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Autore: Momo_91    08/02/2016    3 recensioni
Seifer Almasy, un diciassettenne con un carattere forte e gran combina guai, viene spedito in collegio dalla famiglia! Qui si ritroverà a frequentare: da un lato una cerchia ristretta di bulli senza scrupoli, e dall'altro, Squall Leonhart un ragazzo solitario e scontroso dal passato oscuro che gli farà da tutor per recuperare gli studi.
I due ragazzi hanno poco in comune ma si renderanno conto che l'incrociarsi delle loro vite ha significato qualcosa per entrambi.
La storia è in centrata in una Balamb terrena (quindi priva di mostri o elementi magici).
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Seifer Almasy, Squall Leonheart
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Violenza
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Un essere umano, quando compie tanti errori, poi deve vedersela col karma.
Ormai questa storia del karma era di mia forte convinzione. Stavo per essere punito per le mie “follie”. Il viaggio non giungeva mai al termine, i raggi del sole battevano insistenti sul mio viso. Ho sempre preferito climi caldi, ma vestito da damerino con questa stupida cravatta ad irritarmi il collo non era il massimo. Mi giro per un istante e lancio uno sguardo a mio padre, seduto qualche posto più in la nella limousine, a sbrigare chissà quale faccenda lavorativa col suo portatile.
Mi affaccio annoiato al finestrino, il paesaggio era sempre lo stesso da quelle che sembravano ore: una continuità di curve, da far venire il voltastomaco, con la foresta da contorno.
"Rajesh, da quanto siamo in viaggio?" Chiedo al nostro autista sistemandomi un po' sul sediolino stanco di quella posizione.
"Sono circa due ore, ma non tema signorino tra pochi minuti saremo arrivati all'istituto!"
Dopo poco potei scorgere, da non molto lontano, un’immensa struttura doveva essere di 3 o 4 piani ma le dimensioni erano da paura. Quanti studenti vivevano lì dentro?
“Cos’hai figliolo? Impaziente di cominciare? Vedrai che in un collegio severo come questo, e di soli uomini, le tue smanie verranno tenute a freno. Me ne accerterò personalmente!”
Finì la frase stendendo le labbra fino a formare un lungo sorriso compiaciuto e si sbrigò a chiudere e riporre il suo portatile.
Restai in silenzio. Ci guardammo per pochi secondi: nulla in quell’uomo mi piaceva, mi ha sempre considerato una nullità perché non ero al pari dei miei fratelli negli studi, perché ero un fottuto combina guai, perché non ero come loro.
Distolsi lo sguardo e tornai a concentratami sull’istituto. La foresta cominciava a diradarsi e si intravedevano vari campetti, riuscivo a distinguerne uno da calcio, uno da tennis.
Quando vedo dei ragazzi fare riscaldamento in un campo da rugby, il mio cuore perse un battito. Era forse l’unica cosa alla quale non avrei mai rinunciato, questo collegio era conosciuto anche per aver sfornato alcuni campioni internazionali in vari sport. La cosa mi consolava non poco, non sono mai stato un gran cervellone e l’unica cosa “impegnativa” che potesse interessarmi era proprio il rugby.
Quando, finalmente arriviamo ai parcheggi auto, Rajesh aprì lo sportello e ci accingiamo a scendere dall’auto. Lì ritti davanti a noi c’erano sono due figure. Un uomo di mezz’età, basso e grasso e una donna alta, snella e giovane. Le avrei dato si e no 25 anni, aveva i capelli rossi raccolti sulla nuca e portava degli occhiali, che le ricadevano sulla punta del naso minuscolo, senza dubbio una bella donna.
“Piacere signor Almasy! Sono Cid, il preside dell’istituto! Per noi è un vero onore poter istruire uno dei vostri figli” Disse l’uomo basso e grasso rivelatosi il preside. Mio padre gli strinse la mano a sua vola, col solito sorriso compiaciuto.
Poi fu la donna rossa a parlare:
“Io sono Quistis Trape! Insegnante di lettere e vicepreside dell’istituto! Piacere di conoscerla.” Mio padre strinse la mano anche a lei.
