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Autore: Cleo    15/02/2016    2 recensioni
Ho vissuto abbastanza da poter dire che sei stato mio figlio, e non avresti mai potuto regalarmi niente di più raro.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sognavo di vederti crescere e sentirti adulto, un giorno. Sognavo la tua laurea, la donna che ti avrebbe fatto felice, la tua casa – costruita inevitabilmente nel paese in cui sei nato: la nostalgia è ben più forte del desiderio di partire -, sognavo la tua vita; volevo per te un futuro pieno di tutto.

Ho vissuto abbastanza da poter dire che sei stato mio figlio, e non avresti mai potuto regalarmi niente di più raro. Forse non vedrò ciò che sarai, non saprò cosa costruirai con i valori che ti ho insegnato, ma posso vedere te, ora, con la tua faccia da bambino ormai vecchio e le tue mani troppo grandi, e capisco che ormai sei cosa diversa da me, sei oltre me.

Non è regola e destino che i padri sopravvivano ai figli: è l’unica legge di cui sono sicuro, e felice.

Vorrei poter credere che ti veglierò dall’alto, ma la verità è che potrai contare solo sulle tue forze, ed io sarò orgoglioso di te per ogni tentativo fallito, ogni passo incerto. Sarò orgoglioso delle sigarette rubate che fumerai, delle bestemmie in silenzio per regalare un responsabile al dolore, delle parole orrende che urlerai a tua madre poiché sarai incapace di piangerle addosso. Sarò l’ombra di tutti i tuoi sbagli, una ferita che sanguina e si rimargina a seconda di come tira il vento.

Spero di diventare poi una cicatrice invisibile, un ricordo innocuo sommerso dagli altri; spero ti scorderai di tutte le notti che hai pianto e le mattine in cui hai finto indifferenza, del tuo papà che se ne è andato quando avrebbe dovuto restare. Forse mi odierai e per questo ti sentirai colpevole, ma sappi che anch’io mi odio un po’, per doverti abbandonare così; perdonami, se sono troppo stanco per continuare. Ho trovato in te la mia forza per anni, ma ora non basta più nulla, è come se mi aggrappassi a qualcosa che mi sfugge, ad un'esistenza che ha deciso mio malgrado di non voler appartenermi.

Ho vissuto dando per scontati i miei giorni e non me ne pento, perché mai avrei potuto sapere dell’orrore che mi sta divorando da dentro, da fuori, da tutt’intorno. Mi sono chiesto, questo sì, perché proprio io, in mezzo a tanti, fossi stato scelto, ma la vita è stronza come tua nonna materna (ah, se mi sentisse tua madre!) e non ha risposte per nessuno: accontentiamoci delle domande.

Mentirei, se dicessi di non aver paura di morire, anche se forse una bella bugia renderebbe più grazioso il nostro quadretto scuro; ma tutti gli uomini temono la morte, ed io non sono da meno, non sono il supereroe che da bambino ti faceva volare fino al soffitto. Non ero, non sono pronto per tutto questo, anche se ho cercato duramente di prepararmi al giorno in cui qualcosa sarebbe andato storto; vorrei solo lasciarmi andare, e cadere, e smettere di sentire, e non vedere più tua madre che piange anche dietro agli occhi chiusi. Vorrei solo un ultimo sorriso, un ultimo caffè, vorrei che ci ricordassimo di quella volta che rubasti il rossetto di tua madre e te lo mettesti su tutta la faccia, ma sono desideri che non verranno esauditi: troppo semplici, per questo momento.

Non ti chiedo di promettermi niente, ti chiedo solo di essere felice: non sacrificare mai nulla, e cerca la tua salvezza dentro te stesso, perché è l’unico luogo in cui la troverai. Le persone passano, gli amori e le vite finiscono, ma tu rimani, ed ormai sei cosa diversa da me, sei oltre me. Sei qualcuno, anche se ancora lo specchio riflette un’immagine sfocata, e le tue parole non raccontano ciò che pensi.

Sei qualcuno: sei stato mio figlio.

  
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