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Autore: Porrima Noctuam Tacet433    14/02/2016    2 recensioni
Sempre Geoffrey Martewall, ma attraverso occhi diversi.
Hector- "...aveva capito che c’erano ancora troppe ferite che il suo animo indomito tentava di sanare ogni giorno, troppa voglia di liberarsi da qualcosa."
Brianna-" Lo aveva visto dalle finestre e non aveva capito subito perché la paura l’avesse attaccata a tradimento, così all’improvviso. Poi la verità le si era rivelata in un modo così evidente che Brianna non aveva potuto continuare ad ignorarla."
Gant-"« Dovete sentirvi molto solo, sir. » gli aveva sputato addosso Gant, con una calma solo apparente.
Martewall aveva fermato il suo passo ma non si era voltato.
Jerome-"E sapeva anche che non avrebbe ascoltato il suo ordine.
Sembrava nato per essere diverso dagli altri, e, di conseguenza, per essere allo stesso tempo dannatamente irritante e dannatamente insostituibile."
Etienne-"Erano state poche le volte in cui aveva provato ad immaginare cosa pensasse.
Forse perché se c’era una cosa che Etienne detestava, era fallire. E da quel punto di vista, Martewall rappresentava un fallimento continuo."
Guillaume-" « Cercate solo… » disse, senza più voltarsi « Di non fare per orgoglio o paura la mia stessa fine. » "
...
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Geoffrey Martewall, Un po' tutti | Coppie: Geoffrey/Brianna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Beau foxworth

Maestro

 

Beau Foxworth lasciò cadere il braccio lungo il fianco, la testa reclinata all’indietro e un sorriso felice che gli illuminava il viso. Respirava affannosamente, con le dita che stringevano la spada, desiderose di correre al fianco dolorante ma trattenute al loro posto da un orgoglio spavaldo.

Eppure Beau sorrideva apertamente, sentendosi colmare da una grande soddisfazione euforica. Erano mesi che non riusciva a sentirsi così dopo un allenamento. Ripeteva ogni giorno gli esercizi di scrima con impegno, dedizione e la testa piena dei sogni che per tutta l’infanzia aveva creduto dovessero rimanere irrealizzati.  Ma allenarsi con sir Martewall era completamente diverso dal seguire le lezioni dei soldati di Chatel Argent, sebbene Beau apprezzasse oltre ogni misura tutto ciò che il suo signore Jean de Ponthieau faceva per lui, anche attraverso le azioni dei suoi famigli.

In realtà, Beau pensava che sir Martewall, e i suoi insegnamenti, fossero diversi da chiunque e da qualunque altra cosa.

« Non dovresti essere così stanco. »

Il commento freddo del maestro arrivò alle orecchie del ragazzino come una secchiata d’acqua gelida. Di colpo sentì tutto il piacevole senso d’appagamento scivolargli via dalle ossa, ed esitò un istante prima di compiere un mezzo giro su se stesso per guardare Martewall con una preoccupazione strisciante che cercò di nascondere senza successo.

Cercò freneticamente qualcosa da dire sotto il suo sguardo freddo e indagatore, ma Martewall lo precedette.

« Ti ricordo che nessuno dei tuoi possibili futuri avversari ti concederà mai di riprendere fiato per tutto il tempo che ti serve.» aggiunse il cavaliere, sciogliendosi dalla sua posa a braccia conserte per avvicinarsi a lui con la spada ben salda nella mano.

Beau si chiese per un attimo, con un mezzo gemito, se, per caso, Martewall stesso fosse diventato uno dei suoi nemici.

Non ce la faccio, pensò, ma alzò ugualmente il braccio armato con il fianco ancora percorso da fitte dolorose, i muscoli rattrappiti che non rispondevano bene ai suoi comandi.

La spada sembrava molto più pesante di prima.

E anche il modo in cui Martewall lo guardava. Beau sentì lo stomaco contorcersi al pensiero di aver deluso le sue aspettative.

Abbassò istintivamente gli occhi. Voleva dimostrare a Martewall tante cose. Il suo valore, la sua determinazione, il suo coraggio, il fatto di essere diventato, oramai, un uomo.

