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Autore: Urheber des Bosen    07/02/2016    1 recensioni
La bellezza fu intrappolata in quel mero materiale.
In quel 1877 non solo la verità, ma anche un nuovo tipo d'ideale pretendeva la sua attenzione.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
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Quella mostra mise in crisi la bellezza che delle accademie faceva le dittatrici. Per la prima volta all’uomo fu concesso l’ingresso nel vero. Quegl’occhi, così veri e carichi di sentimento erano un attacco armato alla bugia del neoclassicismo.
Quest’ultimo, voce solo della potente borghesia, non era più sufficiente. All’uomo, al popolo spettava la sua dignità, la bellezza e la giustizia dei semplici volti paesani.
Vedere la sete di vendetta di Medea negli occhi di nobildonna decaduta. La perversità di Bacco in un ghigno popolare.
C’è chi disse che non c’era più spazio neanche per rifugiarsi nei soggetti passati, l’attualità pretendeva attenzione.
Quella mostra del 1877 catturò ogni tipo di sentimento, fino al disgusto, tuttavia senza cadere mai nella bassezza.
Perché, signori  la verità gridata da quegl’occhi incastonati nella pietra non sarà mai banale.
Alla mostra molte statue fecero scalpore.
In particolar modo  le statue di D’Orsi e di Amendola, che con le loro opere avevano provocato il disgusto nello spettatore. Avevano creato dei  Parassiti ed un Caino. Avevano scolpito dei sentimenti così bassi e rozzi che null’altro potevan essere se non arte.
Una statua però, se anche impregnata di realismo accordò tutta la critica: il riposo.
Un giovinetto ripreso nell’atto di dormire, dai particolari così raffinati da superare  la realtà, pertanto non vi era copia.
Sembrava che in quella statua tutte le convinzioni di De Sanctis prendessero vita: Bellezza senza verità è morta, realtà senza poesia è bassa.
L’opera fu fatta da un tedesco-romano.
Uno di quei tanti uomini, che nel mezzo del secolo, dilaniato dalle contraddittorietà si era rifugiato nel mito della Grecia e dell’Italia.
Si era recato a Roma, ma gli sembrò un  cimitero visitato da stranieri, con una scultura imbevuta di uno scialbo barocchismo. Si era recato a Firenze, e nella città dei simboli, dinanzi la statua di Dante aveva visto solo un esagerato purismo.
Alla fine si era recato a Napoli. Era andato perché aveva conosciuto un certo Morelli, un pittore che aveva fatto un gran chiasso al caffè Michelangelo , nell’accesa discussione che vedeva come protagonista la macchia. L’aveva seguito perché voleva vedere la Madonna nei volti delle paesane, come gli aveva promesso il napoletano.
L’amico mantenne la promessa. Riuscì a vedere Madonne, Adoni, Caini. Una città popolata da tante maschere e forse proprio per questo reale.
Napoli con il tempo amò quel tedesco di nome Sasuke. Lo amò per la sua vita turbolenta; per le strane leggende che lo accompagnavano; per i lunghi capelli un po’ da delinquente, un po’ da Santo; lo amò perché cercò sempre di parlare napoletano, anche se in modo fallimentare.
Sasuke in quella città dilaniata dalle contraddittorietà, riprese soprattutto gli scugnizzi. Giovani ragazzi di strada, che con quei vestiti laceri e con quei capelli bagnati dall’acqua di mare erano la cosa più simile agli dei che avesse mai visto.
Li prendeva per strada e per qualche spicciolo gli facevano da modelli. Gentili, a volte troppo impazienti riuscivano a far nascere la verità in ogni scultura.
Fu in un vicolo che incontrò gli occhi di un Amore fanciullo. Biondo, faceva impallidire il sole, il cielo dinanzi alla brillantezza dei suoi occhi si vergognava.
Dio, dinanzi alla sua creatura faceva cantare gli angeli e Sasuke, quel tedesco che soleva vagare per la città alla ricerca della verità si diede dello sciocco.
Non c’era razionalità in quella bellezza fanciullina.
Convinto che potesse essere una creatura fatata, tipica della sua cultura romantica gli si avvicinò con cautela, convinto che potesse fuggire, lontano dalla bassezza dell’occhio umano.
Ed invece il giovane rimaneva lì, incurvava il capo, incuriosito dalla tanta cautela di quello strano individuo.
“Come ti chiami ragazzo?”
