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Autore: slanif    06/02/2016    3 recensioni
Hisashi si girò sul posto, controllandosi le spalle. Era nascosto bene, credeva, ma lei era imprevedibile. Di lei non ci si poteva fidare. Hisashi lo aveva imparato a sue spese, e Ryota glielo aveva confermato. E ci credeva, dannazione, a quello che diceva quel deficiente, perché con lei, il lei, ci andava a letto! E, per quanto invidiasse il suo amico per avere una vita sessuale attiva – al contrario di lui –, al contempo non poteva credere che andasse a letto proprio con lei, la fonte di tutti i mali.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ayako, Hisashi Mitsui, Ryota Miyagi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lei, Il Demonio
di slanif

 
 
 
 
Hisashi si girò sul posto, controllandosi le spalle. Era nascosto bene, credeva, ma lei era imprevedibile. Di lei non ci si poteva fidare. Hisashi lo aveva imparato a sue spese, e Ryota glielo aveva confermato. E ci credeva, dannazione, a quello che diceva quel deficiente, perché con lei, il demonio, ci andava a letto! E, per quanto invidiasse il suo amico per avere una vita sessuale attiva – al contrario di lui –, al contempo non poteva credere che andasse a letto proprio con lei, la fonte di tutti i mali.
Era proprio vero che l’amore rende ciechi e rimbambiti!
Certo, Ryota era partito avvantaggiato, essendo già demente di suo, e da lì ad avere il prosciutto sugli occhi il passo era stato breve, ma Mitsui non poté evitare di domandarsi se, in quella coppia, non ci fosse stato qualche catalizzatore che aveva reso possibile l’incontro tra due essere così malvagi.
Ma, in fondo, a lui che fregava? L’unica cosa importante, in quel momento, era salvarsi da lei.
«Hiiisaaashiii...», cantilenò lei, strascicando tutte le vocali e facendo rizzare i peli del collo al diretto interessato. «È inutile che ti nascondi, Hisashi... sai bene che ti troverò...», lo minacciò, con una nota piuttosto folle nella voce.
Hisashi non poteva vederla, ma sapeva che aveva lo sguardo eccitato di quando sta per compiere la sua vendetta. Conosceva troppo bene quello sguardo. Se l’era visto rivolgere innumerevoli volte, e altrettante aveva visto rivolgerlo ai suoi compagni di squadra.
Inghiottì il groppo di saliva che gli era salito alla gola e attese, sperando che la colonna fosse sufficiente a nasconderlo dalla sua vista.
Si arrischiò anche a guardare fuori, ma non vide nulla. C’era solo il corridoio coperto del cortile e nessuno in vista. C’era un bel sole e gli uccellini cantavano. Era tutto così calmo e perfetto che sembrava irreale.
Ma – cazzo! – il colpo che gli prese e l’urlo che lanciò quando due braccia lo arpionarono alle spalle, beh... quelli che erano reali!
«Te l’ho detto che ti avrei trovato, Hisashi...», canticchiò lei, con voce trionfante e un luccichio malvagio negli occhi blu.
Mitsui si girò appena a guardarla mentre impallidiva sempre di più: «Ayako, bellissima...», provò, sperando di rabbonirla; ma sapeva bene che non avrebbe sortito nessun effetto.
Difatti lei lo strattonò e lo tirò in piedi, continuando ad infilargli le unghie nel bicipite. «Oh, piantala! Sconta il tuo destino a testa alta, da vero uomo! I soldati non si lamentano!», lo apostrofò lei mentre cominciava a tirarlo per una manica.
Hisashi quasi piagnucolò: «Non siamo in guerra! Ci sei solo tu che sei un’aguzzina!»
«Beh, considerati un prigioniero di guerra che sta per essere torturato.», sentenziò lei, senza batter ciglio e trascinandolo per il corridoio con presa ferrea.
Dannazione. Era così decisa che Mitsui non riusciva nemmeno a scrollarsela di dosso.
E difatti arrivò in men che non si dica nel suo laboratorio, preceduto da una festante Ayako, dove trovò quel mentecatto di Miyagi pronto con le cinghie per legarlo sulla poltrona e la benda per la bocca, cosicché lui non si muovesse e non si lamentasse durante l’atroce tortura che lo aspettava di lì a molto (troppo) poco.
«Brutto stronzo!», sbraitò nella sua direzione. «Sei un traditore!»
Ryota ammiccò: «Per far contenta la mia Ayakuccia non guardo in faccia nessuno!»
«Lo vedo!», ringhiò l’altro, sempre più esasperato e terrorizzato.
«Smettetela di cianciare.», li riprese Ayako. «Ryo-chan, legalo al tavolo e bendagli la bocca, così sta zitto.»
La luce negli occhi di Miyagi poteva essere classificata solo come “da psicolabile”, e Mitsui sentì che i suoi giorni di felicità stavano giungendo al termine.
Cercò di opporre resistenza con tutte le sue forze, scalciando e dimenandosi, ma quel piccoletto e la sua donna avevano più forza di quanto lui avesse mai potuto immaginare. Fu per questo che si ritrovò legato come un salame sul lettino, sdraiato a pancia in su, con gambe e mani bloccate e una cinghia intorno al busto.
«Che ne dite che mi togliete tutti i denti, piuttosto?», domandò, speranzoso che cambiassero idea.
Ayako lo fissò scettica: «No.»
«Amputarmi una mano? Una gamba? Un braccio?»
«No.», ripeté lei, infame fin nel midollo.
Hisashi piagnucolò, disperato; nel mentre Ryota gli avvolse la benda intorno alla bocca e la legò forte, cosicché non potesse più dire una parola; e se anche avesse urlato, nessuno l’avrebbe sentito.
Mitsui seppe, in quell’istante preciso, che gli stava per venire un infarto.
Com’è che si capiva? Ti faceva male il petto e il braccio? Beh, a lui faceva male tutto, a furia di contorcersi, ma era quasi certo che stava per morire. E se non fosse morto per un infarto, lo sarebbe stato per la vergogna dopo che Ayako avesse finito ciò che stava per fare.
Quando il ronzio si avviò e le si avvicinò, con quello sguardo folle da predatore che le illuminava il viso, Mitsui ebbe la certezza che era molto meglio svenire piuttosto che assistere impotente a quel folle demonio che incideva sulla sua bella fronte la scritta “Imbecille” con disegno di ventaglio decorativo alla fine, come firma e autografo e simbolo della donna, vera e unica folle della situazione che, con le sue – evidenti – gran capacità di rotolamento sotto le lenzuola, aveva reso ancor più burattino nelle sue mani quell’altro deficiente.
E, beh, Hisashi lo fece.
Svenne.
E, grazie a Dio, non dovette assistere.
 
