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Autore: Elsira    02/02/2016    10 recensioni
***Storia scritta a quattro mani da Elsira e Felinala. Le parti in prosa della prima, quelle in poesia della seconda.***
Okay, allora... Che succede se la Disney inizia a mandare pubblicità occulta dei propri programmi e due fulminate come me e la mia commare, colpite da tali messaggi subdoli, decidono di mettere in piedi parodie coi personaggi di DB?
Esatto, un bel macello...
Bene, detto questo, vi auguriamo buona lettura e speriamo di strapparvi un sorriso!
Elsira & Nala (conosciute anche come "Le Fulminate Siamo Noi")
Cap. 1 : BIANCABULMA E LE SETTE SFERE Biancaneve e i sette nani
Cap. 2 : SHRICCOLO Shrek
[ALTRE IN PRODUZIONE]
Genere: Comico, Demenziale, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Nonsense, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Biancabulma e le Sette Sfere


«Avessi un bambino bianco come la neve, rosso come il sangue e azzurro come il piumaggio di questo uccellino sulla mia finestra!» Esclamò la regina di un regno lontano, dopo essersi punta il dito con l'ago, risultato della distrazione dovuta al canto del piccolo animaletto color topazio che si era posato, infreddolito da quella giornata invernale, alla finestra del suo castello.

Qualcuno, non è dato sapere chi, accolse la preghiera della bella donna e dopo mesi, la regina diede alla luce una bambina con la pelle chiara come la neve, le labbra rosse come il sangue e i capelli azzurri come la gemma sopra nominata. La donna però morì durante il parto cosicché il re, pessimo nel dare i nomi, fu costretto a chiamarla con il primo che gli venne in mente: Biancabulma.

Un giorno, mentre cercava invano di far calmare il pianto della bimba, pregò con tutto se stesso che arrivasse un'anima a liberarlo da quel fardello: avrebbe fatto di tutto, anche cedere il proprio regno. Dopo pochi secondi da tale richiesta, una nuvola scura si materializzò al centro della sala del trono. Quando il fumo si fu diradato, si mostrò al regnante una meravigliosa donna sorridente, che si presentò con il nome di Mrs. Brief, dicendo che lei avrebbe potuto allevare la bimba senza alcun problema.

L'uomo, preso dall'esasperazione per i continui pianti della figlia e bisognoso di avere nuovamente una donna al suo fianco e nel suo letto, accettò di buon grado l'aiuto di colei che gli era appena apparsa dinanzi.

Gli anni passarono in fretta e, come promesso, la nuova regina tenne lontana dal padre la piccola Biancabulma, osservando con profonda invidia quanto la bambina divenisse sempre più bella ogni giorno che passava.

Mrs. Brief, o meglio ancora regina Brief, orgogliosa e vanitosa come non se ne erano mai viste nel regno, aveva sempre con sé il suo più fidato amico: lo Specchio Magico. A egli, che era uno specchio parlante, ogni giorno chiedeva: «Specchio fatato, in questo castello, hai forse visto aspetto più bello?»

E lo specchio aveva sempre risposto: «È il tuo, regina, di tutte il più bello!»

Finché un giorno, quando Biancabulma aveva sette anni, regina Brief fece la solita domanda allo specchio, ma questi anziché darle la risposta di sempre, disse: «Il tuo aspetto qui di tutte è il più bello, ma Biancabulma dalla chioma azzurrina è molto più bella della regina!»

All'udire queste parole, regina Brief allibì e sbiancò per l'ira e l'invidia. Da quel momento in poi, la sola vista di Biancabulma la sconvolgeva, tanto la odiava.

Invidia e superbia crebbero in lei giorno dopo giorno, anno dopo anno, finché non le permisero più di dormire. Fu allora che chiamò un cacciatore, Yamcha, conosciuto per la sua fobia del genere femminile, tant'è che mai aveva avuto il coraggio di avere una donna e gli disse: «Conduci la ragazza nella foresta selvaggia, non voglio più vederla. Uccidila e portami i polmoni e il fegato come prova della sua morte.»

Yamcha, dopo aver visto lo scrigno del tesoro contenente ottima erba per calmare i dolori della sua gotta, accettò di buon grado il compito, seppur mai aveva visto la famigerata Biancabulma.

Agì la notte stessa, intrufolandosi nella camera da letto della ragazza e le coprì il volto con una pezzuola colma di etere, che ebbe l'imprevisto effetto di, anziché far rimanere addormentata la principessa, farla sballare. Biancabulma, drogata dal cacciatore e credendo, chissà come, di essere diventata un uccellino e poter volare, si buttò dalla finestra della sua stanza muovendo le braccia come fossero ali.

