lui era di nuovo sereno. Gli gettò le braccia al collo, e lo strinse forte.  

Improvvisamente sentì un'inspiegabile malinconia, forse dovuta all'aver visto il fratello per la prima volta in quell'umore strano, o forse ancora al pensiero del piccolo in arrivo, oppure, in qualche modo, a quel bracciale troppo grande e così bello, ormai gettato in un angolo del letto.

Ma non durò a lungo, perché Nelyo gli affondò il viso tra i capelli, raggiunse il suo orecchio e mormorò: "Ehi, Káno, non sembra anche a te di sentire un delizioso profumo di biscotti?"

Makalaurë esplose in una risatina argentea, per il solletico che gli faceva il respiro del fratello sul collo e per l'eccitazione di ciò che sapeva sarebbe presto accaduto.

Infatti, senza attendere risposta, Nelyo se lo caricò di traverso su una spalla e in un attimo correva nel corridoio gridando: "Largo al falco cacciatore in picchiata verso le cucine!"

Makalaurë spalancò le braccia come ali – non c'era bisogno di tenersi alle spalle del fratello, sapeva che Nelyo mai avrebbe permesso che gli accadesse qualcosa di male.

Poi rise forte, per sfogare l'eccitazione, e perché era felice.

E la giornata tornò perfetta.

 

 

 

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Note finali:
 

01.
Grazie a tutti per aver letto questo breve racconto, e grazie a Benni per il suggerimento che gli ha dato vita!

02.
In The Shibboleth of Fëanor (The History of Middle-earth, vol. 12) viene narrato come Fëanor si fosse opposto al cambiamento linguistico che ha portato al prevalere del suono S sul suono TH (nelle parole che lo contenevano). Semplificando al massimo: il cambiamento era di origine, diciamo così, popolare, e Fëanor, da erudito, lo trovava sbagliato da un punto di vista linguistico ed etimologico. Ma soprattutto non si è lasciato sfuggire l'opportunità di usare la questione come pretesto per differenziarsi ulteriormente dalla nuova famiglia di suo padre, infatti Finwë aveva accettato il cambiamento, sua moglie Indis vi si era adeguata e i loro figli e nipoti vi si attenevano. A "Casa Fëanor", invece, si parlava col TH, per intenderci. Questa lunga, noiosa (e, temo, superflua) premessa per dire che, anche se non credo che la S di Indis sia tra quelle che si dovrebbero pronunciare TH in base alla Shibboleth (ma correggetemi linguiste!), credo però che Maglor, da piccolino, facesse un po' di confusione tra i due suoni, ed è per questo che Maedhros gli precisa come pronunciare il nome Indis.

03.
Tolkien dice che i figli di Fëanor preferivano essere chiamati col nome ricevuto dalla madre (eccezion fatta per Curufin), cosa che si deduce dal fatto che i loro nomi Sindarin sono più o meno una derivazione dell'amilessë. Io però credo che durante l'infanzia loro usassero per lo più i nomi paterni, ed è proprio per questo che ne esistono dei diminutivi (Nelyo per Nelyafinwë, etc… i piccoli avevano difficoltà a pronunciare nomi lunghi) e che l'amilessë, nei primi anni della loro vita, lo usassero esclusivamente con la madre. Per questo motivo Maedhros e Maglor si chiamano l'un l'altro Nelyo e Káno.

Per il narrato ho invece usato Makalaurë, perché è il pov di Maglor e lui vede sé stesso come Makalaurë.

04.
La scena del regalo di Nelyo al padre si ispira ad una scena simile contenuta in The Gift di Ithilwen of Himring, che potete trovare in versione originale qui, oppure, tradotta da Milako, anche qui su efp.

  
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