“Il piacere e mio signori! Purtroppo Seifer è un ragazzo molto svogliato, ha cambiato varie scuole nel corso degli ultimi anni, rimanendo in arretrato con gli studi. Ha la tendenza a combinare troppi guai. Non so che voci siano giunte a voi, ne sono girate di ogni, ma il ragazzo ha bisogno di essere messo in riga! E’ per questo che ho scelto il vostro rinomato istituto.”
Mi si rivoltò lo stomaco. E’ vero non ero uno stinco di santo, ma se mio padre avesse avuto una coscienza saprebbe di non poter aprire bocca a riguardo. I discorsi sull’istituto e la diligenza degli insegnanti continuò ancora per un po’, e io, che non ero stato preso in considerazione nemmeno durante le presentazioni, cercavo di farmi piccolo all’ombra di mio padre. Nel giro di tre anni avevo cambiato quattro scuole e portato a casa solo scandali, che erano un peso troppo grande per una famiglia rinomata come la mia. Arrivavano spesso minacce del tipo: –Se continui così ti spediamo al collegio-. Come si fa con i bambini, ma dopo gli ultimi casini era successo davvero, e ora mi toccava cavarmela da solo. Anche se l’idea di stare lontano da casa mi rallegrava non poco.
Durante la noiosa chiacchierata, che ascoltavo a intermittenza giusto per capire l’argomento, ci fecero fare un rapido giro dell’istituto. Salimmo la scalinata esterna, ai lati si mostravano forti e coraggiosi due leoni di pietra, alti probabilmente 3 metri. Pensavo fosse un enorme pacchianata ma appena varcata l’entrata sembrava di essere finiti nella fiaba della “Bella e la bestia”. Un enorme sala con pilastri in marmo, ai lati due enorme scalinate giravano intorno alla sala e in fondo si intravedeva un lungo corridoio. La sala sarebbe stata vuota se non fosse per la statua situata al centro della costruzione, dalla quale si ergeva fiero Dante, con la divina commedia in una mano e l’altra che si prostrava verso il prossimo.
Perfino io riuscivo a sentirmi piccolo in quel posto, io che sono 1 metro e 82 di altezza, muscoloso e spavaldo. Tutto lì, però, sembrava schiacciarti.
Il tour continuò, in fondo al corridoio si finiva nella mensa, non avrei saputo dire quanti tavoli ci fossero, ne erano 100? Di più? Scoprii che in quell’istituto vi erano sia ragazzi delle medie che delle superiori, il che pareggiò un po’ i conti con quell’enorme istituto.
Ci indicarono le scale spiegandoci che erano divise per le camere degli alunni: quelli delle medie e del primo anno superiori lato sinistro, mentre gli altri e i professori lato destro.
Infine andammo nella sala del preside dove mio padre ed io ci accingemmo a firmare alcune carte. Fu lì che pare si fossero accorti della mia presenza. Beh probabilmente ero il pargolo di una delle famiglie più ricche del paese che gli capitavano a tiro.
Si era deciso che avrei cominciato con dei corsi extra per recuperare lo studio arretrato, e pare mi fosse stato assegnato anche un alunno, una specie di secchine che avrebbe dovuto aiutarmi nello studio.
“Affido mio figlio a voi, sperando che in lui ci sia qualcosa di buono!” Aveva sputato quelle parole con il chiaro intento di ferirmi. Non che mi importasse più di tanto, ormai le parole della mia famiglia mi scorrevano addosso come acqua. Io non ero uno di loro, io non ero come loro. L’unica cosa importante era che io avessi il massimo dei voti e diventassi qualcosa di “importante”, un avvocato, ad esempio, proprio come mio padre, o un ginecologo, come mia madre, entrambi i numeri uno del paese. I miei fratelli, geni fin da bambini, chiudevano il tutto come una ciliegina sulla torta.
Poco dopo mio padre ripartì per tornare a casa. Mi fu assegnata la stanza, la 201.
“Almasy, lui è Irvine Kinneas, è uno dei tuoi compagni di stanza. Ci penserà lui a spiegarti le cose, e dove sistemarti.” Disse la vicepreside frettolosamente per poi svincolare via verso il lungo corridoio.