La principessa cadde così rovinosamente a terra e, incredibile ma vero, era ancora viva anche se svenuta, nonché probabilmente un poco acciucchita per la botta presa alla testa. Yamcha allora, dopo essersi calato in modo cauto dalla finestra, prese la donzella su una spalla e la portò nel bosco per ucciderla, in modo da poter così ricevere la sua agognata ricompensa.

Quando furono però giunti a destinazione, l'uomo posò la dama a terra e questa venne illuminata dalla dolce luce della Luna e delle stelle. Con il coltello sollevato sopra la testa, pronto a colpire, il volto del poveraccio si tinse di rosso alla visione di cotanta bellezza e, seppur volendo disperatamente la ricompensa promessagli da regina Brief, abbassò le mani e rinfoderò l'arma, perché si era perdutamente innamorato della sua preda.

Sapendo che non sarebbe riuscito nemmeno a parlarle per via della propria timidezza, decise di lasciarla nel bosco e sostituire gli organi richiestogli dalla regina con quelli di un cinghiale che passava lì vicino.

 

La dolce pulzella, risvegliatasi e ancora sotto effetto della droga, iniziò prima a camminare, poi a correre attraverso la foresta, spaventata e confusa dalle orribili immagini che i suoi occhi chiari le mostravano. Non c’erano mostri, scheletri o bestie feroci attorno a lei, ma vestiti griffati stracciati, spasimanti inquietanti e borsette di qualità dozzinale.

Corse così a più non posso, finché non raggiunse una piccola casetta e, incurante che fosse proprietà privata, vi entrò per riposarsi e nella speranza di trovare qualcosa alla sua altezza.

Sospinta la porta ebbe però l’estrema delusione.
Altezza? Lì non c’era nulla di più grosso di un copertone,
era tutto estremamente rotondo, piccolo e il disordine faceva da padrone.
Ma chi diamine viveva in quella sottospecie di tendone?
Non importava poi molto, e così la giovinetta esplorò curiosa palmo palmo l’abitazione.

Incurante di esser maleducata,
trovò dell’arrosto e un fil di insalata,
che divorò perché affamata
seppure restò un filino disgustata:
l’arrosto bruciacchiato non era infatti una gran portata!

Dopo il piccolo pasto, le sovvenne una gran sonno
così notati i numerosi piccoli letti,
non proprio immacolati ma se usati per poco perfetti,
pensò bene di farsi un pisolino.
Così accostò ad un altro un piccolo lettino,
per sua comodità. Poi, complice l’etere, lesta crollò come un tonno.

Ella non ne era consapevole ma presto avrebbe incontrato
i padroni del tendone come da lei soprannominato,
perché mentre la ragazza dormiva
una numerosa squadra di esseri strani si avvicinava ben poco furtiva.

Svegliata in malo modo da bruschi rumori,
la donzella ci mise un po’ per tirar dalle coperte la testa fuori
e, dopo ciò che vide, ebbe voglia di tornar a far sogni, dove non c’erano certi orrori:

c’era Dottoshenron, con nel petto calvo e bianco una stella
aveva le corna nere, la barba gli occhialetti e camminava come una modella

sempre di cattivo umore poi,
non lo addolciva nemmeno una tenera frittella;


c’era Gongoshenron con due stelle, grassottello e bruttino,
la pelle aveva blu,
un paio di dentini aguzzi all’insù,
si vantava sempre e sempre di più
si stava facendo un’avvenente panino;

Brontoshenron era un po’ più alto,
la pelle aveva del colore del cobalto,
le labbra rosee come se ci avesse dato lo smalto,
stava brontolando per la linea di quello bluastro;

quattro stelle aveva in petto Mammoloshenron, il più sensato
la pelle era rossa e faceva spavento ma era il più timido e umanizzato
si poteva sempre con lui ragionare,
era severo ma leale e solare;

Cuccioloshenron era elettrico e piccino,
si lamentava ed era un peperino!
Saputello ma poco intelligentino,
star con lui era quasi sempre un casino,
aveva una sfera da cinque stelle conficcata nel testolino;

 

Eoloshenron era del vento il guidatore
e sei stelle portava al posto del cuore,
era brontolone ma col suo aspetto da mutaforma era un’amore
dato che non si sapeva mai se era nano o cafone;

vi era infine un piccoletto
che sembrava assai inetto,
sette piccole stelle aveva nel petto,
Pisoloshenron era sdraiato… ACCANTO A LEI NEL LETTO?

