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Autore: alaskha    31/01/2016    3 recensioni
“No, aspetta – fui lui a fermarmi, quella volta – non ti va un caffè?”
“Io non bevo caffè”
“Sei davvero newyorkese o bluffi? Non mi piace la gente che bluffa”
Avevamo usato lo stesso verbo, quindi probabilmente Luke Hemmings non era un bugiardo bluffatore.
“Sono newyorkese e non bluffo, semplicemente non mi piace il caffè ed io e te non ci dobbiamo piacere, non dobbiamo neanche mai più rivederci, quindi non importa”
“Giusto”
Rimanemmo a guardarci per qualche istante.
Istanti nei quali lui non si tolse mai dalle labbra quel sorrisino sfacciato.
“Quindi?” mi riscosse lui, dal mio stato pietoso di trance.
“Quindi addio, Luke Hemmings”
“Mi dici addio perché New York è grande ed è facile sbagliarsi?”
Annuii.
“Esatto”
“Speriamo non sia così grande come dicono, allora”.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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chapter sixteen

presents


 

Svegliarsi di fianco a Luke, ormai la consideravo una delle cinque cose più belle di tutto l’universo. Lo scenario era diverso, però. Anche il mio letto era abbastanza grande per entrambi, l’iPhone segnava le 10:46 AM e la mia camera non era mai stata avvolta da un senso di pace, come quella mattina.
Mi voltai su un fianco, perché quando mi svegliavo prima di Luke, potevo guardarlo mentre dormiva, con quella sua espressione beata. Sembrava un bimbo, ed io mi sentivo un po’ una psicopatica, ma poco importava.
“Lo so che mi stai fissando”
Sobbalzai, al sentire la sua voce.
“No che non ti fisso”
Luke aprì impercettibilmente un occhio, per poi sorridere sornione.
“Lo faccio sempre anche io”
Sorrisi a mia volta, buttandomi su di lui e lasciandomi un po’ coccolare.
“Jai impazzirà quando saprà che sei qui”
“Non ha il recupero estivo?”
Mi chiese, accarezzandomi la schiena, lasciando piccoli brividi ovunque le sue lunghe dita si posassero.
Annuii, socchiudendo ancora gli occhi.
“Torna per pranzo”
“Allora dovrò farmi trovare in condizioni presentabili – disse – anche se ammetto che l’idea di passare un giorno intero a letto con te, non mi dispiace affatto”
Risi, avvicinando il mio volto al suo.
“Nemmeno a me, Luke Hemmings”
Chiamarlo per nome e cognome mi serviva per ricordarmi che era tutto reale, che lui affianco a me non era solo un bel sogno, che c’era davvero.
Luke sorrise sulle mie labbra, e sentii le sue mani scendere sulle mie gambe. Accarezzò ogni centimetro della mia pelle, ed in un secondo mi ritrovai sopra di lui.
“Sei uno spettacolo” sussurrò.
“Di prima mattina?”
“Sempre”
Il bacio furioso che ci legò pochi secondi dopo, correva il rischio di tramutarsi in qualcosa di molto più intenso. Qualcosa che non avevamo mai fatto, ma ormai il desiderio di spingerci più in là era evidente negli occhi di entrambi.
“Non possiamo”
Appoggiai la fronte alla sua, mentre lui si mordeva incessantemente le labbra.
“Lo so”
Luke si alzò dal mio letto, indossando solo i suoi boxer. Lo guardai, ancora sdraiata. Così lui si girò verso di me, allargando le braccia.
“Beh? – iniziò – vestiti dai, ti offro la colazione”.
 
 
 
