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Autore: Dragon gio    16/02/2016    3 recensioni
Un ipotetico matrimonio fra John e Sherlock, secondo la mia personale visione. [Johnlock ♥]
Di come avesse fatto John a convincerlo a sposarsi, ancora non se ne capacitava; era decisamente l’ultima persona sulla faccia della terra a desiderare il matrimonio.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Marriage Hyperactive (Johnlock)
Marriage Hyperactive
[Il caso del matrimonio fra un consulente investigativo e un ex soldato]

 

La suoneria della sveglia risuonò per la terza volta nella camera da letto. Una mano raggiunse lentamente il cellulare per staccarla. Il display segnava le sette e dieci; era decisamente l'ora di alzarsi, si ripeté un assonnato John Watson. Stropicciò gli occhi. Erano leggermente infastiditi dalla tiepida luce primaverile che filtrava dalla finestra, visto che le tende erano state dimenticate socchiuse.

Voltò il viso alla sua sinistra; Sherlock dormiva ancora della grossa. Doveva essere esausto se si era addormentato a pancia in giù. Lo faceva di rado, giusto quando raggiungeva il proprio limite fisico e crollava. Ed in effetti, a ben pensarci, di motivi per essere sfiancato ne aveva, dopo l’intensa nottata passata ad indagare sull’ennesimo caso bizzarro. La conclusione sotto le calde coperte era stata l’inevitabile conseguenza della felice risoluzione di quest’ultimo enigma, ma non solo. Era stato anche il loro modo per festeggiare l’ultima sera da fidanzati.
 
John sorrise mentre si girava verso di lui per abbracciare la sua schiena nuda.
- Svegliati, Sherlock, è ora – sussurrò posando le labbra sulla sua pelle lattea. L’unico suono che provenne dal compagno fu un ringhio malcelato, così insistette: - Dai, faremo tardi – e riprese a baciare con dovizia il suo collo, lasciando l’ombra leggera di un succhiotto.
- Ti lamenti sempre che non dormo mai, ed ora che voglio dormire... –
- Lo sai che ti lascerei dormire quanto vuoi, ma non oggi – ribatté John tirandosi su. - Avanti, in piedi! È un ordine, soldato! –
Una sonora pacca si abbatté sul sedere di Sherlock, ma questo contribuì solo ad inasprire il risveglio poco gradito dell’eccentrico consulente investigativo. Tirò su le lenzuola fino alla testa, imprecando, ma servì a poco dato che John si preoccupò di levargliele con un colpo secco.
- John! –
- Alzati, adesso. –
Sherlock rimase a lamentarsi, nudo come un verme, sul materasso. John non aveva tempo da perdere, così ne approfittò per farsi la doccia per primo. Tanto, conoscendo quel brontolone cronico, ci avrebbe impiegato almeno altri venti minuti prima di decidersi a scendere da quel dannato letto.
Si fece una lunga doccia lavandosi con cura a dir poco maniacale; di norma non dedicava più di cinque minuti a quest’operazione, per lo più pratica, ma oggi era un giorno davvero speciale, voleva essere perfetto. Finito, si asciugò per bene, indossò l’accappatoio e si concentrò sulla barba. Conclusa con successo anche questa operazione, ammorbidì il viso cospargendolo con il dopobarba che gli aveva regalato Molly per il compleanno. Emanava un gradevole profumo di muschio selvatico, gli piaceva parecchio.
Quando tornò in camera constatò che Sherlock, nel frattempo, aveva fatto ben pochi progressi passando dal letto alla propria poltrona in soggiorno. Lo trovò seduto, avvolto nelle loro lenzuola – non più candide – dopo la selvaggia notte di sesso appena trascorsa. Teneva il portatile, il suo fra l’altro, sulle ginocchia e digitava furiosamente sui tasti.
- Sherlock, preparati! –
- Non mi va. –
- Spero che tu stia scherzando! – Tuonò John avanzando verso di lui a grandi falcate. – Non ho intenzione di far tardi al nostro matrimonio! –
- Noioso. Siamo in anticipo di quattro ore. Diamine, John, non sei mica una sposa che deve acconciarsi i capelli e farsi le unghie! –
Strinse le labbra sottili. Non insultarlo, trattieniti, oggi è il giorno delle vostre nozze, si ripeteva nella propria testa il dottore. Tentò allora di addolcire il tono di voce, per quanto gli fosse possibile.
- Sherlock, sul serio, ti prego... –
- No. –
- Santo cielo, cosa vuoi che faccia? Che ti supplichi?! Ti avverto, io oggi ti sposerò, anche se dovessi trascinarti in chiesa avvolto solo da quello stramaledetto lenzuolo! – Le sue urla parevano non aver ottenuto l’effetto sperato, non che John pensasse seriamente di riuscire a scuotere quella macchina umana così facilmente.
Con movimenti lenti e calcolati, Sherlock chiuse il pc, e solo dopo si soffermò sullo sguardo iracondo del compagno. John esitò un istante prima di proseguire con la sua sfuriata.
- E per inciso, se proprio vuoi sposarti così, almeno usa delle lenzuola pulite! Quelle sono sporche di... Be', hai capito! – L’ultima frase lo fece quasi strozzare tanto la strillò forte. Passato lo sfogo, fu il turno di Sherlock di parlare.
- Attento John, potrei prenderti in parola e dirigermi all’altare con solo questo addosso. –
- Non m'importa! Oggi ti sposerò, anche se dovessero irrompere i servizi segreti, l’intera Scotland Yard, o la regina in persona. Nessuno mi impedirà di farlo! –
Il viso di Sherlock si distese e un enorme sorriso compiaciuto prese vita su quelle labbra carnose. Alzò una mano e fece cenno a John di avvicinarsi. Quando fu alla sua portata, lo prese per la vita e l'attirò a sé in un abbraccio. Posò la fronte sull’addome del suo John, inspirando a pieni polmoni il profumo della sua pelle, il suo odore. Non bastava la stoffa dell’accappatoio per impedirgli di respirare l’essenza della persona amata. Si rilassò totalmente, lasciando che le dita di John passassero quiete fra i suoi riccioli indemoniati.
- Se proprio ci tieni John, mi metterò qualcosa di adatto all’occasione. –
- Tipo il completo che ho scelto per te? –
- È un idea. Mi sta bene, vero? –
John rise, i suoi muscoli non erano più irrigiditi e tesi come pochi minuti prima.
- Sei un idiota – sbuffò chinandosi verso il, ancora per poche ore, proprio fidanzato. Gli concesse solo un rapido bacio a stampo sulla fronte, non voleva viziarlo troppo prima delle nozze. Il meglio lo voleva tenere per la loro prima notte.
 