Quella voce alle orecchie del biondo risultò insolita, non era spiacevole, era roca e con una pessima cadenza napoletana. Lo fece ridere.
Dio, se era mai esistito, se qualcuno l’aveva mai sentito parlare era sicuramente questo il suono della sua voce. Quelle risate così cristalline erano l’alito di Dio, o del Diavolo che con la sua smisurata bellezza ti fa cadere nelle disperazione.
“Naruto”
“Naruto..”Ripeté l’uomo, quasi per convincersi di non star sognando.
Il giovane lo guardò intensamente, il tedesco con quegl’occhi si sentì violato. Un po’ per non rimaner nudo, un po’ per inferiorità abbassò lo sguardo. Quanti uomini furono puniti dagli dei per aver visto troppo, questo pensiero gli graffiava la testa.
Tuttavia si rallegrò, forse gli sarebbe piaciuto divenire cieco con quell’ultima immagine  in testa.
“Dimmi ragazzo ti piacerebbe guadagnare qualche soldo?”
Gli occhi del piccolo Amore luccicarono, c’era sempre bisogno di denaro e nessuno tendeva mai ad offrirlo con tale gentilezza.
“Certo”
Sasuke si sorprese, il giovane non chiese neanche cosa avrebbe dovuto fare per poter usufruire di quella cifra, un insensata purezza gli vestiva la voce. Cosa atipica per un giovinetto di strada. Così lo stolto decise di essere impudente con quella piccola divinità.
“Vorresti farmi da modello?”
Naruto s’incuriosì ancora di più e con voce impregnata di risa chiese:” E cosa fanno i modelli?”
La domanda posta con tale ingenuità scatenò un sorriso sul volto bianco:” Devi solo star fermo e lasciarti guardare”
Il giovane napoletano accettò.
I lavori iniziarono nella bottega del tedesco, ma quest’ultimo sembrava perennemente insoddisfatto, non riusciva a rendere l’infinito in qualcosa di così finito come la mera materia.
Tendeva a distruggere tutto e con tempo finì per lacerarsi.
Non  riusciva a star lontano da quella luminosità, era divenuto ossigeno. Tuttavia come tutte le creature fantastiche, Naruto era dispettoso, sfuggente e soprattutto ingenuo.
Nella sua tenera età non riusciva a scorgere alcun tipo di malignità e Sasuke ne moriva.
Con ogni cenno quel ragazzino lo portava all’inferno per poi prendergli la mano e gettarlo più in fondo.
Felice, aveva una mano nel suo petto.
Dio, quante lacrime hai fatto versare a quella povera anima. Nessun uomo dovrebbe dilaniarsi in tal modo la ragione.
E così, in quella città piena di Santi e Demoni, un tedesco continuava a distruggere la sua opera.
“Naruto mi vuoi bene?”
Ormai era da circa due mesi che il ragazzo frequentava la bottega dello scultore, da bravo fanciullo di strada aveva imparato a leggere le debolezze del tedesco ed a giocarci. Nella genuinità della sua giovane età non sapeva quanto poteva uccidere.
“Certo”
Ecco, continuava a pugnalarlo, in modo più crudele, più intenso.
E mentre il suo bambino andava a giocare, libero per i quartieri, nello sconfinato mare; lui rimaneva chiuso, al buio nella sua testa.
Era intrappolato nella sua vergogna.
Era intrappolato in quei momenti soli con lui, se avesse tenuto per troppo tempo la porta aperta il momento, la sua essenza sarebbe fuggita.
Era nello studio quando seppe che il suo Amore non sarebbe più andato a trovarlo.
Disperato.
Umiliato dal fato, rise, rise forte cosicché tutti lo potessero sentire.
 Cosicché tutti pensassero che il tedesco fosse veramente impazzito.
Corse Sasuke, sotto la poggia che gli bucava la pelle come aghi .Corse e lo vide, disteso su quella sabbia che tanto amava.
Annegato.
Probabilmente anche il mare innamorato di tal bellezza aveva provato a portarglielo  via. Forse qualche sirena benevola aveva voluto concedergli l’ultimo saluto.
Bello.
Di una bellezza così dolce che sembrava esser cullato dalla morte stessa, riposava.
Questa volta non gli si avvicinò con cautela, ormai era già scappato. Non seppe mai perché lo fece, forse perché impregnato di troppa cultura simbolista, forse perché convinto di poter risucchiare la morte o forse per un disgustoso atto d’egoismo lo baciò.

 
Il riposo un’opera che riuscì a conciliare tutta la critica in quella mostra del 1877.
 
 
 
Note:
L’opera il Riposo è di Raffaele Belliazzi, oggi è in deposito presso la Civica Pinacoteca di Ascoli Piceno.
  
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