 
Starbucks con Luke mi ricordava uno dei nostri primi incontri, e mentre lo guardavo armeggiare con il vassoio stracolmo di muffins ripieni al cioccolato caldo ed i due famosi frappuccini al caramello, mi sfuggì un sorriso.
“Ecco, Stratford – fece, sedendosi di fronte a me – strafogati pure”
Sorrisi ancora di più, battendo le mani come una bimba.
“Sei diventato l’uomo – frappuccino?” gli chiesi, addentando il mio muffin.
“Ebbene sì, principessa – confessò, sorseggiando la bevanda – quasi lo preferisco al classico caffè americano”
“Quasi” appuntai.
Luke annuì, guardandomi.
“Che vuoi?” gli chiesi, masticando.
Lui si strinse nelle spalle.
“Grazie per avermi ospitato stanotte” disse poi.
“Ma ti pare? – feci, ovvia – non avrei mai potuto privare Ash di una sana scopata con quella figa atomica”
Luke rise, come quella volta, buttando la testa all’indietro. Mi pulii la bocca con un tovagliolo e continuai a guardarlo, ‘che quant’era bello solo il Signore Dio che l’aveva fatto, poteva saperlo.
“Hai corso un bel rischio, Jen” mi fece notare, poi.
Annuii, lo sapevo.
“Non importa – dissi infine – mio padre non si accorge mai di nulla, e questo lo sai anche tu, potrei farmi un tatuaggio grande quanto tutta la mia schiena, non lo scoprirebbe mai”
“Ne vuoi uno?” mi domandò, giocando con il labret ed incrociando le braccia sul tavolo.
“Di cosa?”
“Di tatuaggio – spiegò – ne vuoi uno?”
Perchè quel ragazzo doveva sempre blaterare?
“Non lo so – ammisi – non ci ho mai pensato, tu ne hai?”
Luke scosse la testa, facendo schioccare la lingua sul palato.
“Potremmo farne uno insieme, il primo”
 Ci pensai un po’ su, stringendomi poi nelle spalle.
“Perché no? – dissi poi – hai qualche idea?”
Luke annuì, ma non parlò.
“Beh? Me la dici entro la fine del 2014?”
“Ah – ah – negò – sorpresa”
“Sorpresa? – domandai, retorica – dovrei tatuarmi qualcosa di cui non conosco nemmeno l’entità? Sei pazzo, per caso, Luke Hemmings?”
“Ti fidi di me?”
“Odio quando mi rispondi ad una domanda con un’altra domanda”
“Rispondi tu, dato che io non lo faccio mai – disse – ti fidi di me?”
Tentennai, ma poi pensai che sì, mi fidavo di quel ragazzo, più di chiunque altro.
“Sì – annuii – mi fido di te, Luke Robert Hemmings”
“È Lucas” mi corresse.
Scoppiai a ridere, davanti al mio frappuccino.
“Dio mio! – esclamai – forza, Lucas, andiamo a comprarci le sigarette!”.
 
 
 
 
 
Stavo fumando al fianco di Lucas Robert Hemmings, sul ponte di Brooklyn, quando gli arrivò un messaggio. Era da parte di Ashton.
“Che vuole Irwin?” gli chiesi.
Luke si strinse nelle spalle e: “Scopriamolo”.
Mi appoggiai con il mento alla sua spalla, sbirciando il messaggio. Luke aprì la foto che Ash gli aveva mandato su Whatsapp: c’era il letto di Michael, Juliet dormiva, ed Ashton a petto nudo faceva finta di dormire. La didascalia diceva: “After sex”.
Io e Luke scoppiammo a ridere, insieme.
“Mike lo ucciderà” dissi.
“Poco ma sicuro – concordò – Irwin è un uomo morto”
Ridemmo ancora, dopodichè ci guardammo, e fu inevitabile sorridere, per entrambi.
“Vorrei che non finisse mai” confessai.
“Cosa?”
“Noi due”
“Ed io nemmeno”
Mi scostò una ciocca di capelli dal viso, che sfuggiva dalla mia coda alta.
“Finirà?” gli domandai.
“Non lo so, piccola, non posso saperlo”
Annuii, perché aveva ragione. Che ne sapeva lui? Che ne sapevo io? Che ne sapevamo tutti noi? L’unica cosa certa, era che di Luke Hemmings non mi sarei mai stancata.
“Io non ti lascio” disse, infine, guardando dritto davanti a sé.
Io guardavo lui e solo lui, e le sue labbra muoversi, impegnate in un gioco con l’anellino nero.
“Ed io non me ne vado”
“Vorrei suonarti la chitarra”
“Vorrei che potessimo andarcene di qui”
“Vorrei una Ferrari”
“Vorrei che fossi meno idiota, Luke Hemmings!”
Lo picchiai su di una spalla, e lui rise, intrappolandomi tra le sue braccia.
“Mi piace vederti ridere”
“E quindi fai l’idiota”
“Una cosa del genere, sì”
Annuii, stretta a lui, ed un ragazzo passò con una piccola radio, con Rape me dei Nirvana a tutto volume.
“Adoro questa canzone” dissi.
“Ti piacciono i Nirvana?”
“La loro musica è una specie di religione, per me – raccontai – ma mio padre non ha mai voluto che ne comprassi i cd, così..”
“Okay, non dire altro”
Luke si alzò dal muretto e mi aiutò a scendere, prendendomi poi per mano.
“Ma dove andiamo?”
“Vieni, ti faccio un regalo”.
 