Dopo un'ora circa, John era già pronto. Stava indossando la sua elegante giacca davanti allo specchio, quando vide il riflesso del detective alle proprie spalle.
- Sei ancora in pigiama?! – fu la sua ovvia constatazione. Perché mai quella prima donna di Sherlock, avrebbe dovuto essere puntuale?
Il consulente investigativo non disse nulla. Stava lì a fissarlo imbambolato, sbattendo le palpebre un numero considerevole di volte. Ad un certo punto, John sollevò le braccia in aria, confuso e irritato.
- Sherlock, per l’amor del cielo, muoviti! –
Superò velocemente quella statua di sale che, in teoria, doveva essere il suo futuro sposo, e si diresse in cucina ove aveva dimenticato il fiore da appuntare sulla giacca.
Intanto Sherlock ne seguiva i movimenti con lo sguardo, rapito e incantato. Non era solito estasiarsi così davanti ad un altro essere vivente ma, Dio mio, quanto era bello John vestito così. Aveva proprio dovuto ricevere una proposta di matrimonio prima di vederlo indossare abiti decenti e non quei terrificanti maglioncini infeltriti. Avrebbe volentieri mandato all’aria la cerimonia pur di poter essere l’unico a bearsi della sua magnifica presenza.
Di come avesse fatto John a convincerlo a sposarsi, ancora non se ne capacitava; era decisamente l’ultima persona sulla faccia della terra a desiderare il matrimonio. Ma il modo in cui lui gli aveva chiesto la sua mano, la sincera promessa di amore che gli aveva fatto, sudando e balbettando come un ragazzino per l’emozione, era reale e sentita. Per la prima volta, Sherlock aveva permesso al cuore di prendere il sopravvento, dando una risposta ancor prima che ella fosse inviata al suo cervello, analizzata, ponderata, e catalogata. Un incredibile smacco per il grande Holmes, il genio, cadere così facilmente nella trappola dei sentimenti. Eppure alla fine pure lui era stato fatto prigioniero, ed ora, per quanto la sua parte ancora razionale scalpitasse tentando di frenare questa follia, si accingeva ad unirsi nel sacro vincolo del matrimonio con John Watson.
 
