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Autore: Medy    13/02/2016    0 recensioni
"Well, I’ve got thick skin and an elastic heart, But your blade it might be too sharp I’m like a rubber band until you pull too hard, I may snap and I move fast But you won’t see me fall apart Cause I’ve got an elastic heart"
Quanto può sopportare un cuore? Quanto può attendere, senza disgregarsi del tutto? Quanto l'amore può essere abbastanza per tener legate due persone?
Dopo gli amori complicati, improbabili e attesi di "Vacanze Romane", ritorno nuovamente con una nuova fan fiction dove questa volta è la New Generation la protagonista di tutto. Nuovi amori, nuove amicizie, nuovi dolori e tormenti e forse nuovi lieti fine!
Spero che non rimarrete delusi!!
Medy
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Theodore Nott | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Luna
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Elastic Heart

"Stitches"


Le settimane precedenti Natale erano un scoppio di luci e festa. Le lezioni sembravano piú sopportabili, come le persone. Dakota in quelle settimane aveva aumentato gli allenamenti, ritrovandosi spesso a contrastarsi con gli altri capitani, contrari nel dover sempre sottostare alla sua precedenza. Piú volte Drake, ignorando la presenza della Squadra di Corvonero, aveva allenato i suoi giocatori minimizzando le urla di Dakota di andar via. Voleva vincere a tutti i costi e imponeva alla squadra allenamenti piu duri del normale. 
Anche quel pomeriggio era diretta al campo, con un piccolo intralcio che la fece ritardare di qualche minuto. Ormai Noah era deciso a non demordere e, ogni volta che ne aveva l’occasione, la intratteneva con sciocche proposte che ricevevano sempre la medesima risposta.

“Venire al ballo di Natale con te? Potter ti ricordo che io ho un fidanzato". Il volantino, preparato dal "Team Alyson", fu accartocciato nelle mani e gettato senza che ricevesse attenzione. Noah le camminava accanto, sorridendo a quella presa di posizione che la faceva apparire ancora piú dura del normale. Ma entrambi sapevano che era solo un modo per non rivelare la debolezza che ancora aveva nei confronti di Noah.

“Per me non hai nessun ragazzo. Anche perchè dovresti stare con me.” Aveva impiegato troppo tempo per assumere quell’aria decisa. Ma ormai Noah aveva fatto i conti con i propri sentimenti ed era giunto alla conclusione che era stato solo un idiota ad aspettare tutto quel tempo.

“Queste cose dovevi dirle due anni fa, ma adesso è tardi!” Ormai le carte erano state mostrate. Inoltre Dakota provava un certo piacere nel gettargli contro le colpe: voleva approfittare della sua posizione sopraminente. Le cose si erano capovolte e Dakota provava un piacere cattivo nel vedere Noah nella posizione che fino a poco tempo prima era stata occupata da lei.

“Ancora con questa storia? Quante volte devo ripeterti la stessa cosa?” Camminavano parallelamente per il corridoio e nessuno sembrava notare i due che - dopo due anni di silenzio - erano ritornati a parlare. Nessuno che non fosse Alyson o chiunque la conoscesse.

“E' bastata ascoltare una volta le tue sciocche scuse che non crederebbe nemmeno un Troll. Quindi risparmia fiato.” Voltarono l’angolo, con Dakota che puntava lo sguardo sul percorso mentre Noah guardava lei, divertendosi nel notare l’enorme sforzo di Dakota di apparire indifferente e cazzuta. 

“Dakota, è vero! Cioè mettiti nei miei panni. Se vedessimo la cosa come un enorme fraintendimento, potremmo viverla diversamente...” Dakota si fermò come una furia, ma la sua figura al confronto con quella di Noah non intimoriva, nonostante lo sguardo omicida che assunse.

“Quale fraintendimento, Noah? Il fatto che tu per due anni mi abbia sostituito con un'altra ragazza quando potevamo stare insieme? Oppure che io mi sia illusa che potevo piacerti e magari iniziare insieme una storia, per poi scoprire che ti piaceva Alyson? Cosa ho frainteso?” 

“Abbiamo frainteso entrambi! Io credevo di non piacerti e tu credevi la stessa cosa.” Quella storia l’aveva ripetuta così tante volte Noah che Dakota non sopportava piú di ascoltarla.

“Con la differenza che TU ti sei consolato subito, invece di provare a fare un tentativo!” Puntellò un dito sul suo petto e si imbarazzò per il lieve contatto che ebbe con i muscoli ben nascosti sotto la ligia divisa e il finto perbenismo da Prefetto.

“Anche io ero un ragazzo insicuro! Se mi avessi rifiutato? Alyson giá aveva tentato di approcciare con me e ho deciso di navigare in acque sicure. Credevo di poterti sostituire, ma vederti con Regan mi fa torcere le budella.” Tentò di stringerle le mani, ma Dakota fu piú veloce e gli sfuggí.

“Benvenuto nell’inferno nel quale sono stata per due anni!” Non avrebbe dimenticato il dolore allo stomaco che per due anni l’aveva perseguitata, il martellante pensiero di spaccare il viso di Noah Potter ogni volta che lo incrociava per i corridoi, l’odio per i suoi tentativi di comprendere perchè si fosse allontanata e non arrivando mai all’unica soluzione.

“Possiamo evitare tutto! Tu lasci Regan e, dato che io ed Alyson non stiamo piú insieme, possiamo riparare agli errori di due anni fa.” Era inverosimile il solo fatto che Dakota ancora lo ascoltasse. Proruppe in una risata ironica.

“Oh ma certo! Adesso che Noah Potter ha finalmente aperto gli occhi facciamogli trovare tutto pronto! Quanto sei egoista, Noah?” Gli voltò le spalle, non volendo ascoltare quelle stupide proposte che non avevano un senso logico o accettabile. 

“Ho detto tutto ad Alyson. Le cose che ho detto a te sono state le stesse che ho detto anche a lei. Questo dovrebbe farti pensare che non sto dicendo solo stronzate.” La scenata di pianto isterico e preghiera affinchè Noah riprendesse coscienza dei propri sentimenti, era ancora vivido, come se fosse accaduto pochi minuti prima. Si era sentito un vero mostro. Aveva cercato di calmarla ma, aver negato per troppo tempo che in realtá lui desiderava stare con Dakota, lo aveva condotto al limite dell’infelicitá. Aveva usato parole piú dolci possibili ma non erano bastate. Alyson aveva urlato come non mai, pianto incontrollabilmente ed aveva tentato di strapparsi i capelli. Ripensare a quella scena faceva ancora un brutto effetto.

“Bene! Tra poco la furia di PsychoAlyson si abbatterá su di me. Noah ascolta…” Frenò nuovamente l’infinita camminata che l’avrebbe dovuta condurre al campo e prese Noah per le spalle, o almeno tentò di arrivare alle spalle. Ma l’unico risultato fu stringergli appena le braccia. 

“Sai quanto ho desiderato vederti arrivare e rivelarmi i tuoi sentimenti? Avevo 11 anni quando ho realizzato di avere una cotta per te. E adesso a distanza di anni sono ancora qui che…” Noah sorrise alla sua ammissione che, nonostante tutto, le cose non erano cambiate.

“Volevo dire che dopo tanti anni ero ancora speranzosa!” La giustificazione non fu abbastanza.

“Hai appena ammesso che non ti sono indifferente! Lascia Regan, Dakota! Cavolo abbiamo aspettato così tanto tempo e tu continui ad intralciare tutto?” Questa volta Dakota non riuscí ad evitare la presa intorno ai polsi e in parte volle che accadesse. 

“Tu hai voluto intralciare tutto, non io!” Mantenere il punto della rabbia non sarebbe servito. Chiarirsi in toni pacati però le avrebbe solo fatto abbassare la guardia. Infatti Noah la strinse, affondando il volto nei capelli che sciolse dalla presa del codino.

“Sono stato uno stupido. Però cazzo Dakota! Non andartene un altra volta. Non sopporto vederti con quello quando sappiamo entrambi che tu dovresti stare con me!” Era maledettamente vero. Dakota aveva immaginato tutto perfettamente, e Noah era sempre stato il protagonista dei suoi viaggi mentali in cui il sogno romantico si realizzava senza intralci. Ma quella era la realtá e non uno dei suoi sogni, e nella realtá Noah le aveva spezzato il cuore e lo aveva fatto per ben due anni. Non avrebbe dimenticato, nemmeno un secondo, che Noah era stato il motivo dei suoi pianti e delle sue insicurezze, della sua chiusura al mondo, del suo sguardo truce e arrabbiato e della sua personalitá diffidente. Lui aveva creato il mostro che teneva alla larga tutti.

“Mi hai rovinato il progetto del primo amore. E non posso passare sopra ad una cosa così importante.” Lo allontanò aggressivamente, riprendendosi il codino e legando i capelli nuovamente. 

“Avevo immaginato di fare ogni cosa con te e tu mi hai rovinato tutto! Non la passerai semplicemente perchè adesso la tua stupiditá ha fatto spazio alla poca ragione che naviga nella merda del tuo cervello! Quindi, Noah, lasciami stare e lascia che Regan mi dia tutto quello che TU HAI RIFIUTATO DI TUA SPONTANEA VOLONTÁ di darmi. Adesso lasciami raggiungere la squadra.” Sfoderò la bacchetta al tentativo di Noah di fermarla ancora, e in risposta ebbe un alzata di mani, segno di resa.




**




“Da quando voi Casanova andate in giro a seminare fiori, non avete tempo per il vostro amico.” Drake si aggrappò ad entrambe le spalle di Kenny e Kyron: erano i reduci da un test di metá anno. La McGranitt non aveva risparmiato nessuno con le prove, quasi impossibili, che aveva fatto svolgere agli studenti del settimo anno Serpeverde e Tassorosso, che adesso si gettarono tra la folla, tutti con il volto della paura e stanchezza.

“La brutta vita di noi cattivi ragazzi.” Ultimamente le riunioni, le feste e altri incontri per soli uomini si erano ridotte, tenendo Kenny, Kyron e Drake lontano per la gioia dei professori e tutta Hogwarts. Il settimo anno si stava presentando impegnativo, molto piú di quanto potevano aspettarsi e le varie situazioni avevano influenzato, incosciamente, anche loro. Kenny, tra il tentativo di salvare Bree dal baratro della depressione e le varie uscite - inaspettatamente prolungate a piú di una - con Violet, stava tenendo fuori dalla propria vita i due amici. Esattamente come Drake, troppo impegnato nella disfatta di Ameliè e le ripetizioni di Madison. Kyron invece, dopo le varie vicende che avevano coinvolto anche Mya, voleva ritrovare la giusta calma per non far notare a Drake il suo cambio d’umore. Era arrabbiato con se stesso per le cose orrende che le aveva detto, e anche gli incontri con Ameliè non avevano mitigato la frustrazione.

“Ragazzi mi mancate! Vedervi solo in orari legali mi fa pensare che vogliate rompere con me.”

“Da anni sto provando a rompere con te e solo adesso te ne rendi conto?” Kyron volse un sorriso ironico all’amico e, inconsapevolmente, fece battere freneticamente il cuore di tre ragazze del secondo anno. Vederli insieme era uno spettacolo per gli occhi delle studentesse: camminavano come se avessero pieno potere sul mondo, con l’arroganza giovanile che li tutelava da qualsiasi perturbazione, illusi di non avere altro a cui pensare. Anche se ognuno di loro, vergognosamente, avevano piccole preoccupazioni che potevano turbare il loro animo quasi onnipotente. Preoccupazioni che si rivelarono sulla loro strada: Maddy, Mya e Bree erano appena uscite dalla Biblioteca e le loro strade si incrociarono. Il destino voleva prendersi gioco di loro.
Kyron sorrise tra se': almeno Mya aveva chiarito con Maddy e, fino a quando non si scontrarono, il suo viso era lucente di felicitá. Esattamente come Bree che dopo molto tempo era riuscita ad uscire e stare tra le persone, anche se non potè salutare Kenny, che finse di ignorarla. 

“Invece di andare in giro, perchè non rientrate in classe?” Drake fu l’unico a rivolgersi al trio, cercando un appriccio con Madison che, arrossendo, quasi si nascose dietro Mya. Era ancora imbarazzata per ciò che era accaduto la settimana prima, riducendo le ripetizioni con Drake ad uno scambio di mugolii di assenso. Non riusciva a parlargli liberamente, ancora offesa per ciò che le aveva detto. Era consapevole di non piacergli, ma dichiararlo apertamente aveva confermato le sue insicurezze, lasciandola senza speranze.

“Potrei fare lo stesso discorso per te, fratellino! Scrivo alla nonna se non fai il bravo.” Kyron soffocò una risata: l’unica donna che faceva tremare Drake Zabini era sua nonna, e Mya approfittava di quella debolezza ogni volta che le conveniva.

“Sei perfida!” Drake le scosse i capelli, divertito. Erano rari i momenti in cui Drake si faceva trovare in collera o rabbioso, e Maddy aveva assistito a quella trasformazione durata pochi secondi. 

“Vai a fare il bravo ragazzo, che è quasi Natale!” Mya tentata in tutti i modi di apparire “normale”, felice, dopo la brutale realtá della natura di Kyron. Ma qualcosa era visibile, abbastanza da far insospettire Drake, che guardò entrambi. Non si scambiarono un solo sguardo, Kyron e Mya, ne un semplice “ciao” provenne dalle loro bocche. 

“Sono sempre buono, non solo a Natale.” Drake finse indifferenza per quei dettagli e scoccò a sua sorella un bacio sulla guancia, prima di prendere nuovamente Kenny e Kyron sotto la propria ala ed allontanarsi con passo disinvolto. Anche il trio delle ragazze riprese a camminare con finto disinteresse, tenendo per sè i sentimenti provati nell’aver incontrato il terzetto dei Serpeverde.

“C’è qualcosa che non va tra te e mia sorella?” Quando furono abbastanza lontani, Drake manifestò le sue osservazioni, facendo irrigidire Kyron e tastando il tasto dolente che aveva voluto tener per se'. Ma Drake meritava la sua completa sinceritá, erano migliori amici e lui avrebbe consacrato il loro rapporto sempre.

“Diciamo che tra me e Mya si sono rotti i rapporti...” Drake era consapevole anche del motivo, ma lasciò che continuasse.

“Le ho detto di starmi alla larga perchè non sono l'ideale per lei. E il risultato è stata la totale indifferenza.” Kenny lo scrutò torvo. Quella genialata gli era nuova, esattamente come era nuova a Drake, che gli rivolse la medesima occhiata.

“Perchè non saresti l'ideale per lei?” Forse Kenny aveva dimenticato che c’era anche Drake. Ma anche quest'ultimo sembrò curioso di sentire la risposta dell’amico.

“Perchè non posso prenderla in giro! Perdonami Drake ma non penso a Mya in quel modo...” 

“Tu non pensi a nessuna in quel modo” Lo riprese Kenny, ignorando del tutto che era della sorella di Drake che stavano parlando.

“Prima di tutto, ricordiamo che è sempre di mia sorella che stiamo parlando. Quindi, prima di dire qualsiasi cosa, misurate bene le parole.” Si fermarono all’unisono fuori l’aula di Difesa contro le arti oscure, in attesa del resto degli studenti e del professore. Kyron si portò le mani al volto, che stava iniziando a sudare: quel discorso lo metteva in agitazione. Tutto ciò che riguardava il discorso “sentimenti di Mya” lo metteva in agitazione. Mentre Kenny, non avendone parte, era rilassato e desideroso di aprire una discussione, anche per capire cosa ne potesse pensare Drake, che da ubriaco già aveva detto la sua.

“Inoltre apprezzo tanto che tu sia stato sincero con Mya. Se hai ancora intenzione di viverti la vita io non ti permetterei di avvicinarti a lei. Solo in casi eccezionali, potrei dare il permesso a Mya di frequentare un mio amico. Ad esempio quando avrá raggiunto la maggior etá e magari io non li vedessi insieme.” Anche Drake faticava nel trattare argomenti del genere. Immaginare Mya nelle braccia di un qualunque uomo gli dava alla testa, soprattutto consapevole delle tante cose che potevano accadere tra un uomo e una donna. Scosse la testa, scrollandosi quei pensieri inaccettabili dalla mente. No! Mya non avrebbe mai avuto un fidanzato. Quella vocina insensata lo fece calmare e riacquistare la luciditá e la ragione. 

“A prescindere da Kyron, è un discorso egoistico il tuo. La povera Mya dovrebbe negarsi la normalitá solo perchè sei tarato?” Drake ricevette una sberla dritta sulla fronte. Kenny lo stava rimproverando per il suo ruolo di fratello estremamente oppressivo che svolgeva severamente. 

“Non hai una sorella per poter capire! È come sapere che tua madre se la spassa con un tuo amico!” 

“Mia madre può spassarsela con chi vuole, se vogliamo metterla su questo piano. Ti sto semplicemente dicendo che negare qualcosa a Mya non vuol dire che non la fará! È meglio che lo faccia apertamente, in modo che tu possa tenerla sotto controllo, oppure che te lo faccia sotto il naso, facendoti prendere per idiota e rischiando, oltremodo, di farle fare qualche cazzata?” Kyron si teneva fuori dal discorso filosofico di Kenny, che riuscí a mettere in dubbio Drake. Glielo si poteva leggere chiaramente in faccia che stava ascoltando interessato, riconoscendo che l'amico non stava sparando parole insensate o sciocche. 

“Non sono ancora pronto, ok? È ancora piccola e deve studiare!” Ma la piccola coscienza impersonificata in Kenny non fu abbastanza convincente. Per quanto potesse sforzarsi nel dargli ragione e prendere quelle parole come sacre, Drake avrebbe sempre faticato nel concepire sua sorella in determinati atteggiamenti. Se poi erano fatti con Kyron o chiunque lo conoscesse, l’idea diveniva maggiormente insopportabile. 

“Tu alla sua etá giá avevi scopato con mezza Hogwarts!” Forse, crescendo, le persone dimenticavano come si era da “ragazzini”, ma ci sarebbe stato sempre qualcuno a farglielo ricordare, come appunto stava facendo Kenny con Drake.

“Io sono un uomo, gli uomini  fanno queste cose per un bisogno fisiologico!” Il maschilismo ben insediato in lui scoppiò fuori prepotente e villico.

“Tua sorella ha semplicemente preso una cotta per Kyron e, se  lui la ricambia, tu non dovresti metterti in mezzo!” Quel discorso stava sfiorando corde pericolose, ma forse la forza della loro amicizia risiedeva proprio in quello: sinceritá sputata senza proibizioni, non temendo un litigio. Kyron entrò subito nel discorso, acquietando i toni e mettendo fine alla conversazione.

“Io non la ricambio. Quindi non c’è alcun rischio che tra me e Mya nasca qualcosa.” Tendeva a giustificarsi troppo con Drake, colpevole in parte di aver pensato, anche se per poco, che l’unico motivo per cui si teneva lontano da Mya era la paura della reazione di Drake, paura della sua instabilitá. Ma quel dubbio si era insediato prepotentemente e cacciato con la medesima prepotenza, senza che venisse analizzato. 

“Comunque, Kyron, mia sorella è una femmina. Anche io ho detto a Madison che non avrei mai fatto l’amore con lei, e da allora non mi parla piú.” Drake lo disse come se non avesse detto nulla di male, con tono di comprensione per l’amico che aveva rivevuto la medesima ingiustizia.
Kenny si coprí il volto con incredulitá.

“A volte mi chiedo se tu sia davvero cosí STUPIDO, oppure fai solo finta!” Kyron imitò l’amico, ed entrambi lo guardarono con il sorriso di chi aveva visto la McGranitt correre nuda per il Castello.

“Sono stato sincero! Avrebbe dovuto apprezzare, e invece si è infuriata come una bestia.” Dopotutto nel gergo di Drake il "non voler far sesso" equivaleva ad un tentativo di dimostrare rispetto e bene. Ma quel ragazzo era indecifrabile, come un antico codice compreso solo da chi lo aveva creato.

“Dire ad una ragazza che ha una cotta per te: "non farei mai l’amore con te" equivale a dirle che è tanto orrenda da non riuscire a farti rizzare l’uccello nemmeno se si facesse trovare nuda nel tuo letto e, credimi, nessuna vorrebbe sentirsi dire una cosa del genere!” Quel giorno Kenny era l’unico con sale nella zucca e luciditá. 

“Io l’ho detto perchè è vero! Non riesco ad immaginarmi con Madison. È molto piú simile a Mya che ad una Tyra!” Il professore raggiunse l’aula. Aveva il fiatone dovuto alla corsa fatta per arrivare puntuale, ma erano già stati buttati 10 minuti al vento. 

