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Autore: Wildflowers    14/02/2016    0 recensioni
Storia scritta in onore del 51° compleanno di Brandon Lee, uno dei miei attori preferiti.
Tratto dalla storia:
"Quella notte, Brandon ed Eliza parlano soltanto di Eric Draven e Shelly Webster, la coppia assassinata per un anello da 25£. Sono come loro: giovani, belli e innamorati. Sì, gli piace. Un film drammatico dai toni noir per dimostrare al mondo che lui è più che una semplice estensione di suo padre. Di Bruce Lee."
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Just like the moon does
We rise'n'shine'n'fall
Over you
That I rise'n'shine'n'crawl
Victims, aren't we all?

(The 69 Eyes – Brandon Lee)




La vita non è un pozzo inesauribile.
A testimoniarlo, una tomba in granito nero con incise sulla lapide lettere dorate. Nessuna foto, solo scritte. Qualcuno vi ha lasciato sopra un mazzo di rose rosse e gipsofila, un nastro giallo a legarne i gambi.
È strano pensare che in un posto simile ci sia così tanta vita. A Seattle quel giorno il sole è quasi accecante, rende l'erba del Lake View Cemetery più smeraldina del solito, i lunghi rami dei salici piangenti ondeggiano al vento che sibila tra i viali lastricati.
Un corvo plana giù a spirale, sorvolando tombe e gruppi scultorei. Le zampe nodose si posano sul terreno. Gracchia. Affonda il becco nelle piume nere, le pulisce. Con la luce, il piumaggio ha assunto riflessi blu scuro e gli occhi scuri sembrano brillare di luce propria.
La testa si muove con piccoli scatti, nel guardarsi intorno. Apre le ali. Gracchia ancora.

Suo padre sorride. Si abbassa sulle ginocchia e allarga le braccia, pronto ad accoglierlo e stringerlo a sé. Quando Brandon lo raggiunge, afferra con dita piccole e sottili il tessuto della camicia del padre, stropicciandogliela appena. Un sorriso increspa le labbra piene.
Respira a pieni polmoni quel profumo ignoto. Sa di casa, di amore, di famiglia. Di lui.
Due mani forti lo sollevano. Si ritrovano faccia a faccia per qualche minuto, prima che il padre se lo sistemi su un fianco. Gli passa una mano tra i capelli biondi e si china per lasciargli un bacio sulla fronte.
«Non avrai fatto arrabbiare la mamma, oggi, vero?»
Brandon sorride. Allunga una mano sul viso del padre, glielo tasta appena. Le dita passano leggere dalla guancia al naso, poi scendono sulla bocca. Ne tracciano il contorno. Sono soffici.
Suo padre gli rivolge una smorfia buffa e lui scoppia a ridere. Una risata cristallina. 
Una di quelle che a Bruce fanno sentire di meno il peso delle giornate passate sui set. Guarda suo figlio da dietro le lenti scure degli occhiali da sole e ride anche lui. C'è qualcosa più contagiosa di una risata di un bambino? 

Il trenino elettrico continua a girare sulle rotaie. Brandon lo osserva senza batter ciglio, mentre Shannon, a pochi passi da lui, è intenta a disegnare, china sul tavolo da caffè in legno scuro. Il mezzobusto del telegiornale annuncia le notizie della sera, ma nessuno dei due bambini sembra dargli relativamente importanza. Il telegiornale è per gli adulti.
Qualcuno entra in salone. Brandon alza lo sguardo dal trenino e incontra la figura del padre, la schiena ritta e un sorriso leggero sulle labbra.
«Papà!» esclama, guardandolo in viso. «Come mai sei qui?»
«È casa mia, no?» risponde, facendolo sorridere. A passi svelti si avvicina ai due bambini, sedendosi sul pavimento a gambe incrociate. «Posso giocare un po' con voi?»
«Certo!»
«Oggi la mamma ci ha portato alle giostre!» Shannon smette di pasticciare sui fogli bianchi e guarda il padre. I suoi occhi brillano di felicità. 
«Davvero? E vi siete divertiti?»
«Sì, tantissimo!»
«Allora, papà, io sono il macchinista, tu il capostazione.» decreta Brandon, porgendogli il pupazzetto di plastica. Bruce lo prende e se lo rigira tra le dita. 
«Bene, ottima idea.»
«E io che faccio?» Shannon sfodera un'espressione triste, sporgendo perfino il labbro inferiore. Bruce la invita a sedersi tra le sue gambe. La bambina torna a sorridere e si alza da tavolo, alcuni pennarelli cadono sul tappeto, e lo raggiunge. 
«Tu potresti fare l'aiutante del capostazione.» dice, consegnandole un pupazzetto di una donna bionda.
Linda si prende qualche minuto per osservare la scena. Vorrebbe immortalare quel momento, davvero. Bruce raramente è a casa – complice anche il lavoro che fa – e ancora più raro è vederlo giocare con i figli. Ma è comunque felice che sia riuscito a ritagliarsi un piccolo momento per sé e passare la serata con loro. Ora sì che sono davvero una famiglia.
Quando i primi sbadigli si fanno sentire e il sonno arriva, Bruce e Linda portano i bambini nelle rispettive camerette. Rimboccano loro le coperte e spengono la luce. 
«Domani mattina tornerai a Hong Kong?» domanda Brandon. Suo padre rimane sulla soglia della porta, una mano a stringere la maniglia.
«Sì.»
«Quanto ci resterai, questa volta?»
«Meno dell'ultima volta, te lo prometto.»
«Promesso?»
«Promesso.»

