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Autore: Marss    01/02/2016    3 recensioni
Sono Martina.
Sono bassa, magra, ho lunghi capelli biondi e grandi occhi verdi che sono costretta a nascondere con degli occhiali da vista. Ho 18 anni, ma me ne sento 15. Sono timida, indecisa, pigra, allegra e vivace.
Sono il classico topo da biblioteca, amo leggere, scrivere e passare le serate sul divano con la coperta. Amo anche la musica, però. Amo andare a ballare, uscire con i miei amici, divertirmi. Vivo in un piccolo paesino in provincia di Milano e i miei amici sono l'esatto opposto di me. Loro sono i miei compagni di avventure, sono tutti maschi e con loro ho un rapporto migliore che con qualsiasi altra ragazza. Sono quelli con cui andrò in vacanza, quest'estate. Sì, una settimana in un campeggio a Riccione. Partiamo in sei e speriamo di tornare tutti interi! Ne vedremo delle belle, ne sono convinta.
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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CAPITOLO TRE
 








Il risveglio fu traumatico. Il sole mi illuminava fastidiosamente il viso, facendomi imprecare sottovoce, e avevo un leggero mal di testa, dovuto sicuramente alla serata appena terminata. Sentivo qualcosa avvolgermi delicatamente il corpo, forse le lenzuola… no, le lenzuola non hanno le braccia! Mi voltai e vidi Stefano steso vicino a me, un braccio attorno al mio ventre. Dormiva profondamente, sentivo il suo respiro regolare sfiorarmi leggermente la pelle. Lo osservai, studiai i lineamenti gentili del suo viso senza scostarmi, per paura di svegliarlo.
Era bello, davvero bello. Lo avevo sempre saputo e, forse, la cotta per lui non mi era proprio passata del tutto. Avevo tanto sperato che si accorgesse di me, avevo desiderato di averlo mio per tanto, troppo tempo. E ora stava lì, sdraiato accanto a me, e io mi sentivo tremendamente confusa. Insomma, pensare che lui potesse provare qualcosa per me mi faceva sentire lusingata. Ma quanto valeva la pena sperarci? Avevo già sprecato troppo tempo dietro di lui. E poi c’era Giacomo, così dolce e gentile, non mi sarei mai immaginata di poter attirare l’attenzione di un ragazzo del genere.
Provai a spostarmi lentamente, ma la sua stretta divenne più forte e rimasi intrappolata tra il suo braccio ed il materasso. Decisi di rimettermi sdraiata e di aspettare ancora qualche minuto prima di alzarmi definitivamente, così mi accoccolai accanto a lui, facendomi cullare dal suono del suo respiro regolare.
 
