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Autore: Harry_Potter992    01/02/2016    0 recensioni
E' l'inizio di una nuova avventura per April e Mackenzie, due ragazze inglesi amiche fin dai primi anni della Secondary School: stanno per approdare al Queen's College, nel cuore della cittadina di Ashford, uno dei più ambiti dell'Inghilterra. Nella vita delle due collegiali non ci sarà spazio solo per lo studio: conosceranno nuove persone, si faranno nuovi amici e, dulcis in fundo, magari incontreranno anche l'amore...
Dal capitolo 1:
"- Cosa c’è? - chiese April cautamente. Temeva sempre quando l’amica si comportava in quel modo.
- Ho trovato! - fu l’esclamazione. - Facciamo così: io aiuto te e tu aiuti me! Che ne dici?
Ecco, lo immaginava: una delle solite idee pazze che ogni tanto le balzavano in mente. La cosa più brutta era che a quelle idee, di solito, difficilmente si poteva scappare."
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Quel mattino, la cittadina di Ashford era inondata dal sole. Era da molto tempo che non si vedeva una giornata così bella da quelle parti e, per le strade, i passanti che si recavano a scuola o a lavoro sembravano più di buon umore.
Quel clima mite e sereno si sposava perfettamente con lo stato d’animo di due ragazze che, in quel preciso momento, attraversavano i confini del Queen’s College, il luogo in cui avevano tanto atteso di andare e che le avrebbe ospitate per i mesi a venire.
Salutati i genitori al cancello, si erano addentrate nel grande parco che circondava gli edifici senza farselo ripetere due volte. Nonostante la nostalgia della loro famiglia indubbiamente si facesse sentire, la curiosità per il mondo dei collegiali era più forte. Dopo essere state in fibrillazione per tutta l’estate, non vedevano l’ora di intraprendere quella fantastica esperienza. Certo, ci sarebbe stato da studiare sodo, ma avrebbero convissuto con i loro coetanei, mangiato, fatto attività insieme… insomma, sarebbe stato troppo divertente!
- Guarda là, il campo da golf! - Che bello quello spiazzo! - erano le esclamazioni che fioccavano dalle loro bocche, mentre si guardavano in giro per non perdersi un solo particolare e, allo stesso tempo, per capire dove dovessero andare.
Nel dubbio, le due diciassettenni si diressero verso il primo edificio che si trovarono davanti, uno dei più grandi, con l’intenzione di provare a entrare. 
- Quelli hanno tutta l’aria di essere dei nuovi arrivati come noi - disse a un tratto una delle due ragazze, indicando un gruppetto
radunato all’ingresso, alcuni vicino al portone, altri sulla scalinata. - Raggiungiamoli!
- Aspettami - disse l’altra ragazza, cercando di tenere il suo passo.
La prima che aveva parlato aveva lunghi capelli biondi che le ricadevano fin sotto la vita in ciocche ondulate. Due ciocche erano legate ai lati della testa da nastrini rossi con due candidi pompon alle estremità. Ciuffi biondi le coprivano le orecchie e la fronte, fin quasi a sfiorare i grandi occhi castani.
Indossava una maglia grigio scuro con una simpatica scritta e una gonna a quadri che si intonava perfettamente con i nastrini, con sotto delle calze lunghe a strisce bianche e grigie.
Mackenzie Jenkins: questo era il suo nome.
L’altra ragazza era completamente diversa da lei. I capelli lisci e castano chiaro, con qualche ciocca fuori posto, le ricadevano però sulla fronte in una frangia ordinata. A spiccare sul suo viso erano gli occhi verdi, un po’ più chiari della giacca che indossava, con sopra una sciarpetta scozzese ad avvolgerle il collo; da essa spuntavano lunghe ciocche di capelli, che scendevano fino a metà busto. Un paio di jeans molto semplici completavano il suo abbigliamento.
Lei, invece, si chiamava April Ward.
Le due amiche trascinavano i loro bagagli, per i quali, sebbene fossero abbastanza pesanti, quasi non sentivano fatica, tanto era svelto il loro passo, acceso dall’eccitazione. Inoltre erano seguite dai loro due animaletti (il Queen’s College era uno dei pochissimi college al mondo ad ammettere gli animali, un altro motivo per cui lo adoravano): accanto a Mackenzie trotterellava un volpino bianco, scodinzolante e con la lingua di fuori, evidentemente contagiato dall’entusiasmo della padrona; dietro April, invece, camminava un gatto dal pelo bianco e marroncino con una grande coda pelosa, con fare pigro e tranquillo, come se niente stesse succedendo. I suoi occhioni azzurri si guardavano intorno, senza fermarsi a osservare qualcosa con interesse particolare.
