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Autore: enemyarrives    08/02/2016    2 recensioni
Fino a che punto un vuoto può essere riempito, o una ferita rimarginata? E un cuore spezzato può essere riparato tanto facilmente? I ricordi torneranno sempre a tormentarci ed i protagonisti di questa storia lo sanno bene.
“E’ possibile sentirsi soli, in un posto pieno di gente? Credo proprio di sì, perché era così che mi sentivo costantemente. Non avevo più nessuno, nemmeno una famiglia. Avevo persino dimenticato cosa volesse dire averne una ed era tutta colpa mia, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro." (Dal capitolo 8.)
Genere: Drammatico, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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POV Shannon.
Suonare è sempre stata la mia passione, sin da piccolo. Sono sempre stato affascinato dal suono della batteria, da quello strumento che, visto con gli occhi di un bambino, sembrava così imponente. Pensavo che, se avessi imparato a suonarlo, avrei potuto fare di tutto. E così è stato, sono diventato un batterista, ho sempre voluto suonare, concentrarmi su quello e su nient’altro, come se fosse il mio unico scopo, come se importasse solamente quello per me, come se non esistesse altro al mondo. Eppure, improvvisamente, qualcosa mi ha catapultato alla realtà. Qualcosa di forte, un sentimento che non sapevo nemmeno io di poter provare. Mi faceva battere il cuore, tremare le mani, vacillare le gambe, mi confondeva completamente. E lì ho capito, mi sono reso conto che suonare non era l’unica cosa importante, che era da egoista concentrarmi su qualcosa che faceva star bene me e me soltanto. Se mi fossi dedicato completamente alla batteria, chi si sarebbe occupato dell’altro sentimento che nasceva in me e che non potevo ignorare? Così ho fatto delle cavolate, sono scappato, avevo paura, non sapevo come gestire quella situazione. Avevo iniziato anche a pensare che uccidermi avrebbe fatto sparire il caos nella mia testa. Ma a che scopo? Se lo avessi fatto, sarei stato solo un vigliacco, un uomo che non riesce ad affrontare le situazioni, che prende la via più breve e facile per non soffrire. Sono arrivato alla conclusione che soffrire, anche se straziante, anche se toglie il respiro, fa parte della vita e non possiamo evitarlo. Serve per maturare, per crescere, per diventare forti più di prima. Ed io volevo esserlo, volevo diventare forte, volevo vivere la mia vita pienamente, non buttarla come stavo facendo. Era vero, suonare mi aveva aiutato a sfogarmi, a tirare fuori tutta la rabbia che avevo dentro, ma esisteva solo quello? Io volevo qualcuno che mi avrebbe fatto calmare con una carezza, che mi avrebbe stretto la mano quando ne avevo bisogno. Volevo una persona. E l’avevo sempre avuta, ma il mio stupido ego mi aveva allontanato da lei. Ma quell’ego adesso era scomparso, adesso ero io, Shannon. Completo, vero, vivo. E tutto grazie a lei, all’unica che mi ha fatto battere il cuore.
E adesso la sto guardando, è qui davanti a me, seduta sull’erba. I capelli ramati le sfiorano il viso, la fronte è leggermente corrucciata in un’espressione concentrata. Sta disegnando. Non riesco a vedere cosa, ma lei non si è ancora accorta di me, nonostante la stia osservando da almeno mezz’ora. E’ così presa da quello che sta facendo, che il mondo che la circonda sembra non esistere. Sorrido, continuando ad osservarla. Mi chiedo come io possa apparire dall’esterno, forse come un uomo ossessionato che non riesce a staccare gli occhi dall’oggetto del suo desiderio. E così è. Non posso non guardarla, stare lontano da lei mi fa mancare il respiro. Ma non voglio disturbarla, mentre sembra così presa in quel che sta facendo. Ad interromperla, è un’altra cosa. L’oggetto della distrazione le corre incontro e si avvinghia a lei, aggrappandosi come una scimmietta. Claire sorride, stringe a se quella creaturina, non facendo nemmeno caso al fatto che abbia interrotto il suo lavoro. Anzi, sembra ancora più felice di prima. Sorrido a mia volta, vedendo quella scena che, nonostante ormai mi sia così familiare, mi riempie il cuore di gioia ogni volta. Vedere la donna che amo, con nostra figlia. Sì, sono diventato padre, due anni fa. E’ vero, siamo giovani, Claire aveva solo 23 anni quando è nata Grace ed io ne avevo 25. Ma è stata la cosa più bella che potesse capitarci. Per questo l’abbiamo chiamata così. “Dono di Dio, dolcezza, bellezza”, è questo che è stata per noi, la sua nascita, un dono. Per la prima volta, sento di avere qualcosa di davvero mio, una persona, una piccola creatura che mi