“Piacere amico, qua la mano! Vieni ora ti indico dove si trova la tua camera” Afferrò uno dei miei borsoni infilandoselo a tracolla facendo ballare sinuosamente i suoi lunghi capelli castani raccolti in un codino. Mi affrettai ad afferrare il mio trolley e a seguirlo. “Noi siamo del terzo anno quindi andremo all’ala est dell’istituto, siamo all’ultimo piano. Ogni stanza è formata da massimo 3 alunni. Io la condivido con Zell, siamo qui entrambi da 3 anni. Già due ragazzi hanno cambiato stanza, pare sia difficile convivere con noi due… anche se non capisco proprio perché.”
Annuisco distrattamente perso ancora nei miei pensieri.
“Allora?” mi chiede
“Cosa?” domando
“Come mai sei stato spedito nel paese delle meraviglie?” mi sentivo stanco e in quel momento non mi andava di parlare o fare altro che non riguardasse una doccia gelata, poi cerco di ricompormi e non comportarmi da stronzo.
“Beh come dire, genitori troppo perfetti, fratelli troppo troppo perfetti e nel quadretto stonavo.” Spiegai senza troppo preamboli. Mi fissò per qualche secondo con quegli occhi che sembravano due profonde pozze d’acqua.
“Ah, capito… a me non lo chiedi”
“Se non lo faccio è perché non mi interessa.” Ecco la mia pazienza aveva già toccato il fondo… “Piuttosto, com’è che un’insegnante donna insegni in un istituto rigorosamente maschile?”
“Visto che bomba? Lei è la mia musa ispiratrice, uno dei pochi motivi validi per aprire gli occhi ogni giorno! Ci sono altre professoresse, ma non temere tutte vecchie racchie.” in effetti era una bella donna, anche se sembrava decisamente troppo grande con quell’espressione sul viso da donna di mondo.
Arriviamo alla camera senza dirci molto altro. Quando Irvine aprì la porta quasi non si scorgeva la differenza con l’esterno. Tutto in marmo arredato con mobili d’epoca, dovevano essere lì da 100 o 200 anni probabilmente. Tutto era arredato per due: due letti, due armadi, due scrivanie.
“La tua stanza è di là.” Disse anticipando la mia domanda. Scorsi un arco nella parete alla mia destra, all’interno vi erano gli stessi mobili: armadio, scrivania e letto una piazza e mezza. Riponiamo le mie valigie nelle camera, un po’ più appartata.
“Sai in queste settimane l’intero istituto parlava di te e del tuo arrivo. Non so cosa sia vero oppure no, ma se vuoi divertirti di tanto in tanto si trova un modo per raggirare la guardia notturna, e si passa la sera con le ragazze dell’istituto femminile! E’ il paradiso per noi poveri reclusi. Pieno di pollastrelle!” Scoppiai a ridere, quel ragazzo era proprio fissato con le donne! In cuor mio fui grato di non ricevere immediatamente domande su di me del tipo “Questo e vero? E quest’altro?”.
“Meno male, cominciavo a pensare che non ci fossero forme di divertimento in questo posto!”
“Per ora credo sarà comunque dura per te, prima devi ambientarti al posto, ai ritmi dello studio. E poi il ragazzo al quale sei stato affidato… beh non ha la fama di essere uno paziente e simpatico. Si chiama Leonhart, Squall Leonhart ed è un grande stronzo. Perlopiù lo si trova in giro a fare a botte con qualcuno. A volte credo che ce l’abbia anche con se stesso.” Sembrava quasi che il ragazzo dalla lunga criniera stesse parlando con se stesso. Poi come se si fosse risvegliato dai suoi pensieri disse: “Oi Almasy, io ora scappo che ho lezione. Sistemati le cose o fatti un giro per l’istituto. Ci vediamo a orario di pranzo nella mensa così poi ti porto a vedere il corso di studi e altre palle simili insomma!”
Sorrisi tra me e me, non era male. Forse qui mi sarei trovato bene, e di certo non ero l’unico a fare parte di una famiglia senza essere particolarmente desiderato.
“Ah e mi raccomando! Arriva puntuale all’apertura della mensa. Altrimenti ti resterà il peggio!” E lo vidi sparire dietro la porta.
