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Autore: Taila    14/02/2016    4 recensioni
Sì, Harrison poteva capire ciò che stava cercando di dirgli Barry. Dopo la valanga di menzogne che lo aveva investito in pieno un anno prima, Barry aveva imparato a dare un enorme valore alla verità e, finalmente, riusciva a vedere la differenza tra se stesso e il suo predecessore. Scosse la testa incredulo che potesse essere così facile e pensò che solo uno – eroico, forte, coraggioso e fiducioso – come lui avrebbe potuto farlo cedere. Sospirò e andò a sedersi accanto al ragazzo, così vicino a lui che le loro spalle erano premute l’una contro l’altra, nonostante ci fosse abbastanza spazio sul tappetino per entrambi.
[Barrison - 2x12]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Barry Allen, Dr. Harrison Wells
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Differente
Autore: Taila
Serie: The Flash
Genere: Sentimentale, angst, what if…?
Tipo: On-shot, slash, spoiler
Rating: Verde
Pairing: Harrison Wells/Barry Allen
Ambientazione: 2x12
Disclaimers: I personaggi presenti in questa shot non appartengo a me, ma alla DC Comic e alla WB. Io li ho presi in prestito senza scopo alcuno di lucro e per soddisfare i loschi piani (aka, Barry che sprimaccia a dovere Harry *.*).
Note: Eccomi ritornata sul luogo del delitto, questa volta con una Barrison della seconda stagione. La puntata 2x12, nel mio caso, ha fatto più danni del previsto, infatti dopo averla finita di vederla, mi è venuta in mente l’idea di riscriverla in chiave slash (come se non bastasse tutto quello che già c’è nella puntata in questione ^^’’’) e, assecondando questa mia follia, mi sono messa al lavoro. Mi ci è voluto un po’ di tempo, infatti volevo finirla prima della messa in onda della 2x13, ma non ce l’ho fatta con i tempi. Comunque alla fine eccomi qui, con una shot bella lunghetta (con tutto il Barrison che ci hanno dato, era impossibile non sguazzarci dentro *w*): spero di essere riuscita a beccare il carattere tormentato di Harry e il dilemma che lo rode da dentro in questa puntata e di essere riuscita a fare un lavoro decente ^__^
Ringraziamenti: Ringrazio BlackCobra e Harryet che hanno lasciato un commento a “Simili, non uguali”. Ringrazio: BlackCobra e Harryet che hanno inserito "Simili, non uguali" tra i preferiti. Ringrazio tutti coloro che hanno anche solo letto e tutti coloro che leggeranno e/o lasceranno un commento a questa shot.
Adesso la smetto di blaterare e vi lascio alla lettura, alla prossima Barrison, gente |^O^/



Differente



Quando Harrison Wells era arrivato su quella Terra in cerca di aiuto per salvare sua figlia, aveva creduto che il Flash che vi avrebbe trovato sarebbe stato simile a Jay Garrick. Harrison era conscio che la colpa di quanto stava accadendo non era interamente del Flash del suo mondo, visto che era stato lui a creare Zoom; ma era altrettanto vero che Jay Garrick, quando aveva deciso di essere Flash, di autoproclamarsi eroe e di porsi a difesa di Central City, aveva accettato anche di assumersi degli oneri che andavano al di là della gloria e che si traducevano nella difesa strenua e senza eccezioni della città e dei suoi abitanti. Ma non l’aveva mai fatto. Proprio per questo, Harry aveva sempre giudicato Jay Garrick soltanto un vigliacco, un inutile buono a nulla capace solo di deporre le armi, scappare e lasciare gli abitanti di Central City alla mercé di Zoom. Oh sì, perché lui era profondamente convinto che la colpa di tutto quello che stava succedendo, del fatto che sua figlia fosse stata rapita da quel mostro fosse solo e unicamente colpa sua – era irrilevante il fatto che senza l’incidente del suo acceleratore di particelle, in giro per la città non ci sarebbe stato alcun metaumano, perché la follia e l’inclinazione al crimine erano fattori intriseci dentro le persone e il suo esperimento fallito non avrebbe potuto creare qualcosa dal nulla, aveva dovuto esserci alla base qualche cosa da portare a galla – perché se solo fosse stato appena un po’ più coraggioso e meno occupato a puntare il dito contro di lui, Zoom non sarebbe più stato un problema da molto tempo. Proprio per questo, prima di attraversare la lacerazione, si era mentalmente preparato ad avere a che fare con una patetica imitazione di un ancor più penoso eroe.
Per tutti questi motivi, Harrison Wells di Terra-2 non era minimamente preparato al Flash che si era trovato di fronte quando era arrivato su Terra-1. E proprio per questo motivo si era ritrovato a essere colpito il doppio, su due fronti diversi, da lui. Quando si era ritrovato nella versione dei Laboratori STAR che c’era in quel mondo e si era messo alla ricerca del supereroe, quando lo aveva trovato e aveva iniziato a spiarlo per capire che tipo fosse, ben presto si era scoperto a non credere a ciò che stava vedendo. Il Flash di Terra-1 era solo un ragazzino, anche se non poteva negare che una parte di lui l’aveva trovato particolarmente attraente. Il dottor Wells doveva ammettere che, quando aveva visto per la prima volta il viso pulito e i grandi occhioni azzurri e innocenti di Barry Allen, di primo acchito aveva pensato che c’era stato un errore, che aveva sbagliato persona, perché un ragazzo come quello non poteva essere l’eroe che lottava strenuamente per proteggere quella città. Gli erano serviti un paio di giorni per comprendere che quel Flash era quanto di più alieno avrebbe mai potuto concepire da Jay Garrick e che le cose non stavano come gli erano sembrate a una prima occhiata: sì, il Flash di quel mondo era giovane, troppo giovane per essersi caricato sulle spalle l’onere della salvezza di centinaia di persone, ma era anche l’eroe che Jay Garrick non era e non sarebbe mai stato. Lì dove Jay Garrick era soltanto capace di battere in ritirata quando vedeva la situazione volgersi a suo sfavore e sapeva solo lamentarsi e scaricare la colpa su di lui, Barry Allen era coraggioso fino all’incoscienza, affrontava i suoi nemici faccia a faccia, senza farsi intimidire dalle loro capacità da metaumani e senza mai arretrare nonostante i colpi e le ferite ricevute e, se pure all’inizio falliva, trovava sempre il modo di sbaragliare il nemico. Inoltre quel Flash era potente e veloce più di quanto quello del suo mondo avrebbe mai potuto sperare di essere e, per questo, gli faceva rabbia che uno come Jay Garrick si fosse seduto in cattedra e messo a dare lezioni a chi non ne aveva assolutamente bisogno, non da lui per lo meno. Dopo averlo studiato e averlo visto in azione, Harrison non stentava a credere che quel ragazzo rappresentasse la speranza per le persone che vivevano in quella città e aveva cominciato a credere che sarebbe potuto essere una speranza anche per lui stesso e sua figlia. Studiandolo così a fondo, però, Harrison Wells si era reso anche conto che Barry Allen non era solo luce e fiducia, c’era qualcosa che lo faceva apparire spezzato e vecchio e graffiato, come se, dentro di lui, qualcosa si fosse rotto e non fosse più possibile ripararla e non era così sicuro che la causa di ciò fosse l’assassinio di sua madre: forse, molto più verosimilmente, c’entrava il suo falso doppio. Ogni volta che pensava alle azioni che aveva compiuto l’uomo che aveva preso il posto di Harrison Wells di quella Terra, al male che aveva fatto a quel ragazzo che rappresentava la speranza e una luce da seguire per tante persone, avvertiva una scintilla di risentimento bruciargli nelle vene e scorrere insieme al sangue.
Il dottor Wells aveva cercato di studiare Barry Allen con l’occhio freddo e calcolatore dello scienziato, però non era riuscito a restare distaccato come avrebbe voluto: era rimasto spiazzato e affascinato dalle molteplici sfaccettature mostrate da quel ragazzo e, anche se ora comprendeva cosa rappresentasse per i suoi concittadini e perché, si sentiva comunque come se avesse solamente sfiorato il mistero rappresentato da Barry Allen e si era scoperto a provare sempre più la necessità di svelarlo.