Stava squadrando seriamente il proprio completo appeso nell’armadio con un cipiglio concentrato, perso nei meandri del suo palazzo mentale, quando la voce di John lo sorprese.
- Non capisco se stai cercando di dedurre qualcosa sulla vita privata del sarto che ha confezionato l’abito, o se hai solo voglia di perdere tempo. –
- In realtà mi stavo interrogando sui modi in cui tu mi hai convinto a compiere una simile pazzia, e a proposito, il signor Luigi è un giocatore incallito di Black Jack da ormai due anni, ma penso che con quello che gli abbiamo pagato i nostri abiti potrà evitare di farsi tagliare le mani dai suoi creditori del Casinò clandestino. –
- Non puoi proprio farne a meno, vero? –
- Mh? –
Il dottore allungò un braccio e prese l’abito dall'attaccapanni, spingendolo poi verso il petto di Sherlock.
- Se devo vestirti io, ok, basta che indossi questo dannato abito! –
- Accidenti, John, ci tieni proprio tanto a sposarmi. –
- Se continui a comportarti così, potrei anche ripensarci! –
- Impossibile. –
- Odio quando hai ragione! –
- Cioè, sempre? –
L’amorevole battibecco venne interrotto dal rumore di passi pesanti che si affrettavano sui loro diciassette gradini del 221B. Sherlock aggrottò le sopracciglia, sorpreso.
- Lestrade? – indovinò prima ancora che la porta di casa venisse spalancata con malagrazia.
L’affannato ispettore di Polizia si accingeva sulla soglia, John fu il primo ad andargli incontro.
- Greg, che succede? Non dovevamo vederci in chiesa?! –
- Accendi la tv... –
John non capì, ma dal suo tono si poteva intuire, senza bisogno di essere un genio, che qualcosa non andava.
- Ok, su un canale particolare? –
- Quello delle notizie, ma tanto penso lo stiano trasmettendo ovunque. –
Accese la tv, e subito balzò ai loro occhi la notizia in primo piano sul canale della BBC: omicidio del Segretario di Stato americano in visita dagli Stati Uniti.
- Oddio – biascicò sconvolto John.
Ascoltando il giornalista apprese che l’omicida era ancora in fuga e tutta Londra era stata blindata. Ma la parte più incredibile era che il Segretario di Stato era stato assassinato in presenza di altre dieci persone, comprese le guardie del corpo. Si era accasciato tutt'a un tratto sul tavolo della conferenza, e a poco era valso l’intervento del paramedico. Le cause della morte erano ancora da accertare, ma si ipotizzava fosse stato usato del veleno, anche se ignoravano come fosse stato somministrato. Nessuno dei presenti aveva toccato cibo o acqua ancora, il briefing si doveva svolgere prima di colazione nel lussuoso albergo scelto per l’evento.
- Hanno chiesto di te, Sherlock, per il caso. – Lestrade preferì andare subito al sodo, così da togliere per una volta la possibilità a Sherlock di farlo passare per un idiota indeciso.
Quest’ultimo assottigliò gli occhi un istante, il brivido della caccia si impadronì di lui, l’adrenalina pompava a mille nelle sue vene, le mani gli formicolavano; un caso, e che caso! dopo settimane passate a correre dietro a delinquenti di poco conto ed annoiarsi nello scegliere questo o quello per il matrimonio. Ma quando posò lo sguardo su John si morse la lingua, tuttavia non poté impedirle di lasciarsi sfuggire il commento sbagliato.
- Un caso così interessante non mi ricapiterà mai più. Ah! Che spreco! –
Lestrade avvertì chiaramente nella stanza la tensione che poteva tagliarsi con un coltello, e sapeva di essere, almeno in parte, l’artefice dell'improvviso malumore generale.
Deglutì più volte prima di trovare il coraggio di rivolgersi a John.
- Mi dispiace, davvero, credimi, se potessi evitare tutto questo... –
- Hai ricevuto pressioni dall’alto a giudicare dal respiro corto e dalla sudorazione eccessiva, non sudi molto di solito, a meno che tu non sia stressato, e con quello che è accaduto suppongo che tu lo sia. – Sherlock aveva preso a parlare a raffica, come solo lui sapeva fare. – Ti hanno anche minacciato dicendo che se non risolvi questo caso in fretta e con discrezione, ti sbatteranno a dirigere il traffico, ma il rovescio della medaglia è che se invece catturi l’assassino ti daranno una promozione! –
Nuovamente l’ispettore scosse la testa, avvilito per l’incresciosa situazione. L’ultima cosa che avrebbe desiderato era di rovinare le nozze dei suoi due migliori amici, con tutto quello che avevano passato prima di poter arrivare a coronare questo sogno.
- Mi dispiace, John. –
- Perché continui a scusarti solo con lui? Anche io mi dovrei sposare, oggi. –
- Sì, ma tu non stai minimamente accusando il colpo! Sembra che non te importi affatto! –
- E che dovrei fare? Disperarmi? Rimanere muto come un pesce con i lucciconi agli occhi come sta facendo John? Questo è un caso di portata nazionale, c’è in gioco la tua carriera e, ti prego, non dirmi che non te ne importa perché il lavoro è tutto per te, anzi direi che è l’unica cosa che conta nella tua vita ora che tua moglie ti ha lasciato! –
- Ehi, lascia fuori mia moglie! –
- Va bene, ora basta! Basta! – Sbraitò fuori di sé John ridestandosi dal suo stato di apparente calma. Strinse dolorosamente gli occhi prima di passarci sopra una mano. – Mi cambio e sono subito da voi. –
- Sì, buona idea. Meglio non sporcare l’abito della cerimonia! –
- Non ci sarà alcuna cerimonia oggi, Sherlock. –
- Oh, sì, che ci sarà! –
- Che cosa?! Mi prendi pure in giro, adesso?! –
- No, affatto. –
- Sherlock. – Il povero dottore era sull’orlo di una crisi di nervi e gli prudevano le mani già da troppi minuti, ancora non sapeva quanto avrebbe retto alla voglia di prendere a cazzotti il suo futuro sposo.
- John, ti giuro che prima dello scoccare della mezzanotte io, Sherlock William Scott Holmes, ti avrò preso come marito. –
- Non fare promesse che non puoi mantenere! –
- Ti ho forse mai deluso? –
- Devo risponderti?! – John aveva incrociato le braccia al petto; stava decisamente cercando di contenere i suoi istinti omicidi. Questo era facilmente deducibile pure da uno, a detta di Sherlock, sciocco come Lestrade. - Fila a vestirti – sentenziò glaciale infine entrando in bagno, impedendo a Sherlock di proferire risposta.
 