Mancavano circa due ore all’apertura della mensa, le mie valigie completamente svuotate con una metà che giaceva all’interno dell’armadio e l’altra ancora sul letto. Non avevo resistito molto e mi ero fiondato sotto la doccia poco dopo. Ora me ne stavo imbambolato sulla sedia della mia scrivania a sfogliare il dépliant.
Infine mi decido ad uscire per fare un giro per i vari campetti da sport che avevo intravisto arrivando all’istituto, con il rischio di perdermi in quell’enorme struttura!
Una volta uscito mi diressi verso il campetto di calcio quello più vicino all’entrata.
Adoravo gli sport, sin da bambino, ma il rugby era la mia vocazione, era il mio modo di sentirmi vivo. Prima di finire qui frequentavo una discreta scuola di rugby, ero il quarterback e mi vantavo non poco di quella posizione per far colpo sulle persone.
Ed ecco che incappo nel tanto bramato campo da Rugby, nulla da dire facevano proprio le cose in grande qui. Avevano di tutto, attrezzature e campi per ogni genere di sport.
Ad un tratto non potevo fare a meno di sentirmi osservato e scorciavo vari ragazzi parlare tra loro indicandomi o semplicemente guardandomi. Irvine non aveva esagerato dicendo che ero stato l’atteso oggetto di discussione per gli studenti.
Vedo l’allenatore avvicinarsi pronto per stringere la mia mano.
“Tu devi essere Almasy! Io sono Rajin, l’allenatore. Ho sentito che sei uno bravo nel campo, mi farà piacere vederti all’opera! Qui facciamo tanto per quelli che promettono bene, anche tornei e cose simili, ma per questa volta credo che tu sia arrivato troppo tardi.” Dopo avermi stretto la mano con un sorriso divertito tornò all’interno del campetto urlando a squarciagola contro un ragazzino magrolino. Mi piaceva, sembrava uno tosto e già solo accennandomi delle opportunità dell’istituto ero suo, potevo anche smettere di pensare agli studi. Era quello che volevo più di tutto nella mia vita!
Resto ancora lì a guardare l’allenamento, appena individuo il capitano i miei occhi si fissano su di lui come fosse una calamita. Probabilmente era più grosso di me di pochi centimetri, dovevo ammettere a me stesso che si impegnava e sembrava sapere il fatto suo, anche se ero abbastanza sicuro di poter pareggiare con lui, se non addirittura fare di meglio.
Quando mi accorgo che anche lui mi stava fissando gli mostro un bel sorriso spavaldo. Lui in tutta risposta mi mostra il dito medio, mi scappa una risata beffarda e ricambio il gesto.
Senza pensarci due volte alzo i tacchi e continuo a camminare lungo i campetti, non era il caso di cominciare una lite a poche ore dalla mia presenza all’istituto.
Mentre il mio cervello vagava il mio sguardo fu rapito da un altro ragazzo: si allenava nel campo da tennis, aveva la tuta apposita e un berretto bianco a coprirgli lo sguardo dai raggi del sole, eppure si intravedevano i capelli castani che gli ricadevano sulla fronte grondanti di sudore.
Da una parte della rete c’erano 4 ragazzi che gli lanciavano palle a turni brevi in ogni direzione, e dall’altra c’èra lui che le respingeva senza sosta. Correva veloce come un felino e non sbagliava un colpo.
Ero come ipnotizzato da quell’interminabile sequenza e dalla grinta del giovane.
“Ok, adesso basta! Ultima serie da otto!” Aveva gridato un uomo non troppo alto e muscoloso nei limiti. Immaginai dovesse essere l’allenatore: aveva un espressione severa in viso come se fosse la sua faccia abituale.
l’allenamento terminò pochi secondi dopo e il ragazzo si gettò su una panchina laterale distante pochi passi da me. Era piccolo, rispetto alla mia stazza, sul metro e 70, forse. I capelli, ormai non più cinti dal berretto, gli ricadevano sul viso e grondavano sudore quasi fosse appena uscito da sotto la doccia, ansimava affaticato. Si girò a fissarmi, aveva gli occhi di vetro con quelle fastidiose ciocche che, ricadendogli sul viso, li coprivano in parte, ed io ero lì come un ebete a fissarlo.
“Allora? Che cazzo vuoi?” Sbotta il ragazzo.
