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Autore: Shichan    30/01/2016    3 recensioni
Miyuki sa meglio di chiunque altro che a volte è più facile annientare gli altri che soffocare se stessi, eppure ora guarda Eijun e pensa sarebbe comodo conoscere un modo per non dover fare né l'una né l'altra cosa.
Mei è pieno del suo talento, passa le dita sul pianoforte come se le passasse sul proprio corpo, perché lo strumento non è un tramite ma espressione pura di sé.
Satoru è stato così abituato alla figura che vedeva nello specchio, da trovare insopportabile il pensiero di poter essere qualcosa di diverso - o di volerlo diventare: finge meglio di quanto lui stesso creda, tranne che con Haruichi.
Per tutti e tre, respirare non è mai stato così difficile.
[MiSawa, FuruHaru, MiyuMei (passata); tematiche delicate, consigliata la lettura delle note al primo capitolo]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Eijun Sawamura, Kazuya Miyuki, Mei Narumiya, Satoru Furuya
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Disclaimer: i personaggi sono proprietà di Terajima
Note: io volevo solo scrivere cose romantiche a caso. Mi pare evidente che la cosa sia un tantino sfuggita di mano.
Avvertimenti (tematiche delicate): in questa fan fiction mi sono ritrovata impelagata in tematiche importanti. Tra queste, mi sembra opportuno segnalare la presenza di asessualità e identità di genere; poiché potrebbero non essere gradite a tutti, invito coloro che non sono interessati o si sentono disturbati a chiudere la pagina e non proseguire oltre.
Specifico inoltre che in alcun modo questa fanfic vuole tramutarsi in testimonianza diretta o indiretta degli argomenti di cui sopra. Cercherò, nel limite del tatto e della delicatezza dovute, a dare più che altro accenni specie riguardo l’identità di genere, giacché troverei poco opportuno da parte mia che non vivo in prima persona l’importante percorso che sta dietro a questo argomento parlarne diffusamente o nel più piccolo dettaglio.
Pregherei, poiché l’avviso della presenza di tale tematica è qui presente, di evitare commenti nelle recensioni – quando la fan fiction arriverà a quel punto – quali “ma tizio non è plausibile voglia essere donna”; dopotutto, se il plausibile si basa sul canon sfornato da Terajima, il 99% di quanto scriviamo non lo è. L’obiettivo ultimo di questa storia, peraltro, non è questo.
Note di ambientazione: Eijun è al suo ultimo anno e Miyuki al primo dell’università (medicina); le età degli altri personaggi sono state modificate di conseguenza. Eijun pratica il baseball, Miyuki lo ha fatto in passato, in nessuno dei due casi è un tema centrale nella storia. Narumiya fa il pianista. Ulteriori note, che al momento potrebbero sfuggirmi, saranno eventualmente segnalate più avanti.

 

 

 

 

Vorrebbe avercela a morte con qualcuno, è questa la verità: che si tratti del karma, dei suoi antenati che – per quanto ne sa – potrebbero essersi inimicati una qualche divinità, o di Kuramochi, Eijun vorrebbe solo avere il responsabile delle sue sventure lì fra le mani.
Miyuki Kazuya lo sta fissando con tanto d’occhi, almeno per gli standard di sorpresa che la sua faccia si degna di mostrare al mondo; Sawamura l’ha vista in altre occasioni, come quanto Miyuki scopre che lui – Eijun – è sempre più incapace in matematica di quanto dovrebbe essere concesso a uno studente liceale. Se fosse il caso anche in questo momento, gli rivolgerebbe un insulto in tempo record, tanto più che ormai Miyuki deve essersi arreso in merito al sentirsi rivolgere appellativi rispettosi da lui.
Ma, con suo grande disappunto, stavolta non può dargli torto; e per quel che lo riguarda, Eijun vorrebbe solo essere risucchiato dal pavimento della sua stanza e sparire. O avere la propria stanza a qualcosa come il decimo piano di un edificio, perché dubita che buttarsi di sotto dal primo servirebbe a causargli qualcosa di definitivo per mettere fine alle sue pene. Con la sfortuna che ha potrebbe al massimo slogarsi o rompersi qualcosa, e a quel punto magari nemmeno potrebbe fuggire; no, è poco conveniente, si dice.
Vuole morire e basta. Cioè, non nel senso stretto del termine, lui ama la vita – ha un po’ di sfiga, questo lo ha appurato, ma niente di così terribile da giustificare un gesto estremo.
A parte il fatto di aver appena detto qualcosa di troppo. Qualcosa che a Kominato Haruichi, che si è preso la briga di essere il suo migliore amico negli ultimi due anni e mezzo di scuola, costerà una chiamata fatta di lagne; se fossero due ragazze potrebbe salvarsi con una mega coppa gelato – Wakana ha sempre sostenuto funzionasse con le sue amiche, Eijun francamente dubita che del gelato possa farlo sentire meno nel panico.
Miyuki ha ritrovato la sua calma interiore, perché l’espressione non mostra più la genuina sorpresa di poco prima. In compenso Eijun non saprebbe come definire quel sorrisetto che gli incurva le labbra e lo sguardo che gli rivolge: non è pietà e non gli sembra schifo, ma è una ben magra consolazione visto che non sa comunque riconoscere niente sul viso del più grande, e la cosa non lo aiuta a tranquillizzarsi.
Anche perché se c’è una persona che negli ultimi mesi è sempre riuscita ad angosciarlo, metterlo in imbarazzo, farlo sentire un perfetto demente e farlo incazzare, quella è Miyuki Kazuya.


