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Autore: MaxB    01/02/2016    8 recensioni
Sono l'unica ad aver urlato dopo aver letto il capitolo 471?
Scusate, urlato no, la mia macchina non avrebbe retto un simile frastuono.
Ma scrivere, quello lo possono sopportare tutti.
Dedicato a tutti quelli che, come me, si sono commossi leggendo e guardando la piccola meraviglia di Mashima.
ATTENZIONE: SPOILER!!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gajil Redfox, Levy McGarden, Pantherlily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Tratto dal capitolo 471

ATTENZIONE: SPOILER

La battaglia era ormai cominciata. La battaglia più importante di sempre, quella che coinvolgeva tutte le gilde di Fiore, unite per combattere un nemico comune che veniva addirittura da un altro continente.
Ogni nuova guerra in cui Fairy Tail rimaneva invischiata sembrava più terribile delle precedenti, almeno finché non ne arrivava una nuova che le faceva diventare bazzecole.
Ma tutti dubitavano che ce ne sarebbe stata una più difficile e dura di quella.
Gli Spriggan 12.
Acnologia.
Zeref.
Tutti insieme.
Persino Natsu percepiva la tensione di quel momento.
E Gajeel non era da meno.
Lui, insieme a Lily, Levy e i tre Strauss avevano saltato gli ultimi combattimenti per dirigersi al punto indicato loro da Mavis, in modo da lottare secondo uno schema logico, senza buttarsi nella mischia in perfetto stile Fairy Tail.
Sei persone. Due trii.
La risoluta determinazione che li aveva colti quando la Prima Master aveva dato loro gli ordini era scemata durante la camminata. La voglia c’era ancora, l’urgenza pure, ma mancavano l’entusiasmo e l’adrenalina.
In poco tempo avevano coperto una distanza immensa, e il paesaggio collinare della tranquilla Magnolia era stato soppiantato dalle montagne, dalle rocce e dai percorsi impervi e non segnalati. Avevano camminato immersi in un silenzio di tomba dopo essersi scambiati poche informazioni riguardo alle tattiche da adottare una volta arrivati, così da non essere impreparati.
E il silenzio non faceva parte di Fairy Tail.
La preoccupazione traspariva chiaramente dai loro corpi: Elfman apriva e chiudeva spasmodicamente i pugni, Lisanna si torturava le mani e Mirajane stringeva i bordi della sua maglia. Levy guardava ovunque pur di non pensare e ogni tanto la punta di una sua unghia veniva catturata dai suoi denti.
Il suo sguardo era calamitato sempre più spesso da Gajeel, e Levy si rese conto che faceva fatica a riconoscerlo. Rispetto al modo in cui si era comportato a Tenrou, sembrava un’altra persona: la smania della battaglia lo aveva abbandonato, non era impaziente di agire, non si lamentava e sottostava senza fiatare alle decisioni delle ragazze in merito a pause bagno e spuntini. Almeno per quella camminata.
Da quando era cambiato così tanto? Lo aveva sempre avuto sotto gli occhi, alla gilda e nel Concilio.
Possibile che fosse così preoccupato da sembrare il suo alter-ego?
Ogni tanto lo beccava mentre la guardava di sfuggita, ma i suoi occhi inquieti si spostavano immediatamente con nonchalance.
Si erano avvicinati moltissimo in quel periodo, più di quanto Levy avrebbe mai potuto sognare, considerati i suoi innegabili sentimenti. Eppure lui continuava ad essere un enigma per lei, un insieme di scatole cinesi: per quanto aprisse quelle più grandi, le chiavi per schiudere quelle più piccole continuavano a sfuggirle. Sapeva che da parte del Dragon Slayer c’era solo una profonda stima, un’enorme ammirazione nei suoi confronti, ma nulla più. Gajeel la considerava una ragazza da proteggere, fragile, e lui aveva bisogno di qualcun’altra al suo fianco.
Lily invece sospirava, osservando i suoi nakama. Stavano pensando le stesse cose, ne era certo, ma nessuno dei due sembrava in grado di rendersene conto.
La notte calò senza che nessuno dei sei compagni se ne accorgesse, tanto erano presi dai loro pensieri.
- Direi di fermarci qui – annunciò Mirajane quando le stelle ormai si intravedevano oltre l’arancione del tramonto.
Come dei soldati di latta caricati a molle, tutti si fermarono in un punto che reputarono adatto per passare la notte, senza aprire bocca. Faceva freddo, lassù, così si misero in una zona relativamente protetta dalle rocce. Gli spiazzi d’erba erano rari.
Consumarono un pasto parco e si augurarono la buonanotte in modo quasi lugubre, per i loro canoni.