L’agitazione serpeggiava anche tra i ragazzi a cui April e Mackenzie si unirono. In compagnia di quello che doveva essere il direttore, o forse il vice direttore, nella confusione generale non si capì bene chi era, varcarono il portone e lo seguirono negli ampi corridoi, fino ad arrivare in un’ala dell’edificio dove c’erano le stanze che avrebbero occupato da quel momento in poi. Lì dovevano posare i bagagli per poi andare subito alla loro prima lezione.
Il direttore, o vice direttore, insomma, chiunque egli fosse, terminate le spiegazioni si allontanò lasciandoli soli. Capirono che potevano sbrigarsela da sé; in men che non si dica, si creò un grande andirivieni per la scelta delle camere.
- Le stanze sono a due - osservò Mackenzie, rivolta all’amica. - Bene, noi insieme!
- Andiamo qui - disse April, dopo essersi fatta largo tra un gruppo di ragazze ed essersi affacciata alla prima porta che le era capitata a tiro. - Ci sono i letti con le trapunte verdi!
- Ma va là! - replicò Mackenzie, mostrando assai poca sensibilità per l’ormai risaputo debole di April verso il colore verde. Mentre l’amica faceva una smorfia di delusione, corse in un’altra stanza, affacciandosi alla finestra insieme ad altre ragazze, tutte intente a discutere animatamente.
- Qui c’è una vista spettacolare! - esclamò, agitando il braccio in direzione di April. - Credo che questa stanza sia un po’ troppo contesa, però - aggiunse, raggiungendo l’amica sulla soglia e lanciando un’occhiata alle altre ragazze. - Tiriamocene fuori!
Non fecero in tempo a rimettere piede in corridoio, che incapparono in un altro gruppetto da cui si levavano frasi come: - Questa è nostra! - L’abbiamo vista prima noi!
Un’occhiata d’intesa fu sufficiente: si affrettarono ad allontanarsi, ispezionando le stanze più lontane.
Sebbene ci fosse un po’ di confusione, riuscì a risolversi tutto in maniera abbastanza pacifica; la stanza con la bella vista fu occupata da due ragazze che sostenevano di esserci entrate per prime; anche quella con i letti verdi se la accaparrarono prima che April potesse provare a convincere l’amica; e alla fine, aprendo la porta di una camera libera a caso, visto che piacque decisero di restarci. Non avevano nemmeno molta altra scelta, d’altronde!
- I letti sono morbidissimi - disse Mackenzie, molleggiando su uno di essi con aria soddisfatta dopo aver scaraventato le valigie in un angolo. - Ci rimarrei tutto il giorno… ma dobbiamo muoverci!
Un’occhiata all’orologio appeso sopra l’armadio, infatti, bastò a comprendere che erano in ritardo.
- Le altre stanno già andando - aggiunse April, tendendo l’orecchio. In corridoio si udiva uno scalpiccio di passi. - Ma Chantilly e Shirley dobbiamo lasciarli qui?
- Non lo so, penso di sì. Di certo non possiamo portarli a lezione. Chiudiamo la porta in modo che non vadano in giro - disse Mackenzie. Tese la mano per accarezzare il volpino che scodinzolava ai suoi piedi. - Ciao, Shir, fai la brava, mi raccomando! Noi torniamo tra poco!
- Non combinerà qualche guaio, vero? - fece April mentre uscivano dalla stanza, ben conscia dell’iperattività della cagnolina.
- No, cosa deve combinare - rispose Mackenzie in tono leggero. –Meglio pensare a dove dobbiamo andare, visto che io non ne ho la più pallida idea!
Scoprirono che le lezioni si tenevano nell’edificio accanto (in quello in cui si trovavano c’erano solo le loro stanze, la sala comune e non sapevano cos’altro) e che la prima lezione era quella di sociologia, l’unico corso che avevano scelto entrambe; riuscirono a trovare la classe prima di quanto si aspettassero.
Gran parte dei banchi erano già occupati. April, che era entrata per prima, notò due banchi liberi in terza fila e tese la mano all’indietro con l’intenzione di scuotere il braccio dell’amica e indicarglieli.