Quando, più o meno sei mesi fa e a ridosso di un giugno che si preannunciava fin troppo afoso, Kuramochi Youchi gli mandato uno sterile messaggio “muovi il culo e vediamoci quando finisco il turno”, Miyuki avrebbe dovuto capire che la fregatura doveva essere da qualche parte. Non perché di solito il suo ex compagno di liceo fosse l’apoteosi delle smancerie nei suoi messaggi (grazie al cielo), quanto perché almeno una motivazione veniva sempre data. Ma cogliere i segni sarebbe stato troppo semplice, e in ogni caso Miyuki aveva sempre dato il beneficio del dubbio in merito alla totale sanità psicologica di Kuramochi – non che lui potesse davvero fare la predica a qualcuno in merito.
Era stato troppo fiducioso degli ultimi tre anni di frequentazione al liceo in cui, bene o male, credeva di aver “preso le misure” con lui, di saper gestire qualsiasi cosa l’altro gli ponesse di fronte; a suo favore bisognava dire che Youichi aveva le sue stranezze, ma per lo più innocue. Se eri tipo da non scomporsi particolarmente perché il tuo migliore amico aveva la fissa per mosse di pro-wrestling – che di sicuro non era né sarebbe mai stato il suo sport, per così dire – e la risatina un po’ infoiata che ogni tanto tirava fuori… il resto era tranquillamente vivibile.
Forse Miyuki era stato troppo fiducioso.
Eijun non è un cattivo ragazzo, anzi: Miyuki lo ha inquadrato abbastanza facilmente da quando si sono incontrati, tramite Kuramochi, perché a detta di quest’ultimo il suo vicino di casa era “troppo stupido per sperare di finire gli esami senza essere bocciato, figurarsi l’ammissione alla Waseda!”. Una frase che, Kazuya lo sapeva, nascondeva una sottile preoccupazione e una chiara richiesta ad aiutarlo.
Youichi si è messo a lavorare subito dopo il diploma. La sua media era di tutto rispetto, ma niente di particolare – nulla comunque gli avrebbe precluso l’ingresso a una normale università pubblica, se avesse voluto – ma, e non lo aveva mai nascosto, non c’era niente che volesse studiare di specifico. Riteneva che andare all’università per lui sarebbe stato uno spreco di tempo e soldi per la sua famiglia, così aveva rinunciato andando a cercarsi un buon lavoro.
Non era servito spiegare tutto questo a Miyuki per chiarire che non si sentiva minimamente in grado di aiutare Eijun con i suoi studi; tra l’altro la matematica, una delle due materie in cui Sawamura andava peggio, a Kuramochi aveva sempre fatto schifo.
Così, Kazuya aveva accettato e aveva incontrato Eijun e i genitori di quest’ultimo; loro erano sembrati molto più entusiasti di lui, a dire il vero, cosa che aveva inizialmente reso dubbioso Miyuki: aveva fiducia nelle proprie capacità di spiegare e insegnare, specie argomenti con cui non aveva mai davvero perso la mano, ma far sì che una persona svogliata e senza alcuna intenzione di applicarsi riuscisse ad apprendere era un altro discorso.