“Eh?” Esclamo intontito, effettivamente non aveva senso stare ancora lì.
“Ti ho chiesto che cazzo hai da guardare!” Continua lui.
“Ma che avete tutti qui? Vi servono merda a colazione?” Basta veramente poco per farmi svalvolare e questo qui ci stava riuscendo benissimo!
Si rimette velocemente in piedi e ancora affannato comincia ad allontanarsi, decisi di prendere la palla al balzo avviandomi dalla parte opposta, ma mi salto un nervo quando lo sentii dire:
“Che razza di coglione depravato…”
Lo afferrai per un polso e lo strattonai tirandolo dinanzi a me, dovetti usare una certa forza perché mi sembrò di spostare una piuma e non poteva essere lo stesso ragazzo che poco fa sembrava un automa in campo.
“Che cazzo dici idiota! Dimmelo in faccia!”
Aprì la bocca per dire qualcosa ma la richiuse quasi subito e mi fissò qualche secondo pensieroso.
“Ah tu sei quello nuovo! Cos’è, vuoi dimostrare di cavartela anche senza papà?”
Ero confuso, disse il tutto con un tono senza dubbio provocatorio ma il viso era fermo senza espressioni, senza sorrisetti superbi o altro. Cercai di mantenere la calma mentre un mostro sembrava graffiarmi all’interno dello stomaco.
“Ma come fate a riconoscermi tutti?” Chiesi senza pensarci troppo.
“Semplice! Sapevo dell’arrivo di un coglione, figlio di papà, senza spina dorsale e con una faccia da culo!”
La mia reazione fu istantanea, non sentii più nulla intorno a me c’èra il nulla, tutta la rabia stava nel mio pugno che regalai violentemente allo stomaco del ragazzino. Ero forte, molto, lo sapevo e il moro cadde a terra tutto d’un pezzo.
Avevo ricevuto ordine di non muovermi da fuori all’infermeria, me ne stavo appoggiato spalle al muro a sperare che la notizia non arrivasse a mio padre e che per questa volta chiudessero un occhio sulla faccenda! Ero lì da poche ore e quel pivello mi aveva già fatto combinare un casino… mi veniva voglia di dargli un altro pugno!
“Ehi tu!”
Sobbalzai. Avevo davanti un ragazzo più grosso di me (cosa che non mi capitava spesso), occhi castani e capelli rasati. E questo cosa voleva ora?!
“Sono Jass il caposquadra della squadra di rugby! Ti consiglio di andarci cauto fratello sei appena arrivato e già ne pesti uno?”
Mi venne in mente il ragazzo che poco fa mi mostrava il dito medio nel campo.
“Io sono nuovo, Sei…”
“Si si lo so chi sei, lo sanno tutti a dire il vero.” Mi interrompe Jass, e stavolta non chiesi come facesse a sapere chi sono.
“Sono passato solo per conoscerti! Spero non ti becchi una punizione e di vederti in campo quanto prima! Sono curioso di vedere di cosa sei capace, non credere di passarmi avanti ok?!” Mi guarda serioso per pochi secondi e poi si allontanò.
Beh non avrei iniziato un’altra lite ma il suo comportamento non facevo altro che stuzzicarmi e volevo solo andare in campo a fargli mangiare la polvere.
Subito dopo la porta dell’infermeria si spalanca e ne esce un’anziana signora col viso corrucciato.
“Almasy?” Chiede.
“Presente!” Rispondo serio.
“Insomma mi spiegheresti perché hai preso a pugni Squall?! Sei un nuovo bullo?”
“Insomma, lui mi ha provocato ed ho reagito d’istinto!” Mi giustifico brevemente.
“Ti pare un buon motivo? Se io dicessi che non mi piacciono i tuoi capelli prenderesti a pugni anche me?” Insistette lei furiosa.
“No signora, no di certo…” Non sapendo cosa altro dire resto in silenzio. L’anziana signora dell’infermeria torna dentro e lascia la porta aperta, lo prendo come un invito ad entrare e lo faccio.
“Lascia perdere, va tutto bene.” Diceva Squall all’anziana.
“Oh certo, dici sempre così tu e ti ritrovo qui un giorno si e l’altro pure!” Aveva ribattuto lei.
