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Autore: VeronicaFranco    14/02/2016    14 recensioni
In occasione della rassegna di San Valentino "Sugar Love", due ragazzi come tanti, in un paesino come tanti nei dintorni di Parigi. Non è il giorno di San Valentino, per loro, però è una storia d’amore. Probabilmente non sarebbe nemmeno così diversa da mille altre storie, se non fosse che Fabrice e Michelle sono il padre e la madre di…
Dedicato ad ireland3 e pamina71.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lei ha i capelli castani, lui neri.
Lei ha gli occhi verdi, lui neri.
Lei è molto giovane, ha quattordici anni. Fabrice non le ha mai parlato. In paese, però, tutti si conoscono, e così Fabrice sa come si chiama. Michelle.
La ragazza sta chiacchierando con alcune amiche, nel bel mezzo della festa. Conclusa la messa di Pasqua a mezzogiorno, infatti, tutti si sono radunati nella piccola piazza del paese, e si mangia, si beve, si scherza; i giochi cominceranno tra poco. È un bellissimo aprile, non fa quasi freddo, a eccezione di qualche soffio più sottile tra gli zefiri annunciati. Povertà, bene, è l’unica cosa di cui tutta questa gente è ricca; ma è una povertà serena, dignitosa, e ciò che si è risparmiato in Quaresima, unendo la parsimonia spirituale alla necessità pratica, viene fuori ora, e ha un odore buono: dai cosciotti di pollo croccanti d’olio ed erbette, al pane fresco e morbido, ai fiori più precoci disseminati tra i rami d’ulivo.
Fabrice osserva Michelle seduta presso la fontana, con il contorno di amiche e sprazzi di timide primule tra i capelli; egli si chiede come quella ragazzina, solo pochi mesi prima secca come una stringa, abbia potuto diventare così, rosea e piena nelle gote e nel viso.
D’un tratto, lei scoppia a ridere. Fabrice pensa che è bello essere così vitali, così allegri com’è Michelle. E un poco, tra sé e sé, ne sorride.
 
***
 
La voce di Padre Albien suona lenta e armoniosa nella piccola navata. I visi attenti dei fedeli sono tutti rivolti a lui, al suo pulpito di legno decorato. Buona parte degli intarsi del pulpito li ha realizzati il padre di Fabrice, e di norma durante l’omelia il ragazzo appunta lo sguardo su quelle scene semplici, dalle figure essenziali (Cristo, la Madonna, gli Apostoli, la Maddalena), dimenticando di ascoltare. Per Fabrice è come fare un tuffo nel passato, quando la buon’anima di suo padre andava creando quelle decorazioni nella sua bottega, e nel contempo raccontava a lui, ancora bambino, cosa stava raffigurando. “Un grande artista, tuo padre”, diceva sempre Mamma Marie, ogni volta che il discorso tornava al defunto. “Solo perché non scolpiva il marmo, non significa che non fosse all’altezza di quelli famosi! Chissà, magari se fosse nato nel posto giusto, ora sarebbe a Versailles! Scultore di Luigi Quindicesimo!”
Fabrice ha sempre sorriso di questa esagerazione della mamma, pur amando molto le opere di suo padre, specie quelle della chiesa. Tuttavia, da qualche tempo alla domenica i suoi occhi sono distratti. Siede più lontano dal pulpito, ormai. Cerca, di soppiatto, la via per superare le molte teste che lo separano da Michelle. Trovatala, resta a osservarla, senza timore d’essere ripreso per la sua disattenzione. Non bada all’omelia, non bada nemmeno alle sculture del padre così rimpianto! È tutto per quella ragazza.
Michelle ha sempre un’espressione sbalordita, quando ascolta Padre Albien. Tiene la boccuccia rossa arrotondata, sente le raccomandazioni come se fossero rivolte a lei sola in tutta la chiesa, non batte nemmeno ciglio, e i grandi occhi verdi sovente s’increspano di gocce di sale. Ma il momento preferito di Fabrice è quando Michelle attende, con il capo chino e le mani giunte, il momento dell’Eucarestia. Si alza in piedi, quand’è il suo turno, segue le cugine in processione, va a prendere la sua benedizione; riceve l’ostia con delicatezza, la nasconde dietro le labbra e si fa pensierosa, arrossisce un poco, medita certo sui buoni propositi della settimana a venire. Tra le ciglia, gli occhi umidi ammiccano di commozione. In silenzio, Michelle consuma l’ostia muovendo appena le guance, i denti. Ha labbra chiuse e serie, mentre contiene quel prezioso cibo e lo manda giù discretamente, solennemente.
Fabrice, allora, arrossisce pure, e tiene il capo molto basso. Si inginocchia a pregare fervidamente; chi gli è accanto pensa ‘che bravo, devoto ragazzo’, senza saper distinguere tra il rossore religioso che omaggia la Passione e quello della gioventù, che detta al cuore e ai sensi ben più terrena passione.
 
