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Autore: Kamala_Jackson    06/02/2016    2 recensioni
Dal testo:
"Tutto per colpa dell’amore.
Era possibile odiare quel sentimento? Perché San era sicura che lo stesse odiando.
Odiava il fiato che le era mancato per un attimo, odiava il suo cuore che batteva all’impazzata, odiava le mani che sudavano, e l’odore di Ashitaka – odore di umano, diamine – che le entrava sotto la pelle e la stordiva. Odiava sentire le proprie gambe tremare quando lui le sia avvicinava, o il sangue che le pizzicava le guance. Odiava l’amore e odiava Ashitaka."
A Nana. E ho detto tutto.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: San, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A Nana, che senza saperlo mi ha aiutato ad accettare il
Finale di Princess Mononoke. A Nana che c’è tutti i
Giorni, a Nana che mi sopporta e che ascolta tutto ciò
Che ho da dirle. A Nana per il suo compleanno che era quasi tre mesi fa.
Non trovavo qualcosa da scrivere, ma oggi questo pensiero ha trovato me.
A Nana che adesso è in crisi perché non sa come scrivere, ma che
In realtà non si rende conto che sa scrivere e spiegare benissimo così.
A Nana e alle sue pippe mentali che sarò sempre lieta di ascoltare,
perché sei la mia piccola Cuor di Leonessa.
Nera, obv.
 
Care for Love,
Care for Hate.
 