Così la giornata proseguì prendendo una piega totalmente differente da come se l’era auspicata John. Iniziarono ad indagare immediatamente, schizzando da una stanza all’altra dell’albergo in cerca di prove, informazioni, e testimoni. Per il quieto vivere di tutti, John preferì stare lontano dal fidanzato. Per questo fu grato a Lestrade quando gli propose di seguire la pista documentata accessibile esclusivamente tramite i computer degli uffici all’ultimo piano, ben lontano da Sherlock che stava analizzando la sala conferenze.
 
Non ebbero tregua. Le ore scivolarono via fin troppo velocemente e, prima ancora che potessero rendersene conto, si erano già fatte le undici di sera. Il singolare caso dell’omicidio del Segretario di Stato americano era stato praticamente risolto: Sherlock aveva stanato il suo killer, un membro dei servizi segreti che aveva deciso di tradire il proprio paese. Ora spettava a suo fratello catturare l’uomo in fuga, e conoscendo i suoi mezzi, era certo che non gli avrebbe permesso di scappare dall’Inghilterra tanto facilmente. In ogni caso, che ne sarebbe stato delle sue sorti non gli importava; che si facessero giustizia per conto loro come preferivano, queste beghe politiche non lo riguardavano.
Al momento c’era solo una persona che interessava a Sherlock Holmes, ed era l’uomo biondo seduto accanto a lui nel taxi. Non si erano scambiati che poche parole dalla mattina e, anche adesso, John ostentava il silenzio più assoluto in sua presenza.
Sherlock stava inviando dei messaggi con il cellulare, e di tanto in tanto lanciava al dottore delle occhiate convinto che prima o poi avrebbe ceduto e gli avrebbe parlato.
 
L’auto si fermò dinanzi il 221B, ma Sherlock chiese all’autista di attendere un momento.
John non capì perché dovessero restare ancora dentro il taxi, era stanco e deluso. Tutto ciò che desiderava era chiudersi in camera e sprofondare nello sconforto più totale, in solitudine.
- Sei ancora arrabbiato? – chiese Sherlock non distogliendo l’attenzione dal cellulare, aumentando così lo sdegno di John, il quale iniziò ad interrogarsi sul suo comportamento, non finendo di darsi dello scemo per aver creduto seriamente di poter prenderlo come marito. Era ovvio che le sue priorità fossero ben altre.
Inspirò profondamente, non facendo nulla per nascondere il suo malcontento.
- Sherlock, non ho voglia di litigare. Andiamo a casa, voglio solo dormire e non pensare a niente. –
- Ti ho fatto una promessa, John. –
- Basta. Sul serio. –
- Hai così poca fiducia in me? –
Solo in quell’istante Sherlock si decise a voltarsi verso il suo interlocutore e ciò che dedusse non gli piacque. Il volto di John era deformato da un'espressione adirata e triste al contempo.
- Non so che pensare. Hai preferito dedicarti ad un caso piuttosto che sposarti, e non mi dire che lo hai fatto per Lestrade o per il tuo paese, perché sono tutte stronzate! –
- Sapevi che ero fatto così, quando ho accettato di sposarti. –
- Già. Per un attimo ho dimenticato che per Sherlock Holmes c’è solo una persona che conta davvero: se stesso. – Le parole gli erano crudelmente scivolate dalle labbra, ma ormai si sentiva talmente amareggiato da non curarsene. Aprì di scatto la portiera scendendo dal veicolo, lasciando che per una volta fosse quello stupido a pagare la corsa.
Era ad un passo dalla porta di ingresso, quando la mano di Sherlock sbatté con violenza su di essa, richiudendola, impedendo così a John di entrare.
Lui non si scompose, semplicemente lo fissò.
- Che cosa credi di fare? –
- Lestrade ha bisogno di noi, pare ci siano problemi con il fuggiasco. –
- Che problemi? –
- Non lo ha specificato nel messaggio, so solo che dobbiamo raggiungerlo a questo indirizzo. – Mostrò a John l’sms dell’ispettore con annotata una via precisa.
- Dobbiamo fare presto, quel tassista guida come un cane e ci metterà almeno cinque minuti in più per arrivare a destinazione. – Detto ciò, scattò per tornare dentro all’auto, seguito suo malgrado da John che appariva ormai sconsolato ogni secondo di più.
 