***
 
L’estate è caldissima, i bambini cercano i canali, i fiumi, gli stagni. Fabrice, anche se non è più bambino, va a tuffarsi con i giovani suoi amici, quando non deve lavorare.
Hai sentito di Henriette?, dice uno, il più spavaldo, e Fabrice finge di non sapere.
Quell’uno racconta meraviglie. Colline generose e insenature misteriose, dove si impara a diventare uomini. E Fabrice tanto più arrossisce, un po’ diviso tra la vergogna e l’eccitazione di sapere ancora.
La prossima, si vanta quello alla fine della sua gloria, sarà Michelle, ho deciso.
No, Michelle no, lo ferma Fabrice.
Perché? Forse piace a te?, domanda quello, assai sorpreso.
Fabrice nuota un po’ sott’acqua. Il peso delle onde gli copre l’udito, il mondo di sopra sparisce nel limbo di sotto. Quando riemerge, afferma: Sì.
Ah, si sapeva!, ridono gli altri in coro, e Fabrice si immerge ancora.
 
***
 
Michelle è andata al fiume con le ragazze per il bucato. Prima di ogni cosa, ha strofinato a fondo le lenzuola, senza lasciare la minima macchia. Le amiche si sono lanciate piccoli schizzi, a volte, per giocare e alleviare la fatica. Poi si sono messe a cantare: dapprima lei, Michelle, ha iniziato sommessa, poi via via si sono aggiunte le altre. Il coro di fanciulle conclude ridendo ogni canzone. Soprattutto una, in cui un ragazzo chiede a una ragazza un piccolo casto bacio su una guancia, e lei dice di sì.
Michelle canta con lena, lavora con gaiezza. Racconta quel bacio e le sue labbra si arrotondano nel mimarlo. Ride forte e le sue amiche le fanno il verso.
Tu a chi lo daresti un bacio, Michelle?, le chiedono curiose.
Michelle dice che proprio non lo sa.
Loro non ci credono.
Michelle tace e strofina per bene, una macchia è più ostinata delle altre.
Noi lo sappiamo!, gridano le amiche, battendo le mani. È Fabrice Grandieeeeeeer!
Michelle scuote il capo con decisione. Lavorate, invece di prendermi in giro!
 
***
 
Fabrice non ha finito l’apprendistato. Al tramonto il maestro, compagno di suo padre, amico e quasi zio, gli dà un compito per la settimana successiva: un tutto-tondo, soggetto una persona, dimensioni così e così. Ecco il ceppo su cui lavorare.
Fabrice resta sovrappensiero. Dice grazie, poi si ritira rimuginando sul suo compito, col ceppo di legno sottobraccio.
Lungo la via di casa, un gruppetto di ragazze viene avanti chiacchierando: conducono una carriola piena di panni. Pochi passi e se le trova di fronte.
Nel mezzo, come il nettare tra i petali di una rosa, vede Michelle.
Le ragazze ridono, e Fabrice arrossisce.
Michelle abbassa il capo e va avanti, deviando bruscamente il percorso.
Fabrice se la sente sfuggire come acqua tra le mani.
Buo-buonasera, Michelle! Saluta, girandosi tutto in un colpo. Per pronunciare quel nome ha chiamato a raccolta tutto il suo ardimento.
Buonasera, Fabrice!, cicalano le amiche, ma non Michelle, che si ferma a stento, un poco stupita, un poco in imbarazzo.
M-mi chiedevo se…
Le ragazze ridacchiano: forse vorrebbero fare piano, ma il brusio è insopportabile.
Fabrice resiste. Si accorge d’avere sottobraccio il pezzo di legno, e gli viene un’idea lampante.
… ti piacerebbe che ti facessi qualcosa?
Qualcosa?, chiede Michelle con un filo di voce, senza alzare gli occhi.
Un… regalo, una cosa piccola di legno, io sono capace di intagliarlo.
Perché?, gli chiede lei, e le amiche tacciono.
È… tra poco sarà il tuo compleanno, vero?, persiste Fabrice, a sua gloria.
Sì, ammette lei, e finalmente abbozza un sorriso. È un pensiero molto carino, ma non devi disturbarti.
È che lo zio mi ha detto di esercitarmi con le statue, e così ho pensato che… se ci riesco, ti regalo la statua. Ti va?
Michelle schiude le piccole labbra rosse, le arrotonda, e Fabrice si sente attizzare pure le orecchie.
Va… va bene, d’accordo.
Le ragazze si portano via Michelle pigolando come una nidiata di pulcini. Fabrice resta a domandarsi, mortificato, quante sciocchezze si possono infilare una dopo l’altra in un solo discorso.
 