§§§



Harrison era frustrato e nervoso come gli era capitato solo quando era un giovane neolaureato che cercava di emergere in una giungla di spietati arrivisti che, minacciati dal suo inequivocabile genio, adoperavano ogni mezzo nel tentativo di fermarlo. Sua figlia era nella mani di Zoom da settimane e lui stava raggiungendo in fretta il suo limite, perché gli sembrava di non riuscire a fare nessun progresso, di essere fermo sempre al punto di partenza. Harrison aveva sempre fatto ciò che era necessario per il bene di Jesse e, proprio in nome di ciò, aveva accettato di collaborare con Zoom. Peccato che, insieme alla consapevolezza di aver detto sì a un mostro dalle mani lorde del sangue di decine di innocenti, fosse arrivata anche un’ondata di nausea che lo aveva quasi piegato a metà, perché aveva accettato di tradire quel ragazzo impavido e ferito che, per aiutarlo, non aveva esitato sfidare apertamente Zoom e, a causa di questo, si era quasi fatto uccidere. Barry si era fidato di lui nonostante ciò che rappresentasse il suo aspetto, lo aveva difeso e sempre grazie a lui aveva trovato aiuto nel suo team e lo stava ripagando lavorando alle sue spalle per tradirlo, per rubargli la sua supervelocità e consegnarla alla minaccia più pericolosa che stava gravando sui loro mondi.
- Non ho altra scelta.- dichiarò Harry parlando con se stesso, come per convincersene.
Si passò nervosamente una mano tra i capelli già arruffati e si ripeté ancora una volta che sua figlia era la cosa più importante, che per averla salva avrebbe fatto qualsiasi cosa, anche tradire Barry, esattamente come aveva fatto il suo falso doppio. Quel ragazzo non significava nulla per lui, era solo un velocista che aveva già fallito una volta e aveva disatteso le sue aspettative e Jesse era ancora prigioniera di Zoom a causa di questo e… In un raptus, Harry con una manata scaraventò a terra gli oggetti che c’erano sulla scrivania. Barry era il figlio e il fratello e l’amico di qualcuno e lui lo stava sacrificando senza battere ciglio, in nome della speranza che Zoom mantenesse fede al suo patto e gli restituisse sua figlia. Barry era la stessa persona che pur essendo sopravvissuta per miracolo dallo scontro con Zoom, si era rialzata in piedi e aveva rimesso insieme i pezzi e aveva trovato la forza per guardarlo in faccia e giurargli che avrebbe fatto di tutto per salvare sua figlia. Era questa la persona che stava tradendo. Se quel ragazzo non fosse stato la riproduzione vivente dell’eroe e fosse stato più simile a Jay Garrick… Beh, sapeva che non sarebbe stato altro altrettanto difficile farlo. Harry espirò nel tentativo di calmarsi e, quando aprì gli occhi, si rese conto che quando aveva gettato a terra le cose che aveva avuto davanti, aveva rotto uno di quegli stupidi pupazzetti che Cisco teneva sulla scrivania.
- Fantastico.- brontolò scontento.
L’ultima cosa che gli serviva, era sentire le lamentele di quel ragazzino. Sbuffando, raccolse i pezzi e li posò sul ripiano, sopra un mucchio di fogli bianchi e cominciò a rovistare nei cassetti della scrivania alla ricerca di un po’ di colla con cui riparare quella statuina. Era arrivato a frugare nell’ultimo cassetto in basso, quando le punte delle sue dita cozzarono contro qualcosa di duro e liscio, che era sepolto sotto un mucchio di materiale da cancelleria. Incuriosito, afferrò l’oggetto e lo tirò fuori, ritrovandosi poi tra le mani una cornice con dentro una foto: in primo piano c’era l’uomo che aveva rubato la sua faccia, alle sue spalle, ai lati, c’erano Cisco e la dottoressa Snow e tra loro, al centro e perfettamente dietro al falso dottor Wells, c’era Barry con addosso la sua tuta da Flash e il cappuccio calato. Harry riservò uno sguardo distratto al suo falso doppio e si ritrovò a concentrare la sua attenzione su Barry. Su quel Barry sorridente come non lo aveva mai visto, orgoglioso di se stesso e ancora così meravigliosamente innocente e fiducioso, contento e fiero di essere accanto all’uomo che aveva sempre ammirato. Con una punta di amarezza, si rese conto che non avrebbe potuto vedere mai più un’espressione simile sul volto di quel ragazzo, che non gli avrebbe mai sorriso in quel modo perché, con il suo tradimento, Thawne aveva strappato via una parte di lui e Harrison stava per fare altrettanto. Si chiese cosa sarebbe rimasto di Barry alla fine, se dopo tutte le ferite emotive che gli erano state inferte e quelle che gli avrebbe inferto lui stesso, se sarebbe rimasto ancora in piedi a ergersi come un baluardo per la salvezza di tutti quanti, sacrificando fino all’ultima goccia del proprio sangue, oppure se piuttosto non sarebbe crollato su se stesso, frantumandosi come uno specchio su cui era stato lanciato un sasso. Chissà se sarebbe riuscito a perdonare anche lui alla fine, o se sarebbe diventato per lui un traditore al pari di Eobard Thawne.
Harry non sapeva dare una risposta a queste domande e, per il bene suo e di sua figlia, sarebbe stato meglio smettere di pensare a Barry in quei termini. Dove solo ricordarsi che non faceva parte di quel mondo e che doveva limitare i contatti con quelle persone, perché se si fosse affezionato a loro, non sarebbe mai riuscito a fare ciò che doveva fare. Eppure si rendeva conto da solo che era troppo tardi. Già tutti gli scrupoli che si stava facendo, il fatto che la sua coscienza urlasse ferocemente mentre lavorava al suo dispositivo per rubargli la supervelocità, in modo chiaro gli dicevano che aveva cominciato a considerare Barry una persona e non un mezzo per giungere al suo scopo, qualcuno da usare e gettare poi via, ma che si era affezionato a lui, che gli era entrato dentro in punta di piedi e lo aveva conquistato senza colpo ferire. E Harrison aveva paura cosa questo avrebbe potuto significare per Jesse e per lui stesso.