“Cazzo Drake! Sei un caso perso! Anzi lo siete entrambi.” La statura di Kenny non gli permise di prendere entrambi per il collo, ma le pacche sulle spalle furono un suo modo per rimproverarli, mentre li conduceva in aula.

“Da quando stai frequentando assiduamente Violet sei diventato piú saggio, Nanetto.” Drake gli prese la testa e gliela grattò violentemente, ricevendo un richiamo dal professore, già arrabbiato per aver perso troppo tempo nelle sue stanze a scolarsi un’intera bottiglia di Whisky incendiario, per poi ritrovarsi semi-svenuto. 

“Sono coscienzioso, come non lo siete voi!” Gli ultimi banchi erano il loro posto d’onore. Kyron lo spintonò, facendolo quasi cadere dallo sgabello.

“E cosa ci dici degli incontri segreti con Bree? Quelli non sono atti coscienziosi...” Per quanto in quelle ultime settimane avessero trascorso poco tempo insieme, Kenny aveva fatto presente ad entrambi le preoccupazioni che aveva su Bree e sul suo modo di starle vicino. Quell’argomento gli fece acquisire un’aria piú seria, rivelando un nodo scoperto. 

“Sapete la situazione, ed inoltre mi sto comportando da semplice amico. Bree è importante per me. Rispetto il fatto che non voglia stare con me o almeno provarci, ma c’è qualcosa che non va ed io voglio aiutarla ad uscirne”. 



**



Dakota fu chiamata a rapporto dal comitato organizzativo della scuola per prestare il suo aiuto ad organizzare la festa di Natale, che avrebbe richiamato il tipico tema "regina delle nevi". Aria regale e luci fredde ed eleganti avrebbero ricoperto la Sala Grande, accompagnata da musica noiosa e dalla mania di controllo di Alyson. C’era la partita a cui Dakota avrebbe preferito dedicare il suo tempo, ma anche quel dovere doveva essere rispettato.

“Ci sarò io a impartire gli ordini a quella mandria scatenata, non preoccuparti.” Regan l’aveva accompagnata quel pomeriggio al cospetto del regno di Alyson Belby, e la rassicurò che la sua assenza non avrebbe intralciato gli allenamenti e la futura partita, che si sarebbe tenuta la mattina stessa della festa.

“Non so cosa farei senza di te. Odio queste cose, eppure mi coinvolgono ogni volta che ne hanno l’occasione.” Istintivamente si appoggiò alla sua spalla, lasciando che Regan la stringesse in una presa dolce ma al contempo forte.

“Promettimi che non appena hai finito con PsychoAlyson mi raggiungi in Sala Comune. Stasera vorrei passare del tempo con te...” Erano sempre pochi i momenti da passare insieme, completamente soli, e Regan la stava pregando affinchè succedesse. Dakota fu assalite da colpe tacite pensando a Noah, unico motivo per cui mancava sempre agli appuntamenti dati da Regan. Tardava puntualmente a causa sua, per i suoi inutili tentativi di convincerla a restare con lui e dimenticare del tutto la presenza di Regan. Tentativi che venivano rifiutati ma che ottenevano l’effetto auspicato.

“Lo prometto! Adesso però, da capitano, ti chiedo di mettere sotto torchio la squadra. Abbiamo una partita da vincere!” La Sala Grande aveva le porte sbarrate agli studenti che non facessero parte del comitato, costringendo il Preside a spostare i pranzi e le cene in un altra aula, incantata affinchè tutti gli studenti e i professori potessero entrarci. 

“Si, mio capitano” Si salutarono con un dolce bacio e Regan non si voltò fin quando non la vide sparire all’interno dell’enorme Sala, che ormai era divenuta di dominio privato. Non riusciva a placare quella voglia di starle vicino piú del semplice tempo a disposizione. Sentiva una leggerezza sotto la pianta dei piedi che gli dava la sensazione di volare, la stessa emozione ed adrenalina che provava quando era a cavallo di una scopa. Ma la paura faceva capo a quella sensazione di benessere ogni volga che incrociava Noah Potter per i corridoi. Fingeva di non notare il modo in cui guardava Dakota. Lo sguardo che lo aveva sempre accompagnato in quegli anni e che Regan aveva sempre intravisto. Ma quella volta c’era una sicurezza a farne capo, e i suoi sensi erano in allerta. Non aveva mai considerato Noah una minaccia, ma qualcosa in lui gli consigliava che non doveva abbassare la guardia, c’era qualcosa di diverso adesso che lo metteva in allerta come un predatore. Si avvió al campo da Quidditch e sperò di non pensarci ulteriormente.

“Ciao Dakota” Anche Bree era stata coinvolta in quell’iniziativa, e fu l’unica del Team ad accoglierla calorosamente. Teneva tra le mani un enorme scatolone colmo di addobbi magici e qualche fata spuntò da quel cumulo di cianfrusaglie, apparentemente delicato, salutando Dakota a sua volta. 

“Ce la fai a portare tutta questa roba o hai bisogno di una mano?” Lo stato malaticcio di Bree non era passato inosservato neanche a Dakota. I capelli erano flosci sul viso e le braccia estremamente magre. Non aveva una bella cera, nonostante volesse occultare il tutto con un sorriso.

“Ce la faccio, tranquilla! Solo che ho dimenticato la bacchetta e dovresti aiutarmi a sistemarle” Dakota accettò volentieri. Era l’unica faccia amica per l’intera Sala, occupata dalle amiche e alleati di Alyson che la guardarono di traverso, ignorandola del tutto.
E inoltre voleva parlare con Bree, con la speranza di capire il motivo del suo imbruttimento. Era trascurata, anche nel modo in cui indossava la divisa - che sembrava raccattata tra quelle usate tra sorelle per risparmiare - e non si truccava piú, cosa alquanto strana in quanto Bree aveva sempre avuto una certa cura di sè.

“Da quando mio fratello ha lasciato Alyson, tutti hanno innalzato un odio nei tuoi confronti” Bree indicò con un cenno il gruppetto delle Corvonero, che al loro passaggio mormorarono qualcosa attente a non farsi sentire.

“Non che a me interessi, tranquilla. Non ho mai voluto che mi amassero. A te, invece, come vanno le cose?” Dakota stava vivendo una situazione abbastanza particolare anche tra le sue compagne di casa, che piú del solito tendevano ad isolarla e a guardarla con furia e disapprovazione. Lei non si lasciava influenzare, ma quei particolari non erano passati inosservati a Regan, che non conosceva il particolare di Noah e dei suoi tentativi di conquista. Particolari che Dakota avrebbe preferito tener all'oscuro anche Alyson e il suo gruppo di amiche. Ma Noah era stato tanto stupido da parlare chiaro, e di conseguenza lei aveva trovato un ennesimo modo per rivoltare metá casata contro Dakota. 

“Se può consolarti, io trovo tutto molto stupido.” Bree tentò di spostare l’attenzione di Dakota su altro ed evitare di rispondere. Le cose non andavano per niente bene. Aveva una gran voglia di piangere e chiedere aiuto a qualcuno ma, ogni volta che ne sentiva il bisogno, sentiva di essere in torto nei confronti di Liam. Giá il trascorrere del tempo con Kenny all’oscuro di tutti la faceva sentire un verme, denunciare Liam avrebbe confermato quei comportamenti meschini. Liam era diventato un terrore, incarnava la paura vera. Quando trascorrevano del tempo insieme, Bree temeva che qualunque parola avrebbe potuto scatenare la sua collera, e ogni volta che rifiutava di stare con lui, si sentiva demoralizzata e umiliata. Ma tutto quell’inferno tentava di tenerlo dentro di sè.

“Bree, tu come stai?” Dakota non avrebbe spostato l’attenzione su di sè, anche perche percepiva che Bree aveva bisogno di aiuto piú di quanto ne avesse bisogno l’intera scuola. Un ennesimo sorriso finto fece aumentare i sospetti di Dakota.

“Io bene! Ultimamente mi sto stancando piú del dovuto, ma per il resto va tutto bene” Posò lo scatolone ai loro piedi, massaggiandosi le ossute braccia, e finse di concentrare il suo interesse sulle direttive che Alyson aveva lasciato ad inizio incontro. L’unico motivo per cui volle abbassare lo sguardo fu che le lacrime e la voglia di parlare con qualcuno la tradirono, facendo per poco cadere l’apparenza che stava costruendo attentamente pur di non attirare l’attenzione. 

“Noah è preoccupato per te, lo sai?” Nonostante non avessero mai toccato il tasto “Bree”, Dakota sapeva che Noah stava soffrendo particolarmente per il silenzio nel quale si stava nascondendo Bree. Aveva notato, piú volte, il modo in cui raggiungeva il tavolo dei Corvonero cercando sua sorella, oppure le piccole premure che le dedicava. Come quella mattina che le aveva portato un bicchiere di succo di zucca, vedendola estremamente pallida, e le aveva carezzato il capo con amore, non nascondendo lo sguardo quasi rassegnato di fronte a quello stato di malessere. Noah non avrebbe mai parlato, ma Dakota coglieva particolari che altri non avrebbero colto. 

“Davvero, Dakota, è un periodo abbastanza stancante ma passerá, tranquilla” Bree le passò un cristallo di ghiaccio che Dakota fece levitare fino al soffitto. 

“Qualunque cosa, puoi parlare con me. Scardiniamo la credenza che tra i Potter e i Malfoy non ci possa essere un alleanza.” Bree sorrise e assunse una leggera espressione maliziosa, priva di cattiveria.

“A scardinarla ci avete pensato già tu e Noah...” Dakota quasi distrusse un addobbo, ma riprese il controllo. A tradirla fu però il volto arrossato, nonostante finse di non capire cosa volesse dire Bree.

“So che tu stai con Regan e mio fratello è stato un vero idiota, ma io ho sempre scommesso su di voi e mantengo aperta questa speranza.” Dakota socchiuse le labbra per ribattere, ma l’arrivo di Violet zittí i suoi tentativi di distruggere le sue speranze.

“Finalmente dei volti amici!” Dakota aveva avuto pochi confronti con Violet, ma erano stati abbastanza da farla apparire simpatica. Bree invece abbassò lo sguardo, colpevole del tempo che le sottraeva con Kenny, anche se lei non ne era a conoscenza.

“Alyson è una pazza! Sta costringendo metá del comitato ad andare nella foresta proibita a cercare un albero di Natale abbastanza grande da poter mettere una riproduzione del Castello in ghiaccio” Bree sorrise, ammettendo che Alyson nel suo voler tutto perfetto e impeccabile, cadeva in richieste quasi impossibili.

“Un giorno la vedremo venir trascinata via da un gruppo di curatori...” Dakota, incurante di essere ascoltata o meno, quasi urlò quella considerazione. Non sopportava gli atteggiamenti illogici che assumeva ogni volta che doveva organizzare qualcosa.

“Avrei preferito che tu e Drake aveste organizzato qualche altra festa, come quella di inizio anno. Sarebbe molto piú divertente.” In due lavorarono molto meglio, mentre Bree indivaca dove dovevano essere posti gli addobbi.

“Non credo che gioverebbe maggiormente alla mia situazione. Vorrei evitare di attirare l’ira di Alyson su di me, anche se, a quanto pare, sta già organizzando una caccia a Dakota...” Una fata tentò di volare via, ma Dakota riuscí a catturarla e le disse -in toni gentili - che doveva raggiungere le altre e restare lì finchè la festa non si fosse conclusa. 
Entrambe le ragazze sorrisero, tentando di allegerire la tensione che poteva essere captata in Sala Grande o ovunque ci fossero Alyson e Dakota. 

“Se può consolarti io non prenderei parte ad una caccia del genere. Sei troppo carina per poterti odiare, e inoltre hai dei capelli magnifici. È impossibile odiarti.” Bree dovette ammettere che Violet era molto carina, oltre che allegra e socievole. Kenny aveva tutte le ragioni del mondo per frequentarla, e lei nessuna per sentire quella morsa di gelosia che le fece cambiare subito espressione. Kenny provava cosí tanta pena per lei da essere disposto a passare piú tempo in sua compagnia che in compagnia di Violet. Doveva essere messa davvero male. 

“Alyson ha molti altri motivi per farlo. Ma grazie per il sostegno.” Dakota manteneva sempre la sua attenzione su Bree, e notò anche il cambio d’espressione che sottolineò maggiormente l’aria trasandata.

“DOVE SONO FINITE LE FATE!” Alyson poteva essere riconosciuta solo per una semplice particolaritá: la voce stridula, fastidiosa come le unghie sulla lavagna. Dakota cercò di mantenere la massima calma, respirando a fondo e sperando che qualunque cosa le fosse stata detta, non avrebbe ceduto e creare occasioni per farsi odiare. 
Bree alzò una mano, chiamandola a sè. Le erano state date da Alyson stessa, ma pensò che avesse dimenticato quel passaggio. Stava per ricordarglielo quando Alyson, vedendo Dakota con le fate, assunse un'aria furiosa. Il suo sorriso sarcastico fece presagire aria di guai.

“Hai preso le fate senza chiedermi direttive.” Dakota - che aveva finto di non notare la sua presenza - voltò il capo verso Alyson, sfoderando il suo miglior sorriso falso. 

“Pensavo che le tue direttive fossero quelle di chiedere alle fate di posizionarsi sul soffitto e creare un fiocco di neve” Non doveva cedere, qualunque cosa le avesse detto Alyson, doveva mantenere la calma. 

“Io non ho mai detto una cosa del genere” Bree stava per rispondere, ma Dakota le fece cenno di non parlare. Non voleva che Bree pagasse per il semplice fatto che le aveva rivolto la parola. Inoltre Alyson e Bree erano amiche. Anche se, da quando Noah l’aveva lasciata, anche con lei aveva assunto atteggiamenti freddi e distanti. 

“Si che lo hai detto, Alyson. Altrimenti non avrei preso le fate senza permesso.” Involontariamente Dakota le passò una palla calda, che le permise di tirar fuori il rancore cementato in lei.

“Non sarebbe la prima volta che prendi qualcosa di MIO senza chiedermi il permesso, ALLE MIE SPALLE!” La frecciatina era rivolta a Noah e Dakota doveva tralasciare il tentativo di Alyson di ricevere una sua reazione, e piangere per l’ingiustizia appena ricevuta.

“Calmati Alyson, sono solo fate.” Violet intervenne, trovando la reazione di Alyson estremamente esagerata. Inconsapevole di cosa la facesse parlare in quel modo. 

“Io non parlo solo delle fate. Parlo di tutto! Dakota ha sempre avuto la mania di rubarmi la scena. Prima con la festa, poi con Noah! Adesso che hai Noah ai tuoi piedi cosa farai? Il doppio gioco e magari porterai entrambi a letto?” Si permise di tirare in ballo anche Regan, accusandola di essere una “mangia uomini” egoista e falsa. Dakota avrebbe potuto sopportare quelle accuse, se fossero state urlate in un confronto che avrebbe coinvolto solo loro due. Ma non davanti a gran parte degli studenti Corvonero, alcuni dei quali conoscevano anche Regan. Non avrebbe petmesso ne a Noah, ne ad Alyson di rovinarle la storia con Regan. Meritava la tranquillitá, meritava la felicitá di stare con qualcuno che da sempre l’aveva ammirata e rispettata. 
Fece uno scatto in avanti, fulmineo e aggressivo, che fece ritrarre Alyson con un urlo impaurito. La volle incutere solo paura, ma non la sfiorò.

“Se osi dire un’altra cosa del genere, ti faccio inghiottire le fate e tutti i tuoi stupidi addobbi, stronza!” Non riusciva a sopportare l’idea che Alyson, spinta dal suo bisogno di vendetta, potesse continuare ad infangarla. Lo aveva fatto per anni, restando sempre impunita: era giunto il momento di strapparle quel vizio a suon di pugni. 

“Sei una selvaggia! Noah non mi avrebbe mai lasciato se tu non gli avessi promesso qualcosa!” Altre accuse giunsero ad attaccarla. Violet la fermò per un braccio, consigliandole vivamente di non darle altri motivi per frignare e far passare lei, Dakota, come meschina. 

“Noah non ti avrebbe mai lasciato se non fossi stata una psicopatica! MUORI TU E LA TUA STUPIDA FESTA!” Gettò tutto per aria e lasciò la Sala Grande piú rabbiosa che mai. Aveva tentato di non creare occasioni di scontro, ma Alyson era decisa a fargliela pagare e la colpa era tutta di una sola persona: Noah!




**




Gli ultimi giorni, prima delle vacanze di Natale, furono dedicate alla festa e alla partita Tassorosso-Corvonero, permettendo a molti studenti di trascorrere quei giorni nella pace natalizia che era visibile in ogni angolo del Castello. Gli stessi fantasmi di Hogwarts trascinavano dietro la loro aria lugubre, un richiamo alla festa piú attesa dell’anno - dopo le vacanze estive - e le lezioni furono dedicate a prove di metá anno. Kenny, nonostante avesse recuperato in molte materie, continuava a trascorrere del tempo con Bree, notando come ogni giorno perdeva tranquillitá e sicurezza. Ma si sentiva inerme e privo di risorse di fronte a quella complicata situazione: era un'intricata e complessa storia e lui non riusciva a trovare un modo per prestarla aiuto. Restavano chiusi nell’aula di Astronomia e le battute, gli scherzi e i sorrisi, si erano ridotti, trasformando tutto in silenzio e sguardi, in cerca di qualche traccia che potesse essere utile nella missione di supporto che Kenny stava tentando di portare avanti.
Drake aveva avuto modo di ritornare nell’aula circoscritta ai Tutor e, le lezioni di recupero tenute con Madison, erano silenziose e tese. Ogni volta che lui tentava un approccio simpatico, Madison gli ricordava che il senso dell’umorismo l’aveva perso a causa sua, zittendolo con un semplice sguardo, che nascondeva ancora la sua aria dolce. 
Kyron ogni volta che usciva dalla stanza di Ameliè si sentiva sempre piú vuoto. Il sesso era divenuto ripetitivo e insapore. L’eccitazione iniziale dell’illegalitá, della proibizione, aveva lasciato spazio allo squallore del semplice atto carnale che non lasciava nulla. Ameliè era presuntuosa, arrogante e, quando parlava, Kyron sentiva solo forti emicranie che passavano solo una volta uscito da quella stanza. 
Mya tentava di tenersi alla larga da Kyron, ma condividere il dormitorio non l’aiutava. Era consapevole di ogni suo movimento. Quando tornava dalle lezioni, quando usciva durante la notte e rientrava la mattina dopo. Come se il suo cuore si agganciasse ai suoi movimenti e monitorasse ogni passo. Matthew Weasley, inoltre, le stava sempre intorno: l’accompagnava a lezione e le riservava un posto quando le loro case condividevano l’aula. Era piacevole la sua compagnia, ma fu meno piacevole rifiutare il suo invito alla festa di Natale. La salvò la banale scusa di voler accompagnare Maddy che, dopo lo spiacevole evento accaduto nel cortile, aveva bisogno di sostegno. Scusa che non la salvò comunque, quando Mettew le disse che si sarebbero visti lì e le avrebbe riservato un ballo.
Dakota, dopo quanto accaduto in sala Grande, aveva preso di petto Noah con risultati insoddisfacenti: si erano ritrovati nuovamente a litigare, dirsi tutto quello che giá sapevano. Noah aveva tentato nuovamente di convincerla a lasciare Regan e come risposta aveva ricevuto un ennesimo schiaffo. Erano entrati in un girone infinito di accuse e rabbia, odio e desiderio di ricominciare. Noah aveva dato a Dakota un’ultima chance prima di dichiararle guerra, minacciandola nuovamente che non avrebbe avuto freni la prossima volta che avrebbe incontrato lei e Regan. Era tutto insensato ed egoistico, come era egoistico continuare a negare che Noah non faceva piú parte della sua vita.


Il giorno della partita era carica, colma di forza e adrenalina nonostante il freddo e la neve che aveva imbiancato il campo e gli spalti. Dakota, insieme alla sua squadra, stava ripassando gli ultimi schemi e le tattiche alternative nel caso in cui uno di loro sarebbe mancato all’appello. 

“Oggi è una giornata meravigliosa! Il rischio di congelamento è alto, ma per il Quidditch molti di noi darebbero anche un rene! Buongiorno a tutti, qui vi parla l’adorabile Kenny Montague con la meravigliosa partecipazione della professoressa Minerva McGranitt. Per chi non lo sapesse, anche lei è stata una giocatrice di Quidditch e dalla giuria mi confermano che era anche tra le piú adorabili.” La voce di Kenny avrebbe accompagnato la competizione. Frizzante, gioiosa e impertinente. La professoressa McGranitt gli sorrise, portando alla mente i giorni in cui anche lei era stata giovane e acclamata dal pubblico.