Ma, al posto del braccio, la sua mano trovò il vuoto. April si girò, perplessa, e vide Mackenzie ancora vicino alla soglia dell’aula. Fissava qualcosa davanti a sé con la bocca semiaperta e gli occhi meravigliati.
- Ehm… - April scosse la mano in aria, cercando di attirare la sua attenzione. - Ehi, ci sei? - esclamò nella sua direzione.
Dopotutto le sembrava strano: non c’era niente di particolare in quella classe da giustificare una simile reazione.
Giusto?
Mackenzie parve riprendersi all’improvviso e la raggiunse come se niente fosse, con un movimento straordinariamente rapido: in due secondi April se la ritrovò accanto.
- Oh mio Dio… oh mio Dio… mio Dio! - le farfugliò all’orecchio, portandosi le mani al volto e facendo diventare l’ignara April ancora più confusa.
- Ma che succede? - fece lei per tutta risposta, guardandosi intorno per cercare di capire cosa la avesse tanto sconvolta.
Mackenzie la trascinò verso i due banchi liberi e si sedette rumorosamente, guadagnandosi qualche occhiata da vari punti della classe. - C’è Keith! - borbottò eccitata. - Quel Keith! Guarda, è il ragazzo biondo seduto al primo banco!
April seguì il suo cenno della testa e vide che effettivamente, al primo banco nella fila di destra (loro erano in quella centrale), c’era un ragazzo biondo seduto accanto a uno con una folta chioma rossa.
- Davvero? - domandò, abbastanza stupita.
- Ti rendi conto? Lo vedrò sempre! - continuò Mackenzie, gesticolando come una forsennata. - Che colpo al cuore, devo calmarmi…
April cercava di trattenere le risate nel vedere l’amica in quello stato. - Aspetta, lo hai conosciuto a una festa, giusto? - domandò per avere conferma.
- Non era una festa, l’ho incontrato perché dei suoi amici conoscevano dei miei amici (aiuto, sembra uno scioglilingua) e si sono fermati per strada a parlare e siamo stati tutti insieme per un po’. E poi, come già sai, l’ho incontrato altre due o tre volte ma non ci siamo mai parlati. Solo una volta ci salutammo…
- Sì, sì, ora ricordo - annuì April. - Quindi non sapevi che venisse qui?
- No, certo che no! Come potevo saperlo! - fece Mackenzie, con un tono di voce un po’ troppo alto, tanto che April le fece freneticamente cenno di parlare più piano. - Non ho proprio pensato che potesse venire qui - aggiunse in un sussurro.
- Beh… non so che dire, non me lo aspettavo neanch’io! - disse April, sorridendo all’amica. Era contenta per lei: a Mackenzie piaceva Keith Shaw da poco più di un mese, e quella poteva essere una grande occasione per conoscerlo. - Non lo hai salutato?
- Mi ha colto troppo di sorpresa per riuscire a fare qualcosa di così complicato - ribatté Mackenzie, scuotendo la testa. - Ma avrò le mie occasioni, parola di Big Mack! - Era un soprannome che le aveva dato un loro amico. Improvvisò un balletto sulla sedia, scuotendo i capelli. - Sono troppo felice, troppo, troppo… ancora non riesco a crederci, sai? Invece , devo crederci, è tutto super…
- Come avete intenzione di cominciare l’anno, signorine? - udirono improvvisamente una voce severa. Senza dubbio apparteneva alla loro insegnante, dato che la donna che doveva essere da poco entrata in classe le guardava accigliata dalla cattedra. Tutte le teste erano voltate nella loro direzione.
- … reale - completò Mackenzie con un filo di voce.
In effetti, non era proprio il massimo cominciare l’anno senza accorgersi dell’arrivo del professore.

Tempo una settimana, e già Mackenzie e April adoravano la vita al college. Avevano conosciuto persone simpatiche, si interagiva facilmente e i collegiali avevano anche del tempo libero a disposizione, oltre allo studio. Già nei primi giorni, però, gli insegnanti fecero loro capire che il carico di lavoro non sarebbe stato indifferente: e misero subito in atto le loro parole nella pratica.
- Quanti compiti hai oggi? - chiese April all’amica, mentre andavano alla ricerca di un tavolo nella mensa con i vassoi pieni. Altro punto a favore della vita al college: il cibo era abbastanza buono.
- Quasi tutti di musica, per fortuna - rispose lei allegramente. - E tu?
- Io invece ho un bel po’ di roba in biologia e letteratura - sospirò April. 