 
 
 
“Entro?”
“No, Jen, stai pure sulla porta”
Mi prese in giro, mentre girava le chiavi nella serratura di quella che era la casa di sua madre e di Kyle. Ero già stata lì, ma solamente sul terrazzo.
“Luke, che ci facciamo qui?”
“Tu seguimi”
Lo vidi muoversi a passo sicuro, lungo il corridoio. Si fermò davanti ad una porta chiusa, bianca. Lo guardai e lui accennò un mezzo sorriso, dopodichè la aprii e mi fece cenno di entrare per prima.
“Questa era camera mia, quando ancora abitavo qui”
Mi guardai un po’ intorno, mentre entrava anche lui.
“Sembra la cameretta di un ragazzino disagiato di quattordici anni che odia il mondo” dissi.
Luke mi guardò male, ed io scoppiai a ridere.
“Divertente, Stratford”
Mi strinsi nelle spalle ed iniziai a curiosare un po’, fino a che una vecchia chitarra non attirò la mia attenzione.
“E questa?” chiesi, indicandola, appoggiata al letto.
“Quella è la mia prima chitarra – disse Luke, avvicinandosi – non la uso più da anni, ormai, ma non mi va di buttarla o darla via, preferisco tenerla”
Sorrisi, tenerla come ricordo era una cosa carina.
“Il plettro?”
Indicai un piccolo plettro blu, appoggiato delicatamente su un cuscino nero di velluto. Quasi come fosse un santuario.
Luke annuì.
“Ti piace? Ci ero molto affezionato, ma non lo uso più, non voglio che si rovini”
“E come mai?” chiesi, inclinando la testa.
Luke abbozzò un sorriso, leggermente malinconico. Così mi avvicinai a lui e gli sorrisi a mia volta, quasi ad incoraggiarlo.
“Era di mio padre” confessò.
Aprii la bocca per dire qualcosa, ma aspettai solo un momento, durante il quale gli afferrai la mano, intrecciando le mie dita alle sue.
“È bellissimo – dissi – era un musicista anche lui?”
Luke annuì ancora, stringendo la presa alla mia mano.
“Mi ha insegnato tutto”
“È una cosa bellissima, Luke – feci, avvicinando il viso al suo – ogni volta che suoni la chitarra, è come se fosse lì con te”
Mi sorrise e posò l’altra mano, quella che non stringeva la mia, sul mio viso, avvicinando ancora di più le labbra alle mie.
“Ma dove sei stata, tutto questo tempo?”
“Nella torre di Wall Street, e tu?”
“A fare il coglione in giro per Brooklyn”
“Quello lo fai ancora”
“Almeno siamo insieme”
Le nostre labbra s’incontrarono finalmente in un bacio dolce, e per quanto il suo vecchio letto fosse invitante, trovai la forza di staccarmi da lui.
“Allora, questo regalo?” gli ricordai.
Luke mi guardò per un po’, dopodiché scosse la testa e tornò sul pianeta Terra. Si voltò verso una grande mensola, dove risiedeva una quantità innumerevole di vecchi album. Ne prese alcuni, tutti inseriti in una custodia personalizzata da lui, con piccoli graffiti.
“Ecco”
Guardai prima lui, poi osservai gli album e: “Ommioddio, mi stai prendendo in giro, vero?”
Luke scosse la testa, ridendo di me e della mia reazione.
“Io i Nirvana posso sempre suonarli, ma tu, come fai? – disse, stringendosi nelle spalle – la mia discografia è tutta tua, adesso, fanne buon uso e fai cadere i muri di Wall Street, piccola!”
Gli saltai in braccio e lo riempii di baci, ‘che quel coglione di Luke Hemmings ormai sapeva come rendere la migliore ogni mia giornata.
Ma quel nostro momento di gioia, venne interrotto da altre chiavi nella serratura. Luke mi guardò, e mi posò a terra.
“È tua madre?” gli chiesi.
Lui non rispose, ed uscì dalla sua vecchia camera. Dapprima non lo seguii, ma quando sentii delle voci, decisi di farlo. Mi trovai davanti una donna minuta, con lunghi capelli biondi e labbra rosse di rossetto. Gli occhi non erano quelli di Luke, probabilmente aveva preso da suo padre.
“Luke? - fece sua madre – non sapevo fossi qui, fatti abbracciare!”
Luke si lasciò andare ad un meraviglioso sorriso, e strinse sua madre in un abbraccio.
“In realtà non era programmato, mamma – spiegò – ma dovevo dare una cosa a Jenelle, e così ho usato le chiavi di emergenza sotto allo zerbino”
“Hai fatto bene – disse sua madre, per poi posare lo sguardo su di me – piacere cara, sono Elizabeth, la mamma di Luke, ma tu puoi chiamarmi Liz”
“Piacere mio, signora – dissi, con un sorriso, mentre Luke ci guardava, come se aspettasse qualcosa – sono Jenelle”
E mentre Liz Hemmings mi porgeva l’ennesimo sorriso, quello che aspettava Luke, si palesò dalla porta d’ingresso.
“Oh, Luke – fece colui che doveva essere Kyle Hamblett – non si usa più chiedere il permesso di entrare in casa nostra?”
Lo guardai un po’ stranita, mentre Luke stringeva i denti, per evitare una tragedia davanti a e sua madre.
“Papà? Queste buste dove le lascio?”
Riconobbi subito quella voce, e infatti, Jj Hamblett, fece il suo ingresso qualche secondo dopo. Rimase a guardarmi, ma non disse nulla, e Kyle fu più veloce di lui.
“Lei è la tua ragazza, Luke?”
Forse Jj aspettava impazientemente la sua risposta, più dello stesso Kyle.
“No – scosse la testa, Luke – lei è Jenelle, una mia amica”
Il signor Hamblett annuì, senza neanche presentarsi.
“D’accordo – disse, sbrigativo – chiudete la porta quando uscite”
Fece per andarsene, ma poi si bloccò davanti a lui.
“E fa’ che questo accada presto, Luke”
Liz non disse nulla, Jj lo seguì, sorridendomi appena, ed io guardai Luke. Stava stringendo i pugni, e lo capii subito, lo stava facendo per sua madre. Così presi in mano la situazione.
“Signora Hemmings, è stato un piacere – dissi, afferrando la mano di Luke – io e Luke andiamo, siamo in ritardo”
“In ritardo per cosa?” s’informo sua madre, curiosa.
Ed anche Luke, mi guardò stranito.
“Ceniamo insieme, ho una sorpresa per lui”
“Oh, d’accordo, divertitevi ragazzi! – disse lei, per poi rivolgersi solo a suo figlio – passa a trovarci più spesso, Luke”
Lui non disse nulla, se ne andò con un sorriso flebile. Quando chiuse la porta dietro le sue spalle, mi guardò, confuso.
“Di che diavolo stavi parlando? Per quale cena siamo in ritardo?”
Gli sorrisi, perché non si meritava l’odio di nessuno, soprattutto di Kyle Hamblett.
“Adesso te lo faccio io, un regalo”.
 