“Questo adorabile commento non ti salverá dalla valutazione per la prova della settimana scorsa.” Ma non la addolcí. Kenny sfoderò un sorriso tranquillo, ma in cuor suo aveva sperato che la sua simpatia potesse inniettare nello spirito severo della donna qualche dose di buonismo e clemenza. 

“Ecco che entrano in campo le due squadre. I capitani delle rispettive squadre si posizionano al centro per stringersi la mano, prima di dar inizio ad una competizione che perderá il senso della sportivitá.” Dakota e Brandon Challanger si strinsero la mano, per poi montare sulla propria scopa e raggiungere il resto della squadra.

“Ragazzi, lo stile di Dakota Malfoy come capitano è fuori dal comune! Adesso si capisce perchè Regan Smith sia stato cosi caparbio per tutti questi anni. Una donna del genere, amici, capita di incontrarla solo una volta nella vita.” Il commento di Kenny giunse come una frustata nella direzione di Noah Potter, che stava prendendo posto tra gli spalti. Sorrise divertito, sentendosi pienamente preso in causa.

“I bolidi sono stati liberati, così come il boccino d’oro… ecco la pluffa ed INIZIA LA PARTITA!” Un boato seguí le parole di Kenny, quasi a spaccare gli spalti e il muro del suono. 
Drake arrivò in ritardo e individuò Mya e Madison che guardavano la partita negli spalti verde-argento. Nonostante l’umiliazione ricevuta, Madison non si lasciò intimorire dalla presenza di Tyra, Swami e Aisha a pochi metri di distanza da loro. Sembrava godersi la partita e con lei anche Mya.

“Ehi piccolette! Perchè qui tutte sole?” Vederlo senza Kyron demoralizzò Mya. Sicuramente era con la ragazza misteriosa che incontrava tutte le notti e che forse avrebbe portato alla festa di quella sera. 

“Non vogliamo mischiarci alla gentaglia di questa scuola.” Mya urlò troppo, in modo che la risposta giungesse anche alle tre streghe, che finsero di non ascoltare. Ma l’arrivo di Drake aveva destato l’attenzione di molte, tra cui anche la loro.

“Oh oh, la mia sorellina è diventata anche spocchiosa. E tu, Madison, condividi le sue idee...” Voleva riapprocciare in tutti i modi con Madison che come risposta scrollò appena le spalle, lasciandolo muto e privo di risposte con le quali ribattere e continuare a conversare.

“E tu, come mai solo fratellone? Dov'è l’altro tuo compare?” Mya lasciò che la curiositá giocasse un ruolo maggiore sulla ragione e l’orgoglio. Drake, con un balzo, si posizionò tra entrambe e le prese sotto braccio.

“Arriverá tra poco. Stava ancora dormendo quando ho lasciato il dormitorio. Ieri sera abbiamo fatto un po' tardi...” Trascorrere le notti a consumare calorie con il sesso poteva stremare chiunque, compreso Kyron. Ma il particolare non fu esplicitato. Per quanto potesse odiare Ameliè e trovare quella relazione una gran perdita di tempo, Drake avrebbe coperto l’amico fino alla morte.

“Allora, Madison... ti piace il Quidditch?” Non sopportava essere ignorato in quel modo. Aveva compreso che le parole che le aveva riservato non erano state genitle - anche se sincere - ma voleva ritornare a parlarle come due amici. Maddy, dolcemente si scostò da lui e rispose, nuovamente, con una scrollata di spalle. Mya si divertiva un mondo nel vedere suo fratello in difficoltá, ma nascose il sorriso, fingendo indifferenza. 

“Cavolo ragazzi! QUEL BOLIDE STAVA PER SCARAVENTARE IL PORTIERE NELLA FORESTA PROIBITA. Malfoy e Smith battono alla grande sul campo, chi sa se nella vita di coppia...” La McGranitt sottrasse violentemente il microfono dalle mani di Kenny e lo strigliò con un bel rimprovero, sottraendo dei punti a Serpeverde per quel commento fuori luogo. 

“Ma professoressa, era una considerazione innocente...” Si sentí dire da Kenny, quando riprese il microfono dalle mani della donna, che lo pietrificò con lo sguardo.
Noah sentí le budella torcersi, provocandogli dei crampi. Aveva lo sguardo puntato su Dakota e si sentí salire la bile alla gola quando la vide ridere al commento di Kenny e scoccare a Regan un'occhiata fin troppo maliziosa. Che avessero fatto sesso e lui non ne era a conoscenza? No, Dakota glielo avrebbe detto in un impeto di rabbia. Oppure lui non voleva accettare un’idea del genere.

“Ehi amico, quella faccia non mi comunica nulla di buono...” Liam si sedette accanto a lui e lo riportò alla realtá. Noah lo salutò con una pacca sulla spalla, facendogli spazio.

“Nulla, tranquillo. Ma Bree non è venuta?” La presenza di Liam non era accompagnata come al solito da quella di Bree. 

“Non si sentiva molto bene. Ha preferito restare in camera, cosí stasera può venire alla festa.” Ormai aveva imparato a mentire perfettamente e con lui anche Bree, che aveva accettato di assecondare quella bugia. In realtá Liam le aveva proibito di andare alla partita cosí da non dover incontrare Kenny, che dagli spalti commentava la partita.

“Ancora… dovrei andare da lei...” Noah fece per alzarsi ma Liam lo fermò.

“Ha detto che voleva dormire. Non penso che disturbarla l’aiuterebbe a riprendersi.” Noah per un attimo esitò ma poi demorse. Poteva fidarsi di Liam e, se lui aveva incontrato sua sorella prima di lui e gli assicurava quella versione, doveva credergli. Si accomodò nuovamente e continuò a guardare la partita, con adesso anche una forte preoccupazione ad accompagnare la morsa di gelosia che provava ogn volta che Regan e Dakota volavano vicino e si scambiavano occhiate d’intesa.

“Ragazzi questa partita è meravigliosa! E ammettiamolo: vedere i due piccioncini collaborare in quel modo è uno spettacolo. Lo so dovrei commentare la partita ma la sinergia che trasmettono è ipnotica!” Corvonero vinceva contro Tassorosso 60 a 30 ma Kenny era attirato piú da Regan e Dakota, che sul campo si muovevano con complicitá e coesione, non intralciando mai l’operato di entrambi.
Noah si passò una mano sul volto, stirandolo quasi a graffiarsi la pelle. Era insopportabile quella partita, non riusciva a guardarla senza provare una sensazione di nausea. Perchè solo adesso quelle sensazioni fisiologiche facevano capolinea in lui e facendogli notare particolari fino ad allora non notati? Il modo in cui, anche in piena partita, Regan le parlava all’orecchio facendola sorridere. Le maledette mani che non mancavano mai di toccarle le gambe o i capelli. Maledizione, sarebbe esploso da un momento all’altro.

“Stevens ha sfiorato il boccino per poco! Grande colpo di Smith che lo ha quasi disarcionato dalla scopa!” Dakota si avvicinò a Regan e lasciò che la baciasse, velocemente, davanti ad un intera scuola e davanti ai suoi occhi. Noah si alzò come una furia: non sopportava vedere quelle scene disgustose tra i due. Liam lo guardò confuso mentre si allontanava a fatica dalla sua postazione e lo abbandova sbigottito.

“Ehi Potter, la partita non è di tuo gradimento?” Drake fu tra i pochi a notare la sua reazione, avendo gli spalti dei Grifondoro accanto. Non ricevendo attenzione da Madison si concentrò su un’altra vittima che cercò di ignorarlo ma, vedendo Mya e Maddy, approfittò per chiedere alle due di sua sorella Bree, ennesima preoccupazione.

“È alquanto insopportabile!” Rispose a tono Noah, avvicinandosi al trio. 

“Ah la nostra Dak ha trovato l’amore e il povero Potter non lo sopporta! Che giornata di merda...” Gli fece spazio con l’intento di tormentarlo. Lo sguardo omicida non ebbe l’effetto desiderato ma diede a Drake altri motivi per incidere sulla questione, fino a quando Noah lo zittí con un pugno sul braccio e si rivolse a Mya.

“Mya, per caso sai come sta Bree?” Sentendo il nome dell’amica anche Maddy si voltò verso di lui, riprendendo la parola.

“Ieri è mancata per la prova di metá anno di Trasfigurazione. Madama Chips ha comunicato alla professoressa qualcosa che l’ha esonerata dallo svolgerla. Abbiamo chiesto di vederla ma ci è stato proibito...” Anche Drake comprese la delicatezza della questione e si ammutolí di colpo. 

“Non sapete altro?” Noah si sentiva un pessimo fratello nel non sapere quei particolari, ma non gli era stato comunicato niente del genere e i suoi impegni scolastici e le sue distrazioni lo tenevano all’oscuro di molte cose.

“Credo che dovresti parlarle. È da un po' che siamo tutti preoccupati per lei...” Mya lo invogliò ad indagare di persona sui motivi di quel cambiamento repentino dell’umore - e non solo - di Bree.

“Ho provato a chiederle il perchè stia così, e le uniche risposte che sa darmi sono che è stanca e che madama Chips la tiene sotto controllo e non devo preoccuparmi” Noah aveva piú volte pensato di scrivere ai genitori, ma Bree lo aveva pregato di non farlo e gli aveva promesso che presto si sarebbe ripresa. 

“Se fossi in te andrei da lei...” Drake conosceva bene le preoccupazioni da fratello maggiore, come le distrazioni che molte volte lo tenevano lontano da Mya, facendo insediare in lui sensi di colpa. Noah annuí e, ringraziando gli amici, ritornò sui suoi passi, dritto ai dormitori dei Corvonero. Anche se Liam aveva detto che Bree aveva bisogno di dormire, lui non poteva lasciarla in un letto morente. Voleva accertarsi con i suoi occhi che stesse bene. 

“VINCE CORVONERO PER 211 A 30! GRANDE PARTITA RAGAZZI!! E CHE BACIO! DA CENSURA! VIETATO AI MINORI!” Furono le ultime parole che Noah riuscí a sentire, prima di spegnere il boato del campo. In parte ringraziò Merlino per non aver assistito.




**
 



Alyson era fiera del suo operato, tutto era perfettamente in ordine: musica giusta, luci giuste e l’abito che indossava valorizzava la sua bellezza. Era andata alla ricerca della perfezione sulle migliori pagine di moda che richiamavano il tema natalizio e, sicura di sè che quella sera Noah avrebbe rimangiato ogni parola detta e ogni decusione presa, fece il suo ingresso. L’abito in oro brillava sotto le luci tenue ed eleganti che le fate avevano ricreato con la loro magia. Il bustino incastonato di pietre preziose e la gonna in tulle la rendevano simile ad una principessa, e il diadema che indossava era il chiaro segno della sua auto-proclamazione a reginetta di quella sera. Come ogni anno era stata indetta la votazione per la coppia piú bella e, come ogni anno, la vittoria sarebbe stata sua e di Noah, anche se momentaneamente non stavano piú insieme. E a quel punto Noah avrebbe capito che era lei la sua regina e non Dakota Malfoy.
Salutò gli amici che si complimentarono con lei per la meravigliosa atmosfera ricreata e per l’abito, e si congratulò con se stessa quando vide l’enorme albero di natale con al centro la riproduzione di Hogwarts interamente in ghiaccio. Lei otteneva tutto ciò che chiedeva e quella sera avrebbe ottenuto anche Noah. 
Si mise in disparte in attesa del suo arrivo.

Drake entrò, fingendo di non notare gli sguardi di adorazione che gli vennero rivolti. L’abito grigio scuro metteva in risalto il suo fisico prestante: alto, un’intera fascia muscolare intravista dal collo della camicia sbottonato appena. Senza la divisa scolastica mostrava qualche anno in piu. Un vero fascino d’uomo dagli occhi penetranti e dal sorriso beffardo. Al suo seguito si aggiunse Kyron, che non veniva messo in ombra dalla bellezza dell’amico. L’eleganza era stata cucita perfettamente su di lui. Nell’abito nero assumeva un’aria matura, da vero uomo galante. Solo una facciata fittizia a nascondere il ragazzo disinteressato all’amore. Kenny li raggiunse poco dopo. Nonostante la sua statura non perdeva bellezza. Il nero era un perfetto accostamento con la carnagione chiara, i capelli color cenere e, il modo in cui si sistemò i polsini della camicia, fece andare in iperventilazione un gruppo di innocenti ragazzine del terzo anno, desiderose di essere invitate da almeno uno del trio dell’apocalisse a ballare. Cosa che non accadde. Drake si riforní subito di tre bicchieri di Burrobirra e, guardandosi prima intorno, corresse il tutto con del Whisky incendiario. 

“Questa festa sará un vero mortorio! Avrei dovuto convincere Dakota a organizzarne una alternativa. Alyson è troppo contenta per i miei gusti.” Erano fermi quasi al centro della sala, ad osservare il territorio in cerca di una “preda” da agguantare quella sera. 

“Potresti sempre divertirti con qualche ragazza. Nonostante tu abbia umiliato Tyra, Swami Sun ti sta mangiando con gli occhi...” Drake si voltò sulla sua destra e ricambiò, con un alzata di calice e un sorriso ammiccante, lo sguardo languido della bella Swami che si mordicchiò il labbro e mostrò la scollatura generosa dell’abito.

“Magari come Dessert. L’ho ripassata tante di quelle volte che non c’e una parte del suo corpo che non sia stata conquistata da Drake e il suo…” Non continuó la frase perchè proprio in quel momento Kenny fu raggiunto da una raggiante Violet, bellissima ed elegante. I tre soffocarono una risata e finsero di non aver ascoltato quel commento che avrebbe fatto infuriare qualsiasi donna. Kenny le cinse la vite e la baciò da bravo gentiluomo sulla guancia.

“Se ci fosse una competizione per decretare i ragazzi piú belli di Hogwarts, voterei voi tre.” Violet aveva fatto amicizia con Drake e Kyron trovandoli estremante simpatici, nonostante le brutte dicerie che gran parte delle ragazze del Castello raccontavano sul loro conto. Conosciuti al di fuori di un letto erano simpatici e di ottima compagnia, e Drake e Kyron pensavano di lei la medesima cosa.

“Anche se io vincerei tra tutti, sono un bocconcino. Non riuscivo a staccarmi gli occhi di dosso prima, in Sala Comune.” Drake aprí le braccia e girò su se stesso, accostando di poco il sedere al fianco di Kyron che lo spintonò disgustato.

“Se anche fossi gay tu saresti l’ultimo uomo con il quale passerei una notte di sesso!” Violet rise di gusto e Kenny, giocosamente, schiaffeggiò il sedere dell’amico.

“Saresti la mia troia preferita, Nott!” Aggiunse Drake, arricciando il naso. 

“Ragazzi, io vi lascio. Vado a scatenarmi un po' sulla pista da ballo.” Kenny guardò Violet che annuí all’invito tacito e, prendendolo per mano, lo trascinò in pista sulle note di “Dance,Dance” dei Fall out boy. Alyson almeno sulla musica aveva avuto la brillante idea di far passare brani allegri. Molti avevano temuto di dover danzare sulle note di un Valzer Viennese, come l’ultima volta. Forse l’esperienza le era bastata. 

“Stasera attuerai il nostro motto: gioca duro e vivi libero?” Erano rimasti solo Kyron e Drake, e la burrobirra era quasi finita. Dovevano rifornirsi al piú presto. 

“Magari piú tardi. Voglio aspettare Mya e Dakota per controllare l’una e accertarmi che l’altra abbia indossato l’abito che le ho procurato per questa sera. Voglio vedere Potter con il sangue al naso per l’eccitazione.” Sorrise mellifluo all’idea di tormentare Noah Potter quella sera. Aveva tentato di farlo alla partita, ma la questione di Bree era una questione delicata: se si fosse presentato alla festa avrebbe significato che Bree stava bene e che quindi Noah poteva essere tormentato. 

“E poi, all’ultima festa ho fatto un incontro speciale...” Kyron quasi non riuscí a credere alle sue orecchie. Si voltò con aria confusa. Drake non ricordava mai gli incontri avuti alle feste, soprattutto quelle organizzate da lui dove l’alcol scendeva a cascate e distruggeva ricordi e volti. Ma il sorriso malizioso lo rincuorò: il suo amico restava il solito stronzo.

“Il culo piú bello visto ad Hogwarts. Piccolo e sodo, da prendere a morsi. Con quel culo avrei da fare cosí tante cose! Spero di rincontrarlo, e quindi mi metto buono qui ad aspettare.” 

“Questo rimandare a dopo i piaceri carnali mi da il sospetto che tu stia abbandonando l’aria da bad boy. Devo preoccuparmi...” Drake era sensibile a insinuazioni del genere e Kyron - trovando la festa estremamente noiosa - voleva stuzzicare l’amico, che lo guardò come se avesse appena pronunciato il nome di sua madre con l’aggiunta di qualche aggettivo spiacevole.

“Mi stai sfidando, Nott?” Ingurgitò tutto d’un fiato le ultime tracce di Burrobirra e lasciò che il bicchiere fosse portato via dall’incantesimo di richiamo, che si attivava quando il contenuto nei bicchieri veniva consumato. Si posizionò di fronte all’amico, impostato all’attacco, scrutandolo con sorriso mellifluo. La festa era noiosa e lui voleva movimentare il tutto.

“Ti sfido!” Bevve anche lui l’ultimo sorso di burrobirra e, schioccando le labbra, sfregò le mani mettendo in moto il suo cervello in cerca di una sfida che potesse allietarlo. 

“Ti sfido a riconquistare tutte le ragazze a cui hai spezzato il cuore e non solo…” Risero insieme, prima di ritornare apparentemente seri e decretare le regole da rispettare nella sfida. 

“Anche quelle fidanzate...” Era malvagia come proposta, ma quando la noia prendeva il sopravvento tutto era lecito.

“Se vinco correrai nudo per Hogwarts!” Drake giá degustava la vittoria, avendo piena sicurezza che nessuna lo avrebbe respinto, anche chi lo aveva maledetto in qualunque lingua conosciuta.

“Se vinco io lo farai tu.” Kyron allungò la mano per per sigillare l’accordo, e la presa forte che ricevette fu il presagio che quella sera sarebbe stata piú divertente del previsto.

“Ah, una cosa prima di andare: Ameliè ti sta guardando da quando sei entrato. E il suo sguardo è un chiaro messaggio: strappami gli abiti di dosso e soddisfa i desideri piú contorti della tua mente...” Drake imitò la voce di Ameliè, scimmiottandola. Kyron si allungò oltre le sue spalle e notò la bella Ameliè, che controllava la Sala. Il suo sguardo però era assente; l’unico interesse si trovava dall’altra parte della Sala Grande. In risposta tuttavia ricevette un sorriso accennato e disinteressato. Era bellissima Ameliè, non poteva negarlo. Indossava un abito nero interamente in velo che strappava fantasie erotiche, coprendo solo le parti proibite. Gli occhi erano truccati pesantemente, intensificando lo sguardo e le labbra rosso fuoco erano un invito. Ma Kyron oltre la bellezza, che avrebbe notato tutti, non riusciva a vedere altro e anche la sua libido non rispondeva. 

“Mettiamo in atto la sfida e poi mi preoccuperò di Ameliè.” Forse a fine serata le avrebbe dato ciò che voleva. Ma per adesso voleva godersi il divertimento con l’amico e voleva godersi, per quanto noiosa potesse apparire, la festa senza aver alcuna proibizione. 
Ed Ameliè si imponeva come tale. 


Noah aveva deciso di partecipare alla festa dopo aver trascorso tutta la giornata con Bree, tentando in tutti i modi di farle parlare. Ma lei gli aveva assicurato che doveva tranquillizzarsi, doveva smetterla di riservarle tutte quelle premure e con un sorriso sforzato, ritrovato autoinflingendosi una tortura, lo aveva incitato a prepararsi per la festa, ricordandogli che doveva riconquistare una “certa ragazza”.
La Sala Grande richiamava il tocco di Alyson. Tutto era megalomane, pomposo ed estremo. Tutto richiamava il Natale e l’atmosfera degna di una regina delle nevi. Aveva indossato un abito blu scuro e aveva lasciato sbottonata la camicia bianca ai primi due bottoni, senza alcuna restrizione, come era solito chiedergli Alyson perchè considerato piú ordinato. Si guardava intorno, dondolandosi da un piede all’altro, teso come una corda di violino. Ora che anche Noah era uno scapolo in libertá, molti sguardi interessati si rivolsero al pacato Grifondoro, ma lui li ignorò tutti. Il suo sguardo era in cerca di un altro volto, di occhi simili ai suoi che avrebbero ricambiato il suo sguardo, sperando di ritrovare un'intesa e la fine dei conti. Sapeva di essere ingiusto ma, se Dakota fosse giunta con Regan, non sarebbe stato un motivo per fermare le sue intenzioni. 
Ma lei ancora non c’era e lui ebbe l’impeto, momentaneo, di andar via. Non c’era alcun motivo per rimanere se non c’era Dakota. Lui aveva deciso di partecipare alla festa per lei, per vederla, per parlarle ancora una volta e insistere fino a quando non avrebbe ammesso che il suo posto non era tra le braccia di Regan ma tra le sue. Si toccò il petto, sentendo un lieve colpo. Non era un infarto, ma il sintomo dei suoi sentimenti. 