- Cavolo, ti è andata male - commentò Mackenzie, storcendo la bocca comprensiva.
- Ma pazienza: sono argomenti che mi piacciono e li farò facilmente.
- Stavo pensando che dobbiamo sbrigarci a scegliere i corsi pomeridiani - disse Mackenzie, fermandosi vicino a un tavolo semipieno e prendendo posto. - Io avrei iniziato a fare ballo appena messo piede qua dentro, non so come ho fatto a resistere una settimana!
April la imitò. - Oggi mi sa che ti puoi iscrivere - disse, girando il risotto fumante con la forchetta. La regola voleva che quelli del primo dovessero aspettare la prima settimana di scuola prima di scegliere le attività pomeridiane.
- E tu cosa fai?
April alzò le spalle. Ancora non aveva deciso, ma sicuramente non avrebbe seguito il corso di danza: era Mackenzie ad avere quella grande passione per il ballo, e fin da bambina aveva sempre seguito delle lezioni.
Un gruppo di ragazzi più grandi si fermò nei pressi del tavolo e occupò i posti liberi di fronte a loro, chiacchierando a gran voce. Mackenzie rimase imperturbabile, rivolgendo la sua attenzione soltanto al risotto; April, invece, li guardò di sottecchi. I ragazzi più grandi di lei le mettevano sempre un pochino di soggezione. Quando i suoi occhi incontrarono quelli azzurrissimi del ragazzo seduto proprio davanti a lei, avvampò all’istante e abbassò lo sguardo, sistemandosi la sciarpa con fare imbarazzato.
A quanto pare i ragazzi avevano esaurito i loro argomenti di discussione, perché un silenzio generale calò improvvisamente in quella parte di tavolata.
- Siete del primo? - fece uno, rivolgendosi a loro con naturalezza.
- Sì - annuì Mackenzie con la bocca piena, i gomiti appoggiati sulla tavola e la forchetta a mezz’aria.
- Come vi trovate? - proseguì quello, mentre gli altri mangiavano in silenzio.
- Bene - rispose Mackenzie. - Questo college in foto non sembrava così bello.
- Concordo. Beh, vi consiglio di godervi il posto, perché lo studio non è altrettanto piacevole.
In tutta quella conversazione lo sguardo di April, non sapeva perché, ricadeva un po’ troppo spesso sul bianco sorriso e i capelli castani leggermente scompigliati del ragazzo di fronte.
- Mi passeresti quel tovagliolo? - le arrivò del tutto inaspettatamente una voce maschile all’orecchio, e April alzò gli occhi su di lui, accorgendosi che era proprio lui ad aver parlato. La stava guardando in attesa con un sorriso gentile appena accennato.
Aveva una bella voce, calda… particolare.
- Sì, certo. - Prese il pezzo di carta e glielo passò, sperando di non rovesciare qualcosa nel mentre. Per fortuna non accadde, anzi; cogliendola di sorpresa, il ragazzo le disse: - Grazie - strizzandole leggermente l’occhio.
Il cuore della ragazza ebbe un piccolo tuffo. Gli rivolse un sorriso debole e si affrettò a riportare la testa sul piatto, pensando al motivo per cui si stava comportando in quel modo.
Terminato il pranzo, Mackenzie, April e i ragazzi si alzarono quasi in contemporanea e questi ultimi, uscendo dalla mensa, presero la direzione opposta alla loro. April si limitò a gettare loro un’ultima occhiata; per tutto il resto del pomeriggio al ragazzo bruno non pensò più.

- Vuoi fare golf?
- No, golf no…
- Allora… calcio, guarda, c’è il campo là!
April e Mackenzie passeggiavano per i prati del college, guardando ragazzi e ragazze, soprattutto più grandi, che facevano sport sotto il sole cocente. Il giorno prima Mackenzie si era iscritta nella palestra di danza e, dato che April era ancora indecisa, le aveva proposto di andare in giro per la scuola per vedere tutti i ragazzi all’opera nei vari corsi, in modo da poter decidere guardando con i propri occhi.
La ragazza castana scosse la testa all’ennesimo suggerimento dell’amica. - Hai mai saputo che mi piace il calcio?
- Allora andiamo nella “zona palestre”, ci sarà sicuramente qualcosa che ti interesserà - affermò Mackenzie con decisione.