-Raga guardate! Come sono teneri!- la voce squillante di Simone mi fece alzare di scatto. Mi guardai attorno allarmata e notai che anche Stefano aveva avuto la stessa reazione
-Ma che cazzo…- imprecò lui, mettendosi a sedere e lanciando un’occhiata infuocata agli altri che se ne stavano in piedi sulla soglia, a ridere come dei cretini.
-Simo spero tu abbia immortalato il momento!- rise Federico
-Ovvio, una bella foto che finirà dritta dritta su Facebook
-Non ti azzardare!- urlò Stefano, balzando in piedi e correndo verso l’amico.
Scattai in piedi anche io, cercando di fermare Simone. Alla fine riuscimmo a strappargli il cellulare di mano e a impedire che la foto incriminata venisse caricata sul social network. Mi defilai in bagno mentre Stefano provava a giustificare la cosa, nonostante le grasse risate che gli altri continuavano a farsi.
Dopo una veloce colazione ci dirigemmo in spiaggia, ma Stefano evitò in ogni modo di incrociare il mio sguardo. Sembrava davvero in imbarazzo, non me lo sarei mai aspettata da uno come lui.
Trovammo Giacomo e gli altri accanto ai nostri lettini e passammo tutta la giornata in spiaggia insieme. Stefano continuava a evitarmi e Giacomo sembrava particolarmente contento della cosa. Io mi sentivo tremendamente confusa a riguardo. Alla fine non avevamo fatto nulla di male, poteva capitare di abbracciare le persone nel sonno, no?! Questo non significava di certo che ci fosse qualcosa di più di un’amicizia. Ero comunque decisa a lasciar perdere la cosa e ad approfondire il più possibile la conoscenza con Giacomo. Quel ragazzo cominciava a piacermi sul serio, era sempre gentile e premuroso con me.
-Raga non vedo l’ora di stasera! 18 ore di musica senza interruzioni, sarà una bomba!- Davide ci ricordò per l’ennesima volta il programma della serata. Saremmo andati al Cocoricò, la discoteca più grande e conosciuta della zona. Molti turisti stranieri venivano a Rimini solo per quello, visto che per tutta l’estate era scenario di grandi serate con dj internazionali.
-A che ora inizia la serata?- chiese Lorenzo
-Ho controllato prima sulla pagina Facebook, pare sia dalle 20 alle 14- rispose Samuele
-Perfetto, direi che possiamo andare lì per l’orario di apertura allora- Davide non stava davvero più nella pelle.
L’idea di una serata del genere mi entusiasmava e spaventava allo stesso tempo. Mi piaceva andare in discoteca anche se non ero una gran ballerina, ma per 18 ore di fila… insomma, come avrei fatto a resistere tutto quel tempo?
-Ragazzi ma siamo sicuri di voler andare così presto?- chiesi, cauta
-Marti ti prego non cominciare! Sono due giorni che programmiamo questa cosa- Andrea mi bloccò immediatamente
-Lo so, non sto dicendo di non andare! Solo mi chiedevo se valesse davvero la pena entrare alle 20, ho guardato la line up e non ci sono dj particolari… potremmo prendercela un po’ più comoda ed entrare anche per le 23
-Martina ha ragione ragazzi, magari possiamo andare a bere qualcosa prima- Giacomo intervenne a mia difesa. Lo guardai, sorridendogli riconoscente per avermi supportata
-Non vale, tu sei di parte!- esclamò il suo amico Samuele. –Comunque, per me va bene. Tanto avremo tutto il tempo che vogliamo per ballare e divertirci.
A poco a poco tutti si convinsero e io potei tirare un sospiro di sollievo. Certo, 3 ore in meno non erano poi molte, ma ero abbastanza sicura che sarei riuscita a convincerli a entrare più tardi e uscire prima dell’orario di chiusura.
Restammo seduti al bar della spiaggia a lungo, chiacchierando del più e del meno, anche se l’argomento principale restò la serata imminente. Solo un gruppetto di ragazze che passeggiava nei dintorni riuscì a far cambiare argomento ai miei amici, che cominciarono subito a riempirle di fischi e commenti imbarazzanti. Sempre i soliti.
Giacomo, per mia sorpresa e gioia, non si unì a loro. Mi piaceva ogni istante di più, non era come gli altri, o almeno così mi sembrava, non lo conoscevo abbastanza bene per poterne essere certa. Le attenzioni che mi dedicava e gli sguardi che ci scambiavamo durante tutta la giornata, comunque, mi facevano ben sperare.


Decidemmo di restare in spiaggia fino alle 19 inoltrate, il sole stava calando lentamente e la gente cominciava a rientrare, quindi era decisamente il momento più bello della giornata. Facemmo il bagno tutti insieme, l’acqua era piacevolmente tiepida e restammo a mollo a lungo, scherzando tra noi e con i nostri nuovi amici. Poi rientrammo ai nostri bungalow, dandoci appuntamento per le 21 al bar del campeggio.
Dopo la solita “lite” per stabilire i turni delle docce, una cena veloce e il mio ormai scontato “cosa diavolo mi metto stasera”, ci dirigemmo verso il bar. L’intenzione era quella di bere un po’ prima di andare a ballare, i drink nei bar costavano meno e non volevamo spendere un sacco di soldi in discoteca, visto che già la serata aveva un costo discretamente alto.
-All’inizio di questa sera devastante!- fu il brindisi di Davide. Era davvero esaltato, peggio di un bambino la mattina di Natale.
Ridemmo e alzammo i bicchieri, brindando con lui.
-Ho intenzione di spaccarmi stasera- esclamò Andrea, seguito da urla di approvazione di tutti gli altri.
Mi limitai a ridere di quell’entusiasmo quasi infantile, sperando di riuscire a prolungare quel pre-serata per il maggior tempo possibile. Non sapevo perché quell’evento mi rendeva così nervosa, forse perché sapevo che sarebbe stato davvero devastante, tutte quelle ore in un posto chiuso, con una miriade di persone addosso. O forse perché Giacomo non mi staccava gli occhi di dosso e l’idea che potesse avvicinarsi di più a me in quel contesto un po’ mi spaventava. Ecco, ero la solita fifona! Speravo sempre di incontrare qualcuno che si interessasse a me, poi quelle rare volte che succedeva… mi veniva voglia di scappare! Perché reagivo sempre così?
Decisi mentalmente che, questa volta, non sarei scappata. Giacomo era meraviglioso e non avrei potuto chiedere di meglio, la situazione era perfetta per potersi finalmente lasciare andare. Volevo godermi la vacanza fino in fondo, senza pensare davvero troppo alle conseguenze. Ovviamente contavo sulla vocina nella mia testa che, come sempre, mi avrebbe fermata nel momento più opportuno.

