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Autore: Lavi Bookman    04/02/2016    2 recensioni
[Hospital!AU] [Shota!Oikawa x Shota!Iwaizumi, con salto temporale all'età attuale.]
"Quello che non aveva mai fatto Iwaizumi Hajime era fare amicizia in ospedale. […] Però rimase zitto. Si era scoperto a fissarne il sorriso, pensando improvvisamente a quanto stonasse uno come lui all'interno di quella stanza."
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non sapeva esattamente come comportarsi. Improvvisamente si trovava a pensare che non l'aveva mai saputo. Aveva sempre cercato di evitare contatti troppo superficiali con le persone, in fin dei conti.
Non odiava il genere umano, e per essere un bambino non era neanche sicuro di cosa significasse la parola odio. Gli adulti ne parlavano spesso e nessun contesto gli era mai sembrato abbastanza familiare da pensare "oh, conosco questo sentimento". A detta altrui, quando riusciva ad aprirsi abbastanza da lasciare che qualcuno entrasse nel suo mondo, Iwaizumi sapeva essere un leader. Non che gli interessasse veramente, e spesso si era ritrovato a scrollare le spalle e far passare avanti qualcun altro a prendergli il posto, però essere coscente di riscuotere successo lo faceva sentire in un qualche modo sicuro.
In ospedale le cose non andavano mai bene. Gli aghi li odiava, ma odiava soprattutto essere svegliato alle sei di mattina"anestetizzo la parte così non senti male quando vengo a farti il prelievo tra un'ora" diceva l'infermiera. Aveva sempre sentito dire a sua madre che i prelievi andavano fatti sul braccio destro, che dal sinistro usciva poco sangue, e così quando avevano provato a inserire l'ago nel braccio sbagliato si era rifiutato con tutte le sue forze, costringendo l'infermiera a bucare quello senza anestesia.
"Ma qui farà più male."
"Non importa."

Era sempre una rottura spiegare a tutti che voleva solo un minimo di ordine, che le regole erano quelle, che il braccio da bucare era il sinistro, che no, non voleva fare amicizia in un posto simile, e no, non poteva interessargli meno di fare un disegno per sua madre e suo padre.
A volte i medici venivano a prenderlo dalla stanza, altre volte parlavano con i suoi genitori, altre ancora gli facevano esami e non chiedeva neanche più a cosa servissero.
E poi c'erano i momenti che preferiva, quando poteva rubare dalla sala giochi almeno un puzzle e farlo da solo. Ne aveva trovato uno con raffigurati dei dinosauri, e si sentiva così fortunato da pensare di portarselo a casa una volta dimesso.

«Ehi, tu.»
Era iniziata così, di nuovo, tra Iwaizumi e Oikawa.
«Che vuoi?»
«Come ti chiami?»
Iwaizumi aveva imparato un po' di cose sulla pazienza in quei giorni. Ad esempio, non riusciva a essere irritato con Oikawa anche se questo gli faceva sempre le stesse domande. Aveva provato a mettergli il broncio, ma poi lo aveva visto sorridere anche senza motivo per farlo, e si era ritrovato sempre più spesso a volergli chiedere se sarebbero potuti essere amici fuori dall'ospedale.
Aveva anche imparato che la pazienza lo portava a non sbuffare quando Oikawa piangeva ininterrottamente la notte, e che prendergli il volto tra le mani lo faceva smettere per un po', finché non prendeva sonno nuovamente.
Sua madre e suo padre non dicevano mai nulla, anche quando Iwaizumi sembrava volerlo trascinare in giro per il corridoio e poi in sala giochi. Lo faceva stancare, se ne rendeva conto, ma quel luogo era tutto ciò che avevano. Quel corridoio almeno per quei giorni poteva essere loro.
Alla fine, aveva imparato più cose su Oikawa che sulla pazienza, in effetti.
«Iwaizumi Hajime», pausa. «Oikawa, tu a cosa giochi?»
Il suo volto illuminato gli era bastato per decidere che quello sarebbe stato il loro argomento preferito.
«Pallavolo! Da grande sarò un grande giocatore, andrò sicuramente alle nazionali!»
Si era scoperto a sorridere a sua volta. Se le cose stavano così allora non era difficile che restassero in contatto.
«Vieni a casa mia, quando esci. C'è un parco lì vicino, possiamo giocare insieme!»

(Ma poi la notte arrivava, e tutto diventava più complicato.
Oikawa iniziava a piangere, suo padre non riusciva a calmarlo. Era uno spettacolo che non comprendeva e non era neanche sicuro di volerlo comprendere. Scendeva dal proprio letto e andava ad accarezzargli le guance, sussurrando all'altro che sarebbe andato tutto bene. Lo chiamava per nome, e inaspettatamente questo lo aiutava a riprendere sonno.
«Perché la notte piange sempre?»
«E' il buio»
«E perché continua a chiedere alla gente come si chiama?»
A questa domanda non riceveva mai una risposta seria, e in realtà neanche si impegnava troppo per ottenerla. Sapeva la procedura. Al risveglio avrebbe nuovamente detto "sono Iwaizumi Hajime" e avrebbero fatto amicizia ancora.)

