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Autore: Laila    13/02/2016    1 recensioni
Ma che sta succedendo a Nerima? Ranma e i suoi in un contesto horror? Chi sarà il prossimo combattente a morire? Questa fanfiction si basa su fatti realmente accaduti ( per modo di dire!) e descritti nella già nota fanfiction di Ranma ½ “Chiudi gli occhi” di Doctor Sleep (che vi invito a leggere, se non l’avete ancora fatto) e si colloca al capitolo 20 come “What if”. Vi avverto che senza aver letto “Chiudi gli occhi” la lettura potrebbe risultare difficoltosa. Storia auto-conclusiva.
Genere: Horror, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Akane Tendo, Happosai, Kasumi Tendo, Ranma Saotome
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Benvenuto/a!

Una piccola premessa sulla one-shot che stai per leggere.

Questa fanfiction si basa su fatti realmente accaduti e descritti nella già nota fanfiction di Ranma ½ “Chiudi gli occhi” di Doctor Sleep (che vi invito a leggere, se non l’avete ancora fatto) e si colloca al capitolo 20 come “What if”.

Vi avverto che senza aver letto “Chiudi gli occhi” la lettura potrebbe risultare difficoltosa. È dunque una spin-off basata sull’originale sopracitata.

Un sentito ringraziamento va a Kuno84, il mio saggio beta-reader, il quale non ringrazierò mai abbastanza per i consigli e la pazienza durante la fase di revisione della storia. Ma ora basta con i preamboli! Vi saluto, augurandovi buona lettura. Ps: in fondo troverete la nota.

 

Arrivederci,

Laila.

 

 

Questioni stomachevoli da risolvere, Saotome?

 

C'erano stati attimi di silenzio, quasi di pace, dopo la sconcertante rivelazione dell'essere sfigurato che si era presentato col nome di Janjak. Happosai aveva l'aria di chi finalmente aveva ricordato elementi essenziali del proprio vissuto, ma la mente di Ranma era ancora occupata dai gatti.

I Kami* soli sapevano come aveva fatto ad ignorarli poco prima, inoltrandosi nel mucchio delle bestiole che soffiavano e miagolavano come divertite.

Aveva fallito già una volta: avrebbe dovuto liberare suo padre dalla sua ‘non vita’!

Tagliandogli la testa. Aggiunse sadicamente la voce, ricordandogli così anche il perché non lo avesse fatto subito.

Comodo dimenticarsi di quello che non si vuole fare, o allontanarlo, vero Saotome? Continuò il suo ironico alter ego. Eppure certe volte è inevitabile...

Ranma non era riuscito a proteggerlo. La sua mente, negli ultimi minuti, era stata occupata dai pensieri più disparati. Tutti quei morti, che l’infezione dilagante rendeva zombie nel giro di qualche ora, erano stati suoi vicini, conoscenti... e alcuni, come suo padre, molto di più.

Per la maggior parte persone semplici, che non avevano mai combattuto in vita loro e che ora, guidate dal burattinaio mascherato, avevano attaccato la casa di Akane.

Decine di loro li aveva trucidati a colpi di falcetto, ma non aveva tempo per seppellirli, non c’era nemmeno il tempo per provare pietà. Tuttavia un senso di disgusto s’impadroniva di lui ogniqualvolta esitava a colpire.

Poi la tregua.

L’arrivo dei simpatici micetti capeggiati da Shampoo-gatta lo aveva sollevato da quella pena come per magia, dando riposo ai suoi pensieri impazziti.

Altro che magia e magia. Ti sei distratto, futuro astro delle arti marziali Saotome! Lo sbeffeggiò la voce, che non voleva proprio più abbandonare la sua testa.

Taci!

Digrignò i denti, come ad enfatizzare il suo ordine. Sapeva solo una cosa per certo: non era esaurito tanto nel fisico quanto emotivamente. Questa storia doveva finire in fretta, perché a questo genere di battaglie non era abituato. Nessuno di loro lo era.

E il vecchiaccio l'avrebbe pagata. Cercò suo padre con lo sguardo e stentò a riconoscerlo.

Aveva gli occhi storti e assenti, la testa gli pendeva tutta da un lato e la spalla era scavata e imbrattata di sangue raffermo…

Sentiva lo stomaco bruciare, mentre spostò lo sguardo sul vecchio Happosai.