A quanto pare era un accanito frequentatore dell’infermeria, beh se si rivolgeva a tutti come aveva fatto con me la cosa non mi stupiva poi molto.
La donna si congedò in un’altra stanza con un sonoro sbuffo. Il ragazzo, il cui nome non mi era nuovo, si stava mettendo a sedere con un po’ di fatica.
Provai a dire qualche parola:
“Ehi, senti non mi andava di pestare un ragazzino appena arrivato qui”
“Allora non dovevi farlo.” Mi venne da sorridere. Era serio? Crede di poter provocare senza conseguenze?
“Come dici? Guarda che ti sei comportato come uno stronzo giù al campo!”
“Cosa vuoi che mi interessi di te? Sei il solito cretino, come tutti gli altri!” Stavolta era in piedi e mi guardava negli occhi.
“Posso sapere che hai? Stavo solo cercando di scusarmi.” Non avrei mai ammesso di star a per scusarmi ma con lui proprio non riuscivo a ragionarci, cercavo un filo conduttore tra il mio e il suo cervello.
“Ah non hai bisogno di scusarti per evitare che avvisino i tuoi, parlerò io con la vicepreside. Non avere paura per papà!” Ecco era tornato il tono di prima sempre privo di espressione, sembrava l’unico modo con il quale era capace di comunicare.
Fece per avviarsi alla porta ma gli andai incontro.
“Chi ti ha chiesto niente?! Io non voglio propri… ma che ca!” Squall dovette avere un attimo di sbandamento perché in pochi secondi mi ritrovai a reggerlo in piedi, si ridestò subito
“Non mi toccare!” Esclamò rimettendosi in piedi.
“Guarda che stavi cadendo… aspetta vado a chiamare l’infermiera.” Dissi girandomi verso la porta dove poco prima era sparita la donna.
“Non farlo più ok? Non toccarmi!” Mi voltai e Squall mi fissava era diverso, affaticato probabilmente incazzato… in quell’istante decisi di evitare quel ragazzo, era decisamente uno fuori di testa. Sembrava uno di quelli che fa cose autolesionistiche, non era esattamente il mio genere, quelli così erano bravi a dare la colpa agli altri.
Mentre lo fissavo ancora straniato la porta dell’infermeria si aprì nuovamente ed entrò la vicepreside.
“Oh insomma Squall!! Quand’è che deciderai di finirla col tuo caratteraccio!”
“E’ tutto ok Quistis, sul serio… come vedi siamo già grandi amici . Non è che si potrebbe cambiare?” Mi parve strano il loro rapporto sembravano avere una forte intimità, poi lui l’aveva chiamata per nome. Forse non era il solo ad avere quel rapporto con lei, forse era più “alla mano” per la sua giovane età.
“Oh no! Non se ne parla proprio, il preside ha scelto così e non si torna indietro! E tu Almasy insomma! Da quanto sei qui, 10 minuti?”
Non capivo di cosa parlassero i due e nemmeno mi importava volevo solo ripartire lontano da quel tizio “Credevo di dover parlare col preside!” Dissi con un sorriso beffardo.
“Oh non provarci ragazzino ok?! Ti avviso che questa sarà l’unica volta che te la faccio passare liscia, che non si ripeta più. E parlo con tutti e due!” Finì la frase rivolgendo uno sguardo severo a Squall che si girò dall’altro lato.
“Beh questo sarebbe dovuto accadere in giornata ma tanto vale farlo ora: Seifer lui è Squall Leonhart, il ragazzo a cui ti abbiamo assegnato per rimetterti in pari col programma. Mi raccomando ragazzi fate i buoni, ok?” Gli occhi e le labbra della donna si chiusero in un sorriso allegro e divertito. Ero sconcertato, ecco dove avevo sentito quel nome oh insomma
“Dannato Karma!”
“Come?” Chiese la vicepreside
“No nulla!” E mi sforzai di sorridere a mia volta.



Fine capitolo I
Spero la storia vi stia piacendo! Dal prossimo capitolo le cose saranno più "moviventate". Spero che qualcuno commenti positivamente o nevativamente sarei comunque contentissima! Grazie per l'attenzione!! :)
  
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