Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
Segui la storia  |      
Autore: StarFighter    08/02/2016    3 recensioni
Quando tutte le speranze di rivedere sua sorella si dissolvono come sabbia nel vento, Anna è sicura che morirà da sola su Tatooine, soffocata dal caldo. Ma un inaspettato messaggio da parte di Elsa le offre una nuova speranza di vita, nonostante l'ordine dei jedi gliel'abbia negata. Purtroppo per afferrare quest'ultima opportunità di salvezza dovrà attraversare la galassia in una corsa contro il tempo e raggiungere la sorella, prima che la luce la abbandoni del tutto.
Una Star Wars Au con tante pretese di essere accettabile, divisa in 7 capitoli, uno per ogni episodio della saga.
Buon viaggio e che la forza sia con voi!
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Elsa, Kristoff, Olaf, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

NB: non mi pento di niente! XD

                                               A NEW HOPE

 

“Tornerò presto. Il mio soggiorno su Coruscant ha i giorni contati.”- l’ologramma sfarfallò per alcuni secondi, distorcendo l’immagine della donna che parlava “Credo d’aver trovato una cura, Anna, richiederà grandi sacrifici, ma sarai salva. Potrai lasciare Tatooine ed esplorare la galassia come hai sempre desiderato. Spero solo che funzioni.” l’immagine rimase statica per il tempo di un respiro, l’unica cosa in moto erano i granelli di polvere che danzavano nell’aria fendendo la figura impalpabile. La donna strinse i pugni: “Te lo prometto, farò di tutto purché funzioni.”

L’ologramma vibrò nell’aria ancora per poco e poi scomparve, spegnendosi con la luce del piccolo droide che proiettava il messaggio.

“Di nuovo, Olaf. Voglio guardarlo ancora una volta.”

“Tornerò presto. Il mio soggiorno su…” Era la trentesima volta quel giorno che guardava quel messaggio. Da quando era arrivato quasi un anno prima, non riusciva a smettere: era l’ultimo contatto che aveva avuto con sua sorella, prima che la loro corrispondenza cessasse senza motivo apparente. Lì su Tatooine non aveva niente che gliela ricordasse, solo quell’ologramma instabile che le rammentava come fosse fatta. A volte aveva paura di dimenticare che aspetto e che voce avesse, allora chiamava Olaf e gli faceva riprodurre quel messaggio decine di volte, analizzando le espressioni del viso di Elsa, il movimento delle mani, il tono della voce che si spezzava sulle parole grandi sacrifici (chissà poi a cosa si riferiva), lo sguardo freddo rivolto chissà a chi o a cosa, prima che la comunicazione si interrompesse.

Aveva cercato innumerevoli volte di mettersi in contatto con lei, ma i suoi messaggi non avevano mai ricevuto risposta. Ma, nonostante la situazione sembrasse senza via d’uscita, non si era data ancora per vinta: continuava ad inoltrare messaggi su messaggi verso il droide che accompagnava sempre Elsa, allargando lo spettro di emissione di Olaf così che anche se la sorella non fosse stata più su Coruscant, il suo messaggio l’avrebbe comunque raggiunta dovunque nella galassia.

L’ologramma di Elsa si spense per l’ultima volta quel giorno, lasciandola nel silenzio più assoluto. La sensazione di solitudine che le premeva sul petto, forte come non mai. E anche l’ultimo raggio di luce del secondo sole di Tatooine abbandonò la sua piccola abitazione.

Beep. Beep.

“Si , Olaf. So che odi il buio, siamo in due.” Rispose all’affermazione del droide premendo il tasto del sistema di illuminazione, che si attivò con un ronzio insistente. Quella catapecchia che aveva imparato a chiamare casa cadeva a pezzi, ed era sicura che un giorno o l’altro le insistenti tempeste di sabbia che spazzavano la regione, l’avrebbero portata via.

Beep. Bip. Beep.