Ci vollero quasi quindici minuti prima che si fermassero nuovamente. John non aveva prestato molta attenzione ai quartieri che avevano superato, altrimenti si sarebbe reso conto in anticipo di dove fossero.
Quando scese dal taxi e scorse quella piccola chiesa, ebbe una strana sensazione. Sherlock era già sparito dalla sua visuale, ma osservando con più attenzione notò che una porticina di legno era stata lasciata semi aperta; un chiaro invito a seguirlo.
John allora si incamminò, il passo veloce e cadenzato tipico del soldato, frutto di anni passati nell’esercito. Una strana ansia gli stringeva il cuore. Non era certo di cosa avrebbe potuto trovare dentro a quella modesta chiesetta, anche se doveva ammettere che gli piaceva, aveva sempre avuto un debole per le chiese di quel genere.
Quando mi sposerò vorrei farlo in una chiesa dall’aspetto umile, non mi sono mai piaciuti gli sfarzi.
Come un fulmine a ciel sereno, John rammentò questa frase pronunciata almeno tre anni prima davanti al caminetto del loro appartamento.
Sherlock era seduto accanto a lui, concentrato nell'impeciare l’archetto del suo violino, e mentre lo ascoltava parlare, sorrideva. John all’epoca pensò che si stesse facendo, mentalmente, beffe di lui e di quel suo piccolo desiderio.
Se il matrimonio non fosse saltato, si sarebbero sposati nella maestosa St Paul’s Cathedral, un regalo dei facoltosi signori Holmes per il figlio più giovane.
Stava per spalancare la porta di legno, ma si bloccò; avvertiva un fastidioso nodo allo stomaco. Si fece però coraggio ed entrò. Non appena lo fece, rimase a bocca aperta.
Non vi era illuminazione artificiale, ma ad ogni angolo della chiesa erano state disposte candele di forme e dimensioni differenti come unica fonte di luce. Rimase sulla soglia a contemplare quello spettacolo senza eguali, non sapendo più dove posare lo sguardo. La tiepida luce delle candele si infrangeva contro i vetri colorati della chiesa creando così un effetto incredibilmente suggestivo.
Dopo interminabili minuti si ridestò dal suo stupore e prese a cercare freneticamente l’artefice di tutto ciò. In fondo alla navata, Sherlock parlava con un prete. Lo vide stringere la mano all’anziano vicario e poi voltarsi, donandogli il sorriso più stupefacente di sempre. Allora John capì e seppe benissimo cosa fare.
Procedette verso lui, verso il suo amore. Sherlock gli tese una mano che il dottore non esitò ad afferrare.
- Te lo avevo detto che ci saremmo sposati prima della mezzanotte – affermò altezzoso il moro. Le sue parole fecero eco nella chiesa, provocando un'espressione stranita in lui, e strappando un risolino a John, il quale non si capacitava che Sherlock fosse riuscito ad organizzare tutto questo pur lavorando al caso.
- Come hai fatto? –
- Quando stavamo preparando il matrimonio, mesi fa, avevo previsto che sarebbe potuto accadere qualcosa di simile, così ho studiato dei piani alternativi. –
- Solo tu avresti potuto pensarci... –
- Con il mio lavoro devo sempre avere qualche soluzione d’emergenza, lo sai! –
- Hai fatto tutto da solo? –
- Diciamo che ho avuto un piccolo aiuto dai miei amici senza tetto. Sai, queste candele le hanno prese da altre chiese. – Il prete mostrò un'espressione contrariata a tale rivelazione, così Sherlock si affrettò ad aggiungere: – Non le hanno rubate, hanno lasciato un'offerta per ognuna di esse, quindi, Padre, la smetta di fissarmi così e iniziamo! –
- Non verrà nessun altro? – domandò il chierico giustamente incuriosito da tutta questa strana situazione. Non capitava tutti i giorni di venir tirati giù dal letto in così tarda serata e ricevere una simile cospicua donazione in cambio della celebrazione di un rito coniugale. Vista l’ora insolita e l’altrettanta particolare coppia che doveva sposare, pensò che non fosse il caso di porsi troppi quesiti. Le strade del Signore erano infinite e non spettava certo a lui emettere giudizi.
Sherlock rimescolò ansioso la saliva ingoiando un piccolo groppo. John, notandolo, gli strinse più forte la mano.
- Va tutto bene. Va bene anche così. –
- Mi dispiace, non ho fatto in tempo a contattare tutti quanti. C’è sempre qualcosa di sbagliato nelle mie deduzioni, e stavolta ho sottovalutato il tempo che avrei impiegato per smascherare l’assassino del Segretario di Stato! Avevo pensato che un caso avrebbe potuto farmi saltare il matrimonio, ma non ho previsto la lentezza della burocrazia. Ci ho messo ore per poter interrogare certi deputati, e... –
- Sherlock. – John aumentò la presa, stritolando dolcemente le lunga dita del suo amato per rassicurarlo. – Ho detto che va bene, ora se non ti dispiace vorrei sposarmi! –
- Bene, procediamo allora – asserì il consulente investigativo dopo essersi rilassato. La celebrazione aveva appena avuto inizio quando l’anziano prete si accorse che i due uomini si stavano bisbigliando qualcosa.
- Tutto bene, figliuoli? –
- Sì, certo! John mi stava solo chiedendo dove fossero gli anelli. – Estrasse rapidamente una scatolina argentata dal suo Belstaff, mostrando con orgoglio le loro fedi nuziali. – Vada avanti, su! E per cortesia, salti tutta la parte del “cari fratelli siamo qui riuniti”, è inutile e noiosa, inoltre qui non c’è nessun altro a parte noi due – lo esortò Sherlock scocciato, facendosi ammonire come sempre dal compagno con la sentita esclamazione: – Sherlock, non fare il saputello! –
 
