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Autore: imunfjxable    04/02/2016    2 recensioni
Dove un'aspirante scrittore va in un bar a ubriacarsi e a guardare una ballerina che ha ispirato tutto ciò che lui (non) ha mai scritto.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Drunken poems ;

 

 

Ciao, è occupato qui?
No no, siediti pure.
Che aspetti?
Sarebbe meglio dire chi aspetto.
Ah. E chi aspetti?
La vita
E allora non dovevo dire cosa?
No.
No?
No.
Perché?
Perché la vita è una persona.
Ma cosa dici!
E cosa è la vita secondo te?
Silenzio.
Vedi? La vita è una persona. Per forza.
E dove è la tua vita adesso?
Adesso? Probabilmente si starà facendo fottere in qualche vicolo.
Sicuro?
Sicuro. E la tua?
Boh.
Ma come «boh»
Non avevo mai pensato alla vita come una persona.
E come l'avevi pensata allora?
Non ci pensavo e basta.
Beato te.
Come scusa?
Beato te che non pensi. Fa male pensare.
Fa male?
Si. Insomma mi vedi? Pieno di occhiaie, vestito come un barbone, con i capelli arruffati, la barbetta incolta; tutto questo perché non dormo, e invece di dormire penso. Che stupido che sono.
E a cosa pensi?
A chi penso.
Ah giusto. A chi pensi?
Alla vita.
E ora dove credi che sia?
La mia vita? Tra poco vedrai.
Dove la vedrò?
Lì sopra.

Le luci si spengono, nonostante sia già buio nel locale.
Con un click quasi impercettibile fa ritirare la punta della penna all'interno di quest'ultima e la ripone, poi, nel quaderno dove stava scrivendo, per lasciare il segno alla pagina.
Si lecca la mano discretamente e la cosparge di sale. Afferra una fetta di limone e con l'altra prende il bicchiere, portandolo vicino alle labbra.
Espira.
Lecca il sale.
Beve il bicchierino di tequila alzando il capo verso l'alto, facendo spazio al sapore forte e acerbo che si espande nella sua bocca.
Morde immediatamente la fetta di limone e l'amaro si smorza in pochi secondi. Si pulisce gli occhiali luridi con la t-shirt bianca che indossa, e li rimette sul naso, nascondendo dietro le lenti i suoi occhi marroni; poi si aggiusta i capelli ricci. Tra poco uscirà.

Sta per salire sul palco. Le luci sono state spente da mezzo minuto più o meno. Passa una mano tra i suoi capelli ricci, marroni, indomabili, provando a districarli; afferra un elastico e li lega velocemente in una piccola coda. Getta gli occhiali sul mobile dove ha posato il suo zainetto, è nero. Ha sempre pensato che fosse un bel colore il nero. È poetico.
Anche i suoi occhi sono neri.
Forse non proprio neri. Sono marroni, ma hanno una strana sfumatura scura che parte dell'interno dell'iride, proprio attorno alla pupilla.
Si versa un poco di vino rosso nel bicchiere, e beve velocemente: si va in scena.

La guarda in ogni piccolo movimento. Lei, bella oltre ogni dire sul palco, viva.
Si muove sulle note del piano, suonato da un uomo grassoccio. Dovrebbe essere Chopin ma non è sicuro della melodia.
Lei continua a danzare leggiadra, i suoi piedi si muovono da soli, è come se stesse volando quando si alza sulle punte. Ci mette poco per librarsi in volo; osserva con i suoi occhi il suo pubblico. La luce è fioca ma riconosce un gruppo di ragazzi impegnati a bere birra a dei tavoli, troppo distratti dai loro futili argomenti per ammirare lei, forza della natura, che balla poeticamente sul palco. Sono in pochi quelli che la guardano, il vecchio Dylan che serve e prepara i drink, un uomo seduto ad un tavolo sotto il palco, che probabilmente sta più ammirando la sua bellezza che la sua essenza. Perché è sempre stata così, Lei. È un tipo difficile da conoscere, ma quando balla si mette a nudo, non c'è emozione che non trapeli dai suoi passi, dalla tristezza alla gioia, dalla rabbia all'indifferenza.
Si sposta con uno chassé per arrivare al centro del palco e eseguire cinque fouettés en tournant perfetti. Il collo si stende e i suoi occhi questa volta si posano su una figura non molto illuminata, seduta su uno degli sgabelli di pelle consumata attorno al bancone, intento a scrivere. Scrive, scrive come un pazzo; alza la testa, la guarda e scrive di nuovo.
Continua a fissarlo e tiene gli occhi puntati su di lui nel vano tentativo di mettere a fuoco la sua figura anche mentre fa un cambrè, e conclude la sua esibizione. Scende dalle punte, la musica finisce, così come la magia che aveva creato e la libertà che aveva provato. Muore, di nuovo. Come alla fine di ogni spettacolo.
Si avvicina alla fine del palco e fa la reverance, inchinandosi, per poi scendere e andare nel suo camerino.
Si cambia, lasciando lo chignon perfettamente tirato, e prende la bottiglia di vino che stava bevendo prima.