Inorridita la ragazza fece un balzetto,
onde levarsi da quel posto diventato assai stretto
e così gli altri occupanti della casa seppero del suo svegliarsi troppo presto.


Tutti a quel punto in cagnesco la guardarono
e le dissero che se voleva il vitto e l’alloggio doveva fare meno baccano.
Lo dicono proprio LORO? Fu l’unico pensiero della ragazza che non fosse balzano
Ma poi si rassegnò, dato che da sola in quello stato non poteva andar lontano.

Nei primi giorni di convivenza con le nanosfere
Biancabulma si fece in quattro per cambiare le atmosfere:
ripulì quell’ambiente maleodorante,
riordinò quel disordine imperante,
cucinò perfino per Dottoshenron il più prepotente.

Ed in breve le sette nanosfere
Si innamorarono di quella dolce ragazzina perdutamente,
ignari che il destino stava per raggiungere la piccola dalla bellezza prorompente.

 

Nel castello, dopo aver ricevuto gli organi dal cacciatore, averli cotti e mangiati per l’insana idea di acquisire così la bellezza della principessa, Mrs. Brief si diresse dal proprio specchio e con un largo sorriso soddisfatto gli chiese: «Specchio fatato, in questo castello, hai forse visto aspetto più bello?»

Ma lo specchio rispose: «Il tuo aspetto qui di tutte è il più bello. Ma lontano da qui, in una casina di sette nanosfere, piccina piccina, è Biancabulma dalla chioma azzurrina molto più bella della regina!»

A udire tali parole, regina Brief rabbrividì e fremette dalla collera, rendendosi conto di essere stata giocata da Yamcha... E gli aveva pure dato la sua erba migliore!

Decise che doveva agire in fretta, perciò andò a rinchiudersi nella propria camera segreta e lì rimase finché, grazie alla sua palla di cristallo magica, riuscì a rendersi irriconoscibile.

Parlò una lingua strana e incomprensibile per delle ore, mentre muoveva sinuosa le mani sulla sfera, finché all’interno di quest’ultima non apparì l’immagine esatta nella quale voleva trasformarsi.

Un’ultima parola magica e la donna più bella del castello divenne in un istante una piccola e orripilante vecchia, piena di rughe, coi capelli rosa a caschetto. Il risultato della trasformazione era talmente orripilante, che la sua sola vista avrebbe fatto crepare per infarto anche un animale.

Regina Brief, soddisfatta, prese la pera più bella di tutto il castello e la siringò di veleno, dopodiché colmò un cestino intero di altra frutta e, per esser certa di non fallire, li spennellò tutti con la sostanza letale. Indossò infine un lungo mantello nero e si diresse alla casa delle nanosfere e Biancabulma.

Giunta a destinazione, la regina iniziò a comportarsi come una vecchina ambulante, gracchiando a gran voce chi volesse delle ottime pere. Biancabulma, che amava quel frutto poco calorico e succoso oltre ogni immaginazione, non seppe resistere alla tentazione e si lasciò abbindolare dalla vecchina, facendola entrare in casa per esaminare ogni frutto e scegliere il migliore.

«Mmmh... Sembrano tutte molto buone, ma non ce n'è una che mi ispiri davvero...» Disse dubbiosa la ragazza.

Sull'orlo di una crisi di nervi per l'indecisione della giovane e il desiderio di vederla finalmente morta, regina Brief camuffata esclamò: «Ma no, piccina! Guarda, ti offro un morso gratis di questa prelibatezza.» Prese la pera avvelenata dal cestino e la porse alla donzella, aggiungendo: «Se poi non ti piace, non ti obbligherò certo a prenderne altre.»

Biancabulma, contenta di quell'offerta, non se lo fece ripetere due volte e azzannò il frutto, per cadere poi a terra l'istante dopo, morta stecchita.

La regina tornò al suo aspetto originale e si lasciò andare in una risata vittoriosa, gridando al contempo: «È morta! Finalmente!»

Sparì poi in una nuvola di fumo che riempì l'abitazione di una terribile puzza di zolfo, per riapparire davanti al proprio specchio e chiedere trafelante: «Specchio fatato, in questo castello, hai forse visto aspetto più bello?»

Finalmente lo specchio rispose: «È il tuo, regina, di tutte il più bello!»

E il suo cuore invidioso finalmente ebbe pace.

 

Oh quale orrore,

qual terrore,

qual disperazione,

le nanosfere provarono nel veder a loro pupilla in terra tra i fornelli e il bancone!

