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Autore: MySkyBlue182    16/02/2016    6 recensioni
Le persone che amava, Gerard le amava sul serio.
Seguito di Trust me
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bob Bryar, Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Olè! Eccomi tornata C:
Non ve lo aspettavate, eh?!
Sono già certa che la mia introduzione sarà più lunga del prologo! Ahaha
Il fatto è che non sono io che parlo tanto, NO, è il prologo che, in quanto prologo, è corto!
Comunque, a parte questo, sono felicissima di essere di nuovo qui, di poter ricominciare a pubblicare e di poter parlare di nuovo con tutte voi.
Immagino che, arrivati ad un certo punto, non credevate nemmeno che questo seguito prima o poi sarebbe arrivato. Io in realtà ho iniziato a scrivere questa storia abbastanza presto, subito dopo la fine di trstme e poi per un po’ è rimasta abbandonata a se stessa perché la mia vita ha subito parecchi cambiamenti. Per fortuna sto riacquisendo i miei ritmi e le mie abitudini e quindi ecco: SONO FINALMENTE QUI!!!
Sono felice! C:
Vorrei tanto sapere che ne pensate di questo seguito, e non vedo l’ora di conoscere le vostre impressioni.  (gesù, senza faccine mi sento persa, maledetto whatsapp!)
Per il resto non ho nulla da dire, spero di non deludere le aspettative e poi al prossimo capitolo vi svelerò una cosa im-por-tan-tis-si-ma!
Okay, vi lascio leggere e niente… sono felice!
Tanti cuori e alla prossima :******
 
-SkyBlue felice-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
PROLOGO
 
 
 
 
 
A Frank sudavano le mani.
Aveva iniziato ad agitarsi nell’esatto momento in cui Jamia aveva lasciato la sua stanza o, forse, da quando lo aveva chiamato Mikey.
A pensarci bene aveva iniziato a percepire l’inconfondibile sensazione del suo stomaco contorcersi, preso dall’ansia, fin da quando aveva aperto gli occhi quella mattina.
In ogni caso, quel senso di angoscia, misto a paura si era protratto per tutta la giornata, si era intensificato sempre più fino a quel momento, in cui Frank ne riconosceva l’apoteosi.
Prima di suonare il campanello aveva temporeggiato.
Aveva finto di star finendo di fumare la sigaretta che aveva tra le dita mentre, con poca delicatezza, torturava il labret con i denti.
In realtà avrebbe voluto mangiarla, quella sigaretta, o magari semplicemente buttarla e suonare ripetutamente in modo da farsi aprire in velocità, si sarebbe catapultato in casa e cercato febbrilmente Gerard fino a rassicurarsi, posandogli lo sguardo addosso e poi le mani, già che c’era.
Un abbraccio di quelli sentiti, di quelli che hanno il sapore dei ricordi e la felicità del ritrovarsi: ecco di cosa avrebbe avuto bisogno, eppure aveva paura.
Erano tre mesi, e oltre, che non lo vedeva, sarebbe potuto essere cambiato tutto, Gerard per primo e questo spaventava Frank.
L’ignoto l’aveva sempre intimorito.