Quello stava parlando all'indirizzo di Janjak e lui, come suo solito, non aveva afferrato. La voce nella sua testa scoppiò a ridere. Doveva ritrovare la concentrazione.

“Ovvio. Ma mi sembrava evidente che la nostra posizione è già abbastanza compromessa ai tuoi occhi. Quindi perché non togliersi qualche soddisfazione?”.

Le labbra del sacerdote vudù si atteggiarono ad un ghigno, poco prima di replicare: “Colgo nella tua voce una pericolosa predisposizione a giocare con il fuoco. Devi averne viste parecchie in questi ultimi cento e rotti anni”.

“Diciamo che ho avuto una o due avventure", rispose Happosai. "Quel che mi premeva chiederti, prima della fine delle amenità, è: perché coinvolgere anche loro? È con me che ce l’hai, sono io quello che ti ha sfigurato”.

“La domanda è fallace. Quella corretta non è «perché?», bensì «perché no?»”.

Cosa aveva detto? Non credeva alle sue orecchie.

Bastardo infame! Ti faccio a pezzi!

Ranma non aveva mai conosciuto tanta perfidia in vita sua. Quello stregone non aveva niente di umano, anzi disprezzava con tutto se stesso i suoi simili.

“Allora, se sono finiti i convenevoli ti lascio l’onore di eliminare definitivamente il tuo allievo”, terminò infatti indicando il proprio genitore.

Il vecchio annui.

Ranma fu scosso da un brivido freddo mentre osservava Happosai creare un fascio di energia con gli indici uniti per poi lasciarlo andare in direzione di suo padre e fargli esplodere le cervella, generando un bagno di sangue che si sparse nel raggio di un metro e mezzo. Il bruciore di stomaco s’intensificò di colpo.

***

Spalancò gli occhi e aprì la bocca come a risucchiare tutta l’aria che poteva.

Era buio.

Era steso a terra.

Coperto da un futon... e aveva una grossa zampa pelosa piantata sul torace, che gli ostacolava la respirazione.

La sollevò rimettendola al suo posto.

Lui russava tranquillo.

Suo padre russava.

Possibile che fosse stato solo un brutto sogno?

Ranma non ricordava da quanto non facesse incubi del genere. A rifletterci su, anche andando a ritroso nel tempo, non ne aveva mai avuti di così violenti. Nemmeno quando, da piccolo, suo padre gli raccontava dell'uomo nero per spaventarlo. Lui non era mai stato un tipo suggestionabile, ad eccezione di quella storia dei gatti.

Eppure fino a poco prima gli era sembrato tutto così reale.

La presenza del panda che aveva di fianco riuscì a consolarlo, nel suo sonno ignaro. Ne era quasi commosso.

Si mise a sedere e il calore uscì dal suo corpo, lasciando penetrare il freddo nelle ossa. Si passò una mano sulla faccia sospirando, poi si alzò e si diresse deciso verso il bagno.

Sentiva un gran bisogno di urinare e una volta che l’ebbe soddisfatto si trascinò di fronte al lavandino. Il suo stomaco brontolò.

Sfregò il sapone tra le mani e si sciacquò il viso, cercando di ricomporsi sotto il getto tiepido dell’acqua, ma per tutto il tempo in cui aveva chiuso gli occhi le immagini degli zombie avevano ripopolato la sua mente.

Attese una decina di secondi, in cui le sagome sinistre finalmente scomparvero.

Quindi si asciugò con un grugnito e si specchiò, notando delle borse sotto agli occhi. Era così provato che pensava di trovarsi in uno stato pre-influenzale, che gli stesse venendo la febbre? Si toccò la fronte ma non gli sembrò troppo calda.

Certo era che si sentiva molto lontano dall’essere in forma e il motivo cominciava a sospettarlo...

La sera prima Akane lo aveva costretto a provare la sua zuppa di miso e poiché anche sua madre aveva insistito che la mangiasse, Ranma aveva ceduto.

Persino Nodoka sapeva che la sua fidanzata non era in grado di cucinare piatti elaborati partendo da ingredienti freschi e genuini, come invece riusciva a fare sua sorella Kasumi.

D’altronde gli era stato assicurato che il preparato era in scatola, al massimo il maschiaccio poteva avere aggiunto un po’ d’acqua e di condimento. Che male poteva fargli?

