Prologo
Nel 1990 venne ritrovato il corpo congelato di un soldato
della seconda guerra mondiale. L’uomo era sopravvissuto al congelamento per
quarantacinque anni grazie al fatto che, durante la guerra, lui era stato l’unico
candidato sopravvissuto ad aver subito una procedura con il famoso “siero del
super soldato”. Si chiamava Steve Rogers, anche se era conosciuto con il nome
di Capitan America.
Capitan America era un eroe. Un eroe di cui gli Stati Uniti
avevano avuto bisogno durante quel grande conflitto mondiale… e del quale forse
avrebbero avuto bisogno ora. Grazie a nuove tecnologie, e ai fondi gentilmente
prestati dal loro maggior finanziatore, lo S.H.I.E.L.D. riuscì a risvegliarlo.
Quel povero uomo all’inizio era confuso, arrabbiato,
distrutto. Aveva perso quarantacinque anni. Aveva perso una vita intera, senza
invecchiare, senza cambiare, ma intorno a sé il mondo era cambiato, tanto che
non lo riconosceva più.
Ovviamente non gli fu concesso subito di uscire ad esplorare
questo nuovo mondo. Vi erano delle regole, vi erano sempre delle regole, così
un giorno, grazie alla sua forza e agilità, le violò, trovandosi immerso nella
città che non dormiva mai.
La sua casa, il suo paese, il luogo al quale sarebbe voluto
tornare mille volte durante la guerra, ora lo rigettava. Forse era nostalgia,
forse la sua vecchiaia lo aveva fatto inacidire, ma si sentì a disagio in quel
nuovo mondo che non gli apparteneva… Provò a cercare la sua casa, a Brooklyn,
scoprendo che al posto di essa vi era un palazzo.
Dopo questo giro turistico che altro non fece ad aumentare i
dubbi nel cuore e la mente del Capitano, l’uomo si rifugiò in un bar, senza
neanche il “conforto” dell’alcool per dimenticare, dato che il siero con il
quale era stato “costruito” assorbiva qualsiasi sostanza in poco tempo.
Mentre era lì, a riflettere sui tempi andati e sul tempo che
aveva perso per sempre, si trovò affiancato da una persona.
<< Quindi sei tu il famoso capitano.>>
Era un uomo giovane, sulla trentina, pizzetto e capelli
neri, vestito abbastanza elegante, che si sedette sullo sgabello accanto al
suo, ordinando anche lui da bere.
Steve avrebbe voluto chiedergli chi fosse, come faceva a sapere di lui, ma ogni
sua domanda fu annullata dalla ruvida voce dell’altro.
<< Allora, piaciuta questa gita nel “Nuovo Mondo”?
Immagino che troverai cose parecchio diverse rispetto a un po’ di tempo fa… >>
L’uomo prese un sorso dal suo bicchiere, lanciandogli poi un’occhiata con dei
brillanti occhi castani.
<< Solo io sono riuscito a trovarti. Perché ho
immaginato dove saresti potuto andare… dopotutto, questo era il locale
preferito da mio padre. >>
Quindi, gli porse la mano, facendo un sorrisetto sornione.
<< Tony Stark. Penso che tu conoscessi mio padre,
Howard. Lui non faceva altro che parlare di te, della tua scomparsa… ma non del
Capitano. Parlava di “te”, Steve, dicendo quanto tu fossi coraggioso, leale, e
importante. Non solo dal punto di vista economico o bellico… ma di come la tua
trasparenza riguardo la malvagità ti rendesse si, superiore, ma eri anche
abbastanza umile da tornare indietro… per non abbandonare nessuno. Hai fatto
grandi cose, Capitano. >>
Steve fece un lieve sorriso, a sentir parlare di una sua conoscenza. Il figlio
di Howard… non gli assomigliava neanche un po’.
Quindi, Tony si alzò, posando un paio di biglietti sul
banco, e spolverandosi la giacca.
<< Andiamo, Capitano, la riporto alla base, questa
vacanza è durata fin troppo… ma, se lo desidera ancora, basta che faccia un
fischio. >>
E gli porse un foglietto piegato. Allo sguardo confuso del capitano, si indicò
un oggettino che aveva alla cintura.
<< Il numero del mio cercapersone. A volte quelle
maledette riunioni sono tutte di una noia pazzesca. Mi farà bene un po’ di
svago, e se ha bisogno, potrei anche insegnarle qualcosa su come si vive
ora. >>
<< Grazie Tony. >>
<< Prego capitano, ma adesso andiamo, davvero, o Fury
si metterà a cercarla con l’elicottero. >>.