“Già, hai ragione: l’onda d’oro sta arrivando. Meglio sbrigarsi, altrimenti soffocheremo nella sabbia.” Si affrettò a chiudere le imposte delle finestrelle rotonde. Fuori il vento stava imperversando, alzando grossi vortici di sabbia mista a pietrisco: quella notte non avrebbe di certo chiuso occhio con la grande tempesta che si stava approntando.

Odiava quel pianeta disperso nelle più remote propaggini della Repubblica, dove l’unica compagnia erano grossi ratti marroni bruciati dal sistema di stelle binarie che brillava nel cielo terso e i bantha, enormi caproni pelosi e maleodoranti.

Se non fosse stata costretta a rimanerci per motivi più grandi di lei, l’avrebbe lasciato con il primo mercantile disponibile. Forse l’avrebbe fatto un giorno o l’altro, sarebbe tornata a casa a rischio di lasciarci la pelle, oppure avrebbe cercato di raggiungere Elsa…ovunque si trovasse.

Beep. Beep. Beeep.

“Che domande! Facciamo quello che facciamo tutte le sere: cerchiamo di contattare la tua costruttrice. Cos’altro c’è da fare qui, mmh?” si legò meglio i capelli, stringendoli in due trecce intricate “Sei pronto a registrare?” Beep. “Bene, si va in scena.”

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.

Di solito era il caldo opprimente a svegliarla, il muggito insistente dei bantha o il rombo di qualche navetta in atterraggio al non lontano porto interspaziale di Mos Eisley. Quella mattina invece, fu la voce del suo compagno di sventura. L’agitato beep proveniente dal piccolo droide le scrollò di dosso quell’ultimo velo di ottenebramento che la notte e l’afa portavano con sé, facendola tornare bruscamente al presente, strappandola al mondo dei suoi sogni, popolato di fresche brezze e giornate in compagnia.

“Sono sveglia, sono sveglia!” si lamentò, strofinandosi gli occhi “Cosa c’è ti tanto urgente?”

Beep. Bop. Bop. Beep. Bop. Biiiip.

“Un messaggio in arrivo? Da chi?” ora il droide aveva la sua totale attenzione. Biiiip. “Elsa? Perché non l’hai detto prima?!” urlò fuori di sé, scendendo di corsa dal suo giaciglio, evitando per un soffio di cadere su Olaf, che continuava a muoversi a destra e a sinistra “Riproduci, svelto!”

La piccola unità si fermò di colpo. La luce dell’ologramma si attivò e entro un secondo apparve un’immagine: non sembrava Elsa, ma sarebbe stato difficile dire di chi si trattasse dato il cappuccio del mantello calato fin sugli occhi.

“Elsa?”

“Ciao, Anna.”

“Elsa! Sei sparita per più di un anno ed è così che mi saluti?” Anna scattò verso il droide, facendolo indietreggiare, impaurito dalla sua reazione.

“Mi dispiace essere scomparsa per così tanto tempo. Forze in gioco più grandi di me mi hanno trattenuta e contattarti avrebbe significato metterti in pericolo.”

“In pericolo? Ma di cosa stai parlando?”

“Ho abbandonato il tempio, non sono più su Coruscant.”

“Cosa? Perché?”

“I jedi non hanno voluto aiutarmi, Anna. Ti hanno condannata a morte, senza nemmeno provare a salvarti.”  Il tono di voce della sorella era duro e tagliente; se non l’avesse conosciuta bene avrebbe detto che fosse preda della rabbia.

Il respiro le si bloccò in gola: tutto quel tempo passato su Tatooine non era servito a niente, sarebbe comunque morta alla fine. Abbassò lo sguardo, incapace di reggere quella notizia.  “Quindi…è finita.”

“No, Anna!” il cappuccio le scivolò giù dalla testa, scoprendo il suo viso, contratto in una smorfia indecifrabile “Io non posso tornare su Tatooine ma ho trovato comunque un modo per guarirti.”