“Potter! Cercavo proprio te.” L’enorme stazza di Arthur Weasley Jr. quasi lo travolse in un abbraccio fraterno. La presa del portiere Grifondoro era ferrea, quasi a soffocarlo, nonostante Noah fosse alto quanto lui.

“Arthur, non credevo di poterti mancare tanto.” Gli 80 kg di muscoli quasi lo gettarono a terra, ma sostenne quel peso, ricambiando il saluto con una pacca sulle spalle.

“Da quando finalmente ti sei tolto dalle palle Alyson mi manchi spesso! Stasera è la resa dei conti, campione?” Non riusciva a stare fermo. Non era come suo fratello Matthew, di natura pacata e gentile: Arthur Weasley era un toro scatenato e alle ragazze non riservava di certo gentilezze o sguardi timidi. 
Lo tempestò di pugni, prima di passare a Noah un bicchiere di burrobirra, rigorosamente corretto nello stile di Drake. 

“Non sará facile! Soprattutto con l’intera squdra Corvonero all’appello...” Noah accennò la presenza di Alexander e gli altri componenti con le rispettive accompagnatrici, e immaginò la rissa che una qualunque sua reazione avrebbe potuto scatenare. Regan non avrebbe ignorato il tentativo di Noah di portargli via Dakota e con lui anche i suoi amici. Bevve tutto d’un fiato la burrobirra corretta, preparandosi allo scontro decisivo. Non aveva mai ricevuto punizioni e, se Dakota lo spingeva a tanto, allora voleva dire che i suoi comportamenti non erano capricci.

“Non dirmi che hai paura di qualche Corvonero! E poi hai sempre noi a proteggerti il culo.” Ebbe un ennesimo spintone che gli fece andare di traverso la bevanda. Arthur doveva controllare quei modi di fare, o con quelle enormi mani avrebbe fracassato qualcuno. 

“Ehi, ragazzi! Iniziate a bere senza di me?” Frank Paciock quasi li travolse. Era la fotocopia del padre, anche se in versione piú magra e sicura di sè. Al suo seguito si aggiunse Daniel Thomas, cugino di Arthur da parte di madre.

“Non lo reggi l’alcol, Frank! Non vogliamo passare la notte a mantenerti la fronte.” Noah gli negò la burrobirra corretta, il secondo bicchiere che Arthur gli passó sotto banco. L’ultima volta che avevano lasciato Frank bere si erano ritrovati nei bagni dei prefetti, con lui mezzo nudo che scaricava tutto ciò che lo stomaco aveva rigurgitato. Una scena da dimenticare.

“Tu stai bevendo troppo invece! Nervoso per la serata?” Il gruppo di Noah era a conoscenza dei suoi piani, forse tra i primi. Aveva richiamato a sè il consiglio fidato composto da quelle persone apparentemente normali, ma che di normale non avevano nulla. Prima di agire aveva richiesto la loro opinione, il loro consiglio, e l’assenso generale lo aveva spinto a provarci, a rischiare, anche se tra loro spuntava l’animo anarchico che si era schierato dalla parte opposta.

“Per me dovresti ritornare con Alyson. Lei è cosí raffinata, elegante e intelligente. Dakota è un maschiaccio.” Daniel prese parte alla conversazione, accennando la figura di Alyson che si muoveva tra la folla mantenendo l’espressione allegra e cordiale da perfetta padrona di casa. I tacchi alti non erano un ostacolo al suo passo legiadro ma l’abito che indossava era estremo, troppo pomposo e regale. 

“La Malfoy ha un culo da urlo! E inoltre è davvero cazzuta! Per me Noah ha fatto bene a lasciarla, Alyson. Hai la mia approvazione fratello.” Arthur entrò subito in difesa di Noah con commenti poco regali ma ben apprezzati. 

“Sono stati insieme per due anni! Noah non puoi buttare una storia importante per un capriccio.” A Noah parve di parlare con Alyson. Anche lei aveva utilizzato quelle parole, particolare che fece accendere in lui la lampadina della ragione.

“Da quando parli con Alyson?” Nascose un sorriso beffardo sorseggiando la sua burrobirra. Doveva aspettarselo da Alyson un attacco del genere: cercare pena tra i suoi amici, passando per la vittima che era stata lasciata per una sciocchezza. Implorare affinchè qualcuno lo convincesse a ritrovare il lume della ragione e ripensarci. Daniel fu colto alla sprovvista e non riuscí a negare ciò che, a quanto pare, era evidente.

“Alyson sta davvero male! Le manchi molto e…” Frank lo privò del bicchiere, aggiungendo la sua opinione sulla questione.

“E tu dovresti farti gli affari tuoi! Noah è libero di fare quel che diamine gli pare ed io penso che tra lui e Dakota la storia doveva nascere due anni fa! Tutta Hogwarts lo pensa! Quindi, stasera Noah vai e colpisci!” Ci fu un'esaltazione generale che fece girare i molti presenti in Sala. Frank e Arthur iniziarono a tartassare Noah, sballottolandolo da una parte all’altra, urlando e saltando come se avessero vinto la coppa del Campionato di Quidditch, rischiando di versargli la burrobirra addosso e rovinargli l’impeccabile smoking indossato per quella sera. Daniel non era riuscito a far sentire la sua voce e, anche se Noah fosse stato attento, non era intenzionato a rinnegare i suoi sentimenti. Gli importava poco di Alyson, anche se con lei aveva avuto una storia di due anni questo non significava dover forzatamente continuare a stare insieme. Aveva sentito la mancanza di Dakota ogni giorno in quei due anni, sentendo spine dolorose per ogni parola detta con ira o veleno, per ogni sguardo torvo o evitato. A questo avrebbe dovuto prestare attenzione per capire fin da subito che con Alyson non era stata una storia importante. 
I festeggiamenti e le esaltazioni terminarono e Arthur fu il primo a fargli notare che il suo momento era giunto. Lo spintonò in avanti, facendogli pressione a raggiungere Dakota che, sottobraccio con Regan, entrò nella Sala Grande. Noah fu immerso in un enorme scatola compressa, sentendo la terra mancargli sotto i piedi e le budella ritornarono a fare festa in lui. Dakota era meravigliosa, accostandosi perfettamente al tema della festa. Sembrava che tutte le luci, gli addobbi e l’atmosfera fossero stati costruiti per lei. La regina delle Nevi avrebbe avuto il suo volto nell’immaginario di Noah e, dal modo in cui la guardarono, anche per gli altri. 
I lunghi capelli erano stati legati in una magnifica treccia che partiva dalla sommitá del capo, mettendo in mostra i suoi lineamenti perfetti, ereditati dall’appartenenza ai Malfoy. L’abito era in perfetto accostamento con i colori della festa: azzurro ghiaccio. Il corpetto a maniche lunghe, completamente in pizzo, lasciava intravedere poco la pelle e si fermava sotto il seno lasciando scoperto - lievemente - un filo di pancia, dove poi continuava la gonna che aderiva alla perfezione alle sue curve fino al ginocchio. Era radiante per la vittoria e per la spensieratezza che le procurava Regan e sembrò non rendersi conto che Noah la stava adulando con lo sguardo.


Mya quasi dovette trascinare Maddy alla festa, che non desiderava trascorrere quella sera a respirare la stessa aria di Drake e magari dover assistere ai suoi soliti comportamenti che avrebbero demoralizzato e buttato nel baratro della disperazione il suo umore, giá schiacciato sotto tonnellate di scarsa autostima, dovuto anche al look optato per quella sera. Aveva rifiutato gli accorgimenti di Mya e l’abito in velluto bordeux con bamboline e cerchietto abbinato la facevano assomigliare ad una bambola di ceramica. Avrebbe stonato con tutti e stonava anche con Mya, che quella sera era meravigliosa nel suo abito bianco. Le spalline drappeggiate con ornamenti in oro scavavano una scollatura profonda sul davanti e sulla schiena e l’attaccatura ad impero scendeva aderente fermandosi sui fianchi, lasciando la pelle scura scoperta e in bella vista. Drake non avrebbe approvato, ma lei aveva comunque optato quell’abito. 

“A volte ti crucerei, Madison Diggory! Potevi valorizzarti di piú e non indossare quest’abito che sembra essere uscito dal baule della nonna.” Mya era furiosa con Maddy. Odiava vederla in quello stato, soprattutto se la ragione per cui aveva deciso di imbruttirsi in quel modo era suo fratello. Aveva un viso dolce, l’animo piú buono che Mya avesse incontrato, ma tutto era rovinato da quella maledetta insicurezza. Maddy abbassò il capo, ricevendo quel rimprovero senza controbattere. Avrebbe potuto indossare un qualunque abito migliore di quello, ma era l’unico capace di nasconderla. Dopo l’evento del cortile doveva ringraziare Mya se continuava ad uscire in pubblico.

“Hai ragione. Sarebbe stato meglio se fossi rimasta in stanza...” Si guardò intorno nervosamente, notando le accortenze che le altre ragazze avevano avuto sul proprio outfit. Ma ormai era tardi: era entrata in pista e non avrebbe potuto evitare di essere vista, anche perchè da lontano scorse Tyra che quasi si strozzò con la sua burrobirra, quanso la vide. Lei era meravigliosa nel sui abito rosso, interamente in merletto, che lasciava viaggiare la mente su ogni curva del suo corpo lievemente scoperto in alcuni punti. 

“Adesso però divertiamoci! E non pensare a quelle streghe, che non hanno nulla piú di te, se non la capacitá di stressare la vita delle persone.” Ormai era slegata dal contratto di indifferenza che la univa a Tyra, dato che non era piú la ragazza di Drake. Poteva manifestarle tutto il suo disprezzo e, guidando Maddy al tavolo delle bibite, gliela manifestò alzando il dito medio nella sua direzione, concentrando tutta la frustrazione e l’odio in quell’unico gesto.

“Devi iniziare a vivere senza lasciarti condizionare dagli altri. E smetterla di crederti inferiore a qualcuno, come Tyra. Non c’è niente che non va in te. Hai bisogno solo di maggior autostima.” Mya versò della Burrobirra ad entrambe e fece tintinnare i calici, traducendo il sorriso di Maddy in un segnale positivo.
 
“E tu dovresti smetterla di guardarti intorno in cerca di Kyron. C’è Matthew Weasley che non riesce a toglierti gli occhi di dosso. Non girarti però!” Maddy la riprese in tempo, ridacchiando insieme. Mya aveva notato gli sguardi che Matthew le aveva lanciato, timidamente, dal fondo della Sala e il modo in cui gli amici lo avevano incitato a raggiungerla. Ma aveva tralasciato quelle attenzioni, perchè non erano le attenzioni che stava cercando e lui era rimasto impiantato lí, quasi a volersi nascondere. Non  riusciva a trovare il coraggio di rischiare anche perchè era consapevole, a malincuore, che lo sguardo di Mya era alla ricerca di un altro sguardo. Matthew sapeva chi stava cercando con tanto affanno, anche se tentava di nasconderlo.

“Non sto cercando nessuno.” Negare non fu sufficiente, soprattutto per il sorriso colpevole che assunse. Poteva costringere se stessa a evitarlo, a indurire lo sguardo e fingere indifferenza, ma lo avrebbe sempre cercato. Le bastava guardarlo in silenzio per sentire un lieve benessere invaderla e inniettarle dosi di tranquillitá. Voltò il capo, guardando oltre la folla e notò che anche Matthew era sparito. Si morse le labbra colpevole dei lievi tagli di delusione che infliggeva al doloce Grifondoro. Stava giocando le stesse carte che Kyron giocava con lei. Era un gioco pericoloso in cui avrebbe perso sempre qualcuno, ma non riusciva a non renderlo possibile. 

“Diamine Zabini! Se continui a dare il meglio di te alle feste, corromperò il comitato organizzativo affinchè ne diano una ogni settimana.” Maddy espresse il disgusto provato nell’avere Dylan McLaggen - a pochi metri da loro - scoccandogli il suo sguardo peggiore. Anche se piú che un’espressione di disprezzo, sembrava lo sguardo di una bambina impaurita. Mya invece era capace di manifestare appieno i propri sentimenti e assunse un’espressione inaspettata per i suoi lineamenti armoniosi, piú calzante per suo fratello Drake; ma lei riuscí ad imitarlo perfettamente.

“Sai, McLaggen, i tuoi tentativi di rimorchio sono molto tristi. Dovresti aggiornare il tuo repertorio...” Mya assunse la presuntuosa sicurezza di poter affrontare Dylan McLaggen senza attendere che Drake intervenisse e la salvasse, come era accaduto spesso. Aveva il pieno controllo, non era una sciocca ragazzina bisognosa del fratello maggiore. Poteva affrontare Dylan con la giusta dose di impertinenza, con l’approccio giusto da Serpeverde. Ma quelle convinzioni furono abbattute: Dylan assimilò quelle parole come un invito a importunarla e si fece piú avanti, invadendo lo spazio di Mya. 

“Sei sexy quando affili le unghie...” Non doveva lasciarsi intimorire da quegli atteggiamenti, assunti appositamente per metterla in imbarazzo. Ma il modo in cui la guardava le trasmetteva disagio, quasi paura. I suoi occhi correvano su tutto il suo corpo quasi a violarla. Sentí come se quelle mani la stessero toccando realmente, sentí un brivido gelido passarle lungo la schiena e automaticamente abbassò lo sguardo sconfitta. Sentirsi inerme in quel modo le faceva provare una vergogna scandalosa, il timore di non riuscire a mostrare la sua forza se si fosse trovata di fronte a Dylan da sola, senza la presenza di metá scuola che poteva denunciare la violazione della sua persona. Maddy percepí il senso di disagio provato da Mya e tentò di raggiungerla, scavalcare il muro imposto dalle spalle possenti di Dylan e sottrarla a lui. Ma Dylan glielo impedí, mettendola da parte come l’ultima volta.

“Che ne diresti di spostare il ballo in camera mia, magari senza quest’abitino. Oppure vuoi che te lo tolga io…” Mya arretrò, sentendo una presa d’aria prenderla alla bocca dello stomaco. Dylan aveva tentato di calarle una spallina dell’abito e ora rideva di fronte allo sguardo intriso di terrore che Mya assunse incosciamente. Maddy squittí, sentendo la medesima paura, volendo tirar via Mya dalle grinfie di quello spregevole che continuava a guardarla, facendo intendere cosa la sua mente stava architettando. 
Ma l’intervento giunse puntuale e Dylan si ritrovò con il braccio in una posizione innaturale. La presa di Drake e lo sguardo, una maschera di ingannevole calma, era incastonato in quello di Dylan, che sorrise mellifluamente.

“Dylan, carissimo bastardo, quante volte devo ripeterti che non devi accostarti a mia sorella per nessun motivo? Cosa aspetti per capire? Un braccio rotto, magari per un mese, ti ricorderá di stare al tuo posto?” Maddy sentí un lieve solletico allo stomaco: sembrava un adulto, vestito elegantemente e con l’aria seria che assumeva ogni volta che qualcuno lo infastidiva, e non il ragazzino sciocco che a volte tendeva a mettere in mostra più volentieri. 

“Stavamo solo scherzando, vero Mya?” Dylan strozzò il sorriso che tentò di rivolgere a Mya, e Drake si abbassò in direzione del suo orecchio.

“Ho detto che non devi avvicinarti a lei. E questo vuol dire anche non parlarle, non guardarla e - dato che ti trovi in una posizione di svantaggio - ti consiglio di evitarla anche tra i corridoi.” La Sala Grande sembrava del tutto assente da quella situazione spiacevole e fu una fortuna. Così non avrebbero attirato l’attenzione dei professori, che quella sera erano presenti in Sala. Ameliè l’avrebbe colta come una macabra e piacevole occasione per segnalare Drake. 
Mya si coprí, mortificata. Aveva voluto evitare il suo intervento e dimostrare che senza di lui era capace di risolvere i suoi problemi. Ma non era possibile; lei aveva bisogno che suo fratello Drake fosse la sua voce, le sue azioni. Era ancora una sciocca ragazzina che aveva bisogno di essere coperta da qualcuno piú forte di lei. 

“Non so cosa aspetti. Ma, credimi McLaggen, se continui di questo passo ti ritroverai al San Mungo e non saprai nemmeno come ci sei arrivato...” Drake fece piú forza in quella stretta, con il forte impulso di spezzargli realmente il braccio, come aveva gia suggerito. Ma Noah intervenne e da buon prefetto e capitano della squadra glielo impedí, evitando che la situazione potesse degenerare.

“Cosa diamine sta succedendo qui?” Non cercava reali informazioni sull’accaduto, conoscendo alla perfezione entrambi e sapendo che l’atteggiamento di Drake nei confronti di Dylan era un atteggiamento giustificato. 
Drake si sistemò i polsini della camicia e sorrise, come se non fosse accaduto nulla.

“Nulla, caro Potter. Io e il mio amico Dylan stavano contrattando su alcune cose. Ma adesso è tutto perfettamente chiaro. Vero, Dylan?” Gli cinse le spalle in una stretta mortale che lo fece mugolare dal dolore e alimentò l’odio, giá fermentato, nei suoi confronti. 
Noah guardò entrambi, scorgendo la differenza di sguardi. Drake sorrideva, anche se in quel sorriso era intriso il rancore e la voglia di prendere a pugni Dylan, mentre quest’ultimo non lo nascondeva ma restava zitto anche perchè, se avesse parlato, Noah aveva il potere di sottrargli dei punti e di cacciarlo dalla squadra. 

“McLaggen credo che sia meglio che tu te ne torni in stanza.” Noah aveva odiato da sempre la decisione di prenderlo in squadra, ma era un componente fondamentale, un ottimo giocatore. Ma la sua etica andava contro i principi di qualunque Grifondoro, e non solo. 

“Non puoi dirmi cosa fare, Potter. Posso restare qui come un qualunque studente!” Dylan si scaldò e divenne paonazzo, preso dall’indignazione di essere cacciato. Noah indurí i lineamenti calmi e pacati e si fece avanti, affrontandolo con la leadership da capitano che gli conferiva il potere di dire ai propri giocatori cosa fare. 

“Ora porti il tuo culo fuori da qui, oppure ti sogni di giocare fin quando io sarò capitano della Squadra.” I toni erano caldi e gli animi infuocati. C’era una rabbia che aleggiava in quell’atmosfera di festa che avrebbe potuto rovinare la meravigliosa coreografia in ghiaccio creata con tanta cura da Alyson. Noah aveva i nervi a fior di pelle, dovendo sopportare la visione di Dakota incollata al fianco di Regan, che si aggirava per la Sala con l’intera squadra. Sembravano quelle tipiche coppie familiari che trascorrevano i Natali insieme, lasciavano crescere i propri figli insieme. Un po' come accaduto anche a lui con Dakota. Non lo sopportava, si sentiva scoppiare. 
Dylan si scrolló di dosso anche Drake e lasciò la Sala Grande con l’orgoglio ferito e una rabbia che avrebbe trovato vendetta.
Noah si assicurò che Mya stesse bene per poi assicurarsi che Dylan fosse realmente andato via, e si allontanò lasciando a Drake il compito di rassicurare Mya. Nonostante lo sguardo impaurito e quasi di supplica che rivolse a suo fratello, quest’ultimo rimase impassibile. Era in collera, lo si poteva leggere dal modo in cui si concentrò sull’abito di lei. 

“Non azzardarti a parlare Mya! Dylan sará anche un bastardo ma questo abito va contro i miei livelli di sopportazione. Cerco di essere piú permissivo con te ma me lo rendi difficile!”
Il tono autoritario strappò via il gioioso Drake che adorava viversi la vita con spensieratezza. Non riusciva ad adottare la medesima filosofia con sua sorella. 

“Non posso sempre stare attento a quello che potrebbe accaderti! Devi imparare ad evitare situazioni spiacevoli come questa! Se adesso non ci fossi stato io? Eh? Cosa sarebbe accaduto? Dopo DOVE CAZZO AVREI DOVUTO SBATTERE LA TESTA?” La raritá delle volte in cui Drake si scaldava in quel modo faceva apparire tutto troppo serio, carico di tensione e voglia di scavalcare quell’autoritá che si imponeva, come se di fronte a lei ci fosse suo padre e non suo fratello. Drake era simile al padre, molto piú di quanto potesse immaginare.