I ragazzi cominciarono a bere praticamente senza sosta, partendo da qualche birra per arrivare poi a drink più forti e complessi. Alle 23 eravamo ancora in campeggio e, piuttosto che vederli continuare a bere come dei russi in Siberia che tentano di scaldarsi a sorsi di vodka, decisi che era arrivato il momento di spostarci e andare in discoteca.
-Forza ragazzi, direi che possiamo anche avviarci adesso- dissi, cercando di spostarli dal bancone del bar.
-Andiamo a divertirci!- urlò Federico, abbandonando il drink che teneva in mano e allontanandosi velocemente dal bar. Gli altri lo seguirono a ruota e io li raggiunsi con calma. Mi sentivo come una maestra che porta un gruppo di bambini esaltati in gita scolastica, anche se ero piuttosto abituata alla cosa visto che, ogni volta che uscivo con loro, esageravano con l’alcool. Non a caso, i genitori dei miei amici facevano affidamento su di me per portarli a casa sani e salvi. Mi chiesi perché accettavo tutto questo, ma poi Andrea, che mi precedeva di qualche metro, tornò indietro di corsa e mi abbracciò di slancio, sollevandomi da terra e portandomi in mezzo agli altri. Ecco, esattamente per questo.
 

Riuscimmo ad arrivare alla discoteca per mezzanotte, meglio del previsto. Il Cocoricò era un locale immenso, con una grande piramide di vetro che mi ricordava vagamente quella del Museo del Louvre di Parigi. Una marea di gente si stava dirigendo verso l’ingresso, così ci mettemmo in coda e aspettammo “pazientemente” il nostro turno per acquistare i biglietti. Dopo quasi mezz’ora di attesa, riuscimmo finalmente a entrare. Davide era il più eccitato, gli occhi brillavano, un po’ per l’emozione e un po’ per l’alcool. Cercammo, come la sera precedente, di non perderci di vista. Riuscii a convincere i ragazzi a non fare un altro giro al bar, avevano già bevuto a sufficienza per il momento e non c’era proprio bisogno di continuare. Misero un (adorabile) broncio, ma decisero che avevo ragione e si buttarono in pista. Giacomo, che non aveva bevuto troppo, mi prese per mano e mi trascinò insieme agli altri, tenendomi stretta a sé per evitare di farci separare dalla folla.
Cominciammo a ballare sotto quella piramide che rifletteva la luce della luna e si mischiava alle luci stroboscopiche che partivano dal palco rialzato. Il dj metteva un disco dietro l’altro, la musica ci rimbombava nel petto, sentivo la pelle vibrare. Nonostante fossi il classico “topo da biblioteca”, adoravo questa sensazione. I miei amici, una calda serata estiva, buona musica a tutto volume. Chiusi gli occhi per un istante, godendomi tutto questo.
Giacomo mi attirò a sé, risvegliandomi dai miei pensieri. Ballammo insieme per parecchio tempo, in buona sintonia. I nostri corpi combaciavano perfettamente, teneva le mani sui miei fianchi, stringendo leggermente. Sentivo il suo respiro caldo tra i capelli, mi solleticava il collo, ma era parecchio piacevole. Ballai contro di lui senza troppe inibizioni, finalmente potevo rilassarmi e lasciarmi andare.