E invece il risultato era stato lo stesso un miso disgustoso, con il brodo che sapeva di aceto. Ranma ricordava bene che ogni cucchiaiata era stata un amaro boccone da mandar giù. E le aveva anche sorriso per dissimulare il disgusto mentre avrebbe solo voluto vomitare tutto su una pianta del soggiorno.

Ormai da tempo si era rassegnato ai suoi piatti, solo che il suo stomaco non era dello stesso parere. Aveva letto su qualche giornale che lo stomaco era come un secondo cervello e per esperienza Ranma si sentiva di condividere quell’articolo.

Un’idea si fece largo fra i suoi perché. Uscì dal bagno e si diresse verso la cucina.

Prima di arrivare a destinazione, però, vide una figura familiare atterrare all'interno del giardino.

Fu ben felice di andare incontro ad Happosai, il quale era troppo su di giri per la refurtiva di reggiseni e mutandine che aveva rubato chissà dove, per vederlo arrivare dietro di lui.

Lo caricò di pugni, fingendo di non sentire i suoi inutili lamenti.

"Ranma, ma cosa?", sbottò infine il vecchio.

"Così la smetterai una buona volta!". Batté le mani e lasciò Happosai riverso sul terreno, ancora stordito e dolorante.

Tornò dentro casa.

Si sentiva già molto meglio, ma gli restava quella piccola curiosità da togliersi prima di andare a dormire.

Solo in quel momento vide Akane e Kasumi in fondo alla rampa delle scale.

"Ranma, cosa sta succedendo? Abbiamo sentito rumori strani e...", si interruppe indecisa la maggiore.

"Va tutto bene, ho dato una piccola lezione ad Happosai. Potete tornare a riposarvi...", scoccò un'occhiata ad Akane, "voi che ci riuscite".

La fronte della fidanzata s'increspò.

"Visto che tanto ormai sono sveglia, andrò a farmi una cioccolata", dichiarò.

Prontamente Kasumi mise una mano sulla spalla della sorellina.

"Ottima idea!", asserì dapprima con voce stridula. "Volevo giusto bere qualcosa di caldo anch'io, lasciate che ve la prepari e aspettatemi in soggiorno. Tu e Ranma potreste apparecchiare, nel frattempo".

La ragazza sorrise grata a Kasumi, completamente ignara delle vere motivazioni che l’avevano spinta a rendersi volontaria.

Probabilmente non vuole che si auto-avveleni.

Così, mentre Akane prendeva le ciotole della colazione e sua sorella accendeva la valvola del gas, Ranma si accucciò sul secchio dell'immondizia frugando al suo interno.

Al vederlo Akane fu talmente sorpresa che quasi le caddero i cocci dalle mani, ma poi con uno scatto goffo li recuperò e li adagiò sul ripiano del lavello.

"Che diavolo stai facendo?". Era visibilmente allibita.

Non le rispose e allora lei si avvicinò piano alle sue spalle.

“Oh, che sbadata! Mi sono scordata di chiedere a Ranma se vuole anche lui la cioccolata…”, s’informò la sorella maggiore.

“Certo che la vuole”, parlò per lui Akane. “Figurati se…”.

“No grazie, Kasumi”, la interruppe spingendo più a fondo le mani nel cestino.

La fidanzata rimase interdetta da quell’affermazione. O meglio, Ranma non la vedeva, ma era sicuro che la sua aura si fosse fatta più fredda.

“Il fatto è che vorrei solo prendere un digestivo”, spiegò loro.

“Si può sapere cosa stai cercando lì dentro?”, continuò imperterrita Akane.

Scartò un paio di lattine, un contenitore per uova e trovò il pacchetto tanto agognato.

"Sì!", esultò brandendo la scatola di miso istantaneo della sera prima.

Akane continuava a fargli domande nonostante lui fosse preso da quella scatola vuota come un bambino con un giocattolo nuovo.

Staccò delicatamente dal cartone i resti di una buccia di banana. Quindi lesse fra sé e sé il contenuto.

Miso, carote, tonno, funghi, tracce di latte, etc... data di scadenza sul retro.

Girò il pacchetto e inorridì.

"Per tutti i Kami! Quella zuppa è scaduta da almeno un anno!", sentì la voce di Kasumi che nel frattempo si era sporta dietro sua sorella.

"Proprio così!", affermò alzandosi di scatto e lanciando un'occhiata gelida ad Akane, che per reazione aveva assunto un'espressione fintamente innocente.