Sapeva dove erano le palestre, perché esse erano tutte in corridoi adiacenti ed era già stata lì per fare danza. Oltrepassarono il corso di ballo e si diressero alla porta successiva. April avvicinò l’orecchio per sentire se c’era qualcuno e udì un grande scalpiccio di passi, come di persone in corsa. Alzò il braccio per bussare ma, com’era prevedibile, non ricevettero risposta.
- Entriamo e basta, l’accesso è permesso a tutti - disse Mackenzie, e spinse la porta.
Fu necessaria solo un’occhiata per capire che quella era la palestra di basket.
Le ragazze presero ad attraversare la stanza rasente i muri, per non disturbare il gioco. Piccoli gruppi di spettatori erano sparsi qua e là e si scambiavano commenti sottovoce. Di tanto in tanto si levavano grida di esultanza o di incoraggiamento all’indirizzo di qualche giocatore.
- Bravo, Adam! - urlò un ragazzo verso un suo coetaneo che aveva appena fatto canestro. Vedendolo di spalle, ad April sembrava familiare; ma quando si girò, un sorriso sul volto e goccioline di sudore che gli solcavano la fronte, non ebbe più dubbi: era quel ragazzo che si era seduto di fronte a lei il giorno prima, a mensa.
E che le aveva fatto l’occhiolino, accidenti! 
- Per oggi abbiamo finito, ragazzi - esclamò l’allenatore, battendo le mani per attirare l’attenzione di tutti.
- Come ti sembra il basket? - domandò Mackenzie, ferma accanto all’amica. April la sentì a malapena: era impegnata a guardare il ragazzo bruno che prendeva un asciugamano portogli da un suo compagno e se lo passava tra i capelli.
- Ehm… s-sì… cioè, no, non credo che faccia per me - balbettò, girandosi appena verso Mackenzie.
- Ok, allora andiamo in un’altra palestra che sta nel corridoio accanto - disse Mackenzie, avviandosi verso la porta.
April dovette fare un grande sforzo per non guardarsi indietro e attirare lo sguardo dell’amica o di qualche presente. Ma, mentre entravano nella terza palestra, pensava ancora al ragazzo. E anche mentre assisteva alla partita di squash, e alla fine confidava a Mackenzie che voleva provare a iscriversi, nella mente si rigirava ancora il nome che aveva sentito. Adam… Era un bel nome. Gli si addiceva. 

Verso metà settembre, il tempo cominciò a guastarsi. I ragazzi salutavano con nostalgia i giorni d’estate sempre più lontani e il tempo sottratto alle bighellonate nel giardino venne dedicato di più allo studio. Ormai si iniziava ad entrare nel vivo e nessuno poteva permettersi di adagiarsi e lasciare lavoro in arretrato.
Fu al termine di una giornata particolarmente faticosa, in cui oltre allo studio Mackenzie era stata a lezione di ballo e April a squash, che le due amiche si ritrovarono prima del previsto nella loro stanza, subito dopo cena.
- C’è qualche ragazzo carino a squash? - stava domandando Mackenzie, distesa sul suo letto a pancia in giù, un braccio penzoloni e Shirley, il suo volpino, che le leccava con entusiasmo le dita della mano dai piedi del letto.
April alzò un sopracciglio nella sua direzione, accarezzando il folto pelo di Chantilly. Anche lei era stesa, nel letto accanto, con il gatto seduto sulla sua pancia.
- Qualcuno - rispose vaga. - Ma immagino che non ti interessa, visto che hai già il tuo Keith - insinuò con voce maliziosa, prendendo in giro l’amica.
Mackenzie le fece la linguaccia. - Certo che non mi interessa, lo dicevo per te. Quindi in questo breve periodo di soggiorno non hai ancora trovato nessuno per cui dare di matto come faccio io?
April si sentì arrossire e cercò di tenere lo sguardo fisso sulla sua gatta. - Direi di no.
Questo non convinse Mackenzie, che la guardò con aria indagatrice, come se volesse scrutare la sua mente. - Ne sei proprio sicura?
- Sì - ribadì April, ma se prima era riuscita a essere un minimo convincente, quella volta fallì su tutta la linea.
- Non ci credo. Nei giorni scorsi ho notato segni di assenza da parte tua in più momenti della giornata. Sono evidenti sintomi di un innamoramento!
- Ma come fai a dirlo? Non puoi basarti su niente oltre a questo - le fece notare April, divertita. In ogni caso, stava pensando di dirglielo; dopotutto, Mackenzie gliel’aveva detto subito quando si era presa una cotta per Keith, e non ci vedeva nulla di male a rivelarglielo. Soprattutto perché ormai era sicura che quel ragazzo non le stesse indifferente: in quei giorni aveva scoperto di pensare a lui, ogni tanto, e un paio di volte, come aveva detto Mackenzie, era anche successo che si distraesse per questa ragione. Non sapeva come fosse scattato tutto; sapeva solo che l’attirava.
