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Autore: borndumb3dumber    01/02/2016    0 recensioni
«Devi dire che sono il tuo preferito o vado da Yun»
Spalanco la bocca alla sua richiesta, esterrefatta dall’assurdità della questione, ma nell’esatto istante in cui provo a contestarlo, muove un dito verso il pulsante dell’ascensore. [...]
«E va bene!» mi arrendo. Porto le mani alle tempie e chiudo gli occhi. Un profondo respiro e sto guardando di nuovo le sue iridi scure. [...]
«Sei il mio preferito» borbotto le parole e mangio consonanti volutamente in modo da distorcerne il suono. Come mi aspettavo, tuttavia, il ragazzo non se lo fa bastare.
«No» scuote la testa «Devi dire il mio nome e scandire le parole. Potresti averlo detto a chiunque»
«Ho detto» ripeto, stringendo i denti per non dare di matto proprio adesso «che tu, Junhoe, sei il mio preferito»
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dall’esatto istante in cui ho messo piede fuori dal letto, questa mattina, una sensazione familiare ha iniziato a diffondersi per tutto il corpo, arrivando, alla fine di un percorso tortuoso e fastidioso, a depositarsi in un angolo remoto della mia mente. Purtroppo per me, però, conosco molto bene questa sensazione: la consapevolezza che questa sarebbe stata una giornata di merda.
Lancio uno sguardo tutt’altro che amichevole alla ragazza che ora mi affianca e scuoto le mani nel tentativo di scrollarmi di dosso più cappuccino possibile. La guardo nuovamente, sperando che per lo meno si offra di aiutarmi, ma non alza un dito se non per controllare che la sua manicure nuova di zeccha sia intatta.
Lo ha fatto apposta, ne sono sicura: era troppo lontana per finirmi addosso con la bevanda e non c’è stato neanche nessun pretesto perché questo sia potuto accadere spontaneamente.
Riesco a vedere un sorriso beffardo dietro al suo sguardo fintamente dispiaciuto e mordo la lingua più forte che posso per non lasciarmi sfuggire parolacce.
Mi prendo qualche secondo per respirare e, con grande difficoltà, lascio che un sorriso mi si dipinga sul volto. Non reagire non reagire non reagire.
Alla fine, non lo faccio. Mi siedo in una carrozza diversa del treno e concentro tutte le mie attenzioni sulle macchie sulla mia nuova blusa bianca: volevo indossare qualcosa di diverso per il primo giorno di lavoro, ma conciata così sembro appena strisciata via da una fogna. Sbuffo infastidita e il volto curato della ragazza di prima mi torna in mente con prepotenza, ma mi costringo a cacciare il pensiero per non peggiorare la già penosa situazione.
Infilo la giacca che fino ad ora avevo portato in mano e cerco di coprire il più possibile le zone incriminate, riuscendoci meglio di quanto mi aspettassi. Il treno si ferma e le mie gambe si muovono in automatico, dirette fuori dalla metro.
E’ una giornata uggiosa e sembra quasi che stia per piovere. Le giornate così non mi piacciono particolarmente, sono tristi e mi mettono di cattivo umore. Ignoro il colore grigiastro del cielo il più possibile e cammino a testa alta per il tragitto mancante fino al luogo del mio lavoro. Non è stato difficile trovarne uno, mi è bastato mandare il curriculum e nel giro di un paio di giorni mi avevano assunta: assistente manager. Non ho assolutamente idea di cosa questo lavoro implichi, ma neanche mi interessa, imparo in fretta e cerco solo un lavoro temporaneo.
Raggiungo l’edificio il cui indirizzo è segnato sul mio telefono e non esito prima di entrare: una donna ben vestita e sulla trentina sembra stare aspettando qualcuno, guardando di tanto in tanto l’orario sul telefono. Quando il suo volto assume un’espressione sorpresa ed inizia ad avvicinarsi, capisco che stava aspettando proprio me.
«Sunhee-ah?» dice con una voce vellutata e leggermente giovanile, squadrandomi senza però palesarlo. Annuisco infastidita dal quel gesto, ma lascio correre perché ci avviamo già da subito verso un ascensore nella parte interna dell’edificio.
«Credevo fossi più grande» commenta camminandomi di fronte, i capelli che le ondeggiano neri sulle spalle «Ma non sarà un problema» conclude poi. Aspetta che io entri nell’ascensore prima di premere il numero 5 sulla tastiera e le porte si chiudono davanti ai nostri occhi.
«Ora, ci sono poche cose che devi sapere» parla forte e chiaro così che io non possa fraintendere «Prima di tutto io sono il tuo capo, ti dirò cosa fare e quando farlo e se questo non avviene dovrai assistere Mike, a breve lo conoscerai» metabolizzo le sue parole e annuisco più convinta di quando io sia in realtà.
«Devi essere veloce: non c’è spazio per persone pigre, qui. Abbiamo delle scadenze da rispettare e il tempo non si ferma per nessuno» guarda il suo telefono un’altra volta e lo blocca quando non ci trova nessun messaggio. Si accorge che lo sto fissando e dice «Ne avrai uno anche tu. Devo avere modo di comunicare con te in qualsiasi istante, quindi non perderlo di vista perché, come ti ho detto, il tempo…»
«…non si ferma per nessuno» finisco la frase al posto suo e un sorriso le illumina il volto.
«Impari per davvero in fretta»
Le porte dell’ascensore, nel frattempo, si sono aperte e non attendiamo nessun istante prima di immetterci nel lungo corridoio del piano. L’unico suono che fende l’aria è il rumore frequente delle nostre scarpe sul pavimento, almeno fino a quando non parla di nuovo.
«Oh» si ferma improvvisamente davanti ad una porta ed entra nella stanza trascinandomi con lei. La stanza è molto buia e non accende la luce, così aspetto finché non finisce di cercare rapidamente qualcosa in un angolo.
«Spogliati» dice senza troppe cerimonie, ma si appresta a chiarire davanti alla mia faccia contrariata «Devi cambiarti. Sei venuta in metro?»
«Sì» rispondo spaesata, togliendo la giacca e poi la blusa completamente maculata.
«Imparerai ad evitare situazioni del genere» dice, comprendendo da macchie anonime su una maglia cosa sia successo.
«Quel tipo di ragazze capitano a tutte, prima o poi, soprattutto in metro e soprattutto se sei vestita meglio e più bella di loro» mi ha appena fatto un complimento? Cerco le parole adatte da usare per non sembrare fin troppo turbata dalla situazione, ma lei non sembra attendere una risposta.
«Ora andiamo, abbiamo tantissime cose da fare»




 
   
 
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