Alla fine suo padre mantiene la promessa. Torna a casa cinque giorni dopo. In aereo. Dentro una bara. Viene seppellito nel lotto 276 del Lake View Cemetery, davanti alle venticinquemila e più persone che partecipano al suo funerale.
A Seattle c'è il sole, quel giorno.

La testa posa sulle braccia che circondano le gambe, portate al petto, le spalle sono ricurve, la schiena crea un arco perfetto. È immobile. Ascolta in silenzio le voci che provengono dal salone, dove si sta celebrando il primo anniversario della morte di suo padre. È passato un anno. Nella mente ha ancora le immagini della bara bianca ricoperta di ghirlande di fiori. 
Le dita stringono con forza il tessuto dei pantaloni all'altezza delle ginocchia. Stringe i denti. Perché? Odia tutto questo.
Dei passi si sono fermati davanti alla sua porta. Sua madre sta parlando con qualcuno. Non vuole sentire. Non vuole vedere nessuno.
«Non credo che le parlerà.»
«Mi faccia almeno provare.»
La porta della camera viene aperta. Un uomo ne varca la soglia, guarda quel bambino seduto sul letto, chiuso in se stesso. È un concentrato di comprensibile mutismo, aggressività e tristezza. Gli si stringe il cuore. Si guarda intorno alla ricerca di qualche sedia. Non c'è. Siede allora sul bordo del letto, il materasso si abbassa sotto il suo peso.
Sul pavimento della camera ci sono giocattoli rotti. Le bambole di Shannon hanno tutte qualche arto staccato, visi sorridenti pasticciati con i pennarelli scuri e teste dai capelli biondi tagliati in modo riprovevole. Tra il baule dei giochi e la piccola libreria, ci sono dei peluche accatastati l'uni sugli altri. Dalle cuciture sfilacciate fuoriesce ovatta. Il bambino è riuscito anche a strappare parte della carta da parati in un angolo, facendola poi tutta a pezzettini e buttarla senza grazia.
«Ciao, Brandon.» dice piano, con voce gentile. Lo guarda e non ottiene nessuna reazione. «Mi chiamo Dan Inosanto, sono...ero un allievo di tuo padre. Tua madre mi ha detto che non parli con nessuno da un anno, è vero? Ho saputo anche che a scuola passi più tempo nell'ufficio del preside che nella tua classe. Cattiva condotta. Tuo padre vorrebbe tutto questo?»
Brandon alza di scatto la testa. Ha occhi grigi e una voglia matta di spaccare il mondo a mani nude. Il viso unisce in sé la bellezza occidentale della madre e quella orientale del padre.
«Comprendo il tuo dolore. Posso aiutarti a incanalare tutta questa rabbia nel Jeet Kune Do, se vuoi. Te lo garantisco.»
«Tu non mi puoi garantire niente, perché non hai niente da garantire.»
Brandon torna a parlare dopo un anno. Le sue parole sono pregne di cattiveria. L'uomo non si scompone minimamente. È una reazione prevedibile, giusta. Sospira. Si alza dal letto, raggiunge a passi lenti la porta socchiusa. Il bambino lo segue con lo sguardo, le sopracciglia aggrottate e un'espressione imperscrutabile in viso. Vuole che se ne vada al più presto. Vuole stare solo.
«Tutti dobbiamo affrontare i demoni che abbiamo dentro, Brandon. Si possono chiamare in tanti modi: paura, odio, rabbia. Se non riusciamo a sconfiggerli, cent'anni di vita ci appariranno come una tragedia, ma se ci riusciamo, anche un solo giorno di vita potrà essere un trionfo.»
L'uomo lo saluta con un cenno muto della testa, prima di aprire la porta e chiudersela alle spalle.