§§§



- Ciao.- esordì Barry mentre entrava nel laboratorio.
- Ciao.- gli rispose il dottor Wells senza staccare lo sguardo da ciò che stava facendo.
Vedere entrare il ragazzo nella stanza proprio mentre stava lavorando al dispositivo che avrebbe dovuto rubargli la supervelocità, fece contorcere dolorosamente qualcosa dentro di lui: loro due non erano mai stati vicini, nonostante lavorassero entrambi lì e per fermare Zoom e a lui questo status quo andava più che bene, perché lo aiutava a mantenere le distanze con quel ragazzo e a continuare a illudersi di vederlo come un estraneo, un pezzo sacrificabile in una partita che aveva come posta in palio la vita di sua figlia. Per questo motivo Harry non poteva permettersi di lasciarlo avvicinare a sé più di quanto già fatto, perché aveva scoperto che quel ragazzo aveva l’innegabile potere non solo di correre più veloce di chiunque altro, ma quello ancora più pericoloso di attrarre a sé i cuori di qualunque persona che incrociasse il suo cammino, senza più possibilità di tornare indietro e il suo cuore era stato catturato da fin troppo tempo – anche se ancora si illudeva che così non fosse – per non temere le ripercussioni che questo avrebbe potuto avere sulla sua missione di salvare Jesse.
- Sei rimasto fino a tardi.- osservò Barry dopo aver studiato per un attimo l’altro uomo e il suo aspetto arruffato.
- Anche tu. Non dovresti essere a fare qualunque cosa faccia un ventiseienne il giovedì sera?- chiese, muovendo le mani in un modo che rivelava tutta la sua ansia.
Harrison si era innervosito all’istante quando aveva visto Barry dirigersi dritto verso la scrivania libera che c’era in quel laboratorio, mentre si arrotolava le maniche della camicia in un gesto che indicava chiaramente che era lì non di passaggio, ma per lavorare. Voleva essere lasciato in pace da tutti e in particolare da Barry, perché, se solo si fosse concesso un attivo di debolezza e avesse lasciato che quel ragazzo allontanasse da lui la sua solitudine, avrebbe finito per appoggiarsi totalmente a lui – perché era sin troppo facile farlo, quando si aveva a che fare con quel ragazzo disponibile, dolce, generoso e perfetto – e non sarebbe mai più riuscito a fare quello che doveva fare.
- Sono stato appena mollato. – rispose il ragazzo mentre osservava i fogli pieni di appunti sparsi sopra il ripiano della scrivania – E pensavo di affrontare il problema delle lacerazioni e vedere se riesco a capire come chiuderle. Abbiamo avuto la stessa idea?- chiese spostando lo sguardo sul dottor Wells.
- Certo. – rispose Harrison e si sentiva a disagio e come se avesse appiccicata sulla testa un’insegna al neon con la scritta “colpevole” – Io lavoro da solo.- aggiunse nella speranza che l’altro se ne andasse, perché non riusciva a stargli davanti mentre il dispositivo per rubargli la velocità era proprio dietro le sue spalle, sulla scrivania e sembrava bruciare sotto il foglio con cui lo aveva coperto.
Ovviamente non aveva messo in conto la testardaggine di Barry, che quella sera sembrava avere tutte le intenzioni di rimanere lì con lui.
- Ma no. “Due menti sono meglio di una”, no?- replicò con un sorriso, nella speranza di convincerlo a farlo restare.
- No.
Asciutto, secco, diretto. In questo modo quel ragazzo non avrebbe avuto dubbi, avrebbe capito l’antifona e se ne sarebbe andato via, lasciandolo a macerarsi nella sua solitudine, miseria e a cercare di comprendere quale fosse il modo migliore per portare il peso dell’azione che stava per compiere e di tutti i sensi di colpa che si sarebbe portata dietro. Jesse avrebbe capito che quello che stava facendo era per lei, per portala al sicuro e ciò era la sola cosa importante. Peccato che nemmeno lui pareva essere convinto dei suoi stessi pensieri.
- Si dirà solo su Terra-1…- replicò Barry che, nonostante tutto, sembrava non essere intenzionato a mollare.
- Sai che, per me, Terra-1 è la mia Terra?- Harrison ribatté irritato.
- Sì.
- La tua Terra deve ancora creare la materia di quark CFL, ci vorrebbe troppo per aggiornati sui nostri progressi, quindi… Faccio da solo.
Harry aveva tirato fuori l’asso nella manica: una tecnologia che l’altro non conosceva e che era troppo avanti perché l’altro la comprendesse in pochi minuti. Ergo, aveva escluso definitivamente una collaborazione con lui.
- Parli di questa scienza?- chiese Barry sventolando un libro che aveva preso dalla scrivania.
- Sì, proprio di quella.- rispose Harrison ora davvero irritato perché voleva quel moccioso fuori da lì, ma non riusciva a scollarselo di dosso.
- Sta’ a vedere.- disse Barry con uno di quei suoi sorrisi che parevano illuminare tutto.
Non come quello della fotografia che aveva visto, ma ci andava abbastanza vicino. Mentre lo fissava leggere il tomo usando la supervelocità e borbottava che era seccante vederlo fare certe cose – un po’ lo era davvero, soprattutto se pensava ai lunghi anni di studio che aveva speso su quegli stessi libri, per imparare e comprendere quelle teorie fisiche – sentì il senso di colpa ricominciare a rosicchiarlo da dentro più forte: da quando era arrivato lì, gli erano state date prove su prove che quel Flash era molto più potente di quello che lui conosceva e che aveva possibilità pressoché illimitate, ma aveva scelto di non fidarsi di lui, della promessa che gli aveva fatto e aveva stretto un patto infamante con Zoom.
- Però! D’accordo, ora sono aggiornato… per i prossimi trenta minuti, diciamo. Oh, me ne sono perso uno.- disse mentre allungava la mano verso il foglio pieno di calcoli sotto cui Harry aveva nascosto il suo dispositivo.
- Va bene, puoi aiutarmi. – il dottor Wells concesse nella speranza di distogliere la sua attenzione dal foglio – Ma comando io.
- Va bene. Comandi tu.