Anna rimase in silenzio, con il cuore pronto ad aggrapparsi a qualsiasi speranza “Come?”

“Ho intrapreso vie della Forza a cui nessun jedi si è mai avvicinato, sono più forte di quanto sarei mai potuta diventare se fossi rimasta al tempio su Coruscant. Il mio nuovo maestro tiene alla tua sorte e mi ha promesso che insieme riusciremo a salvarti.” Non riusciva a credere a quelle parole, pronunciate da una voce che non era certo quella della sorella. “Purtroppo queste mie nuove abilità hanno richiesto la mia totale devozione al mio maestro, Lord Sinéad, e non posso allontanarmi, ma tu puoi raggiungermi. So che è chiederti molto ma almeno saremo di nuovo insieme. Ho inoltrato le coordinate di viaggio alla memoria di Olaf.” Una mappa stellare apparve al posto dell’ologramma della sorella: il luogo da raggiungere era dall’altra parte della galassia, nel sistema di Kongeriget.

“Elsa, no! Non ti ho mai chiesto di voltare le spalle alla luce per me.” Anna afferrò Olaf e lo scosse, come se davanti avesse la sorella e non il piccolo droide.

“Ho dovuto. Come avrei potuto continuare a vivere sapendo di non aver fatto il possibile per salvarti?”

Elsa tacque per un istante e il suo sguardo sembrò cercare nell’obiettivo del suo droide gli occhi di Anna “Spero di rivederti presto.” E la comunicazione si interruppe con quell’ultima frase, lasciandola senza parole.

Rimase immobile, incapace di creare una frase di senso compiuto: troppi pensieri le si agitavano in mente per dare voce ad uno solo. Lasciò andare Olaf e si coprì gli occhi. Non avrebbe pianto, ormai ne era quasi incapace, ma le sarebbe servito dare sfogo a quello che le si agitava dentro.

Cosa era diventata Elsa per colpa sua?

Bip. Bip. Bep.

“N-no. Come posso star bene?” Si passò una mano tra i capelli e fece alcuni passi verso l’uscita della sua piccola dimora “Devo prendere un po’ d’aria.” Raccolse la sua palandrana e uscì nella luce accecante dei due soli.

Di certo l’aria afosa e terrosa del deserto di Tatooine non era quello di cui aveva bisogno in quel momento, ma aveva bisogno di un luogo aperto per schiarirsi  le idee. Le parole di Elsa le avevano instillato un senso di oppressione crescente che sembrava non volerla abbandonare: non solo la sorella non l’avrebbe mai raggiunta su quel pianeta come le aveva promesso, ma era anche diventata allieva di chissà chi per salvarla, sottomettendosi al lato oscuro. Di quest’ultima cosa non era totalmente certa, ma le parole di Elsa lasciavano ben poco spazio a dubbi.

Doveva andarsene da lì. Doveva trovarla e riportarla sulla retta via. Era arrivato finalmente il momento di abbandonare quel pianeta, lasciarsi dietro tutta quella sabbia e quel caldo insopportabile. E se mettersi in viaggio per raggiungerla significava morire, allora sarebbe morta provandoci.

Anche se fosse rimasta, quale futuro avrebbe avuto lì su Tatooine dopotutto? Meglio finire i suoi giorni  nell’infinità dello spazio siderale che morire per quel calore che il suo corpo anelava ma che non riusciva a sopportare.

Rientrò svelta in casa e cominciò a racimolare le poche cose che poteva portare con sé.

Bop. Bip.

“Si Olaf, ce ne andiamo. Controlla che l’airspeeder sia pronto e con il pieno: non vorremo di certo rimanere di nuovo a secco nella desolazione dello Jundland.” Il droide emise un breve fischio e sparì fuori, mentre Anna armeggiava ancora con la sua sacca cercando di farci entrare quanta più roba possibile. Prima di uscire prese un ultimo oggetto e lo ficcò sul fondo della borsa, sperando di non doverlo usare, poi raggiunse Olaf fuori. Caricò con non poca fatica il droide a bordo e partì alla volta di Mos Eisley.