Brandon cresce tra risse con i coetanei, le uscite nei locali con gli amici durante i weekend, le scolate di birra, l'odore del caffè e di sigarette, le passeggiate in moto lungo la vecchia e polverosa Mulholland Drive, che nasce nel deserto, attraversa quartieri ricchi di Los Angeles e finisce a strapiombo sulla costa di Malibù. Rimane sveglio per vedere albe e tramonti. Cresce tra baci rubati alle ragazze del quartiere e un'espulsione dall'Emerson College di Boston per, di nuovo, cattiva condotta. È nella natura del Drago non obbedire alle regole.
Cresce ma quelle immagini sono sempre lì. Fanno male, bruciano, minacciano di ucciderlo. Alcune notti le sogna, anche, e sono i peggiori momenti della sua vita. Alcune notti piange finché gli occhi non gli fanno male.
Brandon cresce e capisce che è ora di rimettersi in piedi. 

A New York entra a far parte dell'American New Theatre, gruppo teatrale fondato da un regista alle prime armi. Lì impara i primi rudimenti della settima arte, dividendosi tra le lezioni di Inosanto e il lavoro di impiegato alla Ruddy-Morgan Production.

Una firma con la 20th Century Fox e la sua vita cambia. La sua faccia e il suo nome appare in qualunque copertina di qualunque tabloid. Improvvisamente tutto il mondo ha interesse per Brandon Lee, il figlio del celebre Bruce Lee.
Le trasmissioni televisive fanno a gara per averlo come ospite, nelle feste dei vip c'è sempre un tavolo riservato a lui. I fans lo fermano per strada per fargli firmare autografi, la segreteria telefonica è piena di messaggi da parte di registi che lo vogliono nei loro film.
C'è tutto. Ha tutto. Ma quando torna a casa, prima ancora che spunti l'alba, è solo. Quale donna vorrebbe mai prendersi la briga riordinare tutto il disordine accumulato nel tempo?

«Hai mai incontrato qualcuno a cui hai detto solo “ciao” e sperato che quella farà parte di tutto il resto della tua vita? Be', io ho incontrato una ragazza così, oggi.»
«E lei chi è?»
«Si chiama Eliza, Eliza Hutton. Credo di essermi innamorato.»

Brandon è cambiato. In famiglia tutti iniziano a vedere un cambiamento nella sua natura ribelle. Che Eliza faccia miracoli?
Nonostante tutto, è evidente, è palese che i due sono diventati inseparabili e profondamente innamorati l'uno dell'altra. Lei è poco più grande di lui, matura e saggia per natura e non è un'attrice. Inoltre, non è per niente coinvolta nelle arti marziali. Lo aiuta a mettere la testa a posto, rendendolo una persona più premurosa, amabile e responsabile. Lo invita ad aprirsi agli altri senza aver timore di essere giudicato, lo sostiene quando il dormire diventa insopportabile a causa dei ricordi. 
Brandon finalmente ha trovato un supporto, un qualcuno che lo incoraggi invece di controllarlo, limitando la sua libertà. Eliza è l'equilibrio che ha cercato a lungo, ma non ha trovato mai prima di lei.

Prendono un appartamento a Beverly Hills. Odora di rose. Hanno due gatti siamesi chiamati Yin e Yang. L'arredano piano piano, pezzo per pezzo. Fanno picnic in salotto, sul pavimento, e dormono quando ne hanno voglia.
È tutto così perfetto, ora. Quand'è stata l'ultima volta che è stato così felice? È stupendo quando respira il profumo dei suoi capelli, quando lei lo abbraccia così forte da fargli male alle costole, quando legge i messaggi d'amore che gli ha lasciato attaccati allo sportello del frigorifero. Ancora più bello è risvegliarsi insieme nello stesso letto, abbracciati, con la luce del sole che gioca sulle loro pelli.
Brandon le chiede di sposarlo in Italia, a Venezia, durante una serata tra fiori e champagne. Lei piange, gli sorride e gli butta le braccia al collo.

Si sposeranno a Ensenada, Messico. Amore e fiducia e innocenza e rispetto. Per sempre. 

Per un attore è noioso fare sempre lo stesso ruolo. Brandon vorrebbe fare film drammatici, romantici, commedie. Vorrebbe cambiare. Eppure, i copioni che gli mandano sono pressoché tutti identici: un ragazzo buono che uccide i cattivi a forza di JKD. Li trova stupidi, privi di senso.
Tutto cambia quando Alex Proyas lo chiama per proporgli un provino per “Il Corvo”. 