Aveva in mano un cesto di cartone

Era pieno di frutti dall’aspetto degno di un golosone

Ma lei era pallidissima, scomposta e immobile. Alle nanosfere venne il magone.

 

Disperate tutte a turno sopra la fanciulla si accalcarono.

Invano un modo per svegliarla cercarono,

niente da fare…. La giovinetta pareva morta.

Costernati a lungo la piansero, poi spinsero il cadavere fuori dalla porta.

E solo dopo pensarono fosse doveroso darle una sistemazione meno contorta;

 

presero dunque una lastra di un minerale lavorato,

ci costruirono una spessa parete di lato

perché il corpo non prendesse il largo e scappasse indisturbato;

 

pensarono poi che la casina loro era già fin troppo intasata

e dunque portarono in mezzo al bosco la bara improvvisata,

pesando che tutto sommato la ragazzina del luogo ne sarebbe stata estasiata…

Ahi quanto quell’idea era sbagliata!

E lo avrebbero scoperto a loro spese, quando la morta sarebbe stata inaspettatamente risvegliata…

 

E quel giorno arrivò, dopo anni e anni, senza che il corpo della bella principessa si decomponesse né si destasse.

Il dì in cui un principe di un regno lontano, persosi nel bosco, bisognoso di cibo e di un bagno caldo, non si ritrovò a passare vicino alla bara di cristallo. Incuriosito, vi si avvicinò e ne scorse la donzella, che gli pareva addormentata.

Non capendo cosa ci facesse quella che ormai era diventata una donna, a dormire nel bel mezzo del bosco, decise di fregarsene e percorrere la propria strada in cerca di qualcosa da mangiare. Non fece però in tempo a fare due passi, che il suo stomaco brontolò con talmente tanto impeto da poter essere sentito da miglia di distanza, tanto era vuoto. Una lampadina si accese dunque nella mente del principe, che tornò a voltarsi verso la donzella con aria furbetta e aprì la bara con facilità.

«Donna!» La chiamò a gran voce, ma l'altra nulla.

«Donna!» Ripeté più forte, scrollandole le spalle. Ancora nulla.

«Svegliati donna, mi servi!» Gridò, dandole uno schiaffo che fece voltare il volto della donzella di lato. Dall'impeto con cui era stato dato, Biancabulma sputò il pezzo di pera avvelenata che non aveva mai ingoiato e così si svegliò.

Appena la vide aprire gli occhi, il principe disse: «Ah, era ora! Sentimi un po', tu. Ho fame, dammi da mangiare.» Biancabulma si voltò verso l'uomo che si stava rivolgendo a lei in modo tanto rude e ne rimase incantata, innamorandosi di lui all’istante.

Un leggero rossore le prese il possesso delle guance, già da una parte colorate per via dello schiaffo, mentre l'altro continuava a elargire ordini: «Poi voglio farmi un bagno. E assicurati che l'acqua sia calda, odio l'acqua fredda! Beh? Che hai da guardarmi con quella faccia imbambolata? Vedi di darti una mossa ed esegui!»

Biancabulma si accigliò e gli puntò un dito al petto, avvicinando il volto al suo e gli rispose per le rime: «Senti un po' bello mio, ma chi ti credi di essere? Donna qui... Donna qua... Oh! Ma per chi mi hai preso, una serva? Io sono una principessa! E poi il mio nome non è "Donna" ma Biancabulma, vedi di mettertelo bene in testa e non scordartelo più!»

Il principe rimase scioccato da quell'atteggiamento. Mai in vita sua, gli si erano rivolti così.

Biancabulma fece un "umph!" di disapprovazione, mentre scendeva dalla bara e si incamminava verso casa delle nanosfere, mentre disse con tono leggermente scocciato: «Seguimi e avrai ciò che hai chiesto, ma vedi di comportarti bene.»

Il principe sbuffò, ma visto il vuoto che si trovava nel suo stomaco brontolante, decise comunque di seguire la principessina, seppur non abbandonando la propria aria truce e pensando: ma proprio lei dovevo trovare nel bosco? Non potevo trovare un gustoso cinghiale? Sarebbe stato meglio...

«Allora, ti muovi o no?» Chiese saccente Biancabulma. Lui sbuffò ancora e, con le mani in tasca e il muso, rispose: «Arrivo, arrivo!»