Montare le tende era impossibile, su quel terreno duro, così sistemarono dei materassini portatili sul suolo ruvido e sconnesso e si coprirono bene.
Levy voleva leggere, imbacuccata nella coperta termica, ma ben presto il russare sommesso di Elfman glielo rese impossibile.
I fratelli Strauss si erano messi a dormire uno accanto all’altra, con Lisana in mezzo, e Levy sorrise nel vederli: Mirajane, composta, non abbandonava il sorriso nemmeno nel sonno; la sorella sembrava agitata, invece, ma forse dipendeva dal fatto che suo fratello tendeva i bicipiti nel sonno e questo rendeva il suo cuscino alquanto… movimentato.
Elfman, infatti, aveva le braccia aperte come se fosse stato pronto per volare via, vestito di tutto punto e con la coperta caduta dal lato sinistro.
Erano così teneri…
Levy non aveva mai avuto fratelli o sorelle, e si rese conto di desiderarne tanto uno.
Il suo pensiero corse immediatamente a Gajeel, che però, per lei, era tutt’altro che un fratello. Chissà come lui la considerava…
Solo in quel momento si rese conto che il ragazzo mancava da troppo tempo. Aveva annunciato che sarebbe andato a fare una passeggiata per sciogliere i muscoli, ma non era sembrato in vena di esercizio fisico. E poi, era passata un’eternità da quando lo aveva detto.
Sospirando, Levy abbandonò i pensieri malsani e morbosi che riguardavano la lotta imminente e la sua inadeguatezza in guerra, e si tolse di dosso la coperta che aveva preso il suo odore e il suo calore. Indossò una giacca pesante che le ricordava quella che aveva nel Concilio e, infilando gli stivaletti, andò in cerca di Gajeel.
In quella piana desolata, non ci mise molto ad individuare Lily, addormentato su uno spiazzo verde che sembrava una piccola oasi in quel marrone-grigio uniforme.
Levy voleva accarezzarlo, ma sicuramente lo avrebbe svegliato se solo avesse osato, provarci. E poi, lei voleva trovare Gajeel.
Poco più avanti, oltre la roccia dove Lily riposava come una sentinella cristallizzata, Levy intravide un’ombra accucciata su uno spuntone di roccia sospeso su un precipizio.
Gajeel.
Prendendo coraggio mediante un sospiro che si condensò in una nuvoletta davanti a lei, si incamminò con passo incerto verso il ragazzo.
Man mano che si avvicinava riusciva a scorgere sempre più dettagli: indossava una giacca bianca che non aveva mai messo e stava seduto sulle punte dei piedi, in un precario e perfetto equilibrio che lei non avrebbe mai eguagliato, figuriamoci mantenuto per tutto quel tempo.
I capelli neri come la notte che li avvolgeva si muovevano piano, accarezzati dalla brezza.
Era un’aquila nella notte, il custode della pace di quel luogo.
Eppure lei vedeva che, nonostante la calma di quel piccolo paradiso, lui era inquieto.
Probabilmente non l'aveva sentita arrivare, perché non aveva detto nulla.
Ma era impossibile che non l’avesse percepita: aveva l’udito di un drago.
Semplicemente, non aveva nulla da dirle.
- Non intendi riposarti, Gajeel? – chiese Levy con la voce bassa e pacata, come sempre.
Temeva di farlo arrabbiare con la sua presenza. Il suo umore era imprevedibile, lo sapeva bene.
Gajeel non mosse un muscolo, come una statua. Era parte di quel paesaggio. – Huh? – mormorò. – Come se tu potessi parlare… - disse laconicamente, la voce priva di tatto, come al solito, eppure sottotono rispetto al normale. Si era adeguata alla notte, non voleva disturbare la quiete.
Levy arrossì, perdendo la determinazione che non aveva mai avuto. – Sì, be’…
Non sapeva cosa dirgli. Perché era andata a cercarlo? Perché non riusciva a dormire senza il suo fiato a poca distanza? Senza il suono del respiro regolare che aveva ascoltato tante volte dalla sua tenda durante le missioni al Concilio?
Ma forse sarebbe morta. Forse non sarebbe tornata a casa, non avrebbe più dormito accanto a lui, così vicina da percepirlo e così lontana da non sentire il suo calore.
Non era una notte per l’indecisione.
- Ho questo brutto presentimento che non riposeremo più nella gilda…
Mai più.
Un soffio di vento più forte degli altri scompigliò il ciuffo di Gajeel, i cui capelli erano cresciuti così tanto da essere quasi ingestibili. Ora ciuffi di nera notte solidificata gli ricadevano sul viso, addolcendone i tratti affilati. Non aveva mutato espressione, non aveva detto niente.