L’effetto dell’alcool cominciò piano piano a scemare, era già passata qualche ora e ballando in mezzo a così tanta gente sudavamo parecchio. Verso le 4 decidemmo di andare al bar a prendere da bere, avevo la gola secca e qualcosa di freddo mi avrebbe fatto sicuramente bene. I miei amici insistettero per ordinare anche per me, li lasciai fare anche se sapevo che me ne sarei pentita. Il drink che mi diedero era tra i più forti che avessi mai assaggiato, mi bastò un sorso per capirlo.
-Voi siete scemi!- urlai, cercando di sovrastare la musica
-Dai Marti, lasciati andare- fu la risposta collettiva che ricevetti.
Spensi la parte razionale del mio cervello e decisi di dargli ascolto, così in pochi minuti finii il contenuto del mio bicchiere. L’effetto ovviamente non tardò ad arrivare, mi sentivo rinata e piena di energie, pronta ad affrontare altre ore in quel casino. Cominciai ridere come una scema per ogni minima cosa, senza riuscire a controllarmi. Eravamo ancora nella zona del bar, potevamo muoverci più liberamente, e io correvo da una parte all’altra come una pazza scatenata, abbracciando i miei amici e anche quelli di Giacomo. Gli altri non erano messi molto meglio di me, quindi ci fu un abbraccio collettivo, seguito da vari “ti voglio bene cazzo” mormorati qua e là.
Giacomo mi dava corda, assecondando i miei abbracci e tenendomi stretta a lui un po’ più a lungo del necessario. Sentivo il suo sguardo bruciarmi sulla pelle quando mi capitava di essere vicina a Stefano, ma ovviamente non ero nelle condizioni fisiche e mentali adatte a preoccuparmi.
Tornammo a ballare e ci divertimmo come non mai, l’alcool aveva il meraviglioso potere di annullare tutte le inibizioni e i pensieri negativi, non ci preoccupammo più di nulla e, essendo un gruppo abbastanza numeroso, attiravamo l’attenzione. Ben presto ci ritrovammo a ballare con mezza discoteca, i ragazzi si misero a organizzare parecchi pogo creando una gran confusione. Risi di tutta questa situazione, senza mai allontanarmi troppo da Giacomo che mi teneva vicina a lui. Ballavamo corpo contro corpo sulle note di quella musica ritmata, guardandoci negli occhi con i visi sempre più vicini. I nostri nasi si sfioravano, gli occhi incatenati, sentivo il suo respiro sulle mie labbra.
-Raga è la nostra canzone!- l’urlo di Davide, in piedi accanto a noi, mi fece girare la testa di scatto, facendomi uscire da quella sorta di bolla che avevo creato.
Il dj aveva messo un pezzo che in compagnia adoravamo, Young Again di Hardwell. Lanciai uno sguardo di scuse a Giacomo, poi raggiunsi i miei amici e li abbracciai, cominciando a intonare insieme a loro le poche parole di quella canzone.
 
When I was a boy,
I dreamed of a place in the sky,
playing in the fields,
battling with my shields,
bows made out of twine.

I wish I could see this world again,
through those eyes,
see the child in me,
in my fantasy,
never growing old.

 
Quando partì il ritornello chiudemmo gli occhi e alzammo le mani al cielo, cantando a squarciagola, senza però allontanarci.
 
Will we ever feel young again?
Will we ever feel young again?
Will we ever feel young again?

We wanna feel young,
we wanna feel young again!
 
Poi cominciò la melodia vera e propria, così ci mettemmo a saltare, vicini, felici e spensierati, proprio come quando eravamo bambini. In quel momento pensai che non potevo desiderare nulla di meglio al mondo, avevo delle persone fantastiche al mio fianco, che nonostante tutto mi apprezzavano e mi volevano bene.
Giacomo ci osservava poco distante, quando mi voltai a guardarlo mi sorrise e si avvicinò, abbracciandomi da dietro seguendo il ritmo del nuovo pezzo musicale. Restammo in quella posizione a lungo, non provò più a baciarmi ma quel contatto parlava da solo.
  