§§§



Harrison aveva scoperto che, per poter continuare a lavorare insieme a Barry, dopo che aveva piazzato sotto lo stemma della tuta di Flash il dispositivo e aver iniziato a rubargli la Forza della Velocità, senza che ondate di nausea di se stesso e vergogna per quello che aveva fatto lo sommergessero e lo piegassero a metà, doveva dare le spalle a quel ragazzo. Stava sacrificando una vita così preziosa, insieme a tutte quelle che avrebbe potuto salvare di lì in poi, per salvare solo quella che interessava a lui. Harry cercò di distogliere la mente da quei foschi pensieri, ma non riusciva a non pensare che, da quanto era arrivato lì e aveva scoperto che cosa aveva fatto il suo doppio, aveva fatto tutto il possibile e con tutta la veemenza possibile per convincere tutti quelli che aveva incontrato che lui non era il falso Wells, che non era un assassino, né un bugiardo, né un traditore. Per ironia della sorte aveva finito per essere almeno due di quelle tre cose e proprio con l’unico che aveva avuto fiducia in lui fin dal principio.
- Sai, mi sembra come ai bei vecchi tempi.- Barry iniziò a dire, dopo aver dato di nuovo sfoggio della sua capacità di leggere a supervelocità e memorizzare tutto subito.
- Va bene.- rispose Harrison cercando di essere il più disinteressato possibile, perché temeva dove lui stesse cercando di andare a parare con quel discorso.
- Sì, cioè, ovviamente lo so che è la prima volta che lavoriamo insieme, ma sto imparando molto da te. L’ultimo Wells è stato un vero mentore. – sentendo questo, Harry vece un verso innervosito perché l’ultima cosa che voleva in quel momento era sentire quel ragazzino che cercava di entrare nelle sue grazie, di chiedergli di diventare la sua guida, proprio subito dopo che lo aveva pugnalato alle spalle – Pensava che potessi fare qualsiasi cosa, mi ha convinto di questo.
- Bene.- concordò sempre più spazientito.
- Mi ha spalancato un nuovo mondo. Forse è stato come un altro padre, per me.
Nell’udire quel moccioso ingenuo e ferito dire questo e nell’intuire il significato intrinseco di quelle parole, Harry sentì la rabbia ardere dentro di lui. La collera verso se stesso e la vergogna che provava per ciò che aveva fatto, l’ira verso quel ragazzino troppo perfetto per essere vero e che non voleva in alcun modo lasciarlo in pace, verso Zoom e l’accordo infamante che aveva stretto con lui, esplose dentro di lui e divampò in un istante. Si girò di scatto verso Barry e gli lanciò contro il cancellino della lavagna, colpendolo in testa. Il ragazzo si girò a guardarlo con quei suoi enormi occhi azzurri confusi a causa del suo atteggiamento, ma Harrison si aggrappò alla rabbia che provava dentro di sé per non farsi distrarre.
- Smettila, non ti ho chiesto aiuto, va bene?- sbottò infuriato con se stesso e il mondo.
- Cosa?- replicò Barry guardando ancora smarrito.
- E di sicuro non ti ho chiesto di farti da mentore.
- Va bene, sta’ calmo, dicevo solo…
- Lo sai che ho già una figlia, no? Non ne voglio un altro. Smamma. Lasciami finire per conto mio.- gli urlò contro.
- Va bene.
E si girò verso la lavagna perché non sopportava di vedere l’espressione ferita di Barry. Lo aveva cacciato in quel modo perché non poteva permettersi di creare un legame con lui, perché era consapevole che altrimenti non sarebbe riuscito a trovare la forza di arrivare fino in fondo e fare ciò che doveva per il bene della figlia. Ma sapeva anche che aveva iniziato a tenere a quel ragazzo più di quanto doveva e il fatto che, scaricando sopra di lui la sua frustrazione in quel modo aveva fatto del male più a se stesso che all’altro, ne era una prova lampante.


