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Autore: rossella0806    01/02/2016    1 recensioni
Aurora è una ragazza con un passato molto doloroso alle spalle: dopo l'ennesima batosta ricevuta nella vita, decide di rifugiarsi in un paesino sperduto, un posto magico circondato da lago e montagne, per poter riflettere e ridare un senso alla propria vita.
Qui si ritroverà a fare i conti con se stessa e con la curiosità dei paesani, gente semplice che si rivelerà di grande aiuto per la sua rinascita spirituale.
Grazie a tutti loro, dal sindaco impicciona, a Liliana, la bottegaia del paese, a Linda, una ragazzina di dodici anni, a Macchia, un gattino trovatello e a Tommaso, aitante vigile del fuoco, Aurora imparerà a vivere e ad affrontare la sua solitudine.
E, alla fine, non solo verrà riscattata dalla sua passione per la fotografia ma, grazie anche ad un incontro inaspettato, si scoprirà più forte e amata di quanto avrebbe mai immaginato.
Genere: Commedia, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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RIMPATRIATA DI CAPODANNO


La strada correva sinuosa e quasi priva di curve, spoglia di veicoli ad ingombrarne la carreggiata.
Il paesaggio, ovattato da una brina spettrale, rigogliva di pini ed abeti, maestosi ed accoglienti.  
La macchina, un'Audi grigio metalizzata, procedeva di buona lena, accarezzando l’asfalto non perfettamente liscio: lei e Mattia non avevano avuto alcun dubbio a raggiungere il paese in auto, piuttosto che con il certamente più comodo treno ma, il caldo soffocante che si sarebbe respirato nei vagoni, sarebbe stato di gran lunga peggiore della ghiacciata aria condizionata estiva.
"Non vedo l'ora di rivederli, tutti quanti!" commentò il ragazzo, le mani forti e sicure che accarezzavano il volante.
Aurora guardò il ragazzo, intuendo che stava dicendo la verità: dopo parte dell’estate trascorsa alla casa rossa, in cui era stato accolto in maniera a dir poco calorosa da Liliana, Linda, la signora Lina, il sindaco e tutti gli altri, Mattia aveva accettato entusiasta l'invito della bottegaia, per trascorrere qualche giorno in loro compagnia.
Mancava una manciata di giorni alla fine dell'anno, Aurora non aveva avuto bisogno di chiedere alcun giorno di ferie, perché, dopo il suo ritorno in città, oltre un anno prima, si era licenziata dalla ditta tessile e, adesso, lavorava come stilista in una piccola impresa di cui lei stessa era titolare.

Sorrise al giovane, bellissimo ed elegante in un completo blu notte, la camicia bianca e la cravatta rossa.
Lanciò un'occhiata amorevole al suo profilo perfetto, i capelli tagliati corti, castani, ricordando la limpidezza e la sincerità di quegli occhi color nocciola, contornati dalle ciglia allungate, la dentatura smagliante.
"Non dici niente?" la riportò alla realtà, pizzicandole con dolcezza un ginocchio, avvolto da un paio di collant neri traforati.
"Scusami, stavo pensando che anch'io sono felice di rivederli. Molto felice"
"Tommaso e Andrea a che ora arriveranno?"
"Dovevano passare un attimo in negozio, per dare disposizione ai dipendenti e ritirare il panettone da portare. Credo saranno appena partiti …" constatò Aurora, recuperando il cellulare che aveva appoggiato sul cruscotto, nell'apposito porta telefono attaccato al vetro, guardando l’orario sul display.
"Panettone?" domandò avvilito Mattia, mentre imboccavano finalmente l'ultima curva: il paese si apriva a pochi chilometri da loro, sapientemente arroccato sulla montagna più bassa, il lago -biancastro e piatto- si allungava davanti a loro, circondato da una distesa di rami spogli e pungenti abeti.
"Lo so che non ti piacciono i canditi e neppure l'uvetta, amore, ma Andrea mi ha assicurato che te ne ha preparato uno speciale!"
Il ragazzo si voltò per un istante verso di lei: le sorrise con riconoscenza e, schioccandole un bacio a distanza, chiese:
"Ti ho mai detto che ti amo?"
Aurora fece finta di pensarci su, quindi, le labbra spalmate di un bel rossetto morbido e burroso, constatò:
"Non quanto spesso meriterei!"