Si era dovuto ricredere: forse Eijun non lo aveva in simpatia – peccato, perché prenderlo in giro si era rivelata da subito una delle cose più divertenti che Miyuki avesse provato nella sua vita relazionale con altre persone –, ma aveva in mente un obiettivo e da subito si era capito quanto fosse disposto a mettere da parte anche l’odio per lui, se solo fosse servito a fargli raggiungere lo scopo. Così, nonostante Miyuki non avesse mai rinunciato alle prese in giro ai danni dell’altro durante le loro lezioni, aveva fatto del proprio meglio per aiutare Sawamura a colmare le sue lacune nello studio.
Cosa più semplice a dirsi che a farsi, quando alzando lo sguardo per controllare a che punto fosse con gli esercizi lo trovava a contare con le mani, ma non era così terribile nel complesso.
Per essere completamente sinceri, Eijun è un bravo ragazzo. È una di quelle persone che si impegna al massimo delle proprie possibilità senza mai risparmiarsi, di quelle che finiscono sempre per contagiare gli altri con il proprio entusiasmo; ha un carisma di cui – Miyuki ne è sicuro ormai – non è conscio lui stesso, e ha la capacità di circondarsi di persone che finiscono con il riconoscere il suo valore e la sincerità dell’amicizia da lui offerta con naturalezza. Questo Miyuki lo ha capito di volta in volta rapportandosi con lui, o vedendolo avere a che fare con Kuramochi e Kominato, quest’ultimo trovato più di una volta a casa Sawamura e immediatamente identificato come il fratello di Ryousuke.
Kazuya ha capito e imparato ad apprezzare anche la totale schiettezza di Eijun, nel bene e nel male, fatta di assenza di rispetto nei suoi confronti ma anche di pareri privi di malizia o cattiveria gratuita. Sa riconoscere, dopo sei mesi di assidua frequentazione due pomeriggi a settimana e occasionalmente – ossia a ridosso dei test – il sabato mattina, quando può prendere in giro e quando è da evitare; ha persino scoperto, in un certo senso suo malgrado, che persino uno chiassoso e perennemente ottimista come Eijun ha dei momenti di sconforto, momenti in cui sembra convinto di non potercela fare né con la scuola, né con la sua scelta universitaria, né con qualsiasi altra cosa. Quelli sono i rari momenti in cui decide che Sawamura non ha bisogno di chi lo prende in giro, ma di possa sostenerlo; Miyuki non è mai stato tipo da indorare la pillola o dare false speranze, per cui non direbbe mai a qualcuno che può farcela se non ci credesse davvero – come Kuramochi gli ha ricordato per tre anni di scuola, e con una puntualità svizzera, “sei una persona di merda, ma non fino a questo punto”, una verità che poteva adattarsi a tutte quelle situazioni dove il tatto non era puramente questione di educazione e rispetto dei ruoli, ma qualcosa che non si poteva non avere in situazioni troppo serie per essere prese con leggerezza e quella punta di menefreghismo che a Kazuya non era mancata mai.
Quando dice a Eijun che entrerà alla facoltà di scienze motorie della Waseda, non ha dubbi in proposito.