"Perché mi guardi in questo modo? Io non lo sapevo! Ho cucinato con tutta la cura possibile e credevo che andasse bene!", si difese, incrociando le braccia al seno.

"Oh, cielo! La cioccolata!". Kasumi corse via mentre il latte si versava copiosamente fuori della pentola.

Vide le guance di Akane arrossire mentre si ostinava a fissarla.

Com’è carina...

Scrollò la testa. Come poteva pensare una cosa simile dopo quello che gli aveva fatto passare? Quella scema non aveva avuto nemmeno la decenza di controllare la scadenza e lui non aveva mai dormito tanto male in vita sua!

"Ora puoi aggiungere l'avere incubi terrificanti alla lista degli effetti collaterali della tua cucina! Non mangerò più qualcosa preparato da te finché campo!", ribadì mostrandole la lingua.

Aveva esagerato? Sembrava delusa da lui, adesso.

"Ti aiuto a pulire", disse infatti alla sorella, prima di raggiungerla ai fornelli.

Ma anche quando fu distante Ranma non le tolse gli occhi di dosso. Vide le sue spalle sussultare e sospirò. Solo con Akane passava dalla ragione al torto nel giro di neanche un minuto.

"Stai piangendo?".

Lei lo fulminò con uno sguardo. No, non stava piangendo, era furiosa.

"Ho sbagliato, ok? Sono terribile, lo so. Mi dispiace, però tutti possono sbagliare!", brontolò mentre strizzava la spugna sul lavello.

Approfittando del silenzio che ne seguì, Kasumi s’infilò nel discorso.

"Certo che tutti possono sbagliare, guardate che disastro ho combinato io con la cioccolata! Su, su! Ci sono cose ben più gravi al mondo!" e sorrise con quella dolcezza che la caratterizzava.

Sua sorella però non riusciva proprio a sdrammatizzare. "Oh, tu sei così brava che potresti aprire anche un ristorante!", rispose mentre l’altra versava per la seconda volta del latte sopra del cacao e le sorrideva di rimando.

Sapeva che anche lui doveva dire qualcosa per rassicurarla.

"Sì, beh, ho esagerato un po' prima... non volevo dire che non ti sei impegnata a prepararmi la cena…", la cercò con lo sguardo e si grattò la testa in imbarazzo.

La fidanzata gli allungò una tazza e lui la prese senza pensare più a niente.

"Aiutami ad apparecchiare, razza di bifolco".

Sentiva ancora i palmi e le braccia appiccicose.

"Non posso, maschiaccio. Prima devo lavarmi le mani".

“Allora ti aspettiamo in soggiorno”, concluse lei per entrambe.

Appoggiò il bicchiere nel lavello ed annuì.

Qualche minuto dopo si ritrovarono attorno al tavolo del soggiorno.

Lui con un bicchiere d’acqua in una mano e una pastiglia digestiva nell’altra e le sorelle Tendo con la loro cioccolata fumante a testa da sorseggiare.

La pace del momento venne spezzata quando un imbucato si gettò tra le braccia di Akane per riprendere le forze.

“Akanucciaaaa!”, si strusciò al suo petto il pervertito.

Un attimo dopo la faccia del molestatore piombò a terra grazie ad un gomito di quest’ultima sopra la sua pelata.

“Come siete crudeli!”, singhiozzò il maestro appena ne ebbe facoltà. “Prima Ranma mi colpisce alle spalle senza nessun motivo! Ora anche Akanuccia mi picchia! Kasumi, per fortuna che ci sei tu!”. Le prese l’orlo della vestaglia piangendoci sopra.

Ranma cominciava a sentirsi un po’ in colpa per come aveva trattato il maestro qualche minuto prima. Ma solo un po’.

“Se proprio vuoi riprendere le forze, vecchio, è avanzata la cioccolata calda”, lo invitò a sedersi con loro.

Happosai non se lo fece ripetere due volte, e balzò al fianco di Akane.

A quel punto Kasumi si alzò in piedi per fare gli onori di casa.

“Aspetti qui, maestro Happosai. Vado a prenderle una ciotola e torno subito”, assicurò con un mezzo inchino.

Un uccellino scese dall’albero e disegnando una parabola beccò l’acqua del loro stagno, quindi scrollò le ali per poi spiccare libero il volo.

Da dietro le mura di casa Tendo si vedeva spuntare il sole.

 

***

 

 

Nota: per Kami* si intendono le divinità shintoiste.

 

   
 
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