 
Una piccola nuvola di fumo scuro si alzava nel promontorio sottostante, colorando l’aria limpida di quella mattina con un odore sgradevole e forte.
O almeno, era sgradevole per San. Se ne stava appollaiata su una roccia, su una delle montagne che circondavano la nuova Città del Ferro, e osservava l’andazzo di uomini e donne che percorrevano le strade del villaggio.
Probabilmente, si ritrovò a pensare, loro erano più che abituati a quell’odore così soffocante per lei.
Il vento fischiò piano tra le vette delle montagne circostanti e fece frusciare l’erba alta e rigogliosa che la circondava, mentre poche ciocche di capelli le finivano sul viso.
San sbuffò – uno sbuffo più simile a un ringhio – e si lasciò scivolare a terra, nel verde lussureggiante che ricopriva il terreno.
Le sembrava ieri il momento in cui lo Spirito della Foresta si era dissolto nell’aria, e le nuove piantine avevano iniziato a germogliare sui tronchi devastati dalla furia del Dio. Della vecchia foresta rimaneva poco quanto niente.
Un brivido di rabbia e rancore percorse la colonna vertebrale della ragazza, mentre alcuni fili d’erba si ritrovarono nella presa ferrea della sua mano candida.
San fissava dritto davanti a sé, dove sapeva ci fossero la Città del Ferro e i suoi abitanti. Umani, pensò furente, avevano distrutto tutto. La sua casa, la sua foresta, le sue montagne. Avevano ucciso sua madre Moro e il grande Okkoto. Avevano tagliato la testa al Dio Cervo. Tutto quello era colpa loro.
Li odiava. E allo stesso tempo la incuriosivano. E lei si odiava per questo. Eppure non riusciva a non provare un pizzico di molesta curiosità ogni volta che li vedeva. Si ritrovava spesso sulle alture che circondavano il villaggio, e in silenzio guardava quelle strane creature – così simili a lei e al contempo così differenti – che si occupavano del raccolto, del bestiame, e anche del ferro.
C’era da dire che quella donna, Lady Eboshi, aveva mantenuto la sua promessa. I suoi uomini avevano smesso di estrarre troppo ferro dal terreno, si erano dati alla semina nei campi e alla cura delle bestie. Nessun animale della foresta era stato ferito da loro, in quei tre mesi circa.
Eppure San non si fidava. Non del tutto. Non l’avrebbe mai ammesso a sé stessa, ma apprezzava gli sforzi di quella donna, che senza arrendersi aveva ricostruito tutto di nuovo e aveva smesso di essere guidata dall’avidità. Il nuovo villaggio era decisamente più verde, e decisamente meglio del primo. Non ancora accettabile, ma se la mantra e il rispetto avessero continuato ad essere tali, forse ci avrebbe fatto un pensierino.
E poi c’era Ashitaka. La ragazza lupo trovava fin troppo fastidioso quel sentimento che le faceva attorcigliare le viscere ogni volta che lo guardava. Gli umani lo chiamavano amore.
Per lei era qualcosa di totalmente nuovo. Si trovava in balia di quello che provava, senza sapere come fare a stare meglio. I lupi non avevano il concetto di amore, San ci aveva pensato a lungo. La cosa che più gli si avvicinava era la loro fedeltà. La fedeltà che i suoi fratelli avevano verso l’un l’altro. La fedeltà che avevano verso di lei. La fedeltà verso Moro, che nonostante la scomparsa della lupa non era mai venuta meno. Ma amore, no, San era sicura che i lupi non avessero quel concetto. Tanto che non si era neanche sforzata di chiedere un’opinione in merito ai fratelli.
Si rimise in piedi con calma, lasciando che i lunghi steli verdi le accarezzassero le gambe di alabastro, mentre gli insetti si affaccendavano tra le corolle dei fiori.
San chiuse gli occhi e respirò profondamente, mentre quell’odore di selva e fumo le entrava nei polmoni e le raschiava l’interno del corpo come artigli.
Quando aprì gli occhi, un sorriso tenue e affilato le si era dipinto sul viso. Cercò in tutti i modi di evitare che il rossore si propagasse troppo velocemente sulle sue guance, ma inutilmente.
Ashitaka fermò Yakul e scese dalla groppa dello stambecco, dietro di lei. San poteva immaginarlo mentre si aggiustava la casacca blu e scioglieva le briglie alla sua cavalcatura, lasciandolo libero di andare dove volesse.
«San.» la sua voce calda e gentile la raggiunse con il soffio del vento, che le fece ondeggiare la gonna color della notte. Il suo cuore da lupa perse un battito, per poi iniziare una corsa sfrenata e senza sosta.
Maledetto amore, pensò la ragazza, cercando di regolarizzare il respiro. Ashitaka le si avvicinò e le sfiorò la mano con la propria. San gli lanciò un’occhiata di traverso, notando che i capelli del giovane erano un po’ cresciuti ed erano arruffati dal vento. La cicatrice che gli aveva inferto con il coltello capeggiava ancora sulla guancia abbronzata, e in qualche modo ne fu soddisfatta e felice.
«Stai bene?» le chiese Ashitaka, con una nota di preoccupazione nella voce.
«Mhm-mhm.» rispose lei, mantenendo lo sguardo fisso sulla Città del Ferro, ritornata nel suo campo visivo.
Rimasero in silenzio per dei minuti che le parvero infiniti, uno accanto all’altra. Persino gli uccelli sembravano essersi zittiti. San sarebbe andata tra gli alberi a ululargli contro, pur di farli cinguettare di nuovo.
Alla fine, con un sospiro, la ragazza lupo si voltò verso di lui, cercando di ignorare le guance bollenti e le fitte allo stomaco. Deglutì quando si rese conto che Ashitaka la stava fissando.
Avanti, San, sei un lupo, comportati da tale!, si ordinò.
Tu come stai?, avrebbe voluto chiedergli.
«Perché non sei venuto prima?» sputò fuori invece, per poi mordersi la lingua subito dopo. Si sarebbe volentieri presa a morsi da sola. Ashitaka parve un attimo sorpreso, ma subito sorrise. «Dovevo aiutare gli abitanti a ricostruire la città» disse semplicemente, con calma.
San soppesò le sue parole. Lo sapeva benissimo. Eppure non era riuscita a impedire che quella frase scivolasse fuori dalla sua bocca.
Tutto per colpa dell’amore.
Era possibile odiare quel sentimento? Perché San era sicura che lo stesse odiando.
Odiava il fiato che le era mancato per un attimo, odiava il suo cuore che batteva all’impazzata, odiava le mani che sudavano, e l’odore di Ashitaka – odore di umano, diamine – che le entrava sotto la pelle e la stordiva. Odiava sentire le proprie gambe tremare quando lui le sia avvicinava, o il sangue che le pizzicava le guance. Odiava l’amore e odiava Ashitaka.
No, non era vero. L’odiava e l’amava. Se ne rese conto quando lui le strinse la mano e intrecciò le loro dita, e fu come poter respirare di nuovo, dopo che si è stati immersi nell’acqua e i polmoni bruciano per bisogno di ossigeno. San sentì lo stomaco contorcersi e il battito del cuore accelerare ancora, ma stava bene. Quel piccolo, tenero contatto la faceva stare bene. La faceva sentire euforica e stordita al tempo stesso, stabile e traballante sulle gambe, al sicuro e fin troppo scoperta sotto il cielo azzurro, sotto il suo sguardo azzurro.
L’agitazione lasciò presto spazio alla tranquillità, quando il giovane la strinse tra le braccia forti e calde. Un senso di protezione si impadronì nell’animo di San, nonostante il cuore non accennasse a calmarsi. La ragazza lupo posò il viso sul suo petto, inspirando piano e a fondo quell’odore che impregnava i suoi sogni, e facendosi cullare dal battito del suo cuore, anch’esso sorprendentemente accelerato come il proprio.
Ashitaka le accarezzò i capelli corti, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo. «Mi dispiace di non essere venuto prima.» mormorò contro la sua pelle candida, provocandole ondate di brividi in tutto il corpo. San sospirò, sentendo un puro e genuino dispiacere nella sua voce.
«Non importa.» decise sorridendo, premendo ancora di più il naso contro il tessuto blu, il cuore agitato del ragazzo che le risuonava nelle orecchie. Proprio come il suo.
Ashitaka era la cura del suo odio e del suo amore, e San pensò che nessuno Spirito della Foresta avrebbe potuto farla stare così bene come in quel momento. 