 
 
Il messaggio di John era arrivato mentre Luke stava abbracciando sua madre, e diceva esattamente: “Buone notizie, ceni da noi?”. Capii subito a cosa si stesse riferendo, e seppur avessi deciso di dirlo insieme, ai ragazzi, dal momento in cui Kyle aveva deciso di rovinare la giornata a Luke, pensai che forse avrei potuto dirglielo prima, così da sollevargli un po’ il morale. Motivo per cui, ci trovavamo insieme fuori dalla porta dell’appartamento di Jonathan e Sabine.
“Sicura che a tuo fratello non darà fastidio?”
Sbuffai, era la quarta volta che me lo chiedeva.
“No, a lui no” dissi, riferendomi a me.
“Carina come sempre, principessa” commentò.
Scossi la testa e suonai il campanello Stratford/Thomas. Guardai Luke, mentre aspettavo di vedere la faccia da scemo di mio fratello.
“Johnny! – lo abbracciai, non appena lo vidi, sulla soglia della porta – come stai?”
Mi strinse forte e: “Non c’è male, sorellina”.
Poi puntò lo sguardo su Luke, così mi affrettai a fare le presentazioni.
“Luke, lui è mio fratello Jonathan – iniziai – fratello Jonathan, lui è..”
“Luke Hemmings – concluse John al posto mio – è un onore conoscerti, finalmente”
“Davvero?” chiese Luke, sconcertato.
“Ma certo – continuò John – vieni, entra, il salvatore di mia sorella è più che il benvenuto in casa mia”.
 