Non voglio rimpianti, si disse Levy.
Si era sentita forte alla partenza. Forte quando Mavis l’aveva assegnata alla sua squadra. Sapeva di essere nella sua squadra, prima che in quella formata da loro sei insieme, con Mira, Lisana ed Elfman.
Il trio del Concilio. Lui la faceva sentire potente e fragile al tempo stesso, ma quando erano partiti per la guerra, si era considerata invincibile.
Ora, invece, era terrorizzata, vuota e così insicura da rischiare di sbriciolarsi come una foglia secca.
- Il nemico contro cui siamo questa volta è diverso a tutti quelli che abbiamo affrontato finora… - continuò lei, la voce salda a dispetto della sua scarsa fiducia. – I miei poteri… non posso nemmeno paragonarli a quelli di qualcuno… Suppongo di essere un po’ spaventata ora.
Per usare un eufemismo, si corresse. Il suo viso non era impassibile come quello di Gajeel, che sembrava essere stato creato come una maschera per non mostrare emozioni. Lei era un libro aperto, e sotto all’apparenza depressa, si celava un cieco terrore e un odio nei confronti della sua debolezza di cui nemmeno lei era consapevole.
Il pavimento tremò all’improvviso, e all’improvviso arrivò anche il palo di metallo di Gajeel. Ad un soffio dal suo piede. Levy sgranò gli occhi e si portò le mani al petto, fissando con sgomento la spessa sbarra mentre si ficcava nella roccia, attraversandola come se fosse burro. Non fece in tempo a dire una sillaba, che si ritrovò circondata da altri quattro pali.
Ora la paura era di un tipo diverso. Che fosse stato posseduto come era accaduto ad Elfman durante la battaglia contro Tartaros?
- Gajeel!! – urlò allora, frastornata, mentre il suo nome rimbombava come un tuono nel silenzio.
Il ragazzo sembrava essersi materializzato dal nulla, di fronte a lei. Non lo aveva notato: la minaccia alla sua vita l’aveva leggermente distratta.
Ma non poteva perdere la concentrazione in quel momento, con il viso di Gajeel a pochi centimetri dal suo, un braccio appoggiato alla sbarra di metallo da lui creata e i capelli sul viso, ad incorniciargli gli occhi rossi, fulgidi come le stelle.
A Levy non era mai sembrato tanto attraente come in quel momento. Nemmeno in costume. Nemmeno con l’uniforme del Concilio. Nemmeno con i vestiti a brandelli quando stendeva i nemici.
Lo amava così tanto che faceva male. Un dolore scandito dai battiti accelerati dal suo cuore impazzito. I libri lo insegnano, ma provarlo è diverso.
- Ho intenzione di arrestarti per le lamentele, lo sai… - ammise lui pacatamente, un minuscolo ghigno ad increspargli l’angolo della bocca mentre parlava. Le dita della mano che non aveva in tasca si muoveva leggermente come a giocare con l’aria. La differenza d’altezza era tale che doveva piegarsi per avvicinarsi a lei in modo che non inclinasse il collo all’indietro.
Con le guance rosse, Levy chinò il viso, affranta e pentita. – Scusa… - mormorò.
L’unica cosa che voleva era lamentarsi come una noiosa e petulante ragazzina.
- Ti arresterò… - continuò Gajeel, usando un tono solenne, come se fosse una promessa o un giuramento. – E ti chiuderò a chiave nelle prigioni della gilda. Di sicuro.
Gajeel sorrise, gli occhi fissi in quelli grandi e caldi di Levy. Sorrise per davvero, con entrambi i lati della bocca incurvati verso l’alto.
Poteva solo sorridere quando guardava lei, la stella che illuminava la sua notte e il suo giorno. La sua vita.
Era stupenda, ma mai come quando mostrava la sua debolezza. Era sempre impegnata a farsi vedere forte, perché lo era: forte, sicura, grande, imbattibile. Si sentiva sempre inferiore vicino a lei.
Lui era inferiore rispetto a lei.
Non valeva niente.
Eppure, quando lei usciva dal suo guscio e gli permetteva di vederla per quello che era veramente, potente nella sua dolce fragilità, Gajeel sentiva che amarla non sarebbe stato un errore. Che lui non sarebbe stato sbagliato per lei, perché l’avrebbe protetta e lei lo avrebbe migliorato, lo avrebbe reso come lei.
Perfetto come lei.
E se lei si apriva a lui, lui non poteva che sorridere, fregandosene del fatto che Levy, intelligente com’era, avrebbe capito cosa provava.