“Dovrei mandarti in camera a cambiarti! Con quest’abito… sembri una facile!” Maddy si coprí la bocca con le mani, non lasciandosi sfuggire il gridolino indignato. Drake non si era mai rivolto a sua sorella in quel modo, utilizzando la sua autoritá così pesantemente, al punto da offenderla. Mya non riuscí a sopportare quell’ultima considerazione senza irrompere irata. In parte aveva ragione Drake: sapeva che Dylan nei suoi confronti aveva assunto nell’ultimo periodo un atteggiamento estremamente ossessivo e fastidioso, sapeva che a quella festa c’era il rischio di ripetere una scena giá vista, sapeva che quell’abito avrebbe fatto infuriare Drake. Ma sapeva anche che ci sarebbe stato Kyron e la sua stupiditá l’aveva indotta a ricercare la sua attenzione, o almeno a provarci, con risultati pessimi: Kyron non c’era e Drake aveva avuto modo per scoppiare come un vulcano, spazientito dal doverla sempre tirare fuori dai guai che creava con le sue mani. Ma non sopportò anche questa, era stufa. 

“Io mi vesto come mi pare! E se ti infastidisce tanto prendere le mie parti allora NON FARLO! NON HO BISOGNO DI TE!” Stava per piangere, delusa dal modo in cui Drake le si era rivolto. Non era mai accaduto, suo fratello aveva sempre avuto massima considerazione e rispetto di lei. Ma quel rispetto era sparito in poco, con quella sua semplice voglia di scavalcare l’autoritá del fratello. Aveva perso fiducia e stima, Mya e a sua volta anche Drake aveva perso, non avendo più lo stesso controllo su di lei. 

“Bene! Allora la prossima volta lascerò che te la cavi da sola! Non sará piú un mio problema! Fai come diamine ti pare!” Drake alzò le mani, scrollandosi ogni responsabilitá che aveva ritenuto sacra nei confronti di Mya. Si autoeliminò dal ruolo di fratello maggiore sempre pronto per sua sorella, sempre in prima fila per difenderla e stenderle una mano. Lei non voleva il suo aiuto, si sentiva troppo grande e matura per continuare a ricevere quel tipo di protezione e supporto. Bene! L’avrebbe accontentata. 

“Io non intervengo nella tua vita! Non sono venuta da te a dirti quanto sei patetico a provarci con tutte le ragazze in Sala!” Mya aveva finto di non vederlo, per amore di Maddy, ma il loro ingresso in Sala Grande non era stato dei migliori. La prima scena che avevano scorto i suoi occhi era stata quella di suo fratello Drake in compagnia di Marissa Spencer e, per il modo in cui si baciavano, sarebbe stato meglio andare direttamente nella Stanza delle Necessitá a soddisfarne una. Si erano nascosti in un angolo della Sala e Mya aveva riconosciuto la ragazza perchè, al quinto anno, aveva tentato di distruggere la scopa di Drake per essere stata lasciata dopo aver fatto sesso. Lui era ritornato a provocare una tra le tante con il cuore spezzato e lei lo aveva accolto, quasi dimenticando l’umiliazione subita. 

“Io mi faccio carico delle mie responsabilitá quando faccio qualcosa!” Era un gioco, quello che aveva dovuto interrompere per salvarla dalle grinfie di Dylan. Era un gioco tra due persone coscienziose e consenzienti. Un gioco che, però, aveva trovato divertente solo lui. Non a caso Marissa avrebbe ricevuto un’ennesima delusione l’indomani, quando sarebbe ritornata ad occupare un ruolo anonimo nella vita di Drake. Ma lui era consapevole che quei comportamenti sarebbero stati il frutto di odio e maledizioni, ma poco gli importava.

“Vaffanculo Drake!” Mya era completamente fuori controllo. Odiava suo fratello per quell’ipocrisia che penalizzava anche lei. Lo odiava perchè la faceva apparire intoccabile agli occhi di Kyron, lo odiava perchè non le permetteva di sbagliare e lasciare che la perdonasse. Odiava per come faceva sentire anche Maddy che alle sue spalle lo guardava, incredula per il comportamento che aveva assunto. Aveva creduto Drake fedele solo alla sua famiglia e alle persone che aveva a cuore. Ma, esattamente come Kyron, nascondeva una natura scissa da quelle credenze. Non voleva restare ancora in sua compagnia. Voltò i tacchi e si mischiò tra la folla. 
Drake aveva sentito il medesimo dolore di Mya. Aveva sentito le stesse perturbazioni, ma era stanco di doversi preoccupare e ricevere sempre atteggiamenti indisponenti come risposta. Mya doveva capire che lui era semplicemente un fratello e, come tale, avrebbe sempre avuto atteggiamenti rigidi nei suoi confronti. Si stiracchiò il volto, stremato dal consumo di quelle energie e fece per andarsene. Ma vide Maddy alle sue spalle e si guardarono in silenzio. Anche con lei aveva sbagliato e anche lei non aggiunse nulla a quello sguardo che aveva giá detto tutto. Lo lasciò lì, seguendo Mya.

“Problemi in paradiso?” Noah ritornò indietro, passando a Drake un calice di burrobirra rigorosamente corretto. Ne aveva bevuti abbastanza quella sera, ma sembravano non bastare mai: continuava a guardare Dakota e sentire le budella contorcersi. L’alcol non gli offuscava la vista, non gli svuotava la testa e non rendeva accettabili le ragazze che avevano tentato un approccio. Era messo male.

“Già… è dura la vita del fratello maggiore.” Drake accolse volentieri il dono di Noah, facendolo fuori tutto d’un fiato. Schioccò le labbra, assaporando quell’illegalitá che stava scorrendo tra gli studenti sotto false spoglie.

“Ti capisco. Bree mi ha ricordato che ho altro a cui pensare e non lei che sembra un fantasma. Ti denudano di ogni autoritá.” Noah fece un altro sorso e guardò in direzione della sorella, che aveva preso parte da poco ai festeggiamenti.

“Io ho anche perso una scommessa.” Drake sorrise pensando a Kyron e a quanto si sarebbe divertito quando avrebbe riscosso la sua vincita.

“Scommessa?” Noah aveva dimistichezza con le scommesse che incorrevano tra Kenny, Kyron e Drake e sapeva che non sarebbe stato nulla di consono.

“Diciamo che mostrerò il mio corpicino a tutta Hogwarts...” 

“Ma che problemi avete?” Risero insieme, ammettendo che tra quelle mura nessuno poteva considerarsi normale o tra i confini della normalitá. Anche un animo apparentemente tranquillo, come Noah, nascondeva ombre. 

“Per ora quello che ha seri problemi sei tu, amico mio. Sei stato gentile a prendere le mie parti, prima con Dylan, ma non eri costretto a farlo. Soprattutto se il motivo è che questa serata è una serata di merda. Guarda la nostra Dakota, è una meraviglia...” Drake, nonostante l’intoppo accaduto con Mya e lo sguardo di Madison che non lo aveva lasciato indifferente, non aveva dimenticato il perchè aveva dato a Dakota quell’abito: voleva vedere la faccia di Noah quando l’avrebbe vista entrare e voleva divertirsi. E il risultato fu appagante. Noah la guardò, mentre ritornava in pista con Regan e ballavano insieme ad Alexander e la sua compagna. Era felice, raggiante e mai una volta aveva guardato nella sua direzione. La guardava e Drake lesse pentimento, odio per se stesso, gelosia e un pizzico di tristezza che mosse il bene che provava anche per il giovane Potter. Voleva divertirsi ma non al punto da dover sopportare lo sguardo da cane bastonato che assunse. 

“Potter! No, ferma un attimo.” Lo afferrò per le spalle e interruppe la visione straziante che era rimasto a fissare come ipnotizzato.

“Il mio scopo non era quello di vederti così, ma farti REAGIRE!” Lo scrollò, sperando di strappargli l’espressione disperata dal volto.

“Hai combinato un pasticcio! Sei stato un vero idiota per due anni. E odio ammetterlo ma anche io speravo di vederti con Dakota, invece di Regan Smith. Ma sei stato una testa di cazzo e adesso hai due possibilitá.” Noah ascoltava attentamente. Le aveva provate di tutte, aveva perseguitato Dakota al punto da ricevere solo schiaffi, da litigare ripetutamente senza sosta, ma non aveva ottenuto ciò che voleva. Si sentiva perso, sentiva di averla persa. Ma non avrebbe demorso. Ingurgitò altra burrobirra e ascoltò attentamente Drake.

“O lasci che Dakota resti con quel perdente, oppure tu stasera tenti una carta eccezionale. La migliore del tuo mazzo! Io non credo nell’amore ma voi, amico, siete anime gemelle.” Drake aveva ascoltato ogni lamentela di Dakota, sopportando i pianti, sopportando le irragionevoli motivazioni che non avevano permesso ad entrambi di dichiararsi apertamente. Lui aveva sempre sperato di vederla felice, consapevole che Noah avrebbe potuto darle la felicitá. Ma l’aveva spinta a provare con Regan perchè ormai tutti davano per persa la storia tra un Potter e un Malfoy e perchè nella sua mente contorta, ma che vedeva al di lá della comune realtá, sapeva che facendo cosí Noah avrebbe aperto gli occhi, facendosi avanti. Ma non aveva calcolato l’orgoglio di Dakota, quella variabile gli era sfuggita.

“Devo usare la mia carta migliore...” Si ripetè Noah convinto. Prese un altro calice, questa volta però Drake lo aveva fornito della sua scorta personale di whisky incendiario, nascosto gelosamente all’interno della giacca e lo lasció bere. Noah bevve come un assetato, bevve tutto d’un fiato sentendo a malapena il bruciore che quasi mandò in tilt le sue papille gustative e la gola.

“Io conosco Dakota. Dakota ed io siamo anime gemelle. Cazzo, Drake! Sei un fottuto genio!” Ora sapeva cosa fare, conosceva Dakota da una vita, conosceva le sue passioni, le cose che odiava, cosa le piaceva fare quando era triste e cosa faceva quando era felice. Sapeva leggere la sua anima meglio di chiunque altro, meglio di Regan che si illudeva di conoscerla. Smith però non aveva mai visto Dakota a 7anni con l’apparecchio ai denti, non aveva mai visto Dakota vergognarsi di fronte ad una scena romantica in compagnia di suo padre, non aveva mai visto quanto poteva essere romantica e come poteva commuoversi di fronte ad un tramonto. Lui invece aveva visto tutto questo, aveva preso parte a tutto della vita di Dakota, e Regan poteva solo provarci ma non avrebbe mai appagato il senso di vuoto che avevano provato entrambi dividendosi. 
Noah bació Drake sulla fronte e prima di andare gli chiese un semplice piacere: “Distrai Regan”.


Tutta la sera, dal momento dedicato a prepararsi - seguendo attentamente le direttive dettate da Drake - fino all’attimo in cui aveva messo piede in Sala Grande, in cui aveva danzato, quando aveva stretto Regan, quando gli aveva sorriso, un unico e ripetitivo pensiero aveva governato la sua mente: non guardare Noah, non accennare, per un solo attimo, di aver colto il suo sguardo. E Dakota era riuscita a trattenere quell’irrefrenabile voglia di voltarsi verso di lui e sorridergli almeno un po'. Regan si era quasi prostrato ai suoi piedi quando l’aveva vista scendere le scale. Con sguardo adorante aveva seguito il suo passo, calmo e apparentemente tranquillo, inconsapevole dell’irrequetezza che quella sera le aveva iniettato in ogni muscolo. Era stata una sfida contro se stessa e continuava anche adesso mentre ballava sulle note dei Billy Talent. Aveva il volto accaldato e quel sorriso messo come scudo, pur di non notare come Noah continuava a guardarla chiedendole di lasciar perdere Regan e gettarsi tra le sue braccia. Ma Dakota non aveva risposto a quel richiamo e aveva continuato a danzare, fermandosi solo adesso per un sorso di succo di zucca fresco.

“Ne ho assolutamente bisogno!” Aveva chiesto a Regan, mentre lui continuava a farla volteggiare sulle note scatenate, impensabili per una festa organizzata da Alyson.

“Quando torno però devo parlarti.” Quella frase metteva in allerta chiunque, anche chi come Dakota non aveva nulla di cui preoccuparsi. Annuí semplicemente, lasciandogli la mano. Regan si incamminò verso il tavolo delle bibite e lei si fece da parte, lasciando la pista libera per chi ancora voleva ballare.

Drake stava cercando di escogitare un piano perfetto, che andasse oltre la sua genialità. Si guardava intorno, tenendo d’occhio Noah intento a mettere in campo la sua arma migliore. Ma nessun suggerimento provenne per aiutare l’amico ed allontanare Regan. Perchè doveva ritrovarsi in situazioni scomode? Si guardava intorno alla ricerca di Kenny o Kyron, alleati di piani malefici, ma di loro nemmeno l’ombra. 
Cadde nel panico totale e nessun idea riuscí ad accendere la lampadina delle idee. Doveva fare qualcosa, Noah era troppo brillo per dargli tempo e il suo cervello doveva essere piú veloce ed evitare che, qualunque idea avesse attraversato la mente del Grifondoro, sfociasse in rissa. Poi lo vide: Regan era da solo al tavolo interamente in ghiaccio che traboccava di bevande. Accanto esattamente al castello delle fate, abbastanza lontano dalla pista. Guardó in giro, in cerca di qualche Corvonero che avrebbe potuto intralciare i suoi piani. Alexander era sparito, forse appartatosi con la sua ragazza. Gli altri componenti della squadra erano in disparte a festeggiare la vittoria a modo loro e Alyson stava chiacchierando con alcune compagne di Casa. Altri studenti guastafeste erano intenti a pensare a sè e Regan era solo. Era il momento di agire e fare un’azione buona, che non lo avrebbe reso un santo ma che avrebbe appagato il senso di colpa provato nel vedere la disperazione di Noah. Si avvicinò con cautela, sperando di non destare alcun sospetto. Se Dakota avesse saputo dell’aiuto che stava prestando a Noah gli avrebbe dato dell’ipocrita bastardo, perchè lui, proprio lui l’aveva invogliata a cedere alle avance di Regan. Lui, Drake Zabini, che in quel momento stava per confondere Regan Smith, le aveva consigliato di dimenticare Noah Potter. 
Lo fece: usò su Regan l’incantesimo Confundus e lo condusse ancora piú lontano da dove si trovava Dakota, lasciando il resto a Noah.



Dakota si guardava le mani: doveva tenere la mente occupata mentre attendeva che Regan tornasse. Non per pensare a cosa le avrebbe detto ma per non cercare Noah con lo sguardo. Aveva notato come alcune ragazze del quinto anno avevano tentato un approccio con lui, un modo per farsi invitare a ballare, ma Noah con gentilezza ed eleganza, senza mai rivolgersi con toni bruschi o insensibili, aveva rifiutato. Noah era un vero gentiluomo e non si sarebbe mai smentito con atteggiamenti che non gli appartenevano. Sorrise, ripensando al modo in cui aveva allontanato Margareth Finnagan carezzandole una mano. La dolcezza era insita in lui come una parte integrante di sè. Noah non sarebbe mai cambiato. 
Poi sentí quelle note e il cuore perse un battito. Dolci, malinconiche, appartenenti ad un passato quasi dimenticato. Musica in contrasto con quella che aveva accompagnato la serata fino ad allora. Ma nessuno sembrò notarlo, anzi: Silente dal tavolo degli insegnanti, messo in disparte lontano dal vivere degli studenti, sembrò riconoscerla e con gioia invitò a ballare l’anziana amica di una vita, Minerva McGranitt, che accettò con gioia. Quella canzone lasciò cadere un velo di romanticismo di altri tempi, di quell’amore lasciato ormai andare. Dakota la ricordò e un nodo al cuore le fece rinascere dei ricordi dolci, ma altrettanto dolorosi per poterli sopportare. Doveva essere solo una coincidenza che quella canzone fosse stata messa, doveva essere solo una triste e cattiva coincidenza. Ma quando vide Noah farsi strada con sicurezza tra la folla, ebbe la certezza che non si trattava di quello. Era un film, un racconto romantico, quello che stava vivendo Dakota in quel momento. Voleva scappare lontano dai ricordi, lontano da Noah. Ma quando tentò di farlo lui la prese per mano e la condusse tra le sue braccia e mimò, con le labbra,  la canzone non staccandole gli occhi di dosso.
Ray Charles, con la sua voce, li condusse a danzare lentamente. Le mani intrecciate, una posata sul cuore di Noah, l’altra distesa leggermente e dondolavano lentamente, seguendo quella voce insita di dolore e malinconia per la sua Georgia. 

“Other arms reach out to me
Other eyes smile tenderly
Still in peaceful dreams I see
The road leads back to you”


“La ricordi?” Dakota non riusciva a parlare, se lo avesse fatto avrebbe pianto come una bambina. Annuí semplicemente, accennando un sorriso.
Noah la condusse al centro della pista, non stonando con la magica atmosfera che aveva creato.

“Ricordi quando quella pazza di mia madre ci costringeva a ballarla?” Risero insieme. Ricordava perfettamente i pomeriggi trascorsi a casa Potter. Luna adorava quella canzone e ogni giorno, tra le mura di casa, si sentivano risuonare quelle note e i due piccoli Dakota e Noah fingevano noia. Noia che con il tempo si trasformò in un tentativo di voler prendere in giro il momento romantico del rientro di Harry che, prendendo sua moglie tra le braccia, la salutava sulle note di quella canzone, dondolandosi nella cucina della loro dimora. E con il tempo Luna, trovando carino il modo in cui Noah e Dakota tentavano di danzare, aveva deciso di metterla per loro. Tanto da farla diventare la loro canzone.

“E ricordi cosa ti dissi, una delle milioni di volte che la danzammo?” Come poteva dimenticare Dakota? Era accaduto poco prima di scoprire che Noah aveva chiesto di uscire ad Alyson, l’ultima volta che si erano ritrovati nella Stanza delle Necessitá come loro solito, a parlare di nulla in particolare. Dakota sorrise ma quel sorriso ebbe un effetto collaterale: piccole lacrime rischiarono di rovinarle il trucco. 

“Che sarebbe stata sempre la nostra canzone e che..” Rise di gusto perchè ricordò quanto fu divertente vedere la serietá che impiegò Noah nel dirlo,  con reale convinzione.

“Non l’avresti ballata mai in pubblico! Sarebbe stato ridicolo. Ma che l’avresti ballata solo con me...” Dove erano andata tutte quelle promesse? Perchè quella sera di qualche anno prima, sulle note malinconiche di Georgia on my mind, Noah non le aveva detto cosa provava realmente? Cosa li aveva spinti a quel punto? La fece volteggiare lentamente su se stessa prima di riprenderla tra le braccia. 

“Sará stato il whisky a suggerirmelo ma non lo trovo piú così ridicolo. Penso che sia davvero la nostra canzone...” Dakota aveva notato un velo di brio nel suo sguardo, ma non aveva dato a quel particolare un peso tanto da considerarlo. Stava danzando con Noah, un segreto che aveva custodito per anni nel suo gelido e apparente cuore di pietra. Dimenticò tutto: la rabbia, il rancore, Regan. Adesso c’era solo la voce di Ray Charles, Noah e le luci soffuse. Era magico, non solo perchè fate vere volavano per la Sala o per i fiocchi di neve che scendevano dal soffitto. Era una magia mentale che aveva trasportato Dakota a due anni prima quando tutto era ancora perfetto.

“Prima che finisca la canzone e tu ritorni tra le braccia di quell’idiota di Smith, volevo chiederti scusa.” Noah aveva la voce quasi tremante. Trovare le parole giuste, che non rovinassero tutto, era difficile e il whisky gli stava suggerendo di lasciar perdere introduzioni inutili ed arrivare al sodo, giungere all’unico motivo che lo aveva spinto a ballare in pubblico, nonostante lo avesse giurato con una mano poggiata alla mappa dei malandrini di suo padre che mai lo avrebbe fatto.

“Ho aspettato che andassi via da me per farmi avanti. Sono stato un egoista schifoso, avrei dovuto essere sincero anche con me stesso. Non sei mai stata una semplice amica per me. Tu sei Dakota, la mia Dakota ed io sono Noah. Noah non può stare senza Dakota. Siamo anime gemelle.” Stava lasciando che il whisky parlasse e ripetesse frasi insensate. 
Dakota tentò di parlare, trovando insopportabile quelle parole, non perchè non fossero vere, ma perchè esplicitavano chiaramente ciò che Dakota aveva pensato ogni giorno, che aveva continuato a pensare anche quando Noah mostrava di amare Alyson. Quando lei, arrabbiata come una belva, continuava comunque a credere che loro due, le loro anime, fossero così unite da non poter trovare ostacoli che potessero spezzarle. Noah era il suo passato, presente e futuro. Il suo nome aveva assunto un significato tanto profondo che Dakota non avrebbe potuto chiamarlo diversamente. “Noah” significava parlare anche di sè, significava prendere un intera vita, i suoi 16 anni e vedere sempre lui in qualunque momento. 
Ma lui la fermò.