La signora Lina ancora non si era rassegnata al fatto che il suo Tommaso fosse "dell'altra sponda".

Quando, la scorsa estate, Aurora era ritornata al paese per trascorrere qualche giorno alla casa rossa, a Ferragosto era arrivato anche il fratello e il compagno pasticcere.
Apriti cielo! La vecchietta era rimasta completamente sbalordita, mentre il giovane vigile del fuoco, il coraggioso tenente Pastero, presentava agli ospiti della villa Andrea, un altrettanto bel ragazzo, aveva piacevolmente constatato la Lina, ma che non godeva della benché minima classe del suo eroe.                                                       
Da quando le aveva ceduto quella che avrebbe dovuto essere la sua camera, alla casa rossa, dopo l'episodio increscioso della frana che aveva scosso il paese l’anno precedente, la vecchietta non aveva occhi che per Tommaso.

A capisci mia, continuava a ripetere a se stessa e alle altre comari del Comitato, un bel fiöl insci intelligente, cun quel curac, forte, che le aveva tirato uno scherzo talmente di cattivo gusto, da non riuscire a crederci.
Ma si sa, al cuore non si comanda: per questo motivo, la Lina gli aveva scritto un biglietto di auguri, qualche giorno prima di Natale, di suo stesso pugno, per invitare Tommaso e quell’altro a passare il Capodanno in paese, in modo da tenerli sott’occhio.
Dopo che aveva personalmente spedito la busta, si era sentita sgravata di un peso, felice di aver compiuto la missione che sarebbe diventata lo scopo dei giorni a venire, fino a quando il bel vigile del fuoco non le avesse confermato la sua presenza.
La risposta arrivò non appena il servizio postale fu ripristinato, dopo santo Stefano, e la riempì di pura e infinita gioia: la vecchietta passò il resto della settimana a cucinare primi piatti e dolci, oltre ad andare in città alla ricerca di un negozio decente in cui scegliere un abito degno per un'occasione tanto importante.
Quando ritornò a casa, accompagnata dalla signora Roberta, del Comitato per le feste, la sera prima dell’arrivo di Aurora e di tutti gli altri, la Lina si sentiva nuovamente giovane e desiderata: si addormentò subito, senza neppure prendere la tisana di rosa e cannella che era diventata la sua inseparabile compagna notturna, scivolando in un sonno profondo e duraturo.



La villa era sempre lì, fiera e possente, a tratti persino sprezzante.