Ma per quanto tentasse di ignorarla, la consapevolezza di essere troppo debole per farlo lo coglieva sempre all’improvviso e gli mozzava il fiato. E pensava che il barone, più di chiunque altro, fosse difficile da accontentare, e che riflettesse questo comportamento anche su se stesso.

Ormai l’ombra di Martewall incombeva su di lui. Beau alzò lo sguardo solo un momento, per osservare con invidia, timore e ammirazione i muscoli agili del signore sotto la camicia nera, i suoi capelli un po’ ribelli e la fronte naturalmente ancora asciutta.

« Mi dispiace, signore…» mormorò il ragazzo, non riuscendo a trovare altro da dire.

Non sapeva come scrollarsi di dosso quell’amaro senso di ingiustizia. Per tutto quel tempo aveva pensato davvero di essere migliorato molto, e di essersi impegnato a fondo per riuscirci. Aveva ricevuto le più sincere congratulazioni dai soldati di Chatel Argent e anche del conte Jean Marc, di cui non avrebbe mai scordato il sorriso orgoglioso che gli rivolgeva ogni volta che Beau lo osservava dopo un allenamento, sfinito ma felice. Gli era sembrato già abbastanza difficile guadagnarsi il suo apprezzamento, sebbene il Falco fosse sempre gentile e incoraggiante, almeno fino a che Beau non combinava una delle sue bravate, facendolo preoccupare.

Tutto quello che aveva conosciuto in quei mesi di addestramento da scudiero non aveva nulla a che vedere con Martewall. Con le sue parole dure, la soggezione che incuteva la sua intera figura e il suo sguardo chiaro, la sua perenne insoddisfazione.

« non ti scusare. » gli ordinò Martewall, fermo. Si allontanò di qualche passo e si voltò di nuovo con un movimento elegante e silenzioso. Incrociò la lama con quella di Beau, che si vide costretto a stringere i denti e la presa ed alzare il braccio che non si era nemmeno accorto di aver lasciato cadere.

Beau si ritrovò a dover parare i suoi potenti affondi, con la spiacevole consapevolezza che Martewall avrebbe potuto mandarlo a gambe all’aria in un battito di ciglia, se solo avesse voluto. L’ultima stoccata fu più veloce delle altre, Beau si rese conto di aver indietreggiato per molti passi e quasi non riuscì a vederla arrivare, col cuore che pompava a ritmo serrato e che gli mozzava il fiato. Alzò la spada all’ultimo istante, nemmeno lui sapeva come, e dopo non riuscì a fare altro che mettersi al riparo prendendo qualche passo di distanza, l’arma alzata di fronte a lui.

« Dimostrami che mi sono sbagliato. » disse Martewall, con la sua calma perentoria.

Dubito che qualcuno potrebbe mai riuscirci, pensò Beau con una smorfia.

Martewall lo osservò mordersi il labbro per qualche istante senza impensierirsi davanti al suo respiro accelerato. Beau aveva la gola secca e le gambe che minacciavano di non sorreggerlo più da un momento all’altro, ma aveva capito che il barone non lo avrebbe lasciato andare via fino a quando non avesse fatto qualcosa che gli fosse piaciuta almeno in parte.

E quel momento poteva anche non arrivare mai.

Beau tossì e si asciugò la fronte, alzando ancora la spada.

 

 

Era la terza volta che Martewall non gli lasciava il tempo di riprendersi dalla sorpresa del vedere i movimenti guizzanti e fulminei del suo braccio armato. Era la terza volta che Beau finiva con la sua spada puntata al petto, perché non era stato abbastanza pronto di riflessi oppure aveva dimenticato di difendere una parte scoperta del suo corpo, ritrovandosi a dover agire quando già era troppo tardi.

Beau squadrò il suo maestro con uno sguardo determinato.

Non riusciva a capire il suo modo di combattere. Non sembrava seguire schemi rigidi, eppure quando gli dava indicazioni voleva che fossero rispettate alla lettera, e il ragazzo si accorgeva allora che nei suoi movimenti sciolti c’era una grande esperienza tecnica. Ma anche se Martewall diceva di essersi allenato con gli stessi esercizi che faceva ripetere all’allievo, nessuna delle sue mosse era minimamente prevedibile. Beau non riusciva a capire in anticipo da che parte sarebbero arrivati i suoi fendenti, né la traiettoria esatta delle mezze lune che disegnavano nell’aria.