Mentirebbe se dicesse di non aver colto quasi tutti i segni che Eijun, in maniera del tutto inconsapevole, gli ha lanciato; con ogni probabilità Sawamura doveva essersi persino convinto di aver fatto un ottimo lavoro nel nascondergli la cosa. E a Miyuki in fondo è sempre andato bene che l’altro lo credesse, per tutta una serie di motivi che esulano dal rapporto “insegnante-alunno” instauratosi tra loro ma che in realtà non è poi questo granché, considerando come mai una volta Eijun lo ha chiamato con il -san, figurarsi “sensei”. Di sicuro è anche colpa della differenza di età pressoché inesistente: passano sei mesi ad avere lo stesso numero di anni, prima che Miyuki festeggi – per modo di dire – il compleanno a novembre e finisca per aggiungere una cifra che rimarca l’anno di stacco che c’è tra loro. Come ora, a inizio dicembre, con Eijun che rimane ancorato ai suoi diciotto anni mentre Miyuki no.
Sì, forse anche quella vicinanza anagrafica ha fatto il suo, e se da una parte non rappresenterebbe il minimo ostacolo – non ci sarebbe poi nulla di male, ad avere un certo tipo di rapporto –, dall’altro complica di molto le cose.
Kazuya lo ha capito definitivamente a metà novembre, non perché Eijun gli abbia fatto un regalo di compleanno che avrebbe messo in difficoltà entrambi, ma per la pioggia che ancora stenta a dar loro tregua come ogni anno in questo periodo. Era un sabato mattina, di quelli in cui ci si svegliava ritrovandosi con un cielo così carico di pioggia da far sembrare ancora piena notte; Miyuki aveva comunque dovuto abbandonare letto e casa, prendere la metro e un autobus. Solitamente faceva il tratto dalla stazione della metro fino all’abitazione dei Sawamura a piedi ma, nonostante si fosse munito di ombrello, non aveva voluto rischiare di arrivare fradicio di pioggia.
Raggiunta la casa, si era ritrovato Kuramochi ad aprire la porta in procinto di uscire, e la signora Sawamura ad accompagnarlo; aveva salutato Miyuki invitandolo ad accomodarsi e lasciandogli spazio per farlo. Aveva poi allungato una mano verso Youichi, tendendogli un ombrello: «Grazie di essere passato in farmacia anche se non dovevi uscire per il lavoro, Youichi-kun.» aveva pronunciato con un sorriso grato, che Kuramochi aveva ricambiato con un sorriso aperto e un “non c’è di che” amichevole.
Ben diverso da quello quasi compiaciuto che gli aveva rivolto, quasi pregustando una vittoria il cui senso sfuggiva totalmente a Miyuki, come d’altronde il «Buona fortuna.» con tanto di pacca sulla spalla con cui l’altro si era congedato.
Non ci era voluto molto per capire, una volta che l’attenzione della signora Sawamura era stata totalmente su di lui; il maltempo risvegliava in Eijun dolori muscolari dovuti a un vecchio infortunio durante una partita di baseball. Niente di grave che lo avesse fermato per sempre, anche se ci era voluto qualche mese per tornare totalmente in forma. Però, in giornate come quella, a volte i dolori era forti e altri no – la cosa intaccava quel buon umore tipico di suo figlio, e a volte c’era bisogno di un antidolorifico, come quello che Youichi le aveva gentilmente portato.
Una volta entrato nella stanza di Sawamura, il tanto decantato malumore era stato evidente, così come per buona parte della loro prima ora di studio: Eijun non mancava mai di borbottare se una cosa non gli riusciva, o di insultare Miyuki per le prese in giro che puntualmente gli rifilava; non era difficile trovare strana l’atmosfera di una camera in cui Eijun non fiatava nemmeno, gli occhi incollati al foglio senza davvero concentrarsi sugli esercizi. Un paio di volte Kazuya lo aveva anche notato portare la mano alla gamba e massaggiare distrattamente, premendo però con una certa forza le dita contro la carne.
Alla fine Miyuki si era arreso, lasciandosi sfuggire un sospiro tra le labbra e sottraendo il foglio da sotto il naso di Eijun che aveva portato lo sguardo perplesso su di lui: «Che—»
«Inutile stare ancora su questi esercizi, visto che comunque non ti ci stai neanche impegnando.» aveva tagliato corto Kazuya alzandosi e iniziando a rimboccarsi le maniche della felpa che aveva addosso, accennando con la testa al letto nella stanza: «Va’ a sdraiarti.»
«Eh?!»
E fin lì, Miyuki aveva anche trovato il modo di attribuire lo sgomento alla proposta di per sé, non senza un imbarazzo di fondo che poteva essere giustificato in un unico modo: «Sdraiati. Do’ un’occhiata alla gamba che ti fa male.» aveva chiarito, il tono che non ammetteva molte repliche.