Era molto che non metteva piede in quella città: di solito preferiva Mos Espa o Mos Gamos per i suoi rifornimenti di viveri, ma in quell’occasione non c’era altro posto dove andare.

Temeva quel posto frequentato solo da banditi, mercanti e furfanti, ma arrivare ad Anchorhead, la capitale del pianeta, avrebbe richiesto più tempo e lì non era certa di poter trovare una nave disposta a prenderla a bordo. Al porto spaziale di Mos Eisley invece avrebbe di certo trovato un passaggio su una nave cargo e ad un prezzo più che ragionevole. A meno che qualcuno non avesse tentato di truffarla, in quel caso forse l’oggetto nascosto sul fondo della sacca le sarebbe tornato utile.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

La cantina di Mos Eisley era proprio come se la ricordava: una bettola puzzolente pullulante di razze provenienti da ogni sistema conosciuto. Una sera del suo primo anno sul pianeta, la solitudine si era fatta sentire più forte delle altre volte e lasciando indietro Olaf aveva osato avventurarsi nella città più vicina. Era entrata nella cantina con le ultime luci prima della sera e ne era uscita la mattina successiva senza un soldo e ubriaca. Fortuna che non aveva fatto gola a nessuno degli avventori del malfamato locale. Dopo quella volta si era ripromessa di non tornarci mai più.

Eppure eccola lì sulla soglia di quel posto.

Quando entrò la cacofonia di un centinaio di idiomi alieni le ferì le orecchie, così abituate al silenzio del deserto. Se doveva cercare un passaggio quello era il luogo adatto per trovarlo. Non solo gli avventori avrebbero trasportato di tutto in cambio di una bella somma di denaro, ma l’alcool inibiva i loro sensi facendoli diventare meno inclini ad un rifiuto.

Si avvicinò al bancone e chiese un boccale di Ardis, l’unica cosa che riuscisse a reggere senza che le gambe le diventassero di gomma. Scrutò il locale alla ricerca di un volto quantomeno rassicurante a cui chiedere. Diversi clienti attirarono la sua attenzione, ma non era sicura che l’avrebbero compresa. In quel momento rimpianse il droide protocollare che suo padre si portava sempre dietro: se fosse uscita viva da quella storia ne avrebbe di sicuro acquistato uno.

In un angolo del locale c’era un gruppo di Advoze che chiacchierava animatamente e sembrava parlare il galattico. Dall’altro lato un bothan e un weequay erano intenti a giocare a dadi e la partita non sembrava volgere a favore del primo, che sembrava alterarsi ad ogni secondo che passava. Meglio scegliere qualcosa di più tranquillo come il roonan solitario che sorseggiava la sua bevanda al bancone o il wookiee e l’umano seduti proprio di fronte a lei.

Si, avrebbe cominciato con qualcosa di facile. Prese un sorso dal suo bicchiere e si avvicinò al tavolo dei due.

“Salve, io…”

“No grazie, non siamo interessati.” Rispose l’umano senza nemmeno degnarla di uno sguardo, tenendo gli occhi puntati sull’ingresso della cantina.

“Ma io volevo solo…”

“Ho detto no, grazie.” L’uomo aveva le mani strette sul tavolo e la fronte aggrottata: era in attesa di qualcosa, poteva decifrarlo dalla posizione tesa con cui sedeva e dalla gamba destra che tamburellava in terra, pronto a scattare in piedi.

“Non sai nemmeno quello che voglio chiederti.”

“Non mi interessa.” La liquidò con un gesto della mano.

“Potresti cortesemente degnarmi della tua attenzione?” forse aveva valutato male le sue possibili scelte: non aveva cominciato proprio con quella più semplice. Comunque non avrebbe ceduto così facilemente.