«Cos'è quel sorriso?»
«Sarò Eric Draven!»
Quella notte, Brandon ed Eliza parlano soltanto di Eric Draven e Shelly Webster, la coppia assassinata per un anello da 25£. Sono come loro: giovani, belli e innamorati.
Leggono il copione insieme e Brandon ne è entusiasta. Ha lavorato in altri film dove c'era della violenza, ma deve ammettere che mai come in questo, ha pensato che fosse così tanto giustificata. È uno di quei film che lascia poco spazio alla pietà. Questa è giustizia, ne è assolutamente convinto. Come è convinto che se fosse lui in quella situazione, si comporterebbe nello stesso modo. 
Sì, gli piace. Un film drammatico dai toni noir per dimostrare al mondo che lui è più che una semplice estensione di suo padre. Di Bruce Lee.

Sul set è tutto pronto. La scena è piuttosto semplice: Eric Draven rientra a casa, di ritorno da una drogheria, viene aggredito da alcuni malfattori e ucciso successivamente con un colpo di pistola da Funboy e T-Bird.
Brandon sorride. Mancano poche scene e il film sarà finalmente completato. Ha da poco sentito al telefono Eliza. Le fedi sono arrivati finalmente dalla gioielleria. Due ore prima, invece, ha parlato anche con Mark Dacascos.
Brandon sorride e parla con tutti. Ride. Gioca con il Game Boy di Rochelle Davis durante le pause, si consiglia con il regista su come migliorare la scena, fa scherzi al resto della troupe. 
«Qual è il tuo prossimo progetto?» chiede Sophia Shinas.
«Il mio prossimo progetto? Inizia il diciassette aprile e durerà almeno per cinquant'anni. Mi sposo.»
Il regista lo chiama. È ora. Tutti si posizionano al loro posto. Un ciak e Brandon si muove, esegue alla lettera ciò che c'è scritto sul copione.
Laurence Mason e Angel David lo fanno ruzzolare sul pavimento, lo sballottano da una parte all'altra dalla stanza. Infine lo fanno piegare sulle ginocchia e lo tengono fermo per le braccia.
Michael Massee e David Kelly gli puntano la pistola contro per rendere la morte di Eric Draven più reale possibile.
Due spari.
Brandon sgrana improvvisamente gli occhi. I due attori che lo tengono per le braccia mollano la presa, e lui cade a faccia avanti, sbatte la testa sul pavimento. 
«Stop! Di nuovo.» urla il registra. Gli altri attori si muovono, tornano ai posti originali. Brandon rimane immobile. Alex Proyas si alza dalla sua postazione, gli si avvicina e ha come il presentimento che c'è qualcosa di sbagliato, nel flusso di sangue che esce fin troppo velocemente dal corpo del giovane attore. Chiama a gran voce il Dott. Clyde Baisey. Lui lo raggiunge e sì, qualcosa non è andato come previsto. 
«Tutti fuori dalla stanza! Vi voglio tutti fuori!» dice il medico. Con l'aiuto del regista solleva Brandon dal pavimento, posandolo di schiena su uno dei due divani del set. Comincia così con il programma medico di routine. La stimolazione verbale non funziona. Prova allora con la stimolazione del dolore, strofinandogli lo sterno, dandogli pizzicotti. Niente. Brandon non risponde a niente. È completamente incosciente.
Gli solleva la maglia. C'è un foro di un centimetro e mezzo al centro dell'addome, poco sopra l'ombelico. C'è sangue. Sangue ovunque. Gli afferra un polso, trovando il suo battito ancora regolare. Rapidamente non comincia ad esserlo più. 
«Chiamate un'ambulanza!»

I medici hanno fatto il possibile per rianimarlo con massaggio cardiaco, col defibrillatore, con le iniezioni. Hanno fatto il possibile per sei ore. L'elettrocardiogramma continua ad emettere un suono continuato, perforante, piatto e sempre più fastidioso.
Brandon ha gli occhi chiusi. Sembra stia dormendo. La pelle è diventata bianco cenere.
Diciotto giorni dopo avrebbe sposato Eliza. 

Toc. Toc. Toc.
Il becco duro del corvo picchietta sulla pietra nera. Solamente tre volte. Gentilmente. Gli artigli graffiano appena la superficie fredda della lapide.
Calma. C'è calma per i viali lastricati del cimitero.
Il corvo si fa forza sulle zampe e si spinge verso l'alto. Vola oltre gli alberi secolari che si snodano intricati verso il cielo azzurrissimo, neanche un cirro a solcarlo trasversalmente. Il gracchiare acuto si dilata nel silenzio, tra tombe e gruppi scultorei. Un forte vento spazza le foglie da terra.

  
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