Ad ogni spettacolo è sempre ugualmente brava senza essere noiosa o ripetitiva nelle sue performance. È lei quello che lo spinge a venire tutte le sere in quel locale. Forse anche un po' l'ottima tequila che hanno, ma soprattutto lei che balla con la grazia di un albatro in volo.
Rilegge con attenzione quello che ha scritto nel suo quaderno, che ospita stralci di dialoghi sconnessi, testi di canzoni mai cantate a qualcuno, commenti su giorni brutti per farli sembrare un po' meno brutti, e qualche poesia. Tutto ispirato da Lei.

Un bicchiere si aggiunge improvvisamente accanto a lui, il rumore di un liquido che viene versato in quest'ultimo gli giunge alle orecchie melodioso, si gira. È Lei, si sta versando del vino.

Vuoi? chiede.
no
Era occupato?
No
Come ti chiami?
Matthew. Sospira; sei stata brava
grazie
Silenzio.
scrivi?
si
e che scrivi?
un po' di tutto
posso leggere?
no
Perché?
Perché non è finito
È un romanzo?
No
E allora come fai a dire che non è finito?
Non lo so. Non è finito
E quando finirai di scrivere?
Solo quando morirò
E se quando morirai non avrai finito?
Sarà finito
E di che scrivi?
Tutto
Posso leggere?
Si
Ora si?
Ho deciso che va bene se leggi.
E allora leggo

Prende il quaderno nero e lo apre, guardando le pagine bianche un po' sgualcite, adornate da una calligrafia disordinata. Legge, legge veloce, è bello quello che scrive il ragazzo.
Continua a leggere, arriva presto a metà quaderno, poi lui la ferma.

Allora?
C'è troppo sesso.
Fa spallucce.
Perché scrivi così tanto sul sesso?
Perché è difficile.
Non mi piace il sesso.
Perché?
Mi fa sentire a disagio.
A me no.
A me si
E perché ti fa sentire a disagio?
Perché non ho il pieno controllo della situazione. Non mi lascio andare.
Però li sopra sembravi libera.
Li sopra è diverso. Cambiamo discorso.
Tu non studi?
No, ballo.
So che balli, ma non studi nulla?
No. Non più.
Perché?
Perché ho capito che preferisco ballare che studiare.
Giusto.
E tu studi lettere?
Si.
Ti piace?
Tanto.
Perché?
Perché posso dire tutto quello di cui non parlo nella realtà.
Mh.
Mh.
Vuoi un po' di vino?
Si.
Bevono.
Ne vuoi ancora?
Si dai.
Che hai preso prima mentre ballavo?
Tequila.
Preferisco il vino.
Si è buono. Ti ubriachi inconsciamente quando bevi vino.
si. ride.
È bella. Si porta le mani allo chignon e lo scioglie, poi scompiglia i capelli lasciando scendere i suoi ricci liberi sul suo collo. Non l'aveva mai vista con i capelli sciolti. È bella, anche se i suoi capelli non sono molto lunghi, le sfiorano appena le spalle.

stai bene così
con i capelli sciolti?
si
grazie. Anche tu hai dei bei capelli. Sono ricci come i miei.

Matty estrae un sigaretta dalla tasca e se la accende mentre prende il suo quaderno e prende la sua penna, iniziando a scrivere.
Lei lo guarda, ammaliata dalla velocità con cui il ragazzo scrive sul foglio.
cosa stai scrivendo?; non risponde, è troppo assorto nei suoi pensieri.

la penombra
bella
ti rende
il buio
discreto
il profilo
t'illumina
e la tua ombra
nera
proiettata
sul bianco
vive
mentre tu
muori
in silenzio
tra un bicchiere e una sigaretta

posso leggere?
no
va bene
Lei continua a bere.
perché stai bevendo così tanto?,le chiede.
perché se mi viene voglia di baciarti posso dare la colpa all'alcool, risponde.
Ridono.

Il vecchio Dylan inizia a sparecchiare sugli altri tavoli, sono rimasti solo loro tre. Fa casino, lancia i bicchieri con noncuranza, passa più per abitudine che per igiene il vecchio straccio sul legno consumato dei tavoli.
«Devo andare via» Le urla.
«Va pure. Chiudo io, resto a parlare un altro po' con lui» risponde e indica Matty.
Dylan pulisce l'ultimo tavolo, posando le sedie al contrario su quest'ultimo. Prende il suo vecchio impermeabile nero, e lo indossa. Apre la porta. Esce. Si confonde con l'oscurità della notte. Va via. Scompare.