“Prima che la canzone finisca. Sono stato io a ferirti, testa di cazzo che sono! Ma un’altra Dakota non esiste! Lo ha detto anche Kenny oggi, durante la partita! E non voglio accontentarmi di qualcuno che non sia tu. L’ho fatto lo so, ma è stato un casino! Era come se avessi preso una parte di me e l’avessi ammazzata. Sono vuoto, e le sto tentando tutte! Anche rendendomi patetico ma non importa, non me ne frega un cazzo, perchè, Dakota, io…” Ma la musica si spense, si chiuse il sipario su di loro e ci fu un'intrusione improvvisa, come se qualcuno provasse un gusto macabro nel devastare entrambi. La musica passò come sottofondo e alcuni organizzatori della festa fecero retrocedere gli occupanti della sala da Ballo. Una del comitato organizzativo fece apparire con un colpo di bacchetta un piccolo patibolo sul quale prese posto. Dakota fece per andarsene ma Noah la trattenne, stringendole la mano. 

“Dobbiamo parlare, andiamo via da qui...” Ma Dakota non voleva seguirlo. Regan non l’aveva raggiunta ma sapeva che il ballo era stato notato da molti presenti in Sala, e il rischio che anche Regan avesse notato quella situazione fastidiosa era possibile. Scosse il capo e tentò di sottrassi, ma la presa di Noah era salda e non la lasciò andare. La ragazza del comitato si schiarí la voce e sorrise ai presenti. Era un’amica di Alyson e lo sguardo, privo della gentilezza mostrata poco prima, si fermò su Dakota. Lei aveva ancora le lacrime agli occhi e si vergognò, sentendosi un’antagonista indesiderata.

“Mi scuso per la brusca interruzione del momento romantico, ma è mezzanotte ed è il momento di proclamare la coppia piú bella della serata. Come avrete notato, ad inizio serata per la Sala sono passati dei bigliettini in oro sul quale era richiesto di votare, secondo gusto personale, chi tra le coppie conosciute fosse quella che merita di vincere il titolo di re e reginetta d’inverno. Bene! Adesso ho qui i risultati...” Noah si voltò verso Dakota, impaziente di continuare a parlarle, lasciando che la voce venisse soffocata dai rulli di tamburi. Dakota avrebbe voluto cruciare quella stupida in piedi sul palco. Sapeva che Alyson aveva ordinato di affrettare i tempi affinchè potessero essere divisi. Avrebbe voluto danzare in eterno, smetterla di far parte della realtá rovinata dagli sbagli e concedersi a quell’illusione. Ma non fu possibile. Noah le disse qualcosa ma lei non capí, glielo ridisse, ma il frastuono soffocava le sue parole. Le stava chiedendo di andare via, di lasciare tutti e continuare quel ballo che aveva riportato alla memoria eventi dolci, ma altrettanto dolorosi. Dakota scosse il capo, quasi supplicandolo di lasciarla andare. Lui non voleva perderla, non accettava l’idea di dover vivere accettando Dakota altrove. L’amica di Alyson aprí la busta, eccitata come le altre ragazze in Sala. Ma, quando lesse i risultati, il volto si incupí e guardò di getto Alyson, giá pronta a salire sul palco insieme a Noah. Quel titolo lo aveva vinto per due anni di seguito e adesso non poteva lasciare quel posto a qualcun’altro. Ma lei dovette leggere a gran voce i nomi dei nuovi re e regina di Inverno che non corrisondevano alle aspettative. Dakota si sentí chiamare, ma non rispose. Sentí ripetere il suo nome ma non volle muoversi. Il suo nome non era stato accostato a quello di Noah Potter ma a quello di Regan Smith. Noah scosse il capo, le disse di non andare ma lei doveva lasciarlo, doveva seguire le conseguenze che non erano state causate dalle sue azioni ma dalle azioni di Noah. Si allontanò, non dirigendosi però al palco. Non voleva salire al cospetto di tutti su quel patibolo. Odiava quel tipo di attenzioni, lei non era una reginetta. Era semplicemente Dakota Malfoy e non si sarebbe mischiata a quella categoria che aveva sempre odiato. Voleva abbandonare la Sala e rinnegare il titolo. Ma Regan apparve, essendosi ripreso dall’incantesimo confundus. La prese di slancio e le sorrise, felice molto piú di lei. 

“Sai che non mi piacciono queste cose.” Lo disse di getto, sperando che Regan capisse e che non fosse adirato. Ma il suo sorriso era raggiante. Forse non aveva visto cosa era accaduto poco prima, inconsapevole di quel lieve tradimento che la metteva in crisi e che la faceva annegare nelle colpe. Non voleva farlo soffrire, non lo meritava e odiava Noah che la spingeva a sbagliare. Lei non voleva sbagliare nei confronti di Regan perchè lui l’aveva risollevata quando Noah le aveva spezzato il cuore. Aveva fatto molto affinchè sorridesse. 

“È solo un gioco, Dakota! E poi non ti va di far morire Alyson nel sottrarle il titolo?” Le sussurrò piano, rassicurandola con un lieve bacio, facendole notare l’indignazione che aveva infuocato Alyson Belby, che rischiava un embolo. Dakota non lo trovò divertente perchè sapeva che non le aveva sottratto solo un titolo. Ma annuí, accettando la proposta di Regan e facendola passare per divertente.
Così insieme a Regan salí  sul palco. Si voltò verso la folla mentre veniva incoronata e vide Noah,  leggendo nei suoi occhi  la rassegnazione. Il modo in cui lui lasciò la Sala le diede la certezza che il cuore di Noah si era spezzato esattamente come il suo. 


Bree aveva trascorso tutta la sera aggrappata alla schiena di Liam. Lei a quella stupida festa avrebbe preferito non partecipare, quell’orrendo vestito blu non lo avrebbe voluto indossare, come la maschera utile a salvare le apparenze. Ma Liam glielo aveva quasi ordinato, ripetendo con toni aggressivi che mancare a quell’avvenimento avrebbe significato aumentare i sospetti. Avrebbe significato dare conferma alle sue accuse: “Se non vieni stasera, allora posso pensare che non sopporti di vedere Montague perchè potresti tradirti e rivelare quanto tu sia bugiarda...” Liam glielo aveva detto strappandole quasi i capelli e Bree, pur di frenare la sua natura aggressiva e  mostruosa, aveva accettato senza ribattere. Ma quella sera era stata un inferno. Liam l’aveva tenuta con sè in modo da poterla tenere d’occhio e aveva parlato con gli amici ignorando la sua presenza. Era lì come un trofeo da mostrare, e vergognandosi della natura che stava assumendo non era andata a salutare nessuno: nè Mya, nè Maddy, nè Dakota e nè suo fratello Noah. Aveva guardato ogni cosa posizionata su uno sfondo scisso dalla realtá, e Liam era stato l’ostacolo che l’aveva isolata da tutti. Inoltre aveva trovato insopportabile vedere Kenny e Violet divertirsi tutta la sera. Era bellissima Violet con il suo abito verde e Kenny aveva avuto occhi solo per lei. Come biasimarlo? Bree ormai era diventata un mostro, aveva perso la gioia. I suoi occhi erano completamente spenti, quasi morti. Voleva andar via e chiudersi in camera sua, coprirsi con le coperte e pensare che fosse tutto solo un incubo. E invece doveva far forza sulle gambe e sforzarsi di sorridere, di trovare divertente le battute degli amici di Liam, provare indifferenza per Kenny che piú volte le aveva sorriso, limitandosi però semplicemente a quell’unico atto gentile e di intesa. Quel modo di starle accanto che poteva limitarsi a quell’unico gesto. 
Aveva assistito alla proclamazione della coppia piú bella di Hogwarts, e aveva assistito a come Noah avesse trovato spiazzante vedere Dakota accanto a Regan, mentre venivano incoronati e si baciavano sotto il vischio. Gli si era spezzato il cuore e lei aveva potuto solo assistere senza andar in contro a suo fratello e dirgli che andava tutto bene. Arthur Weasley Jr. e Frank Paciock lo aveva fatto per lei, regalandogli un momento di spensieratezza al di fuori della sala. Lo avevano trascinato fuori dalla Sala cantando cori da stadio, facendogli ritrovare il sorriso. Almeno aveva ancora loro dalla sua parte. Lei restava impalata dietro l’ombra di Liam, che avrebbe raggiunto dopo i festeggiamenti privati. Si muoveva tra la Sala come un fantasma, nessuno sembrava ricordarsi di lei o riconoscerla e, quando la musica ritornò a pompare forte, Kenny e Violet ritornarono in pista a ballare. Violet era bellissima, raggiante, allegra. Lasciava a Kenny la possibiliá di toccarla e farla volteggiare, farla sorridere e darle gioia. Lasciava che la bellezza di Violet fiorisse come i ciliegi a primavera, mentre lei restava morta e appassita alle spalle del ragazzo che le aveva regalato le medesimi emozioni prima di trascinarla all’inferno. Forse era semplicemente colpa sua se Liam si era trasformato nel mostro che era, forse era lei la causa del suo stesso male. Sentí le forze abbandonarla e cercò attenzione da Liam che gliela concesse distrattamente.

“Ti dispiace se vado via..?” Si sentiva un peso anche per lui. Bree non era come Violet che dava gusto alla festa. Non era Violet che fioriva e rinasceva ad ogni cambio di musica. Lei era morta, dentro e fuori.

“No, amore. Sei stanca e hai bisogno di riposare. Vai pure, io resto ancora un po' prima di raggiungere Noah.” Erano in presenza di amici e lui mostrò la facciata che le aveva mostrato per un anno, lasciando che si innamorasse. Chi era il vero Liam? Chi era realmente lui? La baciò con delicatezza e lasciò che abbandonasse la Sala con nessuno che potesse aver notato la sua presenza come la sua assenza. Nessuno eccetto Kenny.
L’aveva tenuta d’occhio tutta la sera, non perdendola mai di vista, come non aveva mai perso di vista Liam che aveva assunto atteggiamenti strani. Avrebbe voluto seguirla ma se Liam si fosse reso conto che tra loro c’era ancora un legame, anche se di semplice amicizia, avrebbe rischiato di rovinare il loro rapporto e crearle altri disagi. Anche se i forti sospetti che la causa del male di Bree fosse proprio lui non volevano lasciare il suo intuito. Guardò Bree allontanarsi piano, come un'indifesa bambina che si stringeva a se stessa pur di non cadere. Avrebbe voluto prendere tra le braccia il suo corpo sottile e portarla alla Torre di Corvonero tenendola tra le sue braccia. Ma con un peso nel cuore dovette lasciarla andare da sola. 

“Ken, vado un attimo da Alma e Susan. Ho promesso un brindisi per augurarci Buon Natale.” Violet lo riportò al presente e lui annuí, ancora con il pensiero rivolto a Bree. Forse raggiungerla di soppiatto non avrebbe destato alcun sospetto. Avrebbe potuto attendere cinque minuti e poi seguirla. Se avesse corso l’avrebbe incontrata a metá strada e magari avrebbero potuto parlare. Era una decisione che tamburellò nella sua mente, al punto da smuoverlo e indurlo a rischiare. Si fece largo tra la folla, sperando di arrivare in tempo, sperando di poterla fermare e magari proporle di mangiare dei zuccotti insieme. Non le avrebbe chiesto di parlare ma solo di mangiare insieme su, nella torre di Astronomia. Era quasi giunto all’uscita della Sala Grande quando qualcos’altro attirò la sua attenzione, facendogli attivare i sensori di allerta. Fu come una visione mistica ma troppo reale.
Tyra gli era passata davanti non notandolo e lo aveva incosciamente indotto a guardarla. Kenny seguí l’andamento sensuale della Serpeverde e vide tutto: lo sguardo che lanciò a Liam prima di proseguire verso una delle sale interne della Sala Grande, quelle che conducevano ai piani inferiori del Castello. Vide la scusa banale che permise al Grifondoro di congedersi dalla conversazione con due Tassorosso e prendere la medesima direzione di Tyra. Si incontrarono a metá strada e, quando sparirono dietro le porte in legno, Kenny vide chiaramente che i due non si erano trovati allo stesso posto per caso: la mano di Liam sul fondoschiena di Tyra fu la prova lampante.



Mya guardava la neve scendere sul parco di Hogwarts. Morbida come batuffoli di cotone, fredda e intoccabile. Si stringeva nel cappotto ma il freddo lo sentiva comunque. Drake l’aveva ferita profondamente e non riusciva a rientrare in Sala e sopportare la sua presenza. Aveva esagerato, Mya, nell’ affrontare la gelosia di Drake con l’unico scopo di farsi notare da chi, quella sera, non era stato in Sala. Continuava a ricercare le sue attenzioni nonostante avesse ripetuto un’infinitá di volte che avrebbe lasciato perdere, accettando che Kyron Nott non avrebbe fatto parte della sua vita come lei desiderava. Ma non poteva farci nulla. Dirselo in continuazione non avrebbe soppiantato quella voglia di scoprire che magari si sbagliava. Ogni volta perl era cosí dura la realtá da farle commettere sciocchezze che, come quella sera, sfociavano in guai. 

“Mya! Ti ho cercata ovunque.” Maddy la raggiunse con la sua voce morbida e calda per proteggerla con un abbraccio. Ritrovava in lei la calma, la voglia di non piangere e dare al suo volto un graffio di finta serenitá.

“Non mi sono mossa da qui, infatti.” Mya trovò riparo tra le sue braccia, affondandole il volto nella spalla.

“Ti sei persa l’incoronazione del re e della reginetta d’inverno.” Maddy era stata presente e non si era trattenuta per l’eccitazione di vedere Dakota indossare la corona: le stava meglio che ad Alyson, che nei due anni consegutivi della sua incoronazione aveva mostrato finte lacrime e sorrisi di mezogna, mentre Noah assecondava quelle sciocchezze.

“Vedere di nuovo Alyson reginetta non mi entusiasma un granchè!” 

“No! Dakota è stata incoronata! Era bellissima.” Mya sentí il barlume di ilaritá immaginandosi Alyson pronta a scoppiare in una crisi di nervi.

“Alyson è scoppiata? Morta?” Ci speró nella notizia di qualche scenata tipica di Alyson, ma Maddy le distrusse le aspettative scuotendo il capo.

“E' rimasta incredibilmente calma. Noah è scappato… povero.” Maddy era realmente dispiaciuta per Noah. Forse era stata l’unica nella Sala - oltre Arthur Wealsye Jr. e Frank Paciock - a notare il suo atteggiamento deluso, e si sentiva in pena per lui.

“Dovremmo invitarlo nel club: innamorati del tuo amico e poi lascia che ti spezzi il cuore. Potremmo essere una bella squadra.” Il sarcasmo di Mya era il chiaro segno che era realmente triste. Aver litigato con suo fratello la incupiva e le cambiava la visione del mondo. Sarcastica e fredda, un macigno di ghiaccio.

“Per Noah non è andata così. Dakota ha aspettato per tanto tempo che aprisse gli occhi ed è arrivato tardi. Magari succede anche a te.” Maddy tentò di risollevarla, coccolandola con carezze leggere sul capo.

“Magari un giorno incontrerai qualcuno che non avrà bisogno di perderti prima di sapere con convinzione che tu sia la ragazza giusta. Magari un giorno Kyron rimpiangerá tante cose." Nonostante le sue parole fossero un tentativo di far apparire Kyron l’antagonista, Maddy non impiegò modi duri. Restava pacata e gentile e Kyron non meritava un trattamento del genere.

“Questo discorso dovresti farlo anche per te...” Intimò Mya, sciogliendo l’abbraccio e avviandosi verso la Sala Grande ancora in piena festa, nonostante fosse mezzanotte passata.
Maddy rispose al rimprovero sorridendo semplicemente. Non aveva voglia di iniziare un dibattito. Entrambe si trovavano incastrare nei loro sentimenti, e qualunque tentativo di razionalitá non avrebbe portato da nessuna parte.
La festa continuava come se fosse appena iniziata. L’indomani il treno avrebbe condotto tutti a casa per le vacanze di Natale e nessuno avrebbe sprecato la serata rinchiudendosi nelle proprie stanze, a meno che non avessero un valido motivo per farlo. La musica faceva scatenare gli studenti in pista e Mya scorse Dakota che danzava con Regan: rideva mentre Regan la faceva roteare su se stessa, la prendeva tra le braccia e la scuoteva in concomitanza con la musica. Era davvero bella con la corona fatta in ghiaccio, e in parte Mya la invidiò. Lei era riuscita a cancellare Noah dalla sua vita, era riuscita ad amare se stessa cercando altrove l’affetto e la sicurezza che Noah aveva rifiutato di darle. Condizionava la sua vita, maledetto Kyron. La condizionava anche quando non c’era… anche se c’era. Tutta la sera era rimasto nascosto o semplicemente era stato altrove. Ma solo adesso Mya riuscí a vederlo: l’abito era meraviglioso indossato da lui. E, dal modo in cui sorrideva con suo fratello Drake, comprese ancora una volta che l’unica idiota era e sarebbe stata lei.

“Balliamo?” Anche Maddy aveva notato la presenza di Kyron e tentò di distrarla, inutilmente. Ormai la sua presenza aveva fatto breccia in Mya. 

“Credo che andrò in Sala Comune. Non ho voglia di assistere a qualche stronzata di stampo Drake-Kyron. Ti ho giá rovinato la festa.” Era stata così presa dal voler farsi notare da Kyron da tralasciare che, nonostante tutto, quella festa avrebbe potuto trasformarmi in una bella serata, se avesse voluto far affidamento solo su Maddy. L’aveva condotta con la forza per poi regalarle una serata dedita alla ricerca di Kyron. Era stata una vera egoista.

“Mya non dirlo nemmeno per scherzo! Io non ci sarei nemmeno venuta qui. Ti seguo, ho ancora una scorta di cioccorane.” Come poteva essere così dolce nonostante tutto? Maddy non lasciava mai che le colpe di qualcuno potessero pesare, ma faceva passare anche il peggior comportamento come giustificato. Ma non voleva condizionarle la serata, non ancora. Maddy però era imperturbabile e le strinse la mano, incitandola a farle strada. Si fecero largo tra la folla, programmando il continuo della serata riprendendo le vecchie tradizioni. Ma Mya fu nuovamente messa alla prova. Vide Kyron dire qualcosa a Drake: si trovavano accanto al tavolo delle bibite e Drake si animò, adirato. Stavano discutendo e Kyron quasi lo pregava di smetterla. Si fermò a metá strada tra l’uscita della Sala Grande e la scena di Drake e Kyron, in disaccordo su qualcosa. Drake si stropicciò il volto - spazientito - e gli fece cenno di andare, come se gli avesse dato la clemenza regale di fare ciò che gli aveva chiesto. Kyron battè sulla spalla di Drake e prese la scorciatoia - alla quale si poteva accedere dalle porte laterali della sala - che permetteva di non passare per il portone d’ingresso. Un’idea intrusiva e malsana si introdusse nella mente di Mya. Si voltò verso Maddy e le chiese l’impossibile:
 
“Resta qui a sorvegliare Drake, se chiede di me sono in stanza." Maddy scosse il capo e la trattenne.

“Non andare. Andiamo in stanza a mangiare cioccorane! Ti prego...” Anche lei aveva assistito all’intera scena e aveva captato immediatamente le intenzioni di Mya. Non poteva permetterglielo, non doveva seguire Kyron.

“Forse è andato ad incontrare la ragazza con la quale si vede tutte le sere. La stessa di cui parla anche Maggie May. Devo andare! Per non essere venuto alla festa con lei significa che non vuole far sapere chi è.” Mya doveva lasciare che quel tormento si concludesse. Doveva dare un volto alla ragazza che teneva Kyron fuori tutta la notte, che lo tratteneva con sè mentre Mya soffrira la mancanza di un semplice abbraccio che Kyron non le riservava piú, terrorizzato dagli effetti che avrebbe potuto suscitare. Maddy le voleva bene e proprio per questo tentava di convincerla a non andare, ma Mya era irremovibile e, anche se lei avesse cercato di fermarla, sarebbe andata comunque.

“Qualunque cosa succeda raggiungimi in Sala Comune! Ti prego, non fare sciocchezze.” Maddy avrebbe voluto seguirla ma se fosse andata con lei non avrebbe potuto controllare Drake e impedirgli di raggiungerla. Anche se la sua presenza avrebbe destato maggior sospetti: Maddy non andava da nessuna parte senza Mya. Ma lei voleva affrontare quella situazione da sola, magari per poterlo affrontare. Mya la ringraziò con un bacio sulla guancia e decise, ancora, di lasciare a Kyron pieno spazio nella sua vita. Drake si era allontanato dalla postazione dei drink e adesso danzava con Dakota. Quindi Mya prese la medesima strada di Kyron. Chiuse la porta alle sue spalle, spegnendo la musica e lasciando che il buio la inghiottisse. 

