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Autore: vero_bonnie    12/02/2016    0 recensioni
Non ricordo più la lotta estenuante contro l'altro me stesso che vive nel mio corpo e nella mia mente. Né la ripugnanza che sentii quando realizzai che stavo permettendo a quella creatura di mangiarsi pezzi di me, di portarmi via ogni cosa.
Perché l'ho accettata. Sono diventato quella creatura. Sono diventato un mostro.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Terza stagione
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Mostro

 

 

Scendo dalla macchina e chiudo la portiera dietro di me. Il metallo sbatte contro il metallo, con uno stridio che spezza la notte silenziosa, ma io lo sento a malapena.

Avanzo meccanicamente verso la spiaggia, lasciandomi l'Impala alle spalle: i muscoli delle mie gambe si contraggono e si distendono senza che me ne renda conto. Non mi accorgo del vento salato che arriva dal mare e si infila tra i miei capelli. Quasi non percepisco l'aria pungente di febbraio sul viso e registro solo inconsciamente il freddo che penetra oltre la giacca leggera.

Non sento più niente.

Dovrei essere sconvolto, dovrei soffocare sotto il peso dei pensieri che mi tormentavano; invece non provo nulla. Sono una tela bianca da cui è stata cancellata ogni pennellata di colore. Sono freddo. Sono vuoto. Sono già morto.

Dentro me non serpeggia più la perenne sensazione di essere inadeguato, fuori posto, sbagliato – di essere un'accozzaglia di tessere di puzzle spaiate che non sembrano mai incastrarsi l'una con l'altra nel modo giusto.

Non ricordo più la lotta estenuante contro l'altro me stesso che vive nel mio corpo e nella mia mente. Né la ripugnanza che sentii quando realizzai che stavo permettendo a quella creatura di mangiarsi pezzi di me, di portarmi via ogni cosa.

Perché l'ho accettata. Sono diventato quella creatura. Sono diventato un mostro.

E ormai non importa nemmeno più il silenzio di Dean, o il disgusto nei suoi occhi, quando io sono scoppiato – ho sangue di demone in me, Dean e sono diventato come le cose che cacciamo e se non fossi tuo fratello mi avresti già piantato una pallottola nel cuore prima che sia io a farlo a te.

Ora, ora rimane solo il ricordo degli incubi.

Volevo scappare. Non volevo più sentire quelle voci – le voci di Dean, di Bobby, di Jessica, di mio padre – gridare che sono un mostro. Non volevo più vedere la luce bianca della mia anima diventare scura e fumosa ogni giorno di più. Non volevo più svegliarmi di soprassalto, urlando, non volevo più avere il terrore di guardarmi allo specchio, pensando che da un momento all'altro i miei occhi sarebbero diventati completamente neri.

Ho passato settimane a tenermi sveglio con la forza – ricorrendo all'alcol, al dolore fisico, a tutto ciò che poteva ferirmi abbastanza da non lasciarmi addormentare. Ma non è bastato. La creatura ha continuato a divorarmi lentamente dall'interno, diffondendosi dentro me, inglobandomi nella sua rabbia nera. Ho perso me stesso, sono diventato la casa di quella creatura, sono diventato quella creatura.

Finché non l'ho accettata.

E' troppo tardi per me, come lo era per Madison. E proprio come per Madison dovrò essere io a porre fine a questa storia, perché so che Dean non ne sarà mai in grado. Sono l'unico che può salvare le persone che amo – e me stesso – dal mostro che sono diventato.

E non c'è altro modo per farlo.

Sollevo il braccio e porto la canna della pistola contro la tempia.

Non piango. La mano destra è perfettamente immobile: dovrei riuscire a farmi saltare il cervello con un solo proiettile. Almeno stavolta non sarò una delusione.

La luce della luna e delle stelle si riflette sulla superficie liscia e lucente della pistola, come se Dio mi stesse inondando di luce per darmi la sua benedizione. Avrei dovuto farlo tempo fa, lo so. E' da quella maledetta sera di novembre che sono condannato.

Abbasso il cane con uno scatto metallico. Chiudo gli occhi, porto l'indice sul grilletto.

La tasca della mia giacca vibra.

Riapro gli occhi e per un attimo non riesco a muovermi. Guardo per un'altra volta l'oscurità davanti a me – e sento ululare quella dentro me – prima di riscuotermi.

Tiro fuori il cellulare con la mano libera. 1 nuovo messaggio. Lo apro.

Dove sei? Stai bene?

Dean.

La schermata si aggiorna un attimo dopo. Mi dispiace. Torna.

Fisso le parole, incapace di distogliere lo sguardo. Un ultimo messaggio appare. Per favore.

E all'improvviso mi sveglio.

Le mie mani cominciano a tremare violentemente, tanto che non riesco più a distinguere le lettere; d'un tratto mi accorgo del freddo, il vento gelido mi sferza la pelle e si insinua sotto la giacca. Spalanco gli occhi e deglutisco. Guardo la pistola che tengo ancora in mano.

La lascio cadere a terra.

Solo ora ho realizzato che cosa stavo per fare. Lo stomaco mi si attorciglia, la nausea mi impedisce di respirare. Crollo in ginocchio, stringo febbrilmente la testa tra le mani, e piango come un bambino – come il bambino che ero, come il bambino di cui ho infranto tutti i sogni, come il bambino che a volte vorrei tornare ad essere. Come il bambino che non sarò mai più.

Mi alzo a fatica in piedi, mi trascino fino alla macchina, mi accascio sul sedile.

Accendo il motore e me ne vado, lasciando la pistola – e i miei demoni personali – alle spalle.

Almeno per stanotte.

   
 
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