“Senti, qualsiasi cosa tu voglia io non posso dartela.” Finalmente l’uomo la guardò e la osservò da capo a piedi “O forse si.” Sorrise sornione, rilassandosi. Il wookiee al suo fianco emise un verso scocciato e colpì l’uomo in testa. “Sentiamo, in cosa posso esserti utile.”

“Io e il mio droide necessitiamo di un passaggio per andare via da questo posto. Ho sentito dire che la tua nave è la più veloce del sistema.” Disse Anna, tormentandosi il labbro inferiore, sperando che le lusinghe potessero portarla da qualche parte.

L’uomo la guardò di sottecchi “E chi ti ha parlato della mia nave?”

“Beh…io, veramente…al bancone ho origliato la conversazione tra…”

“Tu non hai mai sentito parlare della mia nave.”sbuffò l’uomo.

“Si, hai ragione! Ho tirato ad indovinare.” Le sue doti persuasive avevano sempre fatto cilecca e non era mai stata brava a raccontare bugie, quindi non si meravigliò che l’uomo l’avesse scoperta subito “È solo che i miei dialetti sono un po’ arrugginiti e ho chiesto a te perché sai…tra umani.” Cercò di spiegare.

Il wookiee latrò qualcosa scuotendo il capo peloso. “Già.” Gli rispose l’uomo “Suona molto razzista.”

“Oh, no.” Ribatté subito Anna “Io sono per la parità tra le razze. Quando abitavo su Coruscant avevo amici provenienti dai più disparati sistemi stellari!”

 “Non se ne parla.” Tornò teso. “Vedi quel nautolano laggiù? Chiedi a lui se ha un posto per te sulla sua nave.” Le indicò un alieno dalla pelle verdognola dall’altro lato della cantina.

“E se parlassimo di un prezzo? Mi sembri uno che bada al soldo.” Lo stuzzicò Anna, sedendosi di fronte a lui, tormentandosi le mani.

Il wookiee emise un lungo verso e annuì vigorosamente. “Non mi sembra il caso di parlarne qui, Sven. Però ripensandoci.” Poi si rivolse alla ragazza “Dove devi arrivare?”

“Sistema di Kongeriget.”

“Dovremo allungare di un bel po’ la nostra rotta e rimandare il nostro viaggetto su Nogard.” Valutò l’uomo, rivolgendosi al compagno peloso, che emise un verso gutturale. Anna si domandò come facesse a capirlo, mentre i due continuavano la loro conversazione, incuranti della sua presenza.

“Già, ci farebbero comodo… d’accordo, 15.000 sull’unghia.”

“15.000?! Non ti sembra un po’ troppo?”

“Il sistema di cui parli si trova dall’altra parte della galassia, per non parlare del tempo che impiegheremo a raggiungerlo. Prendere o lasciare.”

Anna ci pensò su: quanto tempo le restava?  “Va bene. Ma ti pagherò solo la metà per ora, al nostro arrivo avrai il resto. Prendere o lasciare.” Lo rimbeccò.

L’uomo fece una smorfia scocciata “D’accordo.”

“Quanto ci vorrà per arrivare a destinazione?”

“Non saprei. Nonostante la mia sia davvero la nave più veloce del sistema, dovremo anche fermarci su alcuni altri pianeti per alcuni affari e…”

“La tua nave ha un sistema di riscaldamento?” lo interruppe Anna, sull’orlo di una crisi di nervi: la possibilità di non rivedere Elsa era molto più reale di quanto non pensasse.

Il wookiee annuì e l’uomo scoppiò a ridere “Certo che sì! Cos’è, credi ti mancherà l’aria irrespirabile di Tatooine?”

“Già.” Soffiò fuori con una risatina nervosa: se l’uomo avesse scoperto la sua reale situazione, di certo non avrebbe acconsentito a portarla con sé. Doveva tenerla segreta per il maggior tempo possibile.

L’uomo osservò la sua reazione e scambiò uno sguardo d’intesa con il suo compagno. Il wookiee le tese la mano e lei la strinse senza pensarci due volte, sorridendogli affabile.