Scostò la spada del maestro con la sua, con uno sferraglio metallico, e a Martewall non servirono altri segnali. Ricominciò a tempestarlo di fendenti veloci, e Beau allora decise di prendere l’iniziativa. Ricordò tutte le volte che Martewall gli aveva fatto notare il suo scarso equilibrio sulle gambe e piantò i piedi a terra con decisione, seguendo la posizione che gli era stata insegnata. Ma decise di slegarsi dai movimenti ripetitivi che aveva utilizzato per difendersi fino ad allora e riuscì a parare l’ennesimo colpo portando il braccio in alto, come per respingere la spada del maestro. La lama strusciò per un brevissimo istante contro quella di Martewall e si disimpegnò con molta meno fatica delle volte precedenti. Beau aveva percepito in un modo molto più leggero e allo stesso tempo potente il movimento che aveva compiuto, ed era pronto ad accettare le conseguenze di quella sua iniziativa fuori dagli schemi.

Ma, contro tutte le sue previsioni, vide Martewall sorridere per un istante così breve che temette di esserselo immaginato.

Quando si vide la spada avversaria lampeggiare verso la spalla, Beau decise di schivarla invece di pararla, con l’agilità che anni vissuti all’aperto gli avevano insegnato. E questo gli diede il tempo di tentare un affondo, per la prima volta. Anche se Martewall lo parò come fosse il gesto infantile di un bimbo in procinto di buttarglisi fra le braccia, Beau sentì il cuore esultare gioioso.

Martewall alzò le sopracciglia di fronte al suo sorriso e gli lanciò uno sguardo ammonitore, prima di riprendere a lanciargli fendenti da ogni parte, il respiro sempre regolare, le gambe tanto agili quanto sicure.

Beau ricevette il messaggio. Non doveva accontentarsi di così poco. Aveva però bene in mente come avrebbe dovuto agire da quel momento in poi, e non poteva esserne più felice.

Martewall continuò ad incalzarlo e a farlo indietreggiare fino a quando non decise di impartire al suo allievo un'altra, dura lezione. Beau non vide nemmeno arrivare un fulmineo attacco di lato, e capì in un istante che Martewall poteva essere mille volte più veloce e mille volte più preciso di quanto non apparisse durante le loro lezioni, in cui di certo non faceva altro che trattenersi.

Lo vide muoversi rapidamente, sentì il suo stivale premere sulla caviglia e in un momento si ritrovò a gambe all’aria con un’esclamazione di sorpresa, sdraiato sulla schiena.

Martewall lo guardava torvo dall’alto, puntandogli alla gola, ma non troppo vicino, la spada che aveva passato nella mano sinistra con un movimento noncurante.

« L’equilibrio. » gli ricordò, secco.

 

*

 

Beau cavalcava in silenzio, a testa bassa. Non riusciva a togliersi dalla testa i ricordi dolorosi del giorno prima. Non avrebbe mai pensato che una cosa simile, che un simile disastro ingiustificato sarebbe mai potuto succedere. Non avrebbe mai pensato che un giorno avrebbe dovuto guardare il suo signore cadere in disgrazia, disperarsi a tal punto.

Ancora non riusciva a credere a quel che era successo.

Martewall lo sbirciava di sottecchi appena più avanti di lui, di tanto in tanto, ma non disturbò mai il suo contegno chiaramente sconvolto ed esausto. Beau lo guardava e riusciva a sentirsi confortato dalla sua presenza, attenuando la paura e il senso di perdita.

« Sono certo che rivedrai presto il Falco d’Argento… » gli aveva detto a sorpresa sir Kerwick quella mattina, nel salutarlo prima di partire per l’Inghilterra. Aveva osservato a lungo anche Martewall, come per leggergli i pensieri attraverso il volto imperscrutabile.

Beau non era riuscito a sentirsi rincuorato, anche se aveva apprezzato il sorriso garbato del cavaliere e la preoccupazione sincera che sembrava nutrire nei confronti di Martewall.

