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Autore: VaticanCameos221B    01/02/2016    5 recensioni
Ti presi in braccio e non fu né la prima, né l’ultima volta. In futuro non ti avrei sorretto soltanto con le mie braccia, ma anche con le mie spalle, le mie gambe, le mie mani, l’intera mia esistenza. Sei cresciuto in fretta come un’epidemia e ti sei preso tutto. Ti ho concesso tutto. Feci la vergognosa e sconsiderata conclusione che sarei vissuto da quel momento in poi sotto la tua ombra, come quello ormai escluso e privo di ogni considerazione. Mi sbagliavo.
[Holmes Brothers]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Redbeard, Sherlock Holmes, Victor Trevor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Amicizia. Sentimento privo di una definizione logica e scientifica, che si riscontra in ogni tempo e in ogni luogo come una disgrazia inevitabile. Fatto di fiducia, affetto, complicità. Sacrifici, alle volte, ed io te ne ho visti fare molti, di sacrifici, per un uomo scampato dall’inferno ma bisognoso di ritornarci. Un idiota direbbe che è stato il destino a farvi incontrare, io direi invece che vi stavate cercando da molto tempo.

 
John Hamish Watson. Chirurgo militare, quinto fuciliere del Northumberland. Era un uomo appena rigettato dal campo di battaglia afgano, con una ferita alla spalla e una zoppia psicosomatica quando lo incontrai la prima volta. I suoi occhi erano diffidenti, ma il suo coraggio e la sua lealtà nei tuoi confronti nonostante ti conoscesse appena, erano tipici di un soldato. O di uno sciocco, secondo i punti di vista.

Vidi in lui una speranza, perché da quando andasti a vivere da solo per intraprendere la tua carriera da “consulente investigativo”, il senso di timore non mi abbandonava mai. Nonostante John non avesse accettato i soldi offertogli per controllarti e passarmi informazione su di te, non ne fui totalmente scoraggiato e la cosa col tempo non si rivelò un problema. Lui non ti avrebbe mai abbandonato, anche se glielo avesse impedito il mondo intero.

 
«E così, adesso permetti anche ad un estraneo di toccare le tue cose. John Watson, il tuo compagno d’affitto. Quanti giorni gli dai, prima che faccia i bagagli e preferisca andare a vivere sotto i ponti?» Ti dissi un pomeriggio quando venni a trovarti nel tuo nuovo appartamento a Baker Street.

«Oh, Mycroft. Ho sopportato per anni che sporcassi ogni cosa con le tue sudice mani sporche di crema pasticcera! Dimmi, piuttosto, a quanto ammontava la cifra che gli hai offerto?»

«Un milione di sterline.» Risposi infastidito dalla tua insolenza.

«Mi aspettavo qualcosa di più sostanzioso.»

«Beh, sai. Non posso esagerare se non conosco prima i suoi metodi, se sia un tipo efficiente.»

«Oh, credo che il dottore sarà molto efficiente.» Sorridesti beffardo, sprofondando nella tua poltrona nera.
 
John Watson ti piaceva. Ti piaceva la sua onestà, la sua discreta intelligenza, il suo carattere forte, la sua gentilezza, il suo saper mettere in risalto il tuo impeccabile acume. Ti piaceva perché vi completavate a vicenda. In un certo senso, l’uomo della tua vita. Lui era in grado di capirti per quanto gli fosse umanamente concesso comprendere un folle, narrando le vostre ridicole avventure sul suo blog, diventando entrambi in breve tempo di fama internazionale, da sembrare Batman e Robin, i difensori del crimine. Ossessionati in maniera quasi maniacale l’uno dall’altro nemmeno foste sposati. Lui sapeva tenerti testa, affrontarti. Prenderti a pugni, se doveva. Dire No alle tue debolezze e saperti tirare fuori dalla voragine dove immancabilmente ne sfioravi il precipizio. John Watson era l’uomo che vinceva dove io invece avevo fallito. Il mio “uomo sul campo di  battaglia”, pronto a mettere fine alla tua follia autodistruttiva. O almeno, ci riuscì in parte.

Ma se c’erano aspetti di questa vostra amicizia a confortarmi, c’erano alcuni ad inquietarmi.