“Benvenuta a bordo, io sono Kristoff Bjorgman, comandante della Starsleigh, e lui è Sven, il mio copilota. Partiamo tra due ore, molo 9, non tardare.”

“Due ore, molo 9.” Ripeté sotto voce Anna “Non mancherò.”

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Un’ora e mezza più tardi, dopo aver venduto il suo mezzo di trasporto, era al posto dell’appuntamento, con Olaf al seguito.

“Mi sembra molto difficile credere che questa sia la nave più veloce del sistema.” Osservò, guardando il vecchio mercantile davanti a loro.

Bip. Bop. Bop.

“Già, ferraglia.” Concordò con il droide.

“Come sarebbe a dire? Questa nave ha fatto la rotta del Nord in meno di dodici parsec!” dichiarò una voce offesa alle loro spalle.

“Capitano, nessuna offesa, ma il mio airspeeder sembra molto più veloce.” Argomentò Anna, voltandosi a fronteggiare l’uomo.

“Beh, questo pezzo di ferraglia ti stupirà.” Affermò, sorpassandola e dirigendosi verso l’entrata della nave “Sven vedi che tutto sia a posto per la partenza.”

Anna lo seguì a bordo.

“Puoi mettere la tua roba lì.” Kristoff le indicò uno dei pochi angoli liberi dello spazio interno della nave “Puoi sederti dove ti pare, ma durante i salti nell’iperspazio dovrai stare nella cabina di pilotaggio.”

“Afferrato.”

Beeeeep. Urlò Olaf, andando a sbattere contro le gambe pelose di Sven. Il wookiee ringhiò qualcosa prendendo il droide e spostandolo di peso, con non molta grazia.

“Ehi! Sta attento!” Anna si avvicinò al piccolo robot.

“E un’altra cosa: tieni a bada il tuo droide!” Kristoff le puntò un dito contro.

“Si chiama O-1216 ed è un droide da compagnia.” Brontolò la ragazza controllando Olaf “Tutto bene, piccoletto?”

Bip. Bip.

“Cosa ti aspettavi da due così? Li ho trovati nella cantina di Mos Eisley non ad una riunione del senato.”

“Quando voi due avete finito là dietro, noi saremmo pronti per partire. Lega la tua unità con quelle cinghie altrimenti ci capiterà tra i piedi durante il volo.”

“Mi dispiace Olaf, hai sentito il capitano.” Si scusò mentre lo agganciava alla parete di metallo “Puoi anche andare in modalità risparmio energetico per il momento.”

Con un ultimo beep il droide si spense.

Anna raggiunse i due piloti e prese posto nel sedile dietro Sven, allacciandosi la cintura. “Angola i deflettori e abbassa gli scudi, mentre io calcolo le coordinate per il salto a velocità luce.”

La nave prese vita, sollevandosi velocemente da terra: più saliva verso la stratosfera, più l’orizzonte si allargava e il panorama cambiava. L’oro accecante della sabbia del pianeta lasciò posto al buio delle immensità spaziali.

Poco prima di saltare nell’iperspazio diede un’ultima occhiata a Tatooine: sapeva in cuor suo che sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe posato lo sguardo sulle sue dune sinuose e i suoi sconfinati deserti. Ma francamente sapeva anche che non le sarebbe mancato.

Casa non era su quel pianeta arido ai confini della repubblica, ma in un sistema stellare dall’altra parte della galassia.

 

 

Nda: nuova fissa, nuova AU, non ho da aggiungere nulla. Se avete domande, dubbi, incertezze o volete semplicemente ammazzarmi per la blasfemia che ho scritto, lasciatemi un messaggio in questo spazio bianco qua sotto e premete invio. Sarò lieta di rispondere alle vostre minacce di morte mentre sorseggio il mio quindicesimo caffè giornaliero.

Che la forza sia con voi! :) 

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio / Vai alla pagina dell'autore: StarFighter