Era mezzanotte spaccata quando, dopo un rito abbreviato, John e Sherlock si scambiarono il loro primo bacio da sposi. Mentre uscivano dalla chiesa a braccetto e con passo lento ma gioioso, John posò la testa sulla spalla del neo marito, mormorando a fior di labbra: - Hai compiuto un altro miracolo, Sherlock. Per me. – Quando alzò il volto, l’uomo più alto si perse nel limpido blu frizzante degli occhi del suo dottore.
- Lo so. –
Appena furono fuori, non fecero in tempo a respirare l’aria fresca della notte che vennero totalmente ricoperti da chicchi di riso e festoni colorati. Un enorme vociare si levò acuto spezzando la tranquillità del quartiere, seguito da uno scroscio di applausi. Quando Sherlock e John furono in grado di vedere nuovamente, accecati com'erano per via di alcuni chicchi finiti negli occhi, si resero conto che tutti i loro amici erano presenti. La signora Hudson, Molly, Lestrade, i signori Holmes, perfino Anderson e Donovan. Appartato dietro un'auto nera poco distante da loro vi era Mycroft. In una mano teneva il fidato ombrello, mentre nell’altra stringeva quella che sembrava una bottiglia di costoso Champagne. La sollevò per mostrarla meglio al fratello, beandosi di un ghigno malefico.
Ti sei fatto incastrare per bene fratellino! gli disse chiaramente con quel gesto. Non c’era nemmeno bisogno che Mycroft aprisse bocca, perché Sherlock aveva già intuito al volo i suoi pensieri.
- Oddio, ma come facevate a saperlo?! – John era talmente euforico da avere gli occhi pericolosamente lucidi. - Sherlock, sei stato tu, vero? –
- No, stavolta non c’entro. –
Lestrade si fece avanti, lasciando di stucco per la prima volta il migliore consulente investigativo mai esistito.
- Tu? Sei stato tu?! – L’espressione scioccata di Sherlock era anche più divertente di quella indignata di Mycroft.
Quanto era caduto in basso suo fratello per farsi battere così da uno come Greg Lestrade? Indecoroso. Questa era l’ennesima dimostrazione di quanto i sentimenti e le emozioni danneggiassero delle menti eccelse come le loro. Eppure a Sherlock non sembrava importare molto. Che non si fosse nemmeno reso conto del degrado di cui era vittima? Il maggiore degli Holmes non seppe darsi una risposta risolutiva, inoltre era stranamente incuriosito da quanto stava per dire Lestrade; chissà quale aneddoto fantasioso avrebbe tirato fuori per spiegare il suo arguto piano per far presenziare amici e parenti a questo insulso evento improvvisato a cui lui non avrebbe mai e poi mai partecipato se non fosse stato costretto dai soffocanti genitori – era bene specificare.
- Oggi pomeriggio, mentre stavo tornando al distretto, ho arrestato un senza tetto che stava rubando delle candele nella chiesa del quartiere. – Immediatamente, il prete che li aveva seguiti fuori attirato dalle grida, lanciò uno sguardo accusatore verso Sherlock, che quest’ultimo si preoccupò di ignorare.
- Quando gli ho chiesto perché rubasse proprio delle candele, mi ha rivelato che servivano per il “matrimonio di Sherlock Holmes”! Sono bastati dei panini e delle sigarette per fargli vuotare il sacco! –
- Peter – ringhiò con disappunto Sherlock. Sapeva benissimo che fra tutti gli amici barboni, lui era il solo che si lasciasse corrompere per così poco. E inoltre, non gli aveva rivelato nulla. Questo era a dir poco oltraggioso, se ne sarebbe ricordato in futuro.
- È fantastico che siate tutti qui! – John era al settimo cielo. Si mise ad abbracciare tutti quanti. Sembrava esser entrato in coma diabetico per eccesso di zuccheri. Era talmente felice che il suo sorriso luminoso poteva seriamente oscurare la magnifica stellata che si elevava in cielo sopra di loro.
 