§§§



L’ultima persona che si sarebbe aspettata di trovare nel laboratorio la mattina successiva all’incontro durante il quale aveva consegnato la supervelocità rubata a Zoom, soprattutto dopo il modo in cui lo aveva trattato la volta, era proprio Barry. Ovviamente quel ragazzo era troppo testardo per lasciarlo perdere come voleva, perché, a differenza di Jay Garrick, lui non era il tipo che abbandonava il campo ma continuava a lottare fino a raggiungere l’obbiettivo desiderato. Harry non sapeva se si sentisse più sollevato o sofferente nell’averlo lì dopo averlo tradito in quel modo.
- Sto solo facendo qualche ricerca.- disse Barry dopo averlo sentito entrare.
Harrison piegò un angolo della bocca in un sorriso tirato, mentre osservava i fogli pieni di calcoli sul ripiano della scrivania, perché così gli sembrava un bambino colto a fare quello che gli era stato proibito di fare dal genitore.
- La determinazione dei dieci anni.- mormorò nostalgico.
- Come?
- Quando mia figlia aveva dieci anni le venne assegnato un progetto di scienze… quel progetto… ho passato ogni ora in cui ero sveglio a ritoccare e perfezionare il suo forno a energia solare. A ogni modo, quella determinazione me la ricordi molto.
- Sgridavi anche lei?- Barry non poté proprio trattenersi dal domandare.
Il dottor Wells socchiuse gli occhi: non poteva credere di essere stato preso in trappola così facilmente. Quel ragazzino cercava in ogni modo possibile di fare breccia nella sua corazza, di spingerlo a diventare la figura fissa nella sua vita che tanto desiderava che fosse e lui gli aveva appena fornito una chiave per penetrare le sue difese.
- Certo.- rispose e gli sembrò tanto un segno di resa.
- Ascolta, so che è difficile, ma non lo stai affrontando da solo.
Questa era l’ultima cosa che avrebbe voluto ascoltare: perché quel moccioso doveva mettersi a fare l’eroe con lui proprio adesso? Il senso di colpa per averlo venduto a Zoom era schiacciante, lo stava rodendo in modo costante e lento e lui si sentiva sul punto di infrangersi in mille pezzi. Sarebbe stato così semplice lasciarsi andare e fidarsi di quel ragazzo, affidarsi del tutto a lui e lasciarsi avvolgere dalla sua dolcezza e dalla sua forza, lasciarle penetrare in ogni poro della sua pelle e avere in ogni singola cellula che compone il suo corpo la certezza matematica che avrebbe salvato sua figlia e sconfitto Zoom. Tuttavia questa era una cosa che non poteva assolutamente permettersi: sua figlia era da settimane in mano a quel mostro e, visto che lui aveva minacciato di torturala nel più atroce dei modi, non aveva più tempo da perdere. Per quanto la scelta che lui aveva fatto lo tormentasse, non aveva un’altra opzione.
- Sì, invece. Diavolo, sono solo. Per quanto tutti vogliate che faccia parte della squadra, non accadrà mai. Sarò sempre, prima di tutto, un padre. E prima o poi Zoom mi costringerà a scegliere tra mia figlia e te e ogni volta, senza battere ciglio, sceglierò sempre mia figlia. Ti tradirò.
Si stava tradendo, stava confessando tutto e lo stava facendo non solo per avvertire quel ragazzo che già era così profondamente ferito di non fidarsi di lui, ma anche perché quello era l’unico modo per dimostrargli che non era come Thawne. Harrison sperava soltanto che Barry i suoi bellissimi occhi azzurri da un'altra parte e se ne andasse via, lontano il più possibile da lui.
- Stai pensando in modo binario. Non ci sono sempre e solo due scelte.
Perché, perché per una volta non si comportava meno da eroe e faceva quello che si aspettava facesse?
- La vita stessa va in questo modo. Sì o no, bianco o nero, amore – si fermò incerto nel pronunciare la parola successiva, perché sapeva che era ciò che lo aspettava da lui – o odio. Dall’alba dei tempi fino a questo istante.
Offrirgli la sua visione cinica del mondo gli sembrava il modo migliore per farlo allontanare da lui: tutte le persone che aveva conosciuto lo avevano fatto, perché con lui avrebbe essere diverso?
- Credo semplicemente di avere più fiducia in te di quanto ne abbia tu stesso.
Perché, ovviamente, stava parlando di Barry Allen, dell’eroe senza macchia che non cedeva davanti a niente e nessuno. E faceva male sentirlo parlare in quel modo di lui: a sentendogli dire che aveva quella fede così incrollabile in lui e nel fatto che facesse la cosa giusta, avvertì il cuore accartocciarsi dolorosamente nel petto.
- E, per la cronaca, pensato una cosa. – Barry cambiò discorso, come se non volesse insistere oltre con quell’argomento, ma il dottor Wells aveva la sensazione che quel discorso fosse solo rimandato – O meglio a una teoria su come chiudere le lacerazioni.- e gli porse alcuni fogli spillati.
Harrison li scorse, leggendo ciò che c’era scritto e soppesandolo.
- Questo è… Chi l’ha scritto?- domandò sorpreso.
- Tu. – rispose Barry e, all’occhiataccia che l’altro gli rivolse, si corresse – Certo, l’altro te. Malvagio, ma non stupido. Penso che la risposta si trovi nell’isolante elettromagnetico della materia. Come ho detto: siamo una squadra.
Harry riportò lo sguardo su Barry e vide che lo stava osservando incoraggiante, ma senza fargli alcuna pressione e che era assolutamente convinto di ciò che aveva appena detto.