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Kamala's Corner


Salve, fandom di Mononoke Hime. O, se siete quei prodi, piccoli e rotolanti guerrieri che mi seguono, ciao giovani fanciulli!
Ammetto che questa OS non era prevista, e che mi sono praticamente gettata sul computer appena ho potuto. Sentivo, ormai da una settimana - perchè, gente, è da una settimana che mi vedo e rivedo Princess Mononoke, ormai - il bisogno impellente di scrivere, di leggere, qualsiasi cosa vi venga in mente, su San e Ashitaka. Su quello che gli è successo dopo che si sono salutati e separati sulla montagna. E come ho detto nella dedica, non riuscivo a darmi pace, finchè ieri non è arrivata Nana - meglio conosciuta come Lullaby99 su questo sito - che mi ha dato un senso di pace con la sua caspio di opinione. Ed era una pace strana, con un retrogusto un po' amaro, ma che mi ha fatto riflettere e poi scrivere, una sensazione che a mio avviso può dare solo questo splendido capolavoro della cinematografia.
Non so, sinceramente, se sia caduta nell'OOC con San, visto che comunque non è un personaggio facile da trattare, e figurati se non mi andavo a impelagare in 'ste imprese, ma se l'ho fatto vi prego di dirmelo, così metterò l'avvertimento. Alla fine sono soddisfatta del mio lavoro, e spero che possiate apprezzarlo come lo sto apprezzando io adesso, quindi fatemi sapere tutto ciò che vi frulla per la testa.
Ho cercato di dare una nuova visione di San. Non più come la guerriera dal cuore di acciaio che è nel film, perchè in fondo la conosciamo durante una guerra, e lei combatte in prima fila. Ho cercato di far vedere un eventuale lato più nascosto del suo carattere, e spero di esserci riuscita. 
Grazie a chi leggerà, recensirà, e tutto il solito sermone che lo segue.
Uit lov,

Kam.

 
   
 
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