Dopo essersi concessi qualche oretta di svago e di festeggiamenti in un pub aperto tutta la notte, i due novelli sposini rientrarono al 221B accompagnati dalla signora Hudson. Si salutarono all’ingresso e, solo quando la donna svanì dietro la porta del suo appartamento, John si avventò famelico sulla bocca di Sherlock.
- Non vedevo l’ora che arrivasse questo momento – biascicava John baciando e succhiando avidamente il collo del marito.
- Sei ubriaco, vero? –
La risatina malcelata di John era la miglior risposta che potesse concedere in quel momento. Non che gli dispiacesse che John fosse su di giri, ma era famoso per l'addormentarsi di botto mentre lo facevano quando era alticcio. Quindi Sherlock non si fece troppe aspettative sulla loro prima notte, inoltre aveva sempre ritenuto assolutamente patetica questa tradizione.
Forse nel medioevo poteva aver ragione di esistere quando a sposarsi erano due vergini, ma certamente al giorno d’oggi era quanto meno ridicolo credere che due persone che si univano in matrimonio non avessero mai consumato un rapporto sessuale. Tuttavia Sherlock ci era andato molto vicino, così tanto che poteva dire di essersi abbandonato al sesso per la prima volta all’ingloriosa, a detta di tutti gli amici, età di trentotto anni suonati.
 
Fin da piccolo, non aveva mai amato il contatto fisico, non era fatto per questo genere di cose. Sherlock Holmes amava ad un livello superiore, e questo John lo aveva compreso e accettato. Per lui era disposto anche a rinunciare al sesso, tutto pur di potergli rimanere accanto e renderlo felice. Ma dopo un caso, catalogato da Sherlock stesso nel suo palazzo mentale come “altamente pericoloso”, ove avevano rischiato di morire entrambi, qualcosa era scattato nel cervello del detective. Si era acceso una sorta di strano interruttore delle emozioni che fino ad allora era sempre rimasto spento. Per la prima volta nella sua vita, aveva desiderato ardentemente toccare John, sfiorare ogni parte del suo corpo, scoprire ogni anfratto nascosto dai vestiti, sentire che sensazione gli donasse il tastare la consistenza di ossa e muscoli con le proprie dita, riconoscere ogni cicatrice, ogni irregolarità della pelle. Non gli bastava più solo vederlo e respirarlo, doveva assolutamente dare prova alla sua mente che John fosse anche un corpo pulsante di vita, oltre che la sua anima gemella.
Così, quasi senza rendersene conto, si era avvicinato ai propri impulsi sessuali e, quando aveva domandato a John di spogliarsi e farsi toccare, lui aveva accettato di buon grado. Nelle prime settimane, c'era stato esclusivamente un contatto fisico fatto di carezze. Sherlock passava i palmi delle sue mani magre sul petto di John, sulle gambe di John, sulla pancia di John, senza mai osare oltre. La punta delle dita giocavano con i capelli, e a volte con i peli del petto. Passava anche ore a studiare meticolosamente il suo corpo, analizzando le proprie reazioni nel suo palazzo mentale.
Una notte indugiò a lungo sull’inguine, così il buon Watson, che non era affatto stupido, lo invitò a sfiorare anche il pene se lo desiderava. Agli occhi di chiunque altro quella richiesta sarebbe suonata come terribilmente maliziosa, ma per Sherlock era solo il permesso per poter spingersi oltre e capire cosa gli piacesse e cosa no di quell’arcano che era il sesso.
Con il passare dei mesi iniziò a preoccuparsi anche di cosa interessasse a John, che cosa lo facesse inarcare colto da un gemito, quali gesti lo facessero eccitare, quali parti del corpo fossero più sensibili. Era stato tutto un lungo e lento processo di scoperta per entrambi, in realtà, dato che anche per John era la prima volta che portava avanti una relazione omosessuale. Se poteva gestirlo a livello emotivo, si era reso conto, suo malgrado, di essere totalmente impreparato per il “lato fisico”. In un certo senso, questa bizzarra deviazione del loro rapporto era stata realmente utile. Quando finalmente erano riusciti a concedersi totalmente l’uno all’altro, era stato appagante, e da allora, sebbene non spesso quanto avrebbe desiderato il dottore, l’evento si ripeteva con una discreta regolarità mensile.
 