Il silenzio del barone però gli aveva impedito di abbandonarsi alle fantasticherie. Nessuno poteva sapere cosa sarebbe successo in futuro, e Beau doveva accettarlo.

Il ragazzino strinse le dita sulle redini con forza, ingoiando le lacrime.

« Io mi rifiuto di pensare che il Falco del re finisca in questo modo. » mormorò, tra i denti, chiedendo aiuto a Martewall con lo sguardo. Il silenzio teso era stato incrinato all’improvviso, e i soldati più vicino a loro osservarono il loro signore senza proferire parola, interrogativi.

Martewall non si voltò, ma lasciò che il cavallo del ragazzino arrivasse ad affiancare il suo.

Beau vide la rabbia ferita dei suoi occhi, intuì la profondità dei suoi pensieri e la forza naturale e fiera della sua anima, con la sue rotture e le sue crepe. Martewall non aveva fatto un cenno, né mosso neanche un angolo del suo viso. Ma quando lo guardò con una determinazione sincera, per nulla ostentata, gli occhi cupi e insondabili di sempre, si sentì riscaldare il cuore.

Anche se tutto nel barone appariva gelido a prima vista, il fuoco che teneva dentro riusciva a scaldare anche Beau. Lo faceva perché doveva farlo, con l’inconsapevolezza e la noncuranza di qualcosa che non si è abituati ad usare se non per distruggere il proprio dolore, affogandolo nella rabbia.

Beau non sapeva che effetti avesse quel… fuoco, sul barone stesso.

Ma era riuscito a portare speranza allo spirito spaventato di Beau, e il ragazzino sperava con tutto il cuore che Martewall imparasse presto a non bruciarsi.

Distrattamente, considerò che sua madre fosse bravissima nell’essere serena nei momenti più difficili, nel trovare il raggio di sole anche nell’antro più buio. Non avrebbe detto lo stesso di Geoffrey Martewall. Lui sapeva essere concentrato, lucido, letale. Ma non era mai sereno. Non sembrava esserci quiete nella sua calma severa e ostinata.

A Beau mancava da morire sua madre.

Martewall portò istintivamente una mano alla spada, riflessivo.

« Ci è permesso di fare ben poco su questa terra, ragazzino. Molte cose…» era strano, davvero strano, vederlo esitare. Martewall era il cavaliere dai lunghi silenzi e dalle parole dette non tanto con accortezza, quanto con sicurezza, a volte con spregio, senza nessun timore delle conseguenze che le sue frasi taglienti avrebbero potuto portare.

In quel momento sembrò dover pensare a cosa dire, non averci già riflettuto in precedenza, anche se solo per qualche secondo.

«… non vanno come noi desideriamo, e tanto meno come sarebbe giusto. Ma se ci fosse qualunque cosa che potremmo fare per il Falco, la faremo. »

Non la avrebbe definita speranza. Quella di Martewall era la ricerca caparbia della giustizia, la volontà ferrea di perseguire i propri obiettivi anche attraverso la sofferenza, l’estenuante rifiuto d’arrendersi.

Beau riuscì a rivolgergli un sorriso grato e colmo di fiducia.

Qualunque cosa, si ripeté.

 

 

Arrivarono ad Auxi le Chateau a metà giornata. Martewall smontò da cavallo agilmente, e Beau si accorse per la prima volta quanta fretta avesse. Non fece lasciare i cavalli a dei servi ma ordinò che i soldati aspettassero lui e Beau oltre i cancelli. Poi, fianco a fianco, cominciarono a percorrere il barbacane, superando la prima cinta di mura.

Lo scudiero sentiva il cuore pompare forte e le dita gelide dalla paura, ma si impose di mostrare un contegno sicuro con un supremo sforzo. Sapeva di non poterci riuscire, e si accontentò di tenere la fronte alta, anche se i suoi occhi potevano tradirlo.

Al contrario, Geoffrey Martewall camminava con la calma sicura del vincitore.

Beau temeva oltre ogni misura il conte di Ponthieau, soprattutto in quel momento. Temeva che, se lo avesse visto, avrebbe insistito per punirlo, e per un istante assurdo ebbe anche paura di essere separato dalla madre a causa della sua avventatezza di cui ancora non riusciva a pentirsi. Inoltre, gli ultimi avvenimenti avevano risvegliato in lui l’istinto naturale del ragazzino emarginato che era stato. Ammirava chi portava la spada e gli speroni, ma temeva i nobili.