 
Sabine aveva ordinato pizza margherita per tutti, e Luke e John stavano bevendo una Guinness a testa. Avevamo appena finito di parlare della finale di X Factor Italia, perché Sabine era metà italiana, per via materna, e lei e John stavano spiegando a me e Luke che cantare in italiano è molto più difficile, che cantare in inglese, nonostante non fosse la loro lingua madre.
“Non ho capito” dissi infine, Luke.
Sabine sbuffò e John rise, mentre io mi godevo la scena.
“Anche se loro sono italiani – ricominciò da capo – gli riesce molto più facile cantare in inglese, che in italiano”
“Ma perché?” mi aggiunsi io.
“Perché gli italiani sono coglioni – decretò Jonathan – ecco perché”
Ci voltammo tutti verso Sabine, aspettandoci una sua reazione distruttiva.
“John, ripeti, sei hai coraggio” sibilò tra i denti.
Mio fratello scoppiò a ridere, stringendola forte tra le braccia.
“Scherzo, bimba, lo sai che ti amo”
Luke sorrise, lanciandomi uno sguardo.
“Che hai?” gli chiesi.
“Nulla – disse, scuotendo la testa – grazie per avermi portato qui, mi sto divertendo”
Annuii, sorridendo, felice per una volta di essere io, quella a fare del bene a lui e non sempre e solo lui a me.
“Allora, ragazzi – iniziò poi John, accendendosi una sigaretta ed appoggiando i gomiti al tavolo – se volete fumare, è il momento giusto, ora che dobbiamo parlare di affari”
Luke mi lanciò uno sguardo confuso, mentre io accingevo al suo pacchetto di Marlboro. Avevo scoperto che io e Sabine avevamo iniziato a fumare nello stesso periodo, e per John quello non era di certo un problema.
“Affari?” mi chiese Luke.
Annuii, e Jonathan mi guardò.
“Non gli hai ancora detto nulla?”
“Volevo che fosse una sorpresa”
Luke fece un tiro profondo dalla sua sigaretta.
“No, okay, non ci sto capendo niente, ragazzi – disse – potreste essere un po’ più chiari?”
“John lavora al Root Hill – iniziai – fa anche musica dal vivo, e quando quella volta Calum ci era rimasto così male per quell’ingaggio non andato a buon fine, ho pensate di chiedere a lui” conclusi, stringendomi nelle spalle.
Gli occhi di Luke si illuminarono.
“Ho parlato con Harry, il proprietario – continuò John – ha detto che una band in più che suona nel suo locale, non fa mai male”
“E non vuole neanche sentirci?” domandò Luke.
“No – fece mio fratello – si fida di me, ed io ho garantito per voi”
Luke non ce la faceva più, a trattenere un sorriso.
“John, grazie, davvero.. – cominciò, al limite della felicità –non vedo l’ora di dirlo alla band, non so davvero come ringraziarti..”
Vederlo così felice mi riempiva il cuore.
“Solo una cosa, Luke – fece John, sorridendogli – non deludermi, okay?”.

 
 
 
 
 
 
 
 
sounds good feels good!
ciao donneeeeee
allora, l'ultima volta che ho aggiornato questa storia era il sette gennaio e oggi è il trentuno, giusto? bene, sono una brutta persona
no allora il fatto è che sono stata presa con gli esami in università e sto lavorando ad un nuovo progetto
per quanto riguarda il capitolo, ho amato scrivere la parte tra Luke e Jen, ed è da un sacco di tempo che non scrivo di loro, mi mancano
poi, Kyle è uno stronzo del cazzo e noi lo odiamo. invece John Stratford è tipo il mio personaggio preferito hahahah
che dire ancora? ringrazio Lily J McKenna per il banner e me ne vado.
90210 sta risucchiando la mia vita.
vi amo gioie


 
 
 
 
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