Come previsto, quando raggiunsero il letto, John ci si abbandonò sopra addormentandosi come un bambino. Sherlock non lo disturbò, preferendo dare uno sguardo alle proprie e-mail. Magari, se era fortunato, ci avrebbe già trovato la richiesta per un altro bel caso come quello appena risolto. Sarebbe stato come festeggiare Natale e, il giorno dopo, il suo compleanno.
 
Verso le sei del mattino, un assonnato John lo raggiunse in soggiorno. Indossava ancora gli abiti con cui si era assopito, solo che ora avevano un'aria tutta spiegazzata. Con la coda dell’occhio osservò i suoi movimenti; lo vide passarsi una mano nei capelli spettinati e lasciarsi andare ad un sonoro sbadiglio. Poi il calore della sua mano si posò sulla propria spalla, accarezzandola con dolcezza.
- ‘Giorno... –
- Pensavo che avresti dormito ancora per altre due ore. –
- Lo avrei fatto, ma mi mancava mio marito. –
Sherlock sorrise beffardo a quell’affermazione. Il lento movimento della mano di John che passò rapidamente dalla spalla al collo lasciava intendere un'allusione puramente sessuale.
- Posso quasi annusare i tuoi ormoni, John, la tua voglia di fare sesso con me è più intensa del solito! –
- Puoi biasimarmi? – Si curvò verso il basso andando a baciare uno degli zigomi spigolosi del volto del moro. – Siamo sposati da sei ore ormai, e ancora non abbiamo consumato la nostra prima notte di nozze. Sono un po’ offeso per questo. –
- Perché è così importante? Non è la prima volta che facciamo sesso! –
- No, infatti, ma è la prima volta che lo facciamo da sposati! –
- E quindi? –
- Sherlock, sta' zitto. – Le labbra di John presero prepotentemente d'assalto quelle del suo fresco sposino, lasciandolo senza fiato. Lo stesso Sherlock decise di spegnere ogni ingranaggio del proprio palazzo mentale e di lasciarsi trascinare unicamente dall’istinto. Poteva essere così vulnerabile e “normale” solo in presenza di John, l’unico che potesse arrogarsi il diritto di farlo sentire così per un paio di ore.
 
Si dedicarono uno all’altro, compiacendo i rispettivi impulsi e soddisfando le reciproche richieste. Non era mai capitato di farlo per due giorni di seguito e chissà, magari tale evento non si sarebbe ripetuto, ma tutto sommato entrambi poterono ritenersi ampiamente soddisfatti del risultato.
Dopo essersi divertiti così a lungo e in tutte le stanze dell’appartamento, tranne il bagno – a Sherlock non piaceva farlo lì, troppe storie sui germi cannibali e altre diavolerie di cui nemmeno John che era medico era a conoscenza –, si addormentarono esausti sul divano. O almeno, John dormiva, mentre Sherlock si era svegliato dopo un'ora di sonno. Nonostante il suo essere iperattivo gli imponesse di alzarsi, ignorò totalmente il suo bisogno preferendo rimanere coricato e fermo, con John che gli riposava accanto. Rimase immobile ad ascoltare il suo respiro delicato e tiepido che si infrangeva contro il proprio petto, scrutando per ore ogni cenno di mutamento nel suo corpo, ogni minimo sussurro emesso dalle sue labbra sottili, rimirando sbigottito la scintillante fede gemella che portava, simbolo terreno della loro unione.
Amarlo, senza bisogno di dover pronunciare mai una parola, perché certo che il suo John avrebbe compreso, sempre e comunque, ciò che voleva comunicargli.
 
Non poteva immaginare modo migliore per passare il resto della sua vita.


END



Ma salve  a tutti!! Sono davvero felice di poter presentare questa fiction al fandom, ci tenevo molto a mostrare la "mia versione" di un ipotetico matrimonio fra John e Sherlock. Non è particolarmente originale, ne esaltante, lo so, ma spero ugualmente che vi abbia strappato almeno un piccolo sorriso! ♥ 

Un ringraziamento GRANDE e speciale va a J_Ari  per avermi fatto nuovamente da Beta Reader, grazie di cuore tesoro!!! ♥ ♥ ♥

Pareri, commenti e critiche costruttive sono sempre ben accetti, quindi non siate timidi e fatevi sotto!

Baciotti, Giò
  
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