L’espressione di Eijun era stata impagabile, e in qualsiasi altro contesto Kazuya ne avrebbe approfittato; ma quello era uno dei famosi, rari momenti in cui dava tregua a Sawamura perché capiva non fosse il caso di infierire oltre. Forse proprio per l’assenza di prese in giro, l’altro si era sistemato sul materasso, rimanendovi seduto; ci erano voluti almeno un paio di minuti per convincerlo a liberarsi dai pantaloni – “Sawamura, se ti fa male il quadricipite non posso controllarti il ginocchio. Levati quei pantaloni o te li tolgo io” si era rivelata una potente arma per convincerlo.
Aveva taciuto, controllando con attenzione anche il ginocchio, facendolo sistemare a pancia in giù per effettuare una precisa manovra utilizzata per individuare alcuni tipi di traumi, e chiedendo a intervalli se l’altro provasse dolore. Lo aveva fatto sistemare di nuovo supino, portando le mani a fare pressione in diversi punti, da poco sopra il ginocchio a risalire fino alla coscia: i muscoli erano duri, in quel modo familiare per tutti gli sportivi, segno di allenamenti che avevano temprato il fisico. Qua e là, però, non era stato difficile notare diversi punti particolarmente contratti.
«Sawamura, segui ancora gli allenamenti del club?»
«Certo che sì.»
«Fai mai stretching, alla fine?»
«...un po’.»
«Certo.» aveva commentato scettico, occhieggiandolo e facendo un po’ più di pressione, sentendo Eijun irrigidirsi e quasi scattare seduto.
«Ohi!» lo aveva richiamato, lamentandosi.
«Questo non è il muscolo di uno che fa allungamento come si deve, Sawamura, non cercare di fregarmi.» lo aveva ammonito «Sei in anticipo di almeno diciotto anni per farlo.» aveva aggiunto sogghignando; gli era valso un mezzo insulto che non aveva colto alla perfezione, ma l’aveva lasciato cadere così, senza repliche.
«Aspetta.» aveva detto alzandosi dal bordo del letto dove si era seduto in precedenza, andando a poggiare con un ginocchio sul materasso, entrambe le mani a tenere su la gamba di Eijun. Era ancora uno studente lontano dalla laurea in medicina e dalla specializzazione come medico sportivo a cui ambiva, ma anni di sport – e di visite con un fisioterapista, quasi impossibile evitare dopo anni di attività a livello agonistico – gli avevano insegnato qualche manovra che gli atleti potevano anche fare da soli, esercizi di allungamento che non avevano bisogno di essere supervisionati, purché venissero fatti bene.
«Senti dolore?» aveva chiesto, occhieggiandolo in viso e vedendolo annuire leggermente: «Non tantissimo.» aveva aggiunto quasi subito Eijun, facendolo ridacchiare divertito mentre tendeva ancora di più il muscolo che gli stava allungando e sentendolo trattenere istintivamente il respiro.
«Non fare l’eroe, devo stenderlo finché non lo senti teso al limite.» gli aveva fatto presente, vedendolo inspirare ed espirare un paio di volte, annuendo di nuovo.
Avevano tenuto quella posizione per diverso tempo, almeno un paio di minuti; gradualmente Eijun era andato rilassandosi, gli occhi puntati solo e unicamente sulla gamba senza mai risalire fino a Miyuki. Vedendo la sua espressione farsi meno tesa, Kazuya aveva piegato con attenzione la gamba dell’altro un paio di volte, per poi osservarlo: «Va meglio?» aveva chiesto, osservandolo in viso e notando facilmente il suo annuire. Aveva incurvato le labbra in un sorriso compiaciuto, lasciandolo libero di sistemarsi e rimettere i pantaloni.
«Sei una delle persone più flessibili che io conosca, sai?» aveva detto, e non c’era stato alcun intento di metterlo in imbarazzo; ma Eijun aveva sussultato appena, le mani che non c’entravano l’asola con il bottone, e l’attimo dopo Miyuki aveva potuto affermare che sì, le persone potevano davvero arrossire fino alle orecchie.
Mentirebbe anche se dicesse di non averlo trovato carino, di non aver capito cosa stesse per succedere, di non averne avuto il minimo sentore; per quanto sia avvezzo alla menzogna, però, Kazuya sente di non pronunciare alcuna bugia dicendo che di sguardi come quello di Eijun non ne aveva visti spesso.
«Tu— io non sono— razza di—» “di cosa”, Miyuki non aveva comunque avuto il tempo di chiederlo; perché Sawamura, estremo in tutto quello che decideva di fare, non aveva potuto certo risparmiargli la dichiarazione più goffa, frettolosa e assolutamente non romantica che avesse mai ricevuto.
Lo guarda in silenzio. Mentre muove le labbra per articolare la sua risposta, vorrebbe essere una persona migliore di quella che invece è conscio di essere.

 

   
 
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