Verso le 8 del mattino cominciavo ad essere davvero stanca. La musica non si era fermata nemmeno un secondo, qualcuno era andato via ma in generale c’era ancora tantissima gente. I ragazzi continuavano a ballare imperterriti, eravamo riusciti a rimanere tutti insieme anche se ogni tanto qualcuno puntava una ragazza e si allontanava per provare a rimorchiarla. Mancavano ancora 6 ore alla chiusura e sentivo che non ce l’avrei fatta a resistere. L’acool aveva ufficialmente abbandonato il mio corpo e al suo posto erano subentrate la stanchezza e il mal di gambe.
-Raga io comincio a non farcela più- urlai agli altri mentre ci dirigevamo verso i bagni. Cercavamo, nei limiti del possibile, di muoverci in gruppo per evitare di disperderci troppo.
-Hai resistito fino ad adesso! Mancano solo poche ore dai…- provò a convincermi Federico.
-No Fede davvero, ho male ovunque. Altre 6 ore non le reggo.
I miei amici si scambiarono qualche sguardo rassegnato.
-Dai raga io ce la faccio! Vi prego non ci capiterà più una serata così- protestò Davide, seguito a ruota da Andrea.
-Se voi volete restare non è un problema, io torno in campeggio anche da sola
-Da sola? Non mi pare il caso- disse Stefano.
-Sono le 8 del mattino, cosa vuoi che mi succeda…
-Ti accompagno io.- mi girai verso Giacomo che aveva appena parlato. I miei e i suoi amici cominciarono a scambiarsi sguardi maliziosi e a sussurrare battutine, ma non ci feci caso.
-Non è necessario- cominciai a dire –Non voglio farti perdere la fine della serata. Non è un problema per me tornare da sola, seriamente!- ovviamente il fatto che si fosse offerto di accompagnarmi mi lusingava parecchio, ma allo stesso tempo mi metteva un po’ di ansia. Saremmo stati da soli per davvero, poteva succedere qualsiasi cosa tra noi e credevo di non essere ancora pronta.
-Sono abbastanza stanco anche io, mi metto a letto volentieri. Non mi pesa, davvero. Se vuoi andare, vengo anche io- sembrava piuttosto convinto a non cambiare idea.
Guardai gli altri che mi fecero l’occhiolino, ad eccezione di Stefano, che si irrigidì e spostò lo sguardo altrove. Il suo atteggiamento cominciava davvero ad irritarmi. Che motivo c’era di comportarsi in quel modo? Se aveva dei problemi poteva parlare chiaro.
-Va bene- dissi di slancio, continuando a tenere gli occhi fissi su Stefano. –Grazie- aggiunsi, rivolgendomi poi a Giacomo.
Dopo la coda per il bagno tornammo in pista un altro po’, continuavano a mettere canzoni che adoravo e un po’ mi dispiaceva andare via. Dopo circa 40 minuti decisi però che ero definitivamente morta, così salutai gli altri.
-I preservativi sono sul comodino vicino al mio letto- mi sussurrò nell’orecchio Simone, ridendo.
Risi e feci finta di nulla, cercando di mascherare l’evidente disagio che cominciavo a provare. Sarebbe andata in quel modo? A letto insieme?
Mi sentivo terribilmente confusa mentre mi dirigevo alla fermata dell’autobus con Giacomo. Era come avere un diavoletto e un angioletto sulle spalle, proprio come nei cartoni animati. Il “me-diavolo” mi diceva di lasciarmi andare per una volta, che avevo 18 anni e dovevo godermi la mia gioventù. Il “me-angelo”, invece, continuava a ripetermi che potevo benissimo tirarmi indietro, che forse non era ancora arrivato il momento giusto e che dovevo rispettare i miei tempi.
La situazione era quasi comica, così cercai di annullare tutti quei pensieri e di concentrarmi sul ragazzo in piedi accanto a me. Lo osservai di sottecchi, osservai il suo bel profilo, gli occhi chiari che risplendevano con la luce del sole, la pelle leggermente abbronzata. Nonostante tutte quelle ore passate a ballare e nonostante il caldo afoso che faceva, aveva un buonissimo profumo, potevo sentirlo anche a distanza.
Prendemmo l’autobus senza dire una parola, scambiandoci solo degli sguardi e dei sorrisi di tanto in tanto.