I sotterranei erano inghiottiti dal buio. Con le sole luci delle torce Mya non riusciva a vedere quasi nulla. Quella sezione dei sotterranei portavano alla dispensa delle pozioni, alle prigioni -ormai non piú in uso da secoli - e altre aree inagibili ormai dimenticate da tutti. Era umido e l’abito che indossava non era idoneo a quel luogo: sentiva il freddo sfiorarle la pelle e piú volte rischiò di inciampare a causa dei tacchi. Mya non era piú tanto certa che Kyron si trovasse lì, anche perchè non era un buon luogo per dare appuntamento ad una ragazza. Ebbe la tentazione di tornare indietro e accettare la proposta di Maddy: immergersi sotto le coperte e mangiare, fino a scoppiare, le loro adorate cioccorane. Seguire Kyron era stata una reazione avventata e maledettamente stupida. Cosa si aspettava di vedere e quando l’avrebbe visto, cosa avrebbe fatto?
Si tolse le fastidiose scarpe e trovò appoggio al muro gelido. Si sentiva ridicola: aveva sprecato tempo per prepararsi per poi perdere altro tempo alla ricerca di Kyron. Adesso si ritrovava nei sotterranei dimenticati da Dio, rischiando di beccarsi un malanno a causa del freddo, una storta e farsi beccare magari da Kyron e non riuscire a giustificare perchè lei fosse lí.
Prese la direzione opposta a quella imboccata, decisa ad andarsene: restare lí era inutile.
Si incamminò, attenta a non scivolare sul pavimento, quando sentí le voci, la sua voce.

“Mi stavo godendo la festa, ero con i miei amici.” Si stavano avvicinando. Mya si nascose dietro ad un muro e rimase in ascolto. La voce della donna seguí quella di Kyron e le sembrò di riconoscerla.

“Sai quanto odio essere ignorata!” Mya respirava irregolarmente e il cuore le era balzato in gola. Pregó Merlino affinchè non li facesse giungere dove si trovava lei. Ma non poteva allungare lo sguardo, rischiava di essere vista.

“E tu sai quanto odio sentirmi oppresso. Non stiamo insieme.” Mya non capiva. Se non stavano insieme cosa li spingeva a nascondersi? Doveva capire chi fosse la misteriosa ragazza e dare un volto ai suoi incubi. Respirò a fondo e si affacciò appena. Era abbastanza buio dalla sua parte, cosí da lasciarsi nascondere. Ma le due figure in piedi una di fronte all’altra erano chiaramente visibili e, quando vide con chi Kyron stava avendo quel piccolo disguido, si sentí morire. Non metaforicamente ma Mya sentí un dolore che, se avesse avuto esperienza di morte, avrebbe potuto accostarlo a quello stato che stava vivendo, nascosta in un buco scuro. Strinse la presa intorno alla pietra e non sentì piú il battito del suo cuore. La professoressa Ameliè Tresal-Mauroz guardava Kyron rendendo la sua bellezza una maschera indignata, mentre il suo interlocutore restava impassibile, come se di fronte a lui ci fosse un muro. 

“Mi viene da pensare che tu non abbia piú voglia di vedermi...” La tonalitá cambiò, divenendo lasciva e sinuosa come le sue curve. 

“Ne dubito. Sei troppo sicura di te.” Anche Kyron mutò completamente atteggiamento e con una sola falcata incastrò il corpo di Ameliè tra sè e la parete. Mya desiderava scappare, ma uno spirito macabro, autolesionista, la lasciava ferma lí a guardare la scena, inammissibile per il suo cuore che sentí incrinare sempre piú, come se venisse preso a pugni. 

“Vorrei una prova...” Era un gioco, che prevedeva di scoprire chi avrebbe ceduto per primo. Un gioco a cui Mya avrebbe preferito non assistere. Mantenere il controllo non era facile: era come lasciarsi stracciare la pelle e restare impassibile al dolore. Non riusciva a respirare regolarmente, aveva la mente annebbiata. 
Kyron prese la mano di Ameliè e l’appoggiò sui calzoni, sulla pretuberanza rigida che intimidí anche Mya.

“È una prova sufficiente?” Ameliè rise di gusto, aggrappandosi al collo di Kyron e raggiungendo le sue labbra con un bacio poco casto, fatto di mani che si toccavano ovunque. Mya non sentiva più nulla, era completamente scissa dal suo corpo e la sua mente restava li a guardare mentre Kyron, appassionatamente assecondava le richieste di Ameliè. 
Poi si fermarono e Ameliè lo invitó a seguirlo nei suoi alloggi, sparendo nuovamente nel buio.
Mya era rimasta lí, paralizzata dal dolore. Cosa aveva in mente Kyron? Mettere a rischio la sua carriera scolastica, mettere a rischio il suo futuro? Non sarebbe rimasta segreta la loro tresca, Maggie May riusciva sempre a scovare la veritá. Era per questo che Kyron non la ricambiava? Era perchè la sua mente era troppo presa da relazioni come quelle, senza un significato, una base e senza amore? Era quello che voleva Kyron? Un impegno a soddisfare solo le esigenze sessuali? Non poteva stare con lei perchè l’amore non era nei suoi progetti, non faceva parte di lui. Il solo sesso lo muoveva verso le ragazze. Mya aveva mille domande nella testa, che le paralizzarono il cervello.
Non si accorse di star piangendo silenziosamente, priva di voce perchè dentro di sè aveva urlato dal dolore.




**




Maddy si guardava intorno pregando maghi e le streghe antichi di vedere Mya ritornare indietro e dirle di averci ripensato. Ma i minuti passavano e la Sala restava immobile, con le stesse persone ad occuparla. Drake era ancora in pista e aveva ballato con Dakota, Violet e Kenny. Sperò che non notasse l’assenza di Mya, contemporanea alla fuga di Kyron, ma quella sera - come ogni giorno - la fortuna non era dalla sua parte. Drake aveva notato che Maddy era sola, in un angolo della Sala, guardandosi intorno con le mani dietro la schiena in una posa pensante. Si avvicinò, con indosso solo la camicia alzata fino ai gomiti e leggermente sbottonata: aveva ballato come un folle, come se quella fosse stata la sua ultima sera. Tra tanti volti aveva riconosciuto il suo, una presenza solitaria priva della sua “gemella”.

“Ehi, Madison, come mai tutta sola?” Maddy sobbalzò e si ritrovò a combattere con il panico di rivelare a Drake dove fosse sua sorella, nonostante non glielo avesse chiesto. Non doveva necessariamente dirgli dove fosse, bastava dirgli una bugia. Fingere che Mya fosse andata via perchè non si sentiva bene. 

“Oh, eh… Mya non si sentiva bene e quindi…” Guardò le scarpe e poi la porta, poi ritornò a Drake e lasció la frase a metá percorso. Drake rimase ad attendere che continuasse ma Maddy, non afferrando al volo, sorrise incerta e cadde nuovamente nell’imbarazzo totale.

“Sei da sola, quindi...” Drake non nascose il sorriso divertito: Maddy aveva un viso carino e i suoi modi lo divertivano. Sembrava sempre persa altrove, nella sua piccola testolina incerta e timida. Lo divertiva guardarla arrossire ed era così piccola che chiunque l’avrebbe potuta scambiare per una bambina. 
Lei annuì, scuotendo la testa “su e giú” e ritornando con lo sguardo altrove, evitandolo. Drake sapeva che aveva destato la sua rabbia, ma era inconsapevole che quell’atteggiamento era solo un vano tentativo di controllare la situazione ed evitare che Drake andasse alla ricerca di Mya.

“Se non c’è Mya, posso farti compagnia io.” Voleva distruggere il muro che aveva innalzato tra loro. Non voleva che una stupida cotta determinasse il loro rapporto. Non aveva mai considerato “piacevole” parlare con qualcuno che non fossero i soliti folli del suo gruppo e, ritrovare in Madison un senso familiare, lo induceva ad insistere per risolvere il danno della sua troppa sinceritá. Ammetteva che non mostrava alcun messaggio di sensualitá o femminilitá ma poco gli importava: era sua amica, la sua piccola amica Tassorosso. 

“Bella festa...” Sciocca aggiunta a quel silenzio che fece annuire Maddy. Non parlava e lui non riusciva a indurla a farlo. Si grattò il capo in cerca di qualcosa che le facesse abbassare la maschera e ritornare a parlare con lui senza alcuna costrizione. Avrebbe preferito non sapere che anche lei, come gran parte delle ragazze di Hogwarts, sognava un suo bacio. E, pensandoci attentamente, non riusciva a trovarne un vantaggio. Approfittare di Maddy era impensabile, farci del sesso non lo sfiorava lontanamente. L’unica cosa che voleva era parlare.

“Sono stato troppo duro, con Mya...” Forse se avesse espresso il dubbio che lo aveva tormentato tutta la sera, avrebbe aiutato. Maddy si destò dallo stato intimidatorio e sognante e lo guardò, finalmente.

“Credo che tu abbia solo svolto il tuo compito da fratello. Avresti potuto usare modi diversi, ma hai solo cercato di farle capire che non tutti sono persone buone.” Drake era stato estremamente duro ma Mya aveva provocato la sua pazienza. E inoltre, se non fosse stato per lui, solo Merlino sapeva cosa sarebbe potuto accadere.

“Credi che faremo pace?” Non aveva idea di cosa sarebbe successo l’indomani. Non aveva mai affrontato un litigio tanto animato. Era legato a sua sorella, e sembrò un bambino mentre lo chiese. Forse cercava qualcuno che gli assicurasse che l’indomani sarebbe tutto passato.
Esattamente come aveva fatto Drake quando Mya e Maddy avevano litigato, anche quest’ultima cercò di essere altrettanto rassicurante. Sorrise e cercò di poggiargli una mano sulla spalla, ma la ritrasse con imbarazzo.

“Siete fratelli…” Tremò con la voce e ritornò ad ammutolirsi. C’era un tensione che la teneva immobile allo stesso punto. Tensione per avere Drake estremamente vicino e tensione per Mya che non ritornava. Forse era andata in Sala Comune in attesa che Maddy la raggiungesse, ma se lei fosse andata via di corsa, come stava escogitando con la sua mente, Drake avrebbe trovato sospetto il suo comportamento e la copertura sarebbe saltata. Doveva trovare il coraggio di parlare con naturalezza, strappando il pensiero che Drake fosse consapevole dei suoi sentimenti. Ormai il danno era fatto ma poteva alleggerire la tensione e far pensagli ad altro. Forse Drake non ci ritornava con la mente come faceva lei, ogni volta che lo incontrava. Forse Drake aveva tralasciato la questione, impegnato in altro. Forse Drake non si tormentava la vita, le giornate, come faceva Maddy.

“Ed è normale litigare. E' Natale, ritornerete a casa e magari nessuno dei due penserà a cosa è successo oggi.” Assimilò la massima incurìa, cercò di non pensare a come sarebbe apparsa agli occhi di Drake e sorrise. Si sentí un ebete ma si sarebbe sentita comunque cosí anche se avesse continuato a tremare e balbettare. Drake sembrò non notare il sorriso rivoltogli e sospirò con un lieve accenno di rassegnazione, per poi ritornare a guardarla con uno sguardo dolce... estremamente e stranamente dolce.

“A proposito di Natale. Ho una cosa per te. Volevo dartela prima ma ho sempre avuto problemi con le dimostrazioni di affetto...” Non aveva idea degli effetti che aveva su Maddy. Non era a conoscenza degli spasmi al cuore che quelle parole le provocarono. Forse aveva preso poco sul serio le rivelazioni avute grazie a Tyra, ritenendole sciocchezze dette da una delle tante ragazzine che gli correvano dietro come cagnolini affamati. Maddy cercò di mantenere la calma ma, quando Drake le mostrò il regalo, non riuscí a trattenere lo sguardo di sorpresa e il lieve accenno di emozione. La piccola catenina in oro - sottile e quasi invisibile - si sdrotolò dalle mani di Drake, venendo fermata in tempo. Il ciondolino dondolò davanti ai suoi occhi: era una piccola ampolla contenente un liquido verde smeraldino.

“E0 stata la prima pozione che abbiamo preparato e, dato che sei diventata davvero brava, ho ritenuto che sarebbe stato carino dartene un pizzico come monito, da portare con te...” La pozione "Scia" era stata la prima pozione che aveva dato a Madison la spinta per migliorare in pozioni che, grazie a Drake, era riuscita a preparare alla perfezione. Ricordava la prima lezione e i salti di gioia dopo esserci riuscita. Drake quel giorno le aveva grattato la testa affettuosamente e l’aveva incitata a continuare su quella strada. Nonostante tutto aveva dimostrato di essere diverso dal solito Drake, che Maddy era abituata a vedere quando si relazionava con gli altri. Quella parte di sè che che le mostrava ogni volta che erano insieme: un buon amico sulla quale contare.

“Ma non dovevi…” Maddy non sapeva come comportarsi. Voleva prendere il regalo e stringerlo forte a sè, ringraziare Drake per quel gesto gentile che non tutti le riservavano. Voleva abbracciarlo e ringraziarlo per il semplice fatto di aver ricordato con tanta premura un evento che l’aveva aiutata ad acquisire piu sicurezza. Allungó la mano, ma la ritrasse e rimase immobile con le mani congiunte al petto.

“Dovevo. Anche perchè sono stato sgarbato con te...” Drake la fece girare di spalle e la intimò di raccogliersi i capelli. Fu un momento imbarazzante che causò in Maddy altri sbalzi del battito cardiaco e un rossore evidente su tutto il corpo. Le mise la collana, sfiorandole la nuca e regalandole brividi impercettibili: sarebbe svenuta. 

“Quando ho detto che non avrei fatto mai sesso con te, non volevo intendere che sei cosí orrenda da non suscitarmi alcuno stimolo. Ma che…” La fece voltare nuovamente verso di sè e le sorrise senza alcuna traccia di imbarazzo. Per lui era facile parlare di quello che era accaduto settimane prima, a differenza di Maddy che abbassò lo sguardo.

“Io istauro raramente rapporti di amicizia e quando lo faccio nutro rispetto e lealtá. Pensare di fare sesso con te è come se mancassi di questi valori. Quindi, se solo pensassi a te come qualcuno con cui fare sesso, vorrebbe dire considerarti esattamente come considero tutte le ragazze con cui sono stato. Non porto rispetto per nessuna di loro e anche ferirle non mi causa alcun senso di colpa. Io non riesco a mancarti di rispetto perchè fai parte della mia cerchia… è come se fossi una parte della mia famiglia.” Non fu esattamente rassicurante quella rivelazione: considerarla come parte della sua famiglia era equiparabile a dirle che mai tra loro sarebbe potuto nascere qualcosa. Ma pensare che Drake nutriva un forte rispetto nei suoi confronti ebbe un buon effetto sul suo umore. Almeno non avrebbe fatto la fine di gran parte del castello o delle ex studentesse che lo avevano lasciato. Cuori spezzati e autostima sporcata per aver ceduto allo sguardo intenso e poco raccomandabile di Drake Zabini. 

“Quindi ti chiedo scusa per quello che ti ho detto e spero che possiamo ritornare buoni amici e che mi dia ancora la possibilità di essere il tuo tutor.” Chiedere scusa non apparteneva al vocabolario di Drake Zabini. Non aveva chiesto mai scusa nei 17 anni della sua magnifica presenza, ma aveva ponderato e Madison meritava quel gesto. Madison meritava la sua sincera amiciza, il suo rispetto e il piccolo regalo che si accostava perfettamente al colore dei suoi capelli. Maddy aveva il volto in fiamme ma la felicitá che stava provando non le dava vergogna: magari il suo sogno di baciarlo davanti un’intera scuola non si sarebbe mai avverato, ma lei ora occupava una parte importante nella sua vita e le sembrò bastare. Annuí e trovò il coraggio di ringraziarlo con un casto - e privo di malizia - bacio sulla guancia. Se doveva prendere avvio quella nuova fase della loro amicizia, Maddy doveva iniziare a pensare a Drake come un semplice amico e non come l’amore di una vita, l’amore sciocco e adolescenziale che le paralizzava le parole  oltre a ogni arto del corpo. 
L’atmosfera in Sala Grande era ancora un cumulo scatenato e l’eleganza progettata minuziosamente da Alyson aveva lasciato spazio alla casualitá. Gli studenti si erano spogliati degli abiti rigidi e adesso lasciavano che la musica babbana li proiettasse a scatenarsi e salutare, prima di partire per casa, Hogwarts. Anche alcuni professori, tra cui lo stesso Silente, avevano deciso di ritirarsi e dare libero spazio agli studenti. Anche il Professor Pelois, fino ad allora rimasto in Sala, si apprestava a lasciare la scena. Vedendo Drake si avvicinò per augurargli Buon Natale, portatore di una buona notizia. 
Si intromise tra loro e salutò entrambi con un energica pacca sulla spalla, che quasi fece perdere l’equilibrio a Maddy. Drake la sostenne per un braccio appena in tempo e rise di gusto.

“Professore deve stare attento con la sua forza. Non tutti sono resistenti come me.” Pierre Pelois si scusó di cuore con Maddy, accarezzandole le spalle con fare paterno.

“Zabini ho una cosa seria da dirti, prima di lasciare Hogwarts per le vacanze Natalizie...” Maddy non sapeva se fosse necessario restare ma Drake non le lasciava il braccio, restando incollato in quel gesto. 

“Ho ricevuto una lettera dal consiglio dei pozionisti. Hanno accettato la nostra proposta per la pozione anti-mannaro. Dopo le vacanze iniziamo.” Drake fu colpito di getto da un eccitazione involontaria che lo illuminò. Quella notizia la stava attendendo da settimane e, se il progetto fosse andato a buon fine, avrebbe avuto le porte aperte nell’ordine dei pozionisti. Era una nicchia chiusa, circoscritta solo ai migliori e, nonostante suo zio Draco ne facesse già parte, non bastava per farlo accedere. Bisognava presentare una proposta valida e concretizzarla. La pozione anti-mannaro avrebbe sostituito quella anti-lupo che calmava il soggetto in fase di trasformazione. Quella proposta invece avrebbe aiutato tutte le persone affette da quella maledizione a liberarsi del tutto. Se fosse andata a buon fine lui avrebbe potuto indossare la toga nera, simbolo dell’ordine che auspicava da quando era piccolo. Di getto guardò Madison, condividendo con lei la sua gioia e festeggiò prendendola tra le braccia, facendola volteggiare con urli di pura eccitazione.

“Quindi mi raccomando Zabini! Riposati che quando rientri ad Hogwarts ti voglio attento e carico!” Pierre indietreggiò, lasciando a Drake abbastanza spazio per esprimere la sua felicitá. 

“Certo Pierre! Non la deluderò.” Maddy aveva la testa completamente altrove. Aveva volteggiato per cinque, impercettibili secondi, tra le braccia di Drake e aveva sentito il cuore volare e i piedi galleggiare e non solo perchè era stata sollevata senza sforzi dal pavimento. 

“Signorina Diggory, anche per lei ho un’ottima notizia.” Pierre ricevette uno sguardo assente. Maddy era ancora a contare i battiti cardiaci accellerati. 

“L’ultima prova è andata benissimo! Le anticipo la notizia che lei è stata la migliore del suo corso. Gli insegnamenti del Signor Zabini hanno portato ottimi risultati.” Sarebbe stata una notizia che le avrebbe risvegliato eccitazione e contentezza ma Maddy annuí semplicemente, tralasciando del tutto la notizia. Sentiva il cuore scoppiarle e tentava di placare quel fiatone che sarebbe apparso come insensato. Aveva volteggiato tra le braccia di Drake, aveva ricevuto un regalo da lui: il suo regalo di Natale quell’anno era stato meraviglioso. 

“Non voglio vantarmi, Pierre, ma sono un ottimo insegnante!” Drake era imperturbabile, come se non avesse fatto nulla per cui restare impalati a pensare. 

“Certo, Zabini! Ti riterrò responsabile se la signorina Diggory avrá un calo...” Il rimprovero, accompagnato da un sorriso, non fu preso sul serio. 

“È impossibile!” La strinse per le spalle in modo incoraggiante e la guardò con fierezza. Maddy quella sera avrebbe rischiato un infarto, un embolo e nessuno avrebbe mai saputo il perchè. 