Mentre ascoltava i suoi cuori pulsare, in preda a troppe emozioni per poter essere in grado di analizzarne la più preponderante, il battente si spalancò di colpo, segno che chi era andato ad aprire fosse molto felice alla previsione di ospiti in arrivo.
Infatti Mikey era raggiante e non appena Frank mise piede oltre la porta lo abbracciò con trasporto, stringendolo quasi istericamente, sorrise a Jamia e abbracciò anche lei.
Frank osservò la breve scena decidendo che Mikey era follemente su di giri.
Li accompagnò attraverso il corridoio e poi si voltò verso Frank.
- Cos’è che hai lì, hai fatto un dolce?- domandò continuando a non togliersi quel sorriso dalla faccia.
Frank si riscosse e porse il vassoio, di cui si era completamente dimenticato, in sua direzione.
- Oh, sì, ma non l’ho fatto io. È stata mia madre.- mise in chiaro, consegnandolo nelle sue mani.
Immaginò che, preso alla sprovvista e strappato dalle sue paranoie, avesse alzato involontariamente la voce, recitando quella frase con uno dei suoi migliori toni ruvidi e alti.
Mikey consegnò a sua volta il vassoio a sua madre, che proveniva presumibilmente dalla cucina, e si fermò a salutarlo calorosamente, come al solito.
- Su, accomodatevi!- l’invitò facendo cenno al salotto appena a destra del corridoio, così percorsero quei pochi passi e Frank poté lanciare uno sguardo all’interno: saranno state presenti più o meno trenta persone, forse non erano molte, ma il salotto non era enorme e creavano una specie di effetto ottico che le facevano sembrare molte di più.
In ogni caso, Frank le odiava tutte, ad una ad una, primo perché non riusciva a riconoscerle anche se forse avrebbe dovuto e, cosa più importante, perché gli stavano nascondendo Gerard.
Non riusciva a localizzarlo e le sue gambe non ne volevano sapere di muoversi e permettergli di addentrarsi in quella stanza, in modo da poterlo cercare meglio.
Continuò a far vagare lo sguardo cercando di andare oltre la coltre di persone anonime, udiva il chiacchiericcio, ma non riusciva ad afferrare alcuna parola che significasse qualcosa alle sue orecchie.
Percepiva il mondo intorno a sé come ovattato, in quel momento, e pensò che forse sarebbe potuto svenire da un momento all’altro. Si morse forte il labbro inferiore e, sentendo l’abituale contatto dei denti contro il metallo del piercing, riuscì a sentirsi più partecipe, più presente e vivo, e immaginò che fosse un buon segno, che non stava affatto per svenire e che era soltanto un tantino confuso.