Voleva solo proteggere ciò che aveva di più prezioso al mondo.
Levy sorrise, dopo istanti interminabili, annegando nei suoi occhi di lava, desiderando che lui si chinasse di più per essergli più vicina. – Okay… - acconsentì.
Da qualche parte, dietro ad una roccia, un gatto che in teoria stava dormendo aprì un occhio, sorridendo soddisfatto mentre degli altri occhi non accennavano a staccarsi gli uni dagli altri.
Se lui la vedeva come una cosa da proteggere, essere debole non era più una cosa negativa.
Era solo giusta.
 
 
MaxB
Ok non vorrei dirlo. Non vorrei.
Ma lo faccio: mi sono emozionata e commossa al punto che avevo gli occhi lucidi leggendo il cap 471.
È… incredibile. L’amore e la perfezione di questi due sono così assurdi da… non so nemmeno cosa dire.
Mi struggo per loro.
Spero che questa os vi abbia fatto arrivare, almeno in parte, il modo in cui mi sono sentita quando ho visto le due pagine del capitolo di oggi.
Non ci speravo.
Non lo immaginavo.
Non lo sognavo nemmeno.
Pura perfezione.
Gajeel e Levy sono l’Amore.
Grazie per aver letto questa cosetta che ho scritto di getto (dalle 19.38 alle 20.45) perché dovevo scaricare le emozioni che mi stavano letteralmente travolgendo.
GRAZIE HIRO!

 MaxB
 

Bonus.
Gajeel, dopo un tempo che nessuno dei due sarebbe stato in grado di quantificare, tirò fuori di tasca la mano e afferrò quella di Levy, così piccola da sembrare un pulcino avvolto tra le sue dita lunghe e protettive. Lei arrossì, ma non si distrasse un secondo dal suo viso.
- Gajeel, io… - bisbigliò.
- Sh – soffiò Gajeel, avvicinandosi sempre di più alla sua bocca.
Levy non poteva crederci. Doveva essere un sogno. Per forza.
Lei e Gajeel.
Loro.
Lì, in quel momento, mentre il mondo era in guerra. Ma non importava.
Era il loro istante perfetto.
E poi, finalmente…
Uno starnuto.
E un altro.
Levy spalancò gli occhi e trovò Gajeel a fissarla con la stessa espressione, la solita intensità negli occhi ardenti mista a perplessità.
Un movimento catturò la loro attenzione ed entrambi si voltarono verso la roccia poco distante da loro: la testa di Lily sbucava fuori timidamente.
- Scusate – mormorò. – Non fate caso a me.
Ma ormai Gajeel si era raddrizzato e il momento era passato. - Sarà meglio andare a dormire, o domani non combineremo niente ed Elfman farà la figura del vero uomo al contrario mio – farfugliò grattandosi la nuca, dopo essersi sistemato il ciuffo.
Senza mollare la manina di Levy, si fece strada verso il suo gatto e, senza aspettare che il disturbatore li seguisse, trascinò Levy verso l’accampamento.
I due materassi che avrebbero dovuto ospitare i loro corpi addormentati da tempo erano vuoti e sfatti.
Era davvero tardi.
Era davvero freddo.
Eppure Gajeel non accennava a lasciarle la mano.
Lily si schiarì la voce si infilò sotto le coperte, sparendo alla loro vista: il messaggio era chiaro.
Alla fine, dato che Gajeel non faceva nulla, Levy sorrise e si alzò sulle punte per posargli un morbido bacio sulla guancia, indugiando più del necessario contro la sua pelle che sapeva di metallo e sicurezza.
- Buonanotte. E grazie – bisbigliò prima di sciogliere l’intreccio delle loro mani e togliersi il giaccone per sdraiarsi sul materasso.
Gajeel la seguì con lo sguardo come un leone fa con la preda, finché lei, distesa, non gli lanciò un’occhiata confusa.
Allora lui si buttò a letto, continuando a fissarla. Sembrava che conversassero senza parole.
Alla fine Levy si addormentò, la bocca schiusa e il corpo rivolto verso di lui.
Gajeel continuò a osservarla lasciandosi cullare dal suono del suo respiro leggero e dal tremolio delle sue palpebre. Chissà cosa sognava…
Desiderava quasi avvicinare il materassino scomodo al suo e stringerla, condividendo la stessa coperta e il suo calore.
Presto, si disse. Quando tutto questo sarà finito.
Con quel rassicurante pensiero in testa, Gajeel permise alle sue membra di scivolare nel sonno, confortato e determinato a riposare per proteggere Levy.
Sperava solo che non finisse come al solito: con lei che lo salvava.
Ma del resto, come poteva essere altrimenti?
  
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