- Gli darò un’occhiata.- promise, solamente per non vedere l’azzurro di quegli offuscarsi a causa della delusione.
Per quella ci sarebbe stato tempo quando avrebbe scoperto quello che gli aveva fatto.
- Io rimarrò qui a fare delle simulazioni usando quella formula.- dichiarò Barry soddisfatto.
- A stasera.
- Certo. A dopo.
Harrison non se ne andò subito, ma rimase a fissare quel ragazzo così sorprendente che stava sconvolgendo la sua vita in modi che neppure riusciva a comprendere. Nessuno, prima di Barry, aveva avuto una fiducia così ferrea in lui, nessuno gli aveva mai parlato di speranza in modo così convincente e una parte di lui stava cominciando a chiedersi se dopotutto non ci fosse davvero un’altra scelta.
§§§ Barry stava guidando il furgone dei Laboratori STAR, diretto a un’area dimessa della zona industriale della città: lì avevano localizzato una delle lacerazioni ed era quella che avrebbero usato per testare il dispositivo di Harrison, in modo che, se qualcosa fosse andata storta, non sarebbero stati coinvolti innocenti.
- Sono settimane che non esci dai Laboratori STAR, vero?- chiese all’improvviso.
La voce di Barry distolse Harrison dai foschi pensieri in cui era perso. L’uomo batté le palpebre, come se si fosse appena risvegliato da un incubo, girò la testa di lato per guardarlo e considerò che era strano vederlo guidare per una volta e non sfrecciare da un capo all’altro della città. Però una parte di lui era sollevata per questo cambiamento, perché non avrebbe sopportato di rendersi nuovamente complice di Zoom.
- Mm?
- Ho detto che, da quando mi hai aiutato con Trickster e il Mago del Tempo, non sei più uscito e sei rimasto chiuso nel laboratorio di Cisco. Ed era Natale.- ripeté Barry pazientemente.
- Allora?- Harry domandò sulla difensiva, perché l’altro non era a conoscenza delle sue fughe notturne per incontrare Zoom.
- Allora stavo pensando che non puoi rimanere chiuso lì dentro come un eremita. Magari una sera di queste, una in cui tutto è tranquillo, potremmo andare fuori a mangiare insieme.- propose e si girò a guardare l’uomo seduto accanto a sé, il volto aperto in uno di quei sorrisi ampi e luminosi che erano tipicamente suoi.
- Mi stai chiedendo un appuntamento?- ribatté il dottor Wells preso in contropiede e non sapeva bene se essere sorpreso, perplesso o speranzoso per la cosa.
Sentendo la sua domanda, un alone rosso cominciò a risalire lungo il collo del ragazzo – quel suo collo lungo e pallido che era stato al centro di molte delle fantasie in cui si era smarrito nei momenti di solitudine, da quando era arrivato su quella Terra – fino a coagularsi sulle sue guance.
- Sì. No… Cioè, non è che non voglia avere un appuntamento con te… E con questo non sto dicendo che te ne sto chiedendo uno… – Barry si fermò perché gli sembrava tanto di essere Felicity, ritornò a guardare la strada e fece un profondo respiro – Sto dicendo che non puoi rimanere chiuso in quel laboratorio in eterno e che ti farebbe bene uscire un po’.
Harrison aveva osservato attentamente tutta quella scena – seriamente, come poteva quel ragazzo essere così adorabile e seducente anche mentre arrossiva e balbettava come un ragazzino impedito? – e l’ombra di un sorriso gli aleggiò per un attimo sulle labbra.
- Visto che il mio falso doppio ha fatto di tutto essere un nemico pubblico per questa città, non penso di avere altra scelta.- disse, cercando di rifiutare quell’invito in modo cortese.
Non perché non volesse andare a cena con lui, sospettava che sarebbe stata un’esperienza piacevole, ma ora come ora non poteva lasciare che quel ragazzo diventasse un’esistenza ancora più concreta nella sua vita. Si sentiva già come se la corazza che aveva costruito attorno a sé in tanti anni di onorata carriera di bastardo, si scheggiasse e si crepasse ogni volta che quel moccioso entrava nel suo spazio vitale.
- E chi ha detto che dobbiamo rimanere per forza qui a Central? A Coast City fanno la pizza migliore dello Stato e i Big Belly Burger ci sono anche a Star City. Possiamo andare anche a Parigi o Roma o dove preferisci per cenare e ritornare qui nel giro di pochi muti. Sono l’uomo più veloce al mondo, ricordi?- disse e sul suo volto si aprì un altro sorriso.
- Se questi dispositivi funzioneranno, magari potremmo andare a festeggiare.- disse e ogni parola che pronunciava pensava più del macigno che sentiva premere sul suo petto.
Perché, maledizione, perché quel ragazzo doveva comportarsi in quel modo con lui? Perché con lui doveva essere sempre così gentile e preoccuparsi e guardarlo come se fosse importante per lui? Facendo così, Barry lo faceva sentire peggio, il senso di colpa lo rodeva ancora più dolorosamente e quel lato oscuro che lo aveva sempre guidato quando si era trovato nella situazione di proteggere Jesse, sembrava aver perso qualsivoglia influenza su di lui. Tutto perché quel ragazzino non voleva saperne di girare altrove i suoi occhioni azzurri.
Alla sua risposta il sorriso sulle labbra di Barry si allargò e, vedendolo, Harry si rese conto che non era solo affetto ciò che provava per lui e che questo avrebbe portato a conseguenze catastrofiche per Jesse, Barry e lui stesso.