E non si fidava di loro.

Guardò Martewall e si concentrò sul suo contegno cupo e attento, capendo immediatamente che di lui si sarebbe sempre fidato. Non lo avrebbe mai immaginato come il feudatario distante che reggeva i fili di tutti i suoi sottoposti con una cecità dispotica, ma come un guerriero presente il cui potere si respirava grazie alla sua inquietudine fascinosa quanto oscura e irriverente, ma di certo non grazie alle terre che possedeva.

« Tu andrai a raccontare a tua madre l’accaduto e a rassicurarla sulla tua salute, poi tornerai dai cavalli e ci aspetterai lì. » ordinò il cavaliere, perentorio.

Beau annuì meccanicamente, ripetendosi le parole nella testa.

« Voglio che tu mi obbedisca alla lettera, Beau. »

Il ragazzo alzò stupito gli occhi sul barone, sorpreso dal sentirsi chiamare per nome e dalla severità del tono di voce. Annuì, in soggezione.

« Credete che il conte lascerà partire mia madre con noi?» chiese, sentendosi stupido a fare una domanda del genere, ma cercando comunque di mostrarsi sicuro. Non ebbe un grande successo.

« Non vedo perché non dovrebbe.» gli assicurò Martewall, ma non lo guardò in viso né modificò in alcun modo l’espressione del volto.

Al ragazzino venne quindi istintivo chiedersi se avesse parlato con reale convinzione oppure no. Geoffrey Martewall non conosceva Guillaume de Ponthieau. Non lo conosceva quando era arrabbiato, quando si sentiva tradito, quando soffriva. Non era dal barone elargire certezze che non aveva, ma evidente in quell’occasione non aveva saputo fare altrimenti.

« Dama Isabeau avrà bisogno di tutto l’aiuto possibile. Hai considerato l’idea che tua madre potrebbe voler restare con lei, almeno per un primo periodo? » disse Martewall, guardandolo serio.

« No. Neanche per un momento. » rispose Beau, raggelato da quella idea. « Mia madre… vorrà stare con me. » disse, tentando di convincersi, arrossendo di vergogna per la risposta che gli era uscita spontanea dalla bocca e sentendosi colpevole nei confronti di dama Isabeau.

Aveva il terrore di aver commesso l’ennesimo passo falso che si faceva fatica a perdonare. Chi avrebbe biasimato sua madre se fosse stata così arrabbiata con lui da volerlo allontanare per un po’? Chi avrebbe potuto perdonare il ragazzino che aveva rubato al signore di Auxi le Chateau? E chi avrebbe biasimato questo signore se avesse deciso di punirlo attraverso la madre, non potendolo, forse, sottrarre al barone di Dunchester senza scatenare un conflitto?

Mentre la gratitudine verso Martewall cresceva, aumentava anche la consapevolezza della situazione e la paura. Martewall stesso si stava mettendo sotto torchio da solo, e a quel punto era solo uno straniero che aveva salvato la vita al fratello che Guillaume de Ponthieau non voleva vedere mai più. La sua presenza non doveva essere gradita. Beau si ricordò in quel momento di non essere stato rimproverato dal barone per la sua ultima, irrimediabile bravata, e inspiegabilmente non si sentì sollevato. Un peso opprimente gli impediva quasi il respiro.

Beau abbassò la testa, afflitto, continuando a camminare, tentando di stare al passo con le gambe lunghe di Martewall. Il barone gli strinse la spalla solo per un momento, e Beau si sentì attraversato da un brivido di sbalordimento, gratitudine e felicità improvvisa. Non avrebbe mai pensato che qualcuno, soprattutto una persona come Martewall, si sarebbe mai dato pena per lui e sua madre.

« Ne sono convinto anche io. »

 

 

Beau fece una smorfia, abbassando lo sguardo, quando vide una figura famigliare venire incontro a lui e a Martewall dopo averli osservati con sorpresa. Il barone si preparò con freddezza all’incontro, senza dire una parola, limitandosi solo a superare Beau di un passo.