Così ammise, un po’ imbarazzata: - Comunque… beh, è vero, forse mi piace un ragazzo.
Con sua sorpresa, Mackenzie non disse nulla, si limitò a fissarla.
- Va bene… mi piace, non forse - si arrese.
- Sì, lo sapevo! - esclamò a quel punto l’amica, balzando a sedere. Shirley indietreggiò, cercando poi nuovamente la mano della ragazza, che con quel gesto brusco era andata fuori dalla sua portata. - Lo sai che non mi sfugge niente - la ammonì, agitando un dito verso di lei. - Passiamo alle cose serie: dove lo hai visto? Come si chiama? Quanti anni ha?
- Beh, è sicuramente più grande, quindi sarà del secondo anno. E si chiama Adam… E’ tutto quello che so su di lui.
- Ma dove lo hai conosciuto? - insistette Mackenzie con curiosità.
- Non l’ho neanche conosciuto… sai alcuni giorni fa quando si sedettero dei ragazzi davanti a noi a pranzo, e uno ci chiese se eravamo nuove e come ci trovavamo? Non era quello, ma un suo amico, è castano e ha gli occhi azzurri. Poi l’ho rivisto anche a giocare a basket, quando facemmo il giro della scuola per vedere i vari corsi e trovare uno che mi piacesse.
Mackenzie strinse gli occhi. - Non sono sicura di ricordarmelo… vabbé, comunque poi non lo hai più visto?
- L’avrò intravisto altre due o tre volte fino ad ora.
Mackenzie scosse il capo, riflettendo. - Devi rimediare al fatto che non ci hai mai parlato. Un giorno devi riuscirci, intesi? Altrimenti non ti noterà mai.
- Neanche tu hai mai parlato con Keith - replicò April. - Non seriamente, almeno.
- Non seriamente, ma ci ho parlato! Che poi sia stato per non più di dieci secondi non importa… Comunque, dicevo…
Mackenzie si interruppe, sgranando gli occhi castani.
- Cosa c’è? - chiese April cautamente. Temeva sempre quando l’amica si comportava in quel modo.
- Ho trovato! - fu l’esclamazione. - Facciamo così: io aiuto te e tu aiuti me! Che ne dici?
Ecco, lo immaginava: una delle solite idee pazze che ogni tanto le balzavano in mente. La cosa più brutta era che a quelle idee, di solito, difficilmente si poteva scappare.
April batté le palpebre. - Intendi… nel conquistare
- Sì, nel conquistare! Ci aiutiamo a vicenda con i nostri boys, tipo associazione segreta che deve compiere una missione. 
- Ma tu non hai bisogno di aiuto - osservò April, perplessa.
Mackenzie sventolò la mano. - Non fa niente. Ci diamo una mano quando capita l’occasione, ci diamo consigli, entriamo in azione! Ci stai?
Seppure colta di sorpresa, April non aveva nessun motivo per rifiutare, così cedette. - D’accordo… Accetto l’alleanza.
- Grande! - esclamò Mackenzie, entusiasta, sporgendosi per darle il cinque.
In fondo, pensò April, un aiuto le serviva proprio se voleva avvicinarsi ad Adam, dato che non aveva la più pallida idea di dove iniziare. E sicuramente, sarebbe stato anche divertente!  


Note dell'Autrice:
Ciao a tutti, Efpiani! :D
E' la prima storia che pubblico in questa sezione (fin'ora sono stata fedele soltanto al mio spirito Potterhead u.u), ma mi è venuta in mente così, mentre fantasticavo durante una noiosa ora di storia, o filosofia, non mi ricordo neanche più (?)
Insomma, ogni tanto anche le lezioni noiose fanno qualcosa di buono, no? xD
Se il primo capitolo vi è piaciuto, lasciate un commentino, giusto per farmi sapere se c'è qualcuno interessato alla storia <3 Ovviamente è solo l'inizio, ma vi posso garantire che conosceremo meglio le protagoniste e che gli avvenimenti non mancheranno!
Pubblicherò presto il prossimo capitolo. Intanto, un saluto e un grazie a chi è arrivato fino a qui <3
Hasta la vista!


 

  
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