John era un uomo che necessitava costantemente di adrenalina, attratto inspiegabilmente da situazioni e persone pericolose e tu eri una di queste. Un uomo che non ha esitato nello sparare a chi stava per indurti al suicidio, nonostante non sapesse ancora chi tu fossi. Se uno sparo vi ha unito, un altro è quello che ha rischiato di dividervi per sempre. La tua mano non tremò quando sparasti a sangue freddo all’uomo disarmato che minacciava di distruggere la vita di John Watson. Avresti sacrificato la tua, per proteggere quella di lui.

«Davvero interessante quel soldato. Per mio fratello potrebbe essere la soluzione, o la rovina definitiva», dissi una volta e non mi sbagliai.
 

Eri un assassino ed io non potevo far nulla. Ti eri macchiato le mani ed io avevo perso lo straccio con cui pulirtele. C’erano tante cose che potevo fare dall’alto del mio potere, cose a volte di dubbia moralità che ho sempre fatto sia per te sia per il paese, ma in quel momento mi sono sentito inutile. Non potevo cancellare il disastro, potevo solo trovare delle alternative per alleviare la tua agonia. Rinchiuderti in una cella sarebbe stato come pretendere di mettere in gabbia un uragano. Le tue esibizionistiche rivolte sarebbero state un trauma giornaliero. Una missione suicida di sei mesi per l’M6 nell’Europa dell’est sarebbe stata invece più appropriata, il tuo girone dell’inferno per scontare i tuoi peccati, e di sicuro non priva di quel tocco di drammaticità che tanto adori.

Stavo per perderti Sherlock. La tua morte mi avrebbe spezzato il cuore ma, come sempre mi accadeva con te, mi sbagliai.
 

«Un esilio più corto di quello che pensavamo ma adeguato visto il livello del tuo disturbo ossessivo compulsivo», dissi quando salii sul Jet che ti avrebbe portato via, ma che atterrò nuovamente ben cinque minuti dopo la partenza, perché questa volta non solo io avevo bisogno di te, ma l’intera Inghilterra.

Moriarty era tornato.

Il virus all’interno dei tuoi dati. La minaccia, il terrore, il pericolo. La sconfitta. Per l’esattezza, il tuo peggior nemico. L’uomo capace di manipolare un’intera nazione, di tenere in mano le redini della tua vita come fossi un burattino. Farti saltare nel vuoto dopo averti infangato una vita intera e infine, indurti ad un’overdose al fine di risolvere il mistero della sua morte che ancora lasciavi ti tormentasse. Benché fossi sicuro, del tuo essere imbottito di droghe ancor prima di salire su quel Jet, probabilmente straziato dalla tua separazione con John e spaventato da ciò che ti attendeva, tutto ciò che m’importava, dimenticando per un istante il tuo problema di salute, era il semplice fatto che la vita mi stesse dando una seconda opportunità, non avendola minimamente contemplata prima.

«Devo tornare indietro. C'ero quasi, c'ero molto vicino!»

«Di cosa stai parlando?» Ti chiesi confuso, esattamente come lo erano John e sua moglie Mary accanto a me.

«Sono stato nel mio palazzo mentale, facevo un esperimento: come avrei risolto il crimine se fosse avvenuto nel 1895. Avevo tutti i dettagli perfetti, ero lì con tutto me stesso, ero immerso!»

Vidi le tue mani tremare e capii.

«Oh, Sherlock. Pensi che qualcuno possa crederti?» Sentii le gambe cedermi e mi lasciai cadere sul sedile dell’aereo.

«No, può farlo io l'ho visto. Il palazzo mentale è un mondo completo nella sua mente.»

L'ingenuità e la fiducia del dottore nei tuoi riguardi era così ridicolamente commovente che mi chiesi quante bugie avrai raccontato anche a lui?

«Il palazzo mentale è una tecnica mnemonica, so cosa può fare e so cosa è impossibile che faccia», sottolineai irritato. «Hai fatto una lista?» Ti chiesi.

«Di cosa?»