§§§



Dopo essere arrivati nel punto in cui si trovava la lacerazione, Barry fermò il furgone a distanza di sicurezza, smontarono e Harrison prese il dispositivo dal retro.
- Se i nostri calcoli sono esatti…- cominciò a dire mentre faceva gli ultimi controlli.
- E lo sono.- dichiarò Barry con la più assoluta fiducia nel suo lavoro e in lui.
- E lo sono. Questo dispositivo esploderà. Farà collassare l’orizzonte degli eventi dalla nostra parte, interrompendo così qualsiasi connessione con Terra-2, per sempre.
Barry sbadigliò e all’improvviso sembrava un po’ intontito.
- Stai bene?- Harry gli chiese, cercando di nascondere in ogni modo l’ansia che stava provando.
- Sì, sono solo un po’ stanco, non mi sento in me. Ma sto bene.- rispose Barry come se non fosse niente di importante.
- Già. Sì, certo.- cercò imitarlo e di far finta di niente.
Invece quella era una cosa importante e Harrison se ne rese conto subito. Da quando lo conosceva, non aveva mai visto quel ragazzo ammalato, grazie alla capacità che aveva acquisito in seguito alla mutazione genetica subìta. Se stava avendo degli esiti sul suo corpo, dopo che gli aveva sottratto la prima dose di Forza della Velocità, allora voleva dire solamente che il suo dispositivo stava avendo ripercussioni su di lui anche sul piano fisico e la sola idea di fargli del male – molto più del dovuto – fece inorridire una parte consistente di lui. Cercò di aggrapparsi con le unghie e con i denti alla convinzione che anche quel prezzo era necessario per la salvezza di sua figlia, ma quella volta la cosa sembrò non funzionare affatto, anzi lo fece sentire più male di quanto già non stesse.
- Funzionerà, Harry.- disse Barry ed era assolutamente sicuro verso tutta quella situazione.
- Okay. Sei pronto?- chiese il dottor Wells che in quel momento non era convinto di niente.
- Sì. Dallo a me.- gli disse Barry tendendogli una mano.
Harry gli porse il dispositivo e, utilizzando la supervelocità, il ragazzo lo lanciò nella frattura. Un attimo di stasi e poi esplose in un lampo di luce azzurrina. Barry allungò un braccio di lato per dirgli di restare dietro di lui e per proteggerlo da eventuali effetti collaterali e poi si avvicinò piano al punto in cui, fino a un attimo prima, c’era stata l’anomalia. Mosse la mano sinistra a mezz’aria e, quando si rese conto che il loro esperimento era riuscito, che avevano trovato finalmente il modo per chiudere le fratture che si erano aperte in tutta la città e che avevano trovato il modo per controllare i passaggi di Zoom tra le loro Terre, il viso di Barry di aprì in un sorriso enorme ed entusiasta.
- Ce l’abbiamo fatta.- esclamò tutto contento.
Poi, preso dall’entusiasmo, il ragazzo passò le braccia attorno alle spalle del dottor Wells e lo abbracciò forte, mentre ancora rideva tutto felice. Harrison rimase perfettamente immobile: era stato preso di sorpresa e non sapeva bene come comportarsi. Fin da subito aveva capito che a quel ragazzo piaceva stare tra le persone e che gli piacevano le manifestazioni, sia fisiche che non, d’affetto. Ma non l’aveva mai visto comportarsi in quel modo festante e questa cosa lo lasciò completamente spiazzato. All’improvviso si rese conto che era lo stesso sorriso che Barry aveva nella foto che aveva visto tempo prima e poi che era stato lui a riportarlo sulle sue labbra. Davvero non sapeva come interpretare né come reagire davanti quella scoperta.
- Andiamo! Hai appena riscritto le leggi della fisica! E non sorridi neanche?- esclamò Barry mentre lo stava ancora travolgendo con il suo entusiasmo.
- È stato piuttosto figo.- ammise Harrison che, dopotutto, era pur sempre uno scienziato.
- Già, direi di sì. Una chiusa, ne mancano 51.
- Già.- concordò Harrison e lo stava guardando in modo strano.
Con quell’esperimento riuscito, Barry gli aveva appena dimostrato che, impegnandosi, un’alternativa si trovava sempre. Tuttavia gli aveva anche provato che, se come scienziato aveva avuto successo, come persona aveva fallito clamorosamente, perché non aveva nemmeno tentato di trovare un’altra soluzione per poter riavere Jesse, oltre a sacrificare quel giovane uomo meraviglioso che non aveva mai spesso di sperare di trovare un modo per ridargli sua figlia e che alla fine c’era riuscito.
- Allen…
- Sì?
- Grazie.- disse ed era la prima verità che gli diceva da quando aveva stretto il patto con Zoom.
- È solo il primo passo per riavere tua figlia.- replicò Barry con semplicità.
A questa risposta, Harrison seppe che ormai era finita: per quanto grande e imminente fosse il pericolo in cui si trovava Jesse, lui non sarebbe mai più stato in grado di fare del male a quel ragazzo.


§§§



Harrison aveva perso tutto.
Aveva perduto Jesse per salvare Barry. E aveva perduto Barry per salvare Jesse.
Nella penombra della sua cella ricavata nel condotto dell’acceleratore, Harrison non riusciva ad allontanare dalla mente lo sguardo ferito e deluso che gli aveva rivolto Barry quando lui aveva confessato tutto. Lui non era un mostro, non era Eobard Thawne, era soltanto un padre disperato che non sapeva in quale altro modo portare in salvo sua figlia. Ci aveva provato, oh se ci aveva provato: aveva dato fondo al lato peggiore di lui, aveva cercato di non farsi amici e di rimanere distaccato, come se le persone che aveva incontrato lì fossero pezzi di specchi che riflettevano immagini irreali di una realtà diversa. Ma niente di tutto ciò che aveva fatto era servito a qualcosa contro Barry, la sua fede in lui e la sua testardaggine nel voler vedere il lato migliore di lui. A poco a poco aveva smesso di essere un’ombra come tutti gli altri per lui ed era diventato concreto e si era ritrovato a essere legato a lui prima di potersene rendere conto. Era stato per questo motivo che Harry non era riuscito a sostenere il senso di colpa che aveva udito nella sua voce, mentre lo sentiva incolpare se stesso del ferimento della signorina West, perché era stato troppo lento e non era riuscito a raggiungerla in tempo. Barry non era Jay Garrick, lui puntava il dito contro se stesso e non contro gli altri per i propri fallimenti e Harrison non poteva sopportare di sentirlo accusarsi in quel modo per qualcosa di cui non aveva colpa.
Harrison aveva immolato la cosa più preziosa che aveva al mondo, per proteggere qualcos’altro che si era ritrovato sul suo cammino senza che lo stesse cercando e che stava scoprendo essere altrettanto prezioso per lui. Sperava solo che, in nome del sacrificio che aveva fatto, prendessero in considerazione la sua proposta e la accettassero, che gli dessero un’ultima, preziosa opportunità per fare qualcosa per sua figlia, pensò mentre il pannello che dava accesso al condotto dell’acceleratore si stava alzando di nuovo.