Era passato da poco Natale, e non che lì dentro fosse un giorno speciale, ma Iwaizumi aveva ricevuto in regalo un dinosauro e Oikawa quello che sembrava essere il pupazzo di un alieno. Aveva istintivamente pensato che gli si addicesse. A volte gli sembrava provenisse da un altro pianeta.

Non gli era mai piaciuto nessuno in così poco tempo, e non aveva mai pensato di voler proteggere un'altra persona. Non era il tipo, non era neanche sicuro di esserne in grado.
«Dov'è?!» la sua stessa voce allarmata al risveglio lo turbò. Aveva dormito. Quella notte aveva dormito. Non era stato svegliato da nessun pianto e ora Oikawa non era più nella stanza. Iniziò a guardarsi intorno ma nessuno degli altri bambini sembrava interessarsi, se non quella che da giorni sperava di rivolgergli la parola. Sbuffò, prendendo da sopra al proprio comodino la scatola del puzzle che custodiva gelosamente, allungando la mano nella sua direzione.
«Se lo sai e me lo dici ti do il puzzle. E dopo gioco con te.»
Gli era costata un po' quella frase, ma era ok. Meglio imparare da subito la legge della domanda-offerta.
«Sono venuti dei dottori a prenderlo questa mattina, lo hanno svegliato e portato via...», rispose lei afferrando la scatola e svuotandola per intero sulle lenzuola.
Avrebbe sicuramente perso i pezzi.
In un certo senso, si sentiva esattamente come quel puzzle. Rovesciato, in disordine.
Si avvicinò alla porta, affacciandosi. "Non che mi importi poi così tanto", non che fosse credibile per qualcuno, tanto meno per se stesso.

«Mamma?» Era primo pomeriggio quando iniziò a spazientirsi maggiormente. Strinse tra le dita le coperte, facendo una smorfia di disappunto e girando il volto verso il letto ancora vuoto affianco al suo. «Dov'è Oikawa?»
Si sentì scompigliare i capelli, ma, nuovamente, non ricevette risposta. La salute dell'altro sembrava un argomento tabù per chiunque, un qualcosa da trattare con i guanti, nulla da dire ad un bambino, nulla da dire ad un suo amico. Ingenuamente, a volte, aveva pensato che forse se fosse stato qualcosa di più di questo allora glielo avrebbero detto. I grandi sentimenti vanno rispettati, non si tiene all'oscuro un innamorato, lo aveva imparato dai film. Non che guardasse intenzionalmente quelli d'amore, ovviamente.
Eppure, Iwaizumi non c'era giorno che non pensasse a quanto fosse sbagliato il ricovero di Oikawa in ospedale.
Aveva iniziato ad apprezzare la sua risata, soprattutto la mattina, quando aveva la certezza che i pianti della notte avessero solo il tempo a loro dedicato. A volte lo vedeva crollare anche durante il pomeriggio, se era stanco. Chiedeva a tutti chi fossero, e quando arrivava il suo momento di rispondere si limitava a ricordargli ciò che amava. "Mi piacerebbe se giocassimo insieme! Potremmo essere nella stessa squadra, sai?"

«Ehi Iwa-chan?»
«... Quanta confidenza»
«Hai mai baciato una ragazza?»
A quella domanda era ghiacciato, girandosi lentamente verso l'altro con un leggero rossore sulle guance. Ringraziò la poca luce del sottoscala – e la poca guardia degli infermieri – e iniziò a stropicciarsi le mani.
«Non sono interessato»
«Alle ragazze?» ed il tono non nascondeva la sua incredulità. Poteva avvertire il ghigno di Oikawa regnargli sovrano sul volto.
«Ai baci!»
In quel momento sarebbero potute succedere tante cose. Una catastrofe mondiale, un'improvvisa apparizione di un qualche spirito, un'invasione aliena. Iwaizumi si sarebbe sempre detto pronto a tutto.
Le labbra di Oikawa sulla propria guancia, però, erano un imprevisto che avevano avuto il potere di far crollare tutta la sua sicurezza.
«Cambiato idea?»



 


 

Ok sono passati mesi dall'ultimo aggiornamento ma sì insomma (...)
Ringrazio chi ha letto sino a qui, in teoria il prossimo dovrebbe essere l'ultimo capitolo dove saranno date tra l'altro tutte le spiegazioni mancanti. EEEeeeee quanto vorrei dire che aggiornerò prestissimo ma sarei credibile meno di zero (...) farò il possibile . . . 
 

  
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