«Di tutto Sherlock, di tutto quello che hai ingoiato!» urlai spazientito, mente i ricordi iniziavano a risalire in superficie, rendendomi conto solo allora di quanto fui sciocco in passato da poter pensare che una stupida lista sulle doghe assunte avrebbe potuto migliorare le cose, risolvere il tuo difetto, la tua debolezza. «Abbiamo un accordo io e mio fratello fin dal quel giorno. Dovunque io lo trovi, in qualsiasi vicolo o qualsiasi dormitorio, c'è sempre una lista.»

Come altre volte, mi ritrovai un pezzetto di carta tra le mani. Vidi quanto bastava nella figura improvvisamente irrigidita di John, da capire quanto il senso di stupore e di delusione lo avesse travolto.

«Sherlock, ascoltami. Non sono arrabbiato con te.»

Lo ero con me stesso.

«Ah che sollievo! Ero preoccupato, no aspetta, non lo ero affatto.»

«Sono stato qui per te, sono qui per te e sarò sempre qui per te. È tutta colpa mia.»

«Non ha niente a che fare con te», ringhiasti poco prima di svenire e ricadere nelle profondità di te stesso.
 

John ti rimase accanto mentre eri in quella sorta di trance e vaneggiavi cose senza alcun senso. Ti rimase accanto nonostante fremesse dalla voglia irrefrenabile di picchiarti, o di salvarti. Era chiaramente leggibile dal suo viso da soldato, dai suoi occhi che contavano ogni tuo respiro, o dalle sue mani agitate che si aprivano e si richiudevano. John Watson era il tuo sostegno, la tua spalla. Era ciò che tu accettavi avere al tuo fianco, l’uomo che hai salvato e ti ha salvato, ma in quel momento vedevo solo un uomo che aveva fallito e si domandava perché. Rividi in lui un po’ di me stesso di tanti anni fa.

«Siamo arrivati a questo punto perché gli abbiamo sempre permesso di fare ciò che cavolo gli pareva!» Urlò il dottore, allungando un braccio ad indicarti colmo d’ira. «La cosa non può continuare ad andare avanti di questo passo. Non si fermerà. L-lui… Continuerà a mentirci e a farci continuamente preoccupare finché non si ucciderà, Mycroft.»

«La prego dottor Watson, deve tenerlo d’occhio. Io, ormai… Credevo di aver fatto la cosa giusta, ma mi sbagliavo, ed io non sbaglio mai, tranne quando si tratta di lui. Mio fratello è irrimediabilmente un sociopatico melodrammatico, un assassino ed un drogato.»

«No, lui è molto meglio di così. Lo so. Io, lo conosco.»

«Oh, lo so bene. Non sa invece quanto lo conosca io. Ne rimarrebbe sorpreso, o traumatizzato.» Sorrisi per nascondere la mia amarezza. «Lo farà dottore? Si prenderà cura di lui?»

«Ma certo. Dopo Moriarty sarò il peggiore incubo di questo bastardo di tuo fratello.»

Devo ammettere che il lato furioso e militaresco di Watson, era notevolmente più interessante e divertente di quello del dottore gentile.
 

Quando ti riprendesti, con quell’aria vittoriosa di chi ha appena sconfitto tutti i propri demoni, cercai arrendevole una tua promessa che senza stupirmi, non arrivò. Mi strappasti in faccia quella dannata lista e te ne andasti per ritornare nuovamente ad essere un “ammazza draghi”. Ti chiamai più volte al cellulare ma non mi rispondesti degno della tua arroganza. L’unico modo che avevo per parlarti era quello di presentarmi a Baker Street prima del tuo arrivo. Fortunatamente, ci riuscii.

«Davvero sorprendente fin dove ti hanno spinto i sentimenti questa volta, fratellino. In passato volevi fuggire su una nave per essere un pirata, ora invece sei andato in overdose affinché tu potessi riuscir dire addio al tuo amore perduto. Commovente, o forse dovrei dire deludente

Ti aspettavo seduto alla tua fedele poltrona e questo t’irritò ancor più delle mie parole quando entrasti nell’appartamento e mi uccidesti con il ghiaccio dei tuoi occhi. Iniziasti a muoverti con fare agitato ed impaziente, incerto se ignorarmi o sbattermi fuori di casa, o forse era solo la droga che ti logorava dall’interno.