***
 
Fabrice si diverte molto a intagliare piccole figure a tutto tondo. Ma questo soggetto, diamine, questo soggetto è difficile. Che gli è saltato in mente di ritrarre proprio Michelle? Potrebbe intagliarle un fiore, un animale, una casa oppure un castello; ma ritrarre proprio lei è esagerato.
Deve fermare in una immagine rigida il suo modo di camminare, che è leggiadro e vivace. I suoi capelli hanno riccioli morbidi e lucenti, come li potrebbe replicare nel legno? E ancora, il suo viso è pieno di piccole cose delicate, le labbra, il naso all’insù, le fossette agli angoli della bocca e i tondi rosati delle gote. Gli occhi pieni di luce. Queste cose, messe sul legno, diventano rozze e prive di spirito. Fabrice osserva l’abbozzo della statuina con dispiacere sincero.
 

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È bellissima, accidenti, gli assicura la zia, la sorella di sua madre, che sempre si prende cura di lui da quando Marie lavora dal Padrone.
Ma se non le ho ancora fatto gli occhi, si lamenta Fabrice, e scuote il capo.
Invece anche così sembra proprio lei. E che bellezza, ha in mano una rosa!
Non va bene lo stesso, dice Fabrice.
E dopo l’ennesimo tentativo andato a male, ecco, decide di rinunciare alla statuetta di Michelle. Le farà qualcos’altro, un bellissimo qualcos’altro. In un impeto di frustrazione, getta la statuina di legno dalla finestra.
 
***
 
Fabrice passeggia lungo l’argine del fiume. Il tempo si sta mettendo al brutto, l’estate ormai non fa più concessioni. Fabrice immagina di dover correre a cercare un riparo, ma gli piace la pioggia e si sente molto vicino a lei. La pioggia ha mani fredde, tagliuzza i sensi qua e là, fa sbocciare brividi, e così lui può prendersi un poco di tempo: deve raccogliere il suo coraggio per andare da Michelle e portarle il suo regalo, prima che il giorno finisca, ma si sente malinconico, è indeciso, aspetta.
Fabrice saltella sull’argine, tra un balzo e un altro mantiene l’equilibrio. Piano piano, ecco le prime gocce di pioggia. Fabrice continua, imperterrito, a fare equilibrismo.
Proprio in questo momento, vede qualcuno mettersi a correre poco più avanti. Il modo di camminare, anche da veloce, è inconfondibile. Michelle! Si sta coprendo la testa con le mani; evidentemente la pioggia l’ha sorpresa, e ora fugge per non bagnarsi. Fabrice nota che le è caduto qualcosa. Subito, senza pensarci nemmeno un attimo, salta avanti e scende dall’argine, inciampa, si sporca di terra, e mentre la pioggia si fa più forte chiama la ragazza.
Michelle si trattiene, cerca il riparo di un albero. Vede Fabrice venirle incontro, e lo aspetta ansimando.
Fabrice, poco prima di raggiungerla, si china a raccogliere l’oggetto che le è caduto.
Lui non crede ai suoi occhi: è la sua statuina, quella che gli era parsa brutta, lanciata fuori dalla finestra perché non dovesse vederla mai più. Com’è finita a Michelle?
Fabrice raggiunge la ragazza, le porge la statuina tenendo la bocca aperta. Vorrebbe chiedere, sapere, ma Michelle sfugge il suo sguardo, al colmo dell’imbarazzo.
Intanto piove, e il riparo che si sono trovati è fittizio, filtra acqua a cascatelle.
Michelle ha i capelli incollati al viso, le labbra umide e gli occhi lucidi.
Fabrice le sussurra Buon Compleanno.
Michelle sorride. Fabrice, allora, pone la sua domanda.
Come hai trovato questa statuetta? È brutta, l’avevo scartata…
Non è affatto brutta. Quando l’ho vista mi è sembrata bellissima.
Dici davvero?
Sì. Altrimenti, non l’avrei raccolta…
… ma io, ecco, io te ne ho fatto un’altra. Nemmeno questa è finita, però, io… vorrei che tu la vedessi. E se ti piace… posso finirla, e… è tua.
Michelle osserva con stupore la mano di Fabrice frugare nella tracolla di stoffa.
È… è questa.
Fabrice le porge il regalo. La guarda in viso con insistenza, con gli occhi dilatati dall’emozione, il respiro mozzo e una domanda assordante nell’anima.
 