Ad un tratto, dritto davanti a sé, Frank notò la figura di un uomo spostarsi, più che altro vide una macchia verde, che corrispondeva al colore di una t-shirt, indossata da qualche parente, ma, per quanto ne sapeva Frank, poteva essere anche il barbone che dormiva sulle panchine del parco vicino casa sua.
Dietro quella macchia verde comparvero degli occhi, verdi pure quelli o forse più belli, anzi, sicuramente più belli.
Quegli occhi si impigliarono nel suo sguardo e furono la prima cosa che Frank vide davvero.
Quelle due iridi erano sempre di quel colore così magnetico e caldo e, quando Frank ebbe il coraggio di muovere appena lo sguardo, vide il pallore della pelle del viso che li ospitava, vide le labbra, socchiuse, tirate in un sorriso appena morto per lasciare spazio ad una posa di stupore, il naso adorabilmente puntato all’insù, come quello di certi bambini eccessivamente curiosi, o eccessivamente carini, gli zigomi vagamente marcati e un po’ coperti da ciuffi di capelli neri che nascondevano in parte anche una fronte dalle proporzioni perfette.
Frank non aveva idea della sua espressione, non ci pensò nemmeno in realtà, ma aveva una vaga idea che quegli occhi che lo scrutavano da lontano – così troppo lontano – stessero percorrendo gli stessi dettagli, però sul suo, di viso.
Quello fu uno di quei momenti che Frank avrebbe definito “infiniti”. I loro sguardi persi l’uno in quello dell’altro, perfettamente al posto giusto.
Forse avrebbe dovuto far qualcosa, tipo muoversi oppure respirare, tanto per iniziare, e invece non riusciva neppure a pensarci.
Ci pensò qualcuno accanto a lui. Gli strinse la mano riportandolo alla realtà.
Frank boccheggiò smarrito, un po’ infastidito e si voltò a guardare chi aveva osato interrompere quel momento: Jamia.
Strinse ancora, decisa a farlo tornare sul pianeta terra, e quando Frank le rivolse l’attenzione desiderata lei gli sorrise.
La prima cosa che gli venne in mente era che Gerard forse avrebbe potuto equivocare e così si voltò di nuovo, e in fretta, verso di lui. Si accorse in modo agghiacciante che non guardava più il proprio viso, ma aveva gli occhi puntati sulle loro mani unite, l’espressione del viso scioccata.
Frank si affrettò a lasciarla, forse in modo brusco, ma non riuscì proprio a badarci, semplicemente non voleva far pensare cose sbagliate a Gerard, al suo Gerard.
Non guardò neanche Jamia, continuò a fissare lui, solo lui, non aveva occhi che per lui, ma Gerard aveva già distolto lo sguardo, voltandosi di scatto e guardando distrattamente altrove.
Frank sospirò.
- Ehi, vieni a salutare mio fratello!- esclamò Mikey sbucando dal nulla.
Gli posò un braccio intorno alle spalle mentre lo accompagnava intorno al tavolo dove era seduto Gerard, le sue gambe si mossero meccanicamente, come trasportate dal movimento dell’altro.
Si ritrovò di fronte a lui senza aver pensato a nulla, neanche a qualcosa da dire, ad un fottuto ipotetico saluto.
Non sapeva davvero cosa dire.
- Ciao- mormorò senza nemmeno ascoltarsi.
-Ciao Frank- rispose Gerard alzando di nuovo quegli occhi fantastici su di lui.
Lo guardò appena un attimo, poi si alzò dalla sedia abbracciandolo.
Veloce, così avrebbe definito quel contatto, distaccato, come se fosse stato costretto a farlo.
Frank restò imbambolato a guardarlo.
Gerard gettò occhiate agitate intorno a sé, sospirò, spostò il peso da una gamba all’altra.
- Gerard c’è anche Jamia – fece Mikey, spostandosi di lato per permetterle di raggiungerlo.
Un sorriso finto, frasi di circostanza da parte di lei, risposte di conseguenza di Gerard.
-Scusatemi.- li liquidò poi Gerard, lasciando il proprio posto e allontanandosi.
Frank lo seguì con lo sguardo, lo vide dirigersi verso le scale e percorrerle a passi affrettati.
-Scusatelo, deve un po’ riabituarsi a stare tra la gente.- spiegò Mikey.
E Jamia rispose e poi Mikey parlò di nuovo.
Frank non ascoltò nulla, troppo sconvolto da ciò che era appena accaduto, troppo scosso, troppo arrabbiato da ciò che presumibilmente aveva potuto pensare Gerard.
-Vado in bagno.- notificò senza neanche voltarsi verso i suoi interlocutori, buttò lì la prima scusa che gli venne in mente.
Poi percorse gli stessi passi che aveva appena fatto Gerard, in fretta, col cuore in gola, con eccessiva adrenalina che gli scorreva nelle vene.
Salì le scale ancor più rapidamente di quanto aveva fatto Gerard, svuotò totalmente la mente: questa volta non voleva essere preparato, non voleva sapere, non voleva ipotizzare.
Doveva vivere.
Vide la figura di Gerard di spalle, una mano posata sulla porta chiusa del bagno, l’altra a livello dello stomaco, forse non si sentiva bene.
Con due falcate coprì la distanza che li separava, poi allungò una mano sulla sua spalla, costringendolo a voltarsi.
I loro sguardi si scontrarono di nuovo, Frank per poco non annegò in quel verde, continuò ad avanzare, posò la mano sulla maniglia della porta, la fece scattare, ci spinse delicatamente Gerard dentro con un tocco gentile sul petto. Senza parlare, senza spiegare.
Gerard non oppose resistenza, continuò ad osservarlo imbambolato.
Frank chiuse la porta alle loro spalle, tornò ad adorarlo con lo sguardo.
E non c’erano parole da dire né nulla da pensare o su cui riflettere.
Doveva vivere.
  
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