Thibeault de Chailly li raggiunse con movimenti svelti e nervosi, il viso tirato dalla preoccupazione.

« sir Martewall…» salutò, esitante, dimenticando di salutare con deferenza e ignorando volutamente la presenza di Beau. « il conte non si aspetta la vostra visita… non è mai stata annunciata.»

Geoffrey Martewall accolse con insofferenza l’implicito avvertimento.

« Il conte si aspetta di certo una visita. Ha ancora qualche conto in sospeso.» affermò con il suo francese dall’accento straniero, indicando col mento il ragazzino accanto a lui.

Chailly spostò lo sguardo su di lui come se dovesse ingoiare a tutti i costi un boccone molto amaro, ma fu solo un momento, poi riportò gli occhi su Martewall. Si leggeva sul suo viso il rispetto e l’ammirazione che provava nei confronti del barone e di ciò che stava facendo, ma anche una viva preoccupazione.

« Ponthieau non dovrà neanche vederlo. » disse Martewall, interpretando al meglio i suoi pensieri.

Chailly rifletté per un momento, chiaramente turbato e per nulla convinto.

« è rischioso. » considerò, gli occhi che scrutavano quelli dell’inglese, in cerca di qualcosa che desse ragioni ai suoi timori.

Martewall, però, a sorpresa guardò Beau.

« Lo sappiamo. » disse, freddo, mentre lo scudiero, ammutolito, non riusciva a far altro che osservarlo ad occhi sbarrati, in attesa che continuasse. « E in un altro momento non lo avrei mai lasciato venire. Ma è giusto che veda sua madre. »

Chailly si morse le labbra.

« Cosa volete fare, esattamente!?»

« Porterò il ragazzo in Inghilterra.» rispose il cavaliere con decisione e semplicità. « E sua madre con lui, se vorrà venire.»

Thibault de Chailly sospirò, come se in fondo avesse sempre saputo la risposta alla sua domanda, e sul suo viso non erano scomparse le rughe profonde della preoccupazione e del dispiacere. Per un attimo Beau pensò che fosse sul punto di ringraziare Martewall o augurargli il meglio per l’avvenire. Poi parve ripensarci e si limitò a gettargli un’occhiata eloquente, facendosi da parte per lasciarlo passare.

Beau fece per seguire il barone, quando il francese gli mise una mano sul petto.

Si rivolse a Martewall, che guardava la scena con freddezza.

« Sua madre verrà lo stesso a vederlo, anche se decidesse di non venire con voi, o il conte desiderasse tenerla accanto a dama Isabeau. » affermò Chailly, con una severità che prima non aveva mostrato.

Gli occhi di Martewall lampeggiarono per un istante, quanto bastava perché il francese togliesse la mano dal petto di Beau, riuscendo però a non cambiare espressione. Il ragazzino osservava Martewall, terrorizzato dall’idea di non poter correre subito a tranquillizzare sua madre dopo che lo aveva desiderato con tanta forza.

« Se non sapessi controllare un ragazzino non avrei promesso a Jean Marc de Ponthieau di portarlo lontano dalla Francia. Credetemi, questi giorni gli hanno insegnato molto. Non commetterà avventatezze. »

Beau prese un respiro profondo, colmo d’emozione. Non riusciva a spiegarsi completamente il comportamento di Martewall, il perché, stranamente, non avesse voluto lasciarlo coi soldati. Quando Beau aveva chiesto di poterlo seguire, Martewall non si era opposto, anche se le sue raccomandazioni erano state severissime e lo sguardo molto cupo. La fiducia che il cavaliere gli dimostrava all’improvviso, lo riempiva di felicità e soddisfazione, anche se non ne capiva il motivo e non riusciva a vedere, come sempre, ciò che vedeva Martewall.

Era certo, però, che ad entrambi non piacesse l’idea che Brianna restasse piena d’angoscia per un solo istante in più del necessario.

« E, come ho già detto, il conte non lo vedrà nemmeno. » concluse Martewall, troncando di netto la conversazione e facendo cenno allo scudiero di seguirlo.

 

Non sai cosa abbia visto in te.