“Comunque vi lascio. La mia passaporta parte tra qualche minuto e Silente mi ha dato la possibilitá di usarlo ad Hogwarts. Quindi non devo approfittare oltre! Buon Natale ragazzi e lasciatevelo dire: siete una coppia meravigliosa.” L’astro orologio poggiato al polso indicava mezzanotte passata e la fretta del professor Pierre Pelois di andare via. Drake lo salutò come un vecchio amico, ricambiando gli auguri di Natale e tralasciando le ultime parole del professore, che corse fuori dala Sala Grande. Le stesse parole che si ripetevano come una nenia nella mente di Maddy. Doveva smetterla di assimilare tutto con troppa enfasi. Le parole del professore potevano essere inerenti ai risultati che quell’accoppiata aveva dato alla media scolastica di Maddy. Doveva farsi bastare solo le parole di Drake, che erano state dolci e rassicuranti. 

“Vuoi ballare?” Drake la riportò alla realtá schioccando davanti agli occhi con le dita. Ballare? Maddy ebbe un fremito, un minuto di titubanza e paura. Quella scena giá l’aveva vissuta, ma lui non ricordava di aver ballato con Maddy mesi prima. Non sapeva che lei non sapeva ballare.

“Io… non so ballare...” La scena si ripetè perfettamente uguale ma in un contesto differente. E la risposta fu la stessa. Il sorriso splendido, di chi ne sapeva una piú del diavolo, fu accompagnato dalle stesse parole che Maddy ascoltò la sera della festa di Drake nella Sala Comune dei Serpeverde.

“Ti insegno io.” Solo che adesso Drake sapeva chi era e non c’era alcuna traccia di alcol ad offuscargli la vista. Maddy poteva restare lì a pensare a cosa fare: negarsi - per paura di apparire sciocca - la gioia di ballare con Drake, con la sicurezza che l’indomani si sarebbe ricordato di quell’accaduto. Oppure accettare e scrollarsi di dosso, almeno per quella sera, la paura di sbagliare. Optò per la seconda possibilitá e si lasciò andare, dimenticando che avrebbe dovuto raggiungere Mya. Si mischiò tra la folla ancora palpitante e lasciò che la musica babbana la guidasse nei suoi gesti rigidi, mentre Drake si muoveva a ritmo. La fece volteggiare, l’affiancò con un passo stupido e mischiarono i loro sorrisi. Drake mimò una mossa da vera diva della musica e tutto divenne piú facile. Drake non permetteva che il disagio prendesse possesso di Madison e, pur di farla sentire a proprio agio, si muoveva in modo scordinato e sciocco. E le regalava solo sorrisi. 
Ma poi la musica cambiò e per un attimo si guardarono, incapaci di scegliere cosa fare.
Lo sfreno che aveva caratterizzato metá della sera diede libero spazio ad una musica calma e dolce, preludio della fine della serata. La Sala Grande era ancora ghermita di studenti ma l’indomani il treno sarebbe partito presto ed era ora di andare. Le coppie in Sala si dedicarono a quel momento di calma. Dakota concesse a Regan il ballo lento che Noah gli aveva sottratto con l’inganno. Violet e Kenny, essendo già in pista, considerarono che lasciare in quel momento la Sala sarebbe parso sciocco e rimasero anche loro come gli altri. 
Maddy non sapeva cosa fare: lasciare la pista come se non fosse accaduto nulla o sperare che Drake la prendesse e la facesse volteggiare sulle note di “love in the Dark”. Drake si passò una mano sul volto e decise per lei. Le strinse la mano e l’attirò a sè, lasciando che appoggiasse il volto sul suo petto.

“Questa canzone è bellissima...” Lo sentí dire. Drake non era un tipo da canzoni romantiche, eppure Maddy - alzando lo sguardo - vide che si dondolava a occhi chiusi, gustandosi l’intensitá di ogni parola accompagnata dalla musica. Quel momento sarebbe stato il suo momento perfetto. Si stringeva a lui, inebriandosi del suo profumo, lasciando che le sue braccia la circondassero e il suo cuore palpitasse all’altezza del suo orecchio. Non avrebbe mai saputo della gioia che le aveva regalato quella sera, anche per soli cinque minuti. La gioia di metterla al centro dei suoi interessi e premure, anche se da semplice amico. La gioia di ballare con lui e sognare per poco. Drake involontariamente le stava permettendo di vivere - anche se fittizia - la favola che aveva sempre sognato.




**




La notte era inoltrata gettando nel silenzio totale l’intera Hogwarts. I reperti della festa finita da ore sarebbero spariti l’indomani, non lasciando nulla che manifestasse l’impegno di Alyson, impiegato per quell’evento. Nessun rumore, nessuna voce molesta, ad eccezione di tre Grifondoro che - coperti da un ‘familiare’ mantello dell’invisibilitá - cercavano di raggiungere la Torre dei Grifondoro senza svegliare i superiori. Erano diventati estremamente ingombranti con l’etá e il mantello copriva appena tutti e tre. Chiunque si fosse aggirato per il Castello a quell’ora avrebbe visto sei gambe prive di busto aggirarsi, quasi inciampando nei propri passi, per il Castello. 

“Stiamo andando nella Torre dei Corvonero, idioti!” Frank - ancora abbastanza lucido da farlo notare ad Arthur e Noah - li strattonò, guidando la triade nella direzione opposta. Noah rise di gusto e Arthur intimò di fare silenzio: ma anche lui era troppo ubriaco per regolare la voce e quasi urlò il suo lungo “shhh”.

“ Se andassi da Dakota in queste condizioni non sarei responsabile delle mie azioni. Prenderei prima a pugni la faccia di Smith e poi…” Noah biascicava parole quasi indecifrabili e Arthur rise, mentre gli tappava la bocca. I tre Grifondoro avevano continuato i festeggiamenti nella Stamberga Strillante e i litri di alcol ingurgitati adesso non davano una giusta coordinazione al gruppo.

“Casanova, fa silenzio! Gazza ci butta nei sotterranei.” Frank era stato abbastanza saggio nel lasciare a Noah l’onore di bere piú di tutti e restare abbastanza sobrio da riportarli in stanza.

“Potty innamorato! Povero Potty! Hai fatto una fine penosa!” Arthur non era da meno. Aveva accompagnato le bevute di Noah, restandogli accanto in quel dolore che l’alcol aveva solo ampliato.

“Zitto scimmione! Anche tu sei innamorato.” Uscirono da sotto il mantello, lasciando Frank a proseguire da solo. Si fermò in tempo per riprendere i due amici rimasti indietro.

“E di chi?” Arthur barcollava e Noah - avendo tentato di tappargli la bocca - dovette appoggiarsi al muro.


“Di Frank!” Si guardarono come due ebeti e sorrisero allo stesso modo. 

“Frank ha qualcosa che non mi piace!” Con sacrosanta pazienza, Frank prese entrambi per le braccia - scansando il tentativo di Arthur di sparargli un pugno nei paesi bassi - e li trascinò nuovamente sotto il mantello, per poi proseguire per le scale che davano alla Torre di Grifondoro. Iniziarono a intonare l’inno della squadra ma furono nuovamente zittiti dall’unica coscienza presente. 
Finalmente arrivarono di fronte al ritratto della Signora Grassa ma ebbero un ennesimo ostacolo da affrontare. Alyson era poggiata su un fúoton e rinvení quando sentí i loro passi. Aveva aspettato dalla fine della festa l’arrivo di Noah e, essendo passate ore, si era dotata di un ambiente confortevole che fece sparire con un colpo di bacchetta.

“ Oh, oh! Potty c’è qualcuno che ha bisogno di te...” Arthur fu il primo ad uscire dal mantello dell’invisibilitá e ruttando entrò -dopo aver biascicato la parola d’ordine - nella Sala Comune. 

“Alyson non penso che possiate parlare, è ubriaco fradicio.” Frank desiderava correre in bagno e vomitare tutto ciò che aveva ingurgitato, ma doveva avvertire Alyson di andare via perchè Noah non era in condizioni adatte per parlare.

“Che amici siete? Lasciate che si ubriachi rischiando anche di essere espulsi! Siete orribili!” Alyson non sembrò dar conto all’avvertimento di Frank e lo gettò di lato con disprezzo. Il senso di vomito era sempre piú forte e Frank non aveva intenzione di vomitarsi sui piedi. La mandò al diavolo e la lasciò ad affrontare le conseguenze. Sparí anche lui oltre il dipinto e lasciò Alyson alle prese con un Noah ubriaco e schietto. 
Noah si dondolava cercando di non vomitare. Non aveva coscienza di nulla ma solo della voglia di andare da Dakota e passare la notte con lei, anche semplicemente dormendo. Ma la voce di Alyson si fece largo nella sua coscienza e la rabbia prese il sopravvento.

“Noah voglio parlare!” Era insistente come lo era sempre stata. Aveva subito le sue lamentele, i suoi pianti inutili, il suo essere viziata ad ogni costo. Ma adesso era tutto insostenibile. 

“Ho visto come ballavi con la Malfoy! Perchè mi fai questo?” Noah chiuse gli occhi e sperò di veder sparire lei e la sua voce. Ma nemmeno quel tentativo funzionò.

“Noi ci amiamo! Smettila di fare l’idiota e ritorna il Noah che io amo!” Noah sorrise a quella menzogna. Alyson non aveva mai visto il vero Noah ma aveva cercato di trasformarlo a suo piacimento, plasmando ogni cosa. Maniaca del controllo anche nelle relazioni, aveva trasformato un semplice bacio ad un fidanzamento durato due anni e lui era rimasto immobile, dandole il permesso.

“Noah, guardami” L’urlo stridulo lo risvegliò dalla speranza di vederla sparire e l’alcol presente nel suo corpo diede voce ai pensieri che avrebbe preferito tenere per sè.

“Ti guardo Alyson! E vedo solo una ragazza viziata e stupida! Vedo solo una ragazza che non è Dakota e con la quale ho sprecato due anni!” Noah aveva il disprezzo stampato in volto e Alyson sentí il fiato mancare. Si portò le mani alla bocca per soffocare il pianto, ma le parole erano arrivate al punto esatto dal quale scaturí il dolore.

“Hai sempre voluto controllare tutto ed io ho lasciato che accadesse per mia convenienza! Credevo che con Dakota non avrei mai avuto speranze e invece ho bruciato le mie possibilitá! Io non ti amo Alyson, non ti ho mai amata.” Barcollava e la testa iniziò a girare violentemente. Si infiammò di rabbia e non aveva alcuna intenzione di risparmiarsi sulle parole. Alyson non voleva credere che le taglienti parole provenivano da lui, Noah. Non lo riconosceva ma non aveva intenzione di demordere.

“Noah sei ubriaco e non hai coscienza di ciò che dici. Smettila, vai a letto e domani mattina prendiamo insieme il treno. Facciamo finta che non sia successo nulla...” Cercò un contatto, ma Noah si scostò e lo stomaco andò in subiglio. Tutti gli effetti negativi dell’alcol stavano emergendo, rendendogli lo stomaco pesante e la vista appannata. Non riusciva a tenere lo sguardo fermo ad un solo punto; le pupille saettavano da Alyson al pavimento, per poi ritornare al volto rigato di Alyson.

“Ho coscienza di ciò che dico! Non rendere tutto piú difficile. Alyson accetta che io ti abbia lasciata e creati una tua vita! Maledizione, smettila di PIANGERE!” Non accusò lo scontro del pugno contro il muro ma Alyson tremò a quel gesto di rabbia pura. Voleva trattenersi ma il cuore faceva troppo male e lo stomaco stringeva. Voleva provare a non piangere ma era incontrollabile. Noah l’aveva lasciata e lei non comprendeva perchè. Non poteva credere che amava Dakota Malfoy. Era sempre stata una sua paura ma aveva fatto ditutto pur di non permettere che si realizzasse. Aveva vinto per due anni e non si era preparata a quella sconfitta.

“Alyson, adesso vai a dormire.” Noah si trascinò per il muro e la mise da parte. Ignorò il pianto sommesso nel quale cadde Alyson e, ignorando anche lo sguardo torvo della Signora Grassa, pronunciò la parola d’ordine e sparí oltre il quadro.




**




Quella notte non sarebbe stata la notte serena prefestiva, auspicata. C’era tensione nelle ultime ore ad Hogwarst e Mya la sentiva piú di tutti. Dopo aver visto Kyron con la professoressa si era rintanata in stanza, non aspettando che Maddy la raggiungesse. Non voleva vederla, non voleva vedere nessuno. Era rimasta sola con se stessa a versare stupide lacrime e a chiedersi perchè continuava a sperare che Kyron potesse cambiare idea su di lei, su quel che c’era tra loro o su ciò che non sarebbe mai nato. Aveva pianto tutta la notte, cadendo in un sonno profondo e rinvenendo solo quando gli ultimi superstiti della festa erano rientrati. Aveva atteso che tutte le stanze fossero chiuse e, nel silenzio della tarda notte, si era diretta all’ingresso speranzosa di trovare la calma. Ma non era riuscita a calmare Il tremolio alle mani e l’umore completamente spiaccicato e distrutto. Si era preparata un infuso di erbe e cannella, sperando di ritrovare il sonno perduto. Ma nemmeno il vecchio rimedio di nonna Candice fu efficace. L’indomani il treno l’avrebbe ricondotta a casa ma, se l’aspetto che indossava quella notte sarebbe rimasto immutabile, avrebbe dovuto sottostare alle domande insistenti di sua madre. Non voleva che le festivitá venissero rovinate anche a loro solo per uno stupido capriccio. Si chiuse a riccio sulla poltrona accanto al fuoco - con l’enorme felpa di Drake che la teneva al caldo - e rimase a guardare il vuoto, mischiandosi con l’atmosfera lugubre della Sala Comune. Se avesse tenuto a freno la sua curiositá non avrebbe dovuto assistere alla terrificante scena di Kyron con Ameliè. Se avesse ascoltato Maddy il sonno l’avrebbe cullata dolcemente e avrebbe dormito con un dubbio irrisolto, con la lieve speranza che con caparbietá continuava ad infiammarle l’animo. Sentí altre lacrime rigarle il volto e si sentí maledettamente stupida. Si odiava per quel dolore, si odiava per la sua sciocca debolezza. Kyron aveva scelto altre prima di lei e avrebbe sempre scelto altre. Non sarebbe servito tormentarsi, piangere o urlare. Nulla sarebbe servito per ritrovare la felicitá che Kyron le aveva sottratto. La sua vita era perfetta ma c’era quella lieve stonatura che buttava il resto sullo sfondo, facendolo passare come irrilevabile. Si asciugò il dolore che non la smetteva di tormentarla e decise di ritornare ad affogare i suoi tormenti tra le coperte. Ma la porta in pietra si spostò e Kyron entrò in Sala, venendo folgorato dalla presenza di Mya che non aveva calcolato. Bastò guardarla per comprendere che la sua presenza non auspicava nulla di buono e gli occhi gonfi erano il chiaro avvertimento che aveva pianto, fino a poco prima. Mya aveva optato per il silenzio ma quando lo vide, con la camicia in disordine e lo sguardo tirato per aver dormito poco, si animò in lei una forza bruta, un odio che non sapeva di possedere. 

“È successo qualcosa?” Mya aveva il volto sconvolto e Kyron non potè evitare di preoccuparsi. Era mancato alla festa per ore e forse aveva evitato di essere coinvolto nell’evento che aveva sconvolto Mya. Si avvicinò con intenzioni pacifiche ma Mya fu spinta da un gesto istintivo. Il gesto che aveva trattenuto contro la sua volontá, nascosta dietro il muro dei sotterranei. Lo schiaffeggiò senza vergogna, non distogliendo lo sguardo adirato che, se ne avesse avuta la possibilitá, lo avrebbe trafitto in ogni parte per dargli la prova - appena palpabile - del dolore che lei stava provando. 

“Cosa diavolo…” Kyron non completò la frase che fu travolto da uno spintone che quasi lo fece cadere. Mya aveva una rabbia demoniaca dentro di sè che stava trovando spazio per manifestarsi e lei non aveva intenzione di tenerla a bada. 

“Sei un meschino bugiardo! Un bastardo!” Sussurrare le congiure non furono abbastanza. Voleva urlare ma la coscienza era ancora vigile e se lo avesse fatto metá della Sala Comune si sarebbe svegliata, tra cui anche Drake. E quello scontro doveva essere affrontrato solo tra loro. 

“Cosa hai in testa? Cosa ti dice la testa?” Lo coplí alle tempie e Kyron, cercando ancora di capire quale fosse il motivo della sua collera, non parò i colpi. 

“Vuoi farti espellere!? EH? VUOI RISCHIARE LA TUA CARRIERA SOLO PER PORTARTI A LETTO AMELIÈ…” Rischiò di sciogliersi in un urlo adirato ma Kyron le tappò la bocca, soffocando le sua parole. Come sapeva di Ameliè? Sentí le colpe passargli dietro la nuca, facendolo rabbrividire. Si sentiva un verme: le aveva tentate tutte pur di restare nell’anonimato e non solo per prevenire le ritorsioni che la notizia avrebbe portato con sè. Avrebbe desiderto evitare che Mya lo venisse a sapere, consapevole dei suoi sentimenti. Non riusciva a parlare, a giustificare le sue azioni, mentre Mya continuava a dimenarsi con l’intento di volergli urlare contro le peggiori parole conosciute. Ma Kyron le immobilizzava le parole e riuscí ad avvolgerla tra le braccia, fermandola del tutto.

“Ti fermi un attimo? Sveglierai tutti!” Sussurrò tra i denti Kyron, cercando la massima luciditá per formulare una scusa. Ma l’unica cosa che si ripeteva nella sua mente era scoprire come Mya fosse a conoscenza della sua relazione. Drake non aveva parlato, come anche Kenny. Gli si gelò il sangue nelle vene quando pensò di essere stato smascherato da Maggie May. Ma non dava notizie di sè da quasi un mese, quindi fu scartata anche quella possibilitá. La rinchiuse in un angolo della Sala Comune e la bloccò parandosi davanti a lei. L’avrebbe lasciata andare solo se si fosse calmata, ma Mya tentava ancora di scrollarsi di dosso la forza del corpo di Kyron. Stavano litigando come una vecchia coppia. 

“Non so come diamine tu faccia a saperlo ma Mya ti chiedo per favore di non dirlo...” Le stava chiedendo di coprirlo, consapevole che la collera che stava manifestando era la libera manifestazione di quello che provava per lui. 
Lo stava facendo senza limiti, odiandolo con tutta se stessa. 
Lo spintonò, riuscendo a liberarsi dalla sua presa.
 
“Tu mi stai chiedendo di coprirti il culo! Hai coraggio da vendere per quello che mi stai chiedendo. PERCHÈ LEI? Perchè lei e non me, Kyron?” Furono le ultime parole che la fecero sciogliere completamente. Si coprí il volto - che fu nuovamente invaso dalle lacrime - e si ranicchiò sul pavimento, singhiozzando silenziosamente. Kyron non temeva le conseguenze di quelle sue azioni, non temeva i rischi. Pur di stare con lei avrebbe messo in pericolo la sua carriera. E invece per Mya non trovava il coraggio di affrontare il rischio di provare, di tentare. Si sentiva presa in giro, ingannata e non riusciva a non piangere. Non trovava un freno per quei singhiozzi soffocati. Kyron si inginocchiò accanto a lei, incapace di rispondere. Avrebbe preferito non essere la causa di quel disastro. Tentò di carezzarle il capo, ma Mya lo allontanò con un altro schiaffo. 

“Vi ho visti! Ti ho seguito e vi ho visti…” Si rimese in piedi, cercando di rimettere in piedi anche la sua dignitá. 

“Mya, non so che dirti...” La stanchezza aveva lasciato spazio al panico. Kyron aveva le mani legate; era stato colto sul fatto e negare sarebbe stato inutile. Avrebbe desiderato sparire e lasciare che Mya potesse vivere serenamente. Ogni sua azione avrebbe avuto una reazione negativa su Mya, rendendolo l’artefice delle sue lacrime. 

“Cosa potresti dire? Niente!” C’era la tensione della fine. Mya avrebbe finalmente deciso di allontanarsi da lui. Le loro strade erano destinate a sfasciarsi sin dal momento in cui Mya gli aveva rivelato i suoi sentimenti. Fin d’allora, Kyron avrebbe dovuto capire che nulla sarebbe stato come prima. Erano cambiati, Mya era cambiata. 
Kyron cercò di parlare ma si ritirò in uno sguardo torvo e corruciato. Non doveva scusarsi, anche perchè non sarebbe servito. Non avrebbe potuto negare o pretendere che Mya promettesse il silenzio. Si stirò il volto, e l’unica alternativa utile fu di fuggire, lasciare la scena in silenzio. Mya non lo fermò: l’odio si era sedimentato in lei e il solo pensiero di doverlo guardare in volto la fece infiammare di collera. 
  
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