§§§



Harrison non riusciva ancora a crede che fosse accaduto sul serio. Non riusciva a credere che Barry non solo lo aveva perdonato per il suo tradimento, ma si era anche offerto di andare sulla sua Terra per aiutarlo a cercare sua figlia e strapparla via dalle grinfie di Zoom. Spostò lo sguardo sull’orologio digitale infisso nel muro del laboratorio: erano le nove di sera e Barry stava ancora allenandosi sul tapis roulant perché, anche se la sua velocità era calata del due percento, desiderava in ogni modo essere il più in forma possibile visto che avrebbero dovuto sfidare il loro nemico sul suo stesso territorio. Harry tamburellò con le dita sul ripiano della scrivania: voleva sapere cosa avesse spinto Barry ad agire come aveva fatto, ma non riusciva a trovare la forza per alzarsi dalla sedia su cui era seduto. Inspirò bruscamente e si disse che tutto quello era ridicolo: aveva sempre affrontato gli azionisti della sua società e gli uomini più influenti della città senza batter ciglio e ora si faceva intimidire da un moccioso dai grandi occhi azzurri? In uno scatto d’orgoglio, si rimise in piedi e si diresse verso il punto dei Laboratori in cui l’altro si stava allenando. Con sua sorpresa, Barry non stava correndo sul tapis roulant come si aspettava, ma era seduto sul nastro e si stava tergendo il sudore dal collo con un telo di spugna. Harrison rimase per un attimo affascinato dal movimento del tessuto contro il collo del ragazzo – e davvero si chiese cosa ci fosse che non andasse in lui, visto che non era mai stato un feticista prima di incontrare Barry – ma poi si riscosse dal suo stato contemplativo ed entrò nella stanzetta, dove il velocista alzò lo sguardo su di lui e lo accolse con uno dei suoi sorrisi. Harrison cercò di non farsi distrarre e di restare concentrato sul motivo per cui era lì.
- Perché?- domandò accigliato e con le braccia incrociate davanti al petto.
- Cosa?- chiese di rimando Barry che non capiva cosa volesse dire quella domanda.
- Perché hai deciso di darmi una seconda possibilità? Ti ho tradito proprio come ha fatto l’altro Wells e ti ho venduto a Zoom senza pensarci due volte. Avresti dovuto chiudere tutte le lacerazioni e lasciare me e la mia Terra al nostro destino.- Harry spiegò, parlando in tono aspro e, all’improvviso, si rese conto che, forse, non desiderava sentire la risposta dell’altro.
- Perché sei Harrison Wells.- dichiarò Barry come se quello spiegasse tutto e sempre rivolgendogli un sorriso.
- Certo che sono Harrison Wells.- replicò Harry brusco.
Quella risposta gli valse la risata bassa e morbida di Barry. Poi il ragazzo distolse lo sguardo da lui e lo fissò nel vuoto, mentre il suo sorriso assumeva una piega amara.
- Eobard Thawne mi ha mentito fino all’ultimo momento, anche se sapeva che ormai avevamo capito che lui non era il vero dottor Wells. Mi è rimasto accanto, comportandosi da amico e mentore con me, anche quando sapeva che ormai avevo capito tutto, che la partita tra noi volgeva a termine. – Barry rimase in silenzio per un attimo, come se si fosse perso nel ricordo di quei giorni, però quando si riscosse e tornò a guardare l’uomo davanti a sé, il suo sorriso non era più amaro – Tu invece mi hai guardato in faccia e mi hai detto le tue intenzioni, non mi hai mai davvero mentito e, in qualche modo, mi hai detto subito la verità. Perché tu non sei lui.
Sì, Harrison poteva capire ciò che stava cercando di dirgli Barry. Dopo la valanga di menzogne che lo aveva investito in pieno un anno prima, Barry aveva imparato a dare un enorme valore alla verità e, finalmente, riusciva a vedere la differenza tra se stesso e il suo predecessore. Scosse la testa incredulo che potesse essere così facile e pensò che solo uno – eroico, forte, coraggioso e fiducioso – come lui avrebbe potuto farlo cedere. Sospirò e andò a sedersi accanto al ragazzo, così vicino a lui che le loro spalle erano premute l’una contro l’altra, nonostante ci fosse abbastanza spazio sul tappetino per entrambi.
- Non può essere così semplice: ti ho tradito.- Harrison insistette.
- È vero, lo hai fatto, ma penso che chiunque al posto tuo avrebbe fatto lo stesso. Se Joe o Iris fossero stati rapiti da Zoom, avrei fatto la stessa cosa.- disse Barry cercando di tranquillizzarlo.
Harry annuì, ma sapeva che quel ragazzo non si sarebbe mai comportato come lui: se si fosse trovato nella sua stessa situazione, avrebbe combattuto con le unghie e con i denti, arrivando a compiere l’impossibile per salvare le persone che amava senza sacrificare nessun altro all’infuori di se stesso.
- Inoltre credo di averti dato l’impressione di non essermi curato in modo particolare alla sorte di tua figlia, visto che sono stato maggiormente coinvolto dalle vicende mie personali e della mia Terra. E poi, visto come è finito il mio primo scontro con Zoom, non ti ho dato motivo di fidarti di me. – e di nuovo eccolo li, a prendersi colpe che non aveva e a giustificarlo – Ma adesso le cose cambieranno e in meglio: andremo su Terra-2 e ci riprenderemo tua figlia, te lo prometto Harry.- Barry disse con un tono serio e convinto, mentre fissava determinato l’altro uomo.
Harrison osservò sorpreso quel ragazzo incredibile, lasciò che le sue parole gli scivolassero sottopelle e, per la prima volta da quando quella storia era cominciata, si sentiva più fiducioso e gli pareva che la situazione non fosse più così disperata, ora che aveva Barry a lottare al suo fianco e non era più solo. La sua presenza era solida e concreta e fin troppo piacevole contro di lui. A quel pensiero un piccolo sorriso gli tese le labbra. Un attimo ancora e si rimise in piedi, pronto a uscire da quella stanzetta ora che aveva avuto le risposte che cercava, ma la voce del ragazzo lo fermò quand’era sulla soglia.
- Dobbiamo fare qualcosa per la tua abitudine di lanciare cose, Harry.- disse divertito, le labbra tese in un sorriso giocoso.
- Anche il mio doppio lo faceva?- Harrison chiese.
- No, questa è cosa solo tua.- rispose Barry e sottolineò l’ultima parola in un modo che intendeva più cose di quanto apparisse in realtà.
La sguardo di Harrison divenne soddisfatto.
- Allora dovrai rassegnarti a sopportare questa mia mania.- rispose e poi uscì dalla stanza del tapis roulant con ancora nelle orecchie il suono morbido e piacevole della risata del ragazzo.
Perché lui il vero era Harrison Wells e avrebbe fatto di tutto per ricordarlo a Barry.

  
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