Hisashi si svegliò di soprassalto, sudato come una foca monaca spiaggiata, e corse in bagno a perdifiato dopo essersi districato dalle lenzuola che gli si erano attorcigliate intorno alle gambe. Corse così velocemente che quasi travolse sua madre, che incrociò nel corridoio. La donna gli domandò se stesse bene, ma lui non le rispose nemmeno. Si barricò in bagno, chiuse a chiave e si portò davanti allo specchio, tirandosi su la frangia corta per ispezionare ogni centimetro quadrato della fronte.
Pulita.
Nessun “Imbecille” e nessun ventaglio.
«Dio mio...», borbottò, col cuore in gola, tirando un portentoso sospiro di sollievo.
Era stato un sogno. Solo un fottutissimo sogno. Che lo aveva fatto cagare sotto, okay, ma solo un sogno. Terrorizzante, atterrante, imprevedibile e folle; ma solo sogno rimaneva.
Certo, immaginava che Ayako prima o poi si sarebbe inventata una punizione peggiore del prenderli a ventagliate mentre urlava loro dietro i peggio insulti, e immaginò anche che quel deficiente di Ryota le avrebbe dato spago qualunque cosa la ragazza avesse deciso di fare, ma... Dio! Si augurava con tutto se stesso che non giungesse davvero a tatuargli la scritta “Imbecille” sulla fronte!
Una cosa era certa, comunque: da quel giorno in poi si sarebbe comportato meglio.
Giusto per non correre rischi... con Ayako tutto era possibile perché – dannazione! – quella donna era davvero un demonio.
 
 
 
 

FINE

   
 
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