Forse nulla, forse solo le imprevedibili svolte del destino lo hanno portato a pensare che ciò che sta facendo sia qualcosa di giusto. Tenerti nella sua casa, donarti il suo tempo e i suoi insegnamenti.  Nessuno, dopotutto, l’ha mai obbligato a fare a te, un ragazzino scapestrato che non ha nulla di nobile, un regalo così grande.

Geoffrey Martewall è una stella lontana, e ti tormenta l’idea di raggiungerla. Ma anche quando pensi a come potrebbe essere stato da ragazzino, lo immagini comunque troppo adulto, inquieto ma senza paura, perché possa somigliarti. La nobiltà del suo sguardo accentua la distanza che vi separa.

Eppure ti senti un prescelto dal destino.

Nessuno ha la fortuna che hai tu. Prima eri solo un piccolo brigante che rubava nei pollai, senza futuro né reputazione. Adesso puoi vedere tua madre vivere serena, al sicuro. E, accanto a lei, vi è la sorprendente e sicura figura di Geoffrey Martewall, che per madre e figlio sta diventando la stella polare, lo scoglio cui aggrapparsi.

Non gli importa che tu sia figlio di una donna rimasta sola prima di potersi sposare, non gli importa che tua madre abbia già avuto un altro uomo e sia l’emblema di tutto ciò che dovrebbe evitare. Perché una distante carità è l’unica cosa che qualcuno come il barone potrebbe mai regalare a Brianna Foxworth.

Di certo non l’amore.

Ma Martewall è libero dalle catene del mondo, dalle convenzioni che costantemente gli vengono ricordate e che costantemente liquida con sprezzante indifferenza. Martewall vuole sempre le cose più difficili da ottenere e non sai se sia a causa del destino spietato o della sua natura indomita, con le spalle sempre pesanti e divisa tra frustrazione e caparbietà.

È il leone che è tornato ferito dalla guerra, colmo d’onori e insoddisfazione che vorresti rendere orgoglioso.

Il cavaliere che solo da poco ha accettato di portarti con sé nei suoi viaggi per controllare da vicino ogni angolo delle sue terre, e solo dopo aver chiesto di persona il permesso a tua madre. L’uomo che ha distolto lo sguardo quando Brianna ha risposto, con un sorriso dolce e malizioso, che di lui si sarebbe fidata per sempre.

Il barone che, una sera, dopo l’allenamento, ti ha raccomandato di non scordare le tue origini umili, così che tu possa essere nobile non solo perché proprietario di una spada o di un paio di speroni.

Solo ora comprendi che Martewall vede in te un cavaliere diverso dagli altri, e da ciò che pensa di essere lui stesso.

Il ragazzino che nella forza mantiene l’entusiasmo del sentirsi vivo, il ragazzino su cui nessuno aveva fiducia, ciò che lui stesso aveva visto cercare a Martewall quando osservava i suoi sudditi.

L’umiltà che finalmente nel mondo acquistava dignità e potenza senza distorcersi, senza confondersi col marcio.

Sai che farai di tutto per deludere le sue aspettative e ti senti pervaso da una convinzione fiduciosa.

Come sempre, ti servirà solo il suo aiuto.

 

 

Angolo di Tacet

Ciao a tutti!

Sono tornata, dopo un tempo interminabile, e mi scuso, ovviamente, infinite volte per il ritardo. Se mi chiedeste cosa ho fatto in questo tempo probabilmente non saprei rispondere, so solo che ho dovuto aspettare molto, tra un impegno e l’altro, per finire questa fanfic. Ma ce l’ho fatta, e sono felicissima, non sapete quanto, di poter tornare a pubblicare! Spero che mi perdoniate per la lunga assenza…

Questa volta è stato il turno di Beau. Non so se sia il caso di terminare con lui la raccolta. Magari dopo un po’ rischierei di ripetermi, e sarebbe spiacevole.

( scusate, non so se da come ho scritto si vede che ho la febbre… spero di no, ma se mi metto a rileggere passa un altro giorno ed è meglio evitare : ))

Ook… ehm… la domanda sorge spontanea… qualcuno ha già letto Hyperversum Next? Impressioni? ; )

Grazie per aver letto, scusate ancora e alla prossima!

Tacet

 

 

  
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