Me la suoni? gli chiede.
Come scusa?
Nel tuo quaderno c'è solo una canzone completa. Me la suoni? Il pianoforte è li.
Solo se balli per me

Matty si alza, e cammina con lei, incerto, verso il piano.
Lei gli sorride non appena si siede. Fa un lungo respiro, e inizia a suonare. Suona, ma non canterà quella canzone, fa troppo male. Se lo ricorda bene il giorno in cui la scrisse, erano le quattro di mattina, in estate. Faceva caldissimo e l'acool non faceva che peggiorare la situazione, c'era puzza di fumo in camera sua; l'aria era irrespirabile. E con gli occhi pesanti e il cuore in lacrime, scrisse is there somebody who can watch you?
Una delle tante canzoni che sarebbe stata destinata a restare nel suo quaderno, senza mai essere cantata.
Lei balla, piano, si alza sulle mezze punte, ora è scalza. La sua figura si muove armonicamente, e la sua ombra, proiettata sulla parete, sembra una seconda ballerina.

Era davvero bella, avresti dovuto cantare anche le parole però.
Non mi andava.
Ride.
Si siede sullo sgabello accanto a Matty, che l'ha sempre sognato questo momento.Il suo odore è bellissimo, e ora lo sente entrargli nelle narici e attaccarsi sulla pelle. Lei gli accarezza il braccio, facendo passere i suoi polpastrelli sulla pelle tatuata del ragazzo, che sorride tra se e se.
Lei si avvicina un po' alle sue labbra, ma scoppiano a ridere e restano a guardarsi, immobili. Cristallizzati nella luce fioca del palco, come statue. Belli, perfetti, senza vita.



«Ragazzo devo chiudere»
Matty sobbalza, vede la penna ancora nella sua mano, che è sbavata di inchiostro nero, e il foglio, scritto a metà. Incompleto. Lasciato sospeso sul più bello.
«Si si, vado via subito» farfuglia. Prende frettolosamente la sua borsa di pelle marrone sgualcita e getta il quaderno, che straripa di foglietti, malamente al suo interno. Fissa con la coda dell'occhio il quinto bicchiere di tequila che è sul suo tavolo- non ricordava di averne ordinati così tanti-  ne è rimasta ancora una goccia. Lo afferra e lo finisce.
Si sposta e cammina, si gira quando una voce femminile giunge alle sue orecchie.
«Dylan hai un accendino?»
È Lei.
Decide di andare via, prima che Lei lo veda, ma Matty è sempre stato maldestro, e nella fretta, fa cadere il suo quaderno dalla borsa, che si apre, sputando fogli superflui.
Lei si avvicina, la vede da lontano quella figura magrolina, impacciata, leggermente ubriaca (o forse assonnata).
Si abbassa sempre con grazia, come se stesse eseguendo un grand pliè e raccoglie un paio di fogli per poi passarglieli.
«È un libro?»
«S-si»
«Lo stai scrivendo tu?»
Matty balbetta, non riesce nemmeno a dire si, e così annuisce semplicemente.
I suoi occhi guizzano sulle parole impresse sulla carta, che è anche un po' macchiata dalle gocce di tequila.
«Sei molto più seducente con la penna, che che la bocca»
«Gra-grazie.» pausa «credo» continua.
«come finisce?» gli restituisce i fogli.
Lei sorride, anche lui.
Bella domanda. Come finisce?
È la storia della sua Vita.
Respira.
Risponde.
«il finale dipende solo da te»
Va via.


AYEEE.
Spero che abbiate capito il finale :c
È confusa, e scritta male. Soprattutto perché è stata scritta sempre o solo a notte fonda.
Pensai a questa one shot durante le vacanze di natale, dopo aver letto due libri che mi sono piaciuti molto: La sposa giovane di Baricco (amore mio hihi) e Il dubbio di De Crescenzo.
Le conversazioni, il fatto che siano a botta e risposta, e che sembrino dire qualcosa ma in realtà non dicano nulla dipende dal Dubbio. È costruito su questo dialoghi introspettivi e mi andava di farne uno così.
Credo che molti si siano innervositi- spero di no però haha- perché in alcuni punti i dialoghi sono privi di punteggiatura. È stata una cosa sulla quale ho riflettuto veramente molto, infatti ad un punto avevo inserito le virgolette e infine le ho tolte nuovamente.
Le ho tolte perché a mio parere rallentavano il tutto. Erano come mura, che richiudevano le parole di sue ragazzi, ubriachi, e diciamocelo: quando siamo ubriachi le nostre parole non hanno filtri. Inoltre le ho usate per sottolineare che quelli erano dialoghi che erano solo nella testa e nel quaderno di Matty, e non nella realtà.
Detto questo spero che vi sia piaciuta, mi sto dilungando troppo.
Se volete, e se la OS è stata di vostro gradimento, fate un giro sul mio profilo, ho altre OS strane e storie che fanno -un po' meno di questa però- cagare.
E' la mia prima storia sui 1975,quindi siate buoni, vi prego. Li seguo da qualche mese, non appena li ho sentiti cantare me ne sono innamorata completamente. Mi lasciate qualche recensione? Se vi è piaciuta la storia credo che ne pubblicherò un'altra, su George (o Ross, idk la sto ancora scrivendo), quindi recensite per favore haha.
Grazie. 💙💙💙

   
 
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