«Attento, Mycroft. L’ultima volta ti ho quasi spezzato un braccio quando ero fatto, ricordi? Se sei venuto fin qui solo per dirmi che mamma e papà saranno molto arrabbiarti con me, allora non temere. Mi preoccuperò di chiamarli e scusami con loro, anche se molto probabilmente saranno più infuriati dal fatto che abbia interrotto la loro lezione di ballo. Ora, se non ti dispiace, avrei cose ben più urgenti da fare per il bene del paese.»

«Ora basta, Sherlock!» Urlai con quanto fiato avessi in gola e questo catturò la tua completa attenzione. «Sono sempre stato zitto, sempre.»

«Oh, ma per favore!» Mormorasti con aria sardonica.

«No, davvero. Sono sempre stato zitto quando avrei dovuto invece far qualcosa e non lasciare che ti riducessi in questo stato. Che cosa speravo? Che uno come te fosse sincero tutte quelle volte che dicevi di aver smesso, di aver voltato pagina? Credevo forse che farti ingozzare di droghe per alleviare i tuoi drammatici problemi esistenziali e salvarti la vita con una sola lista di ciò che avevi ingoiato, fosse la soluzione? No, sono stato uno stupido, Sherlock. Sì, e immagino che questo ti faccia in qualche modo piacere. Vedermi fallire, abbassare il viso sconfitto. Ma non me ne vergogno, sai perché? Perché l’ho fatto per te. Tutto. Ogni cosa. Potrai anche non credermi, ma è così. Non importa ciò che pensi, non importa nemmeno se sei un dannato egoista che s’interessa solo e unicamente di se stesso, ma sei mio fratello, Sherlock, e ti voglio bene. Te ne vorrò sempre, così come ci sarò sempre per te. Quindi è ora di smetterla, di far qualcosa. Se non vuoi farlo per me, per i nostri genitori, allora fallo per John. Non puoi fargli questo, non credi? Non dopo tutto il male che gli hai causato in passato.»

Mi alzai e ti raggiunsi mentre te ne stavi ancora lì, in piedi al centro della stanza con quegli occhi che non sapevano dove guardare e cosa dirmi.

«Ti chiedo solo questo, di fidarti di me. Questa volta niente e nessuno mi fermerà. Io non perderò con te ancora un’altra volta. Sai quanto io detesta perdere.»

«Anch’io. Deve essere un difetto di famiglia.»

Ti allontanasti e ti sedetti alla scrivania per accendere il tuo portatile, ignorandomi come se non ci fossi. Non mi restava che andarmene. Ti avevo detto tutto ciò che da tempo volevo dirti.

«Mycroft?»

Mi voltai e ti vidi esitare.

«Mi dispiace», sussurrasti appena. «E Grazie
 

Sapevo che le cose dal quel momento in poi sarebbero cambiate e che non sarebbero state facili. Moriarty ti aveva riportato indietro concedendomi una seconda possibilità ed io non l’avrei sprecata. Ti lasciai quando smisi di guardarmi. C’era bisogno del tuo aiuto, come sempre.

Noi avremo sempre bisogno di te.



 

Nota: Ebbene, in 4 capitoli questa storia si conclude! Forse avrei dovuto allungarla un po' di più, ma alla fine credo abbia detto tutto ciò che volevo dire su di loro. È stata una vera e propria impresa immedesimarsi in Mycroft. Se ci penso, mi chiedo come abbia fatto, è una pazzia! Ma infine è quel che ho fatto e spero di esserci riuscita. Inoltre, è stata decisamente la mia prima FF dopo ANNI! Devo ringraziare infinitamente Dragon gio per i suoi preziosissimi consigli la quale senza, questa storia sarebbe stata un fallimento e poi devo ringraziare J_Ari che ha avuto l'infinita pazienza e bravura nel betarla. Grazie davvero OVVIAMENTE, ringrazio dal profondo del mio cuore tutti quelli che hanno recensito, che hanno seguito e messo nei loro preferiti questa piccola Fan Fiction. Spero vi sia davvero piaciuta! 

Mizu.


 
   
 
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