Non era cambiato nulla, dall'anno precedente e neppure dall'estate appena trascorsa, il paesaggio sottostante era dominato da quel quadrato tozzo ed elegante.
Dalla finestra di quella che considerava la sua stanza, Aurora stava ammirando il lago in lontananza, di un bianco spettrale e piatto, le abitazioni della città avvolte da una soffusa bruma.
Il viale che portava al cancello d'ingresso risultava asciutto, ma in parte sconnesso, a causa del terriccio rivangato dallo scalpiccio delle loro scarpe.
Il campanile della chiesa barocca continuava a svettare orgoglioso, forse solo un po’ più ingrigito dall'atmosfera invernale.
Persino il gruppo di montagne e la foresta di pini ed abeti suggerivano qualcosa di magico, quasi di fiabesco: i cocuzzoli erano spruzzati di neve fresca, candida e dai contorni irregolari.
Aurora si affacciò meglio al davanzale: stava cercando la distesa dei campi, che d'estate avevano un intenso colore giallo dorato, alternati a rigogliosi fili d'erba.
Adesso, in quella tarda mattinata di fine anno, a testimonianza dei frutti della terra, riusciva a rintracciare solamente dei rettangoli lontani, brunastri, che le provocarono un'intensa sensazione di malinconia.
Quando si trovava lì, tra le mura di pietra della villa, si sentiva a casa, veramente a casa: le pareti spesse, le ampie e un po’ antiquate stanze, l'intricato giardino, ogni particolare aveva contribuito a renderla la persona che era diventata, più sicura e decisamente più serena.
L'incubo della violenza, ormai, non tornava più ad oscurarle le ore, a tormentarle le notti e a rovinare le sue giornate; le cose con sua madre erano migliorate, non poteva negarlo, ma non sarebbero andate a posto ancora per chissà quanto tempo.
Sorrise tra sé e sé, all'idea della trasformazione interiore che le era capitata: era pronta per ridiscendere da Mattia e da tutti gli altri ospiti che attendevano nel salone, quando sentì qualcuno bussare alla porta della camera:
“Volevo avvisarti che siamo arrivati!”
La voce allegra di Tommaso riempì la stanza, mentre Aurora gli andava incontro, abbracciandolo.
“Avete fatto in fretta! Come è andato il viaggio?”
“Molto bene. Per fortuna, non abbiamo trovato traffico, solo qualche mucchio di neve non ancora spazzata! E tu? Cosa mi racconti?”
La ragazza invitò il fratello a sedersi sul letto, mentre anche lei prendeva posto di fianco a lui:
“Dalla Vigilia non è cambiato nulla: sono molto felice, non posso lamentarmi, lo sai”
“E con mamma? L’hai sentita?”
Aurora abbassò lo sguardo, perdendosi in un sorriso appena abbozzato.
“Con lei è una battaglia già persa in partenza. Sai, in macchina, prima, ho pensato per un attimo al nostro rapporto: è migliorato, certo, ma ancora non riesco a fidarmi completamente di ciò che dice, di ciò che fa. Persino a Natale, quando parlava o guardava Mattia, temevo che potesse dire qualcosa solo per farmi soffrire. Ho bisogno di tempo, Tommaso, e questo lei lo sa”
“Ieri sono andato a farle gli auguri di buon anno. Le ho detto che sarei venuto a passare il Capodanno insieme a te… mi è sembrata felice”
Lei annuì, mordendosi un labbro.
Si passò un dito lungo il tessuto verde della gonna, morbido e scuro, poi appoggiò una mano sui pantaloni di velluto del fratello: con lo sguardo, accarezzò la giacca color cammello, la camicia bianca, gli occhi verdi e i capelli castani, sempre cortissimi ed in ordine.
“Hai ragione, forse sono io che esagero e non riesco a vedere il bene nelle persone”
Tommaso le cinse le spalle, abbracciandola e baciandole la nuca, pettinata in una elaborata acconciatura.
“E’ meglio andare: di sotto ci stanno aspettando per mangiare. E poi, ho bisogno del tuo sostegno … la signora Lina ha già preteso di sedersi vicino a me, ma non credo di riuscire a sopportarla per l’intero pranzo!”
La ragazza scoppiò a ridere, una mano sulla bocca, scuotendo il capo divertita.
“Nonostante tu sia fidanzato, non vuole proprio saperne di lasciarti stare, eh? Scendi pure, io devo finire di fare una cosa e ti raggiungo”
“D’accordo. Allora ti aspetto qui fuori, nel corridoio, così scendiamo insieme”
Aurora si avvicinò alla finestra, scostando le tendine: banchi di nuvole, soffici ed eteree, si affacciavano all'orizzonte; assomigliavano a grandi meringhe, irregolari e dalle forme più improbabili, eppure magnetiche allo sguardo.
La ragazza stette per qualche istante con il naso all'insù, per cercare di carpirne l'essenza, fino a quando un gruppo nutrito di nembi cominciò a fluttuare nel cielo azzurrissimo, rincorrendosi e quasi scomparendo ai suoi occhi.
Felice di quella nuova pace interiore che era riuscita a conquistare, uscì dalla camera e, seguita dal fratello, scese dabbasso, accolta dal vociare festoso degli altri convitati e dal crepitio del camino acceso.

   
 
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