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Michelle tende le mani. Con le dita sfiora i contorni levigati delle due figure che vi sono ritratte. Le sue labbra ridono giocose. Michelle è piena di meraviglia.
Fabrice tentenna, poi parla a voce bassa, guardando Michelle con attenzione.
L’uomo… sono io.
Michelle fa un sorriso tranquillo, delizioso.
Sì, lo so.
Posso… posso provare a finirla, allora?
Michelle ride. Osserva ancora una volta la statuetta, poi la mette via, l’appoggia tra le radici umide del loro riparo. Poi si rialza, prende la mano di Fabrice, si aggrappa alla sua spalla. Reclina il viso sul suo petto, e gli parla vicino alla guancia.
Ora, gli sussurra, puoi provare a finirla.
Fabrice si abbandona al calore di lei. Le cinge la vita con delicatezza, l’attira a sé. Stringe la mano di Michelle sul suo petto.
Stanno tremando, entrambi.
 
 
 

 
 
 
 
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Note.
Fino all’ultimo ho pensato che non sarei riuscita a scrivere niente per la rassegna di San Valentino intitolata "Sugar Love" indetta dalla pupissima Orny81. Però, come sempre succede, l’ispirazione arriva all’improvviso, dopo giorni e giorni di nulla.
Premessa: ireland3 mi aveva detto che, in occasione della rassegna, avrebbe avuto piacere di vedere in azione il papà e la mamma di André, come li ho abbozzati nella OS di Natale intitolata Big eyes, chiamandoli rispettivamente Fabrice e Michelle.
Alla fine qualcosa sono riuscita a combinare, grazie allo sprone di Orny, ireland e Lucy71. Un credit particolare è a pamina71, che mi ha dato una suggestione fortissima con Puoi baciare la sposa, deliziosa OS di qualche contest fa (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3182710&i=1). In pratica, questa è a sua volta una fanfiction di quella sua fanfiction!
Hanno influito sul mio immaginario anche una scena dal libro Latte versato di Chico Buarque (la scena della chiesa, quando lui si trova a una messa e vede la donna che amerà, finendo a fare pensieri non propriamente casti XD); Narciso e Boccadoro di Hermann Hesse per l’immagine del pulpito con le figure scolpite nel legno; la scena del libro VI dell’Odissea di Omero per l’immagine delle fanciulle che vanno al fiume a fare il bucato e giocare, qui Michelle è un po’ Nausicaa; il film Disney Il gobbo di Notredame per l’idea delle statuine di legno e La Bella e la Bestia per l’immagine della fanciulla seduta alla fontana; le meravigliose creazioni della linea Willow Tree di Susan Lordi, realizzate in resina ma simili al legno, cui appartengono le due immagini che ho postato.
Come si vede, non è un 14 febbraio, gli eventi si dipanano in un tempo imprecisato tra primavera, estate e autunno. È una scelta precisa: sono una fervente sostenitrice del fatto che la Festa degli Innamorati debba durare sempre, in qualunque momento. Perciò, per partecipare a questa romanticissima Rassegna, ho deciso di dare più importanza all’aMMore e al senso della festa che non alla data della festa. Ho fatto bene, Ornyna?
Ma adesso CIanCIO alle BanDE, corriamo a leggere tutte le storie della rassegnaaaaaaarrrrf!!!! Tantissimi cuori per voi!
   
 
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