Fu così che dopo poco i due entrarono a casa delle nanosfere, i quali furono entusiasti e piansero di gioia nel vedere viva la loro adorata Biancabulma. Non furono altrettanto contenti di vedere colui che si presentò a loro come il principe Vegeta, perché temevano che avrebbe portato loro via la principessa appena ritrovata, ma poco si curarono di lui e tornarono ben presto a pensare alla loro pupilla, appena tornata in vita e diventata meravigliosa.

Mentre il principe Vegeta divorava il proprio cibo, Biancabulma, con il bel volto poggiato sulla mano, disse semplicemente: «Quando ci sposiamo?»

La coscia di cinghiale andò di traverso all'uomo, presosi un colpo a tale assurda richiesta, rischiando di strozzarlo. Dopo essersi dato dei colpi al petto, per buttar già l'enorme boccone, guardò con occhi fuori dalle orbite e affanno la donna, chiedendo esasperato: «Cosa?»

L'altra rispose tranquilla: «Certo. Tu mi hai salvata, perciò adesso dobbiamo sposarci.»

«E chi ha stabilito una regola del genere?» Sbottò Vegeta, alzandosi in piedi e battendo la testa nel soffitto. Massaggiandosi la chioma a fiamma, aggiunse poi con voce strozzata: «Oltretutto, io non volevo salvarti. Volevo solo del cibo e un bagno cald...»

«Sentimi un po'!» Esclamò Biancabulma, battendo la mano sul piccolo tavolo di legno e fulminando con lo sguardo il principe, che la guardò confuso. Poi aggiunse: «A te piace mangiare, dico bene?»

Lui annuì, non capendo dove volesse andare a parare quella strana donna. Lei mostrò un sorrisetto assai furbo, dopodiché si voltò verso le sette nanosfere e disse: «Voglio esprimere un desiderio.»

Loro, che tenevano alla principessa sopra ogni cosa, uscirono fuori e si presero per mano, formando un cerchio. Le stelle dei loro corpi iniziarono a brillare e in men che non si dica si fece improvvisamente buio e un drago dal corpo di un serpentone verde, venne evocato, apparendo dal centro del cerchio.

Sotto lo sguardo incredulo del principe Vegeta, il drago parlò: «Io sono il drago Shenron. Mi avete evocato, esprimete il vostro desiderio.»

Senza attendere e con un sorriso vittorioso sulle labbra, Biancabulma disse: «Desidero che il qui presente principe Vegeta mi sposi e passi la sua vita la mio fianco come un vero uomo, o mai più gioirà nel divorare le sue enormi quantità di cibo!»

L'uomo a udire quella frase sbiancò all'istante, ma vani furono i suoi tentativi di fermare l'operazione, perché gli occhi del drago si erano già illuminati ed egli aveva proclamato solenne: «Il tuo desiderio è stato esaudito.»

La luce del sole tornò a splendere e il drago scomparve nel nulla, lasciando dietro di sé i sette nanosfere con le stelle sui loro corpi che da color arancio eran divenute nere: quando il grande drago sarebbe potuto essere nuovamente evocato, tra un anno a quel giorno e un altro desiderio sarebbe potuto venir espresso, sarebbero tornate del colore naturale. Ma che questo dettaglio, non lo venga mai a sapere il principe Vegeta...

Tale principe infatti, corso subito a mangiare il gustoso cinghiale e accortosi che non gli sapeva più di nulla, era tornato fuori e, mogio e arreso, aveva preso Biancabulma sotto braccio e insieme si erano diretti al suo castello, dopo che Dottoshenron ebbe indicato loro la direzione da prendere ed Eoloshenron si fosse trasformato in cavallo bianco per farli arrivare prima a destinazione.


E fu così che la storia finì

Anche se un dettaglio ai due neosposi sfuggì

Che dovevano passar la vita insieme il matrimonio infatti sancì

Ma i due mal si sopportavano, questo amaramente Biancabulma scoprì

Ma nonostante ciò insieme trovarono un accordo e pace dopo qualche anno venne fatta

Ma mai la loro vita diventerà calma piatta

Solo uno sporadico litigio col lancio di qualche pignatta

E così bene o male la vita passò beata

E i due vissero felici e scontenti nel castello della terra fatata.

 

THE END






..........

Vi garberebbe... :P (Nd. Elsira)


LE FULMINATE SIAMO NOI SONO TORNATE! E QUESTA VOLTA IL LAVORO È CONGIUNTO!
PER ORA RESTA UN ESPERIMENTO MA NON È ESCLUSO UN PROSSIMO INSERIMENTO.
TREMATE GENTE, IL SODALIZIO PAZZO 
È 
SOLO APPENA COMINCIATO! (Nd. felinala)

   
 
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