appartiene completamente, che è parte di me, che amerò per tutta la vita, nel bene e nel male. Nonostante mi fidi ciecamente di Claire e nonostante sia sicuro di quel che provavamo l’uno per l’altra, quello per mia figlia è un amore completamente diverso, non riesco ancora a credere di aver messo al mondo qualcuno di così dolce e bello, mi sento finalmente completo. Guardandole adesso, l’una accanto all’altra, mi accorgo per l’ennesima volta di quanto le somigli. Hanno gli stessi capelli ramati, un sorriso dolcissimo e le guance paffute. Ma Grace ha i miei stessi occhi. Cambiano colore, a seconda del tempo, in questo momento li ha verdi, mi chiedo se anch’io li abbia così adesso. Distolgo un attimo l’attenzione da loro e, per caso, l’occhio mi cade sulla fede che porto alla mano sinistra. Sorrido spontaneamente, pensando a quando feci a Claire la proposta di matrimonio.
 Non ci eravamo visti per una settimana, io ero stato impegnato con la band e i ragazzi, eravamo in tour quel periodo. Senza dirle niente, ero tornato a casa nel bel mezzo della notte e, quando si è svegliata, mi ha trovato in ginocchio davanti a lei, con l’anello in mano. E’ stato uno dei momenti più emozionanti della mia vita. Ricorderò per sempre gli occhi di Claire, pieni di lacrime, mentre mi diceva quel “sì”, che tanto avevo sperato di sentire.
E poi, quando l’ho vista venire verso di me, all’altare. Non avevo mai pensato al matrimonio, ma chiederlo a lei mi è venuto spontaneamente. Fino ad un anno e mezzo prima, ero a pezzi, non sapevo cos’avrei dovuto fare della mia vita, avevo la musica, ma i demoni continuavano a tormentarmi. Ma con lei è cambiato tutto, da quando è venuta a cercarmi a Boston, ho capito che avrei potuto farcela ed è stato tutto per l’amore che provavamo, e proviamo ancora, l’uno nei confronti dell’altra.
E tutt’ora è così. Adesso non potrei desiderare altro. La band ha avuto successo, siamo sempre pieni di impegni e ricercati per suonare ovunque, abbiamo già moltissime persone che ci ammirano e ci seguono. Non volevo essere un cattivo esempio per la gente, sono cambiato anche per questo. Voglio che mi vedano come un punto di riferimento su cui contare, voglio che siano fieri di me.
“Papà…”
Una vocina familiare mi distoglie dai pensieri. Sorrido, alzando lo sguardo, e, davanti a me, vedo la mia bambina. Apro le braccia e lei ci si tuffa. Dice di adorare quando l’abbraccio, credo si senta protetta.
“Ciao, Gracie. Finalmente ti sei svegliata, dormigliona. Sai che ore sono?”
Le pizzico le guance, facendole arricciare il naso.
Scuote piano la testa, rispondendo alla mia domanda.
“Sono le dieci, principessa. Stavi sognando cose belle?”
“Sì!” si illumina rispondendomi e si alza in piedi, aprendo le braccia. “Ho sognato che lo zio Jared mi portava sulle giostre e mi cantava una canzone.”
Rido, guardandola così entusiasta. Lei adora Jared e lui adora lei. Quando è nata è quasi svenuto in ospedale per l’emozione. E’ diventato un uomo fantastico, mio fratello. Scrive canzoni, si occupa di tutto, è affettuoso con Grace. E’ cresciuto e sono fiero di lui.
Non avrei mai pensato che potessimo arrivare a questo punto o avere una vita “normale”, invece siamo qui. Sembra irreale, ma ce l’abbiamo fatta, insieme.
Alzo lo sguardo, puntando gli occhi in quelli di Claire, che mi osservava.
Ci sorridiamo, complici, sapendo di star pensando la stessa cosa.
Mi alzo, prendendo Grace in braccio e vado a sedermi vicino a Claire.
“Ti amo..” le sussurro all’orecchio, provocandole una risatina.
Mi guarda negli occhi, sorridendo.
“Ti amo anch’io.”
Essere circondato da persone che amo e che mi amano, adesso è questa la certezza della mia vita. E lo sarà sempre.



 
 
Eccoci qui, alla fine di questa storia. Ci ho messi anni a finirla, per le tante complicazioni che mi hanno occupato sia tempo che pensieri. Essere arrivata alla fine non mi sembra vero, mi mette tristezza, a dire il vero. Ci ho messo il cuore in questa storia, in ogni capitolo. Ho espresso i miei sentimenti attraverso i personaggi, le mie emozioni, i miei stati d’animo. Ho cercato di renderla più reale possibile, di farvi immedesimare in ogni parola. E voglio ringraziarvi, dal primo all’ultimo, per il sostegno che mi avete dato. Siete fantastici, grazie davvero. Grazie. Sicuramente scriverò altro, non posso smettere di farlo. E spero che continuerete a seguirmi.
Sappiate che vi voglio bene e che siete stati fondamentali per me e per la storia.
Grazie ancora.
Mando un abbraccio enorme a tutti, a presto.
                                        Martina
   
 
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