Una volta nel campeggio recuperammo le chiavi dei rispettivi bungalow e ci avviammo con calma. Erano le 9 del mattino e, ovviamente, la gente cominciava a svegliarsi e uscire. Delle famiglie si stavano già avviando verso il mare mentre un paio di ragazzi rientravano dalla corsa mattutina.
Arrivammo al solito bivio e Giacomo si offrì di accompagnarmi fino al mio bungalow. Tenni gli occhi bassi per tutto il tragitto, sapevo cosa sarebbe potuto succedere e non riuscivo più a tenere a bada i miei pensieri.
-Eccoci- mormorai, davanti alla porta. Giocherellai con la chiave magnetica, tormentandomi il labbro con i denti e cercando di guardarmi attorno, nonostante sentissi chiaramente lo sguardo di Giacomo su di me.
-Eccoci…- ripeté lui, avvicinandosi leggermente. Alzai finalmente lo sguardo e lo posai su di lui, lasciandomi incantare dai suoi meravigliosi occhi azzurri.
Accadde tutto piuttosto in fretta. In un secondo me lo ritrovai addosso, le labbra cercavano fameliche le mie. Gli misi le braccia dietro il collo, avvicinandomi il più possibile e schiudendo le labbra, permettendo alle nostre lingue di sfiorarsi. Mi spinse contro la porta, appoggiando una mano accanto alla mia testa per non pesarmi troppo addosso.
Ci baciammo a lungo, alternando momenti intensi ad altri più teneri e delicati. Quando mi staccai ripresi fiato, sorridendo.
-Desideravo farlo dal primo momento in cui ti ho vista, in autobus- mormorò, la voce roca e il fiato corto. Non sapevo bene come rispondere, avevo la mente completamente annebbiata, così lo baciai nuovamente.
-Vuoi entrare?- gli chiesi. Rimasi stupita dalle mie stesse parole, la frase mi era uscita di getto, senza esitazioni.
-Tu lo vuoi?- rispose sorridendo.
Non gli risposi, mi limitai a sorridergli e ad aprire la porta. La mano mi tremava leggermente ma cercai di mascherarlo. Si chiuse la porta alle spalle e in un attimo si avventò nuovamente su di me, accarezzandomi i capelli, il collo e le spalle, senza smettere di baciarmi neanche per un secondo. Mi ritrovai nella camera matrimoniale, stesa sul letto che condividevo con Stefano. Stefano, che mi aveva lanciato un’occhiata infuocata poco prima che lasciassi la discoteca con Giacomo.
Relegai quel pensiero in un angolo remoto della mia mente, concentrandomi sul ragazzo con cui mi trovavo.
Giacomo era steso su di me, sentivo le sue mani sul mio corpo, percorrevano veloci il mio profilo scostando appena la maglietta. Sollevai le braccia per permettergli di sfilarla, lasciandomi accarezzare. Tolse il reggiseno e si chinò a baciarmi i seni, alternando lingua e denti, facendomi impazzire. Il mio corpo reagiva ad ogni singolo movimento del ragazzo, mentre nella mia testa regnava il caos. Proprio non riuscivo a togliermi dalla mente che quella non fosse la cosa giusta da fare. Tuttavia, non fermai la mano di Giacomo che scendeva veloce verso l’ombelico e i miei pantaloncini, infilandosi sotto le mutandine e cominciando ad accarezzarmi. Sollevai il bacino d’istinto, ancorandomi al suo collo. Lo sentii sorridere sulle mie labbra quando feci scivolare una mano sul suo petto, cercando di sfilargli la maglietta. Volevo sentire la sua pelle a contatto con la mia, accarezzai i suoi addominali scendendo poi verso la cintura dei suoi pantaloni. Si staccò leggermente da me per permettermi di slacciarla, poi tornò sulle mie labbra. Cominciai ad accarezzarlo, leggermente imbarazzata, mentre lui continuava a mordicchiarmi il labbro inferiore.
Quando si sistemò meglio tra le mie gambe, mi fermai.
Lo guardai, aveva gli occhi lucidi ed eccitati, lo sguardo leggermente confuso. Era bello, bello da morire, e voleva me, ma realizzai che non volevo fare l’amore con lui, non in quel momento.
-Scusa- balbettai, distogliendo lo sguardo –Non volevo illuderti, solo… io non…
Mi prese il viso tra le mani, costringendomi a guardarlo
-Ei, non siamo costretti a fare nulla- disse semplicemente, fissandomi con una dolcezza infinita.
Lo abbracciai di slancio, ringraziandolo mentalmente. Poi lo baciai, accarezzandogli i morbidi capelli
-Grazie- dissi, e gli ero grata veramente, per aver capito le mie necessità e per non aver insistito.
Restammo abbracciati in quella posizione, poi si sdraiò accanto a me, passandomi un braccio attorno al ventre e facendomi appoggiare la schiena contro il suo petto. Cullata dal suo respiro dolce e regolare, mi addormentai. 





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Non ho assolutamente scuse! Ormai è diventata una costante questa frase, nelmio profilo. Comincio mille storie, le pubblico e poi le lascio a metà, a volte mi dimentico quasi della loro esistenza. Il più delle volte, in realtà, non ho l'ispirazione giusta per continuarle. 
E così eccomi qua, un anno dopo, ad aggiornare questa storia. La maggior parte delle persone che la segue probabilmente si sarà anche dimenticata della sua esistenza, ma spero che trovare questo aggiornamento possa farvi piacere! Ci ho messo un po', ma spero che ne valga ancora la pena. 
Come al solito, prometto solennemente di non farvi aspettare un altro anno prima di pubblicare un nuovo capitolo. 
Detto questo, vi saluto e ringrazio tutti per l'attenzione e, soprattutto, la pazienza. 
Un bacione

Marss

 
  
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