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Autore: ValorosaViperaGentile    17/02/2016    3 recensioni
Una raccolta di one shot e flash senza particolare ordine cronologico, incentrata su Philippe de France detto Monsieur: duca d’Orléans, sposo di Henriette d'Inghilterra, amante del Chevalier de Lorraine, fratello del Sole.
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CAPITOLI:
I. ◆ {centric!Monsieur; Chevalier; Henriette} | {Monsieur/Chevalier} | {pre serie}
II. ◆ {centric!Monsieur; Chevalier} | {Monsieur/Chevalier} | {pre serie}
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Chevalier de Lorraine, Henriette d'Inghilterra, Louis XIV, Philippe d'Orléans, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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I

 


 
 

Ammantato del colore degli unti[1], Louis doveva già sembrare un piccolo dio.

I capelli lunghi, morbidi boccoli sciolti sulle spalle; il colletto immacolato di pizzo, sotto il viso paffuto; lo sguardo fermo, da figlio di re.

Riesce a ricrearla bene, quella memoria, che non esiste per davvero nella propria mente – troppo giovane per conservare qualunque ricordo di un'infanzia tanto lontana, ma con gli occhi incollati alle tele[2], la pomposa galleria di trionfi giovanili di suo fratello, non è difficile immaginarla.

Aggrotta la fronte davanti a quel polposo, composto cherubino in ampi calzoni flosci.

Lo vede vestito in pavonazzo, il quattordicesimo Louis di Francia, poppante in Parlamento, alla sua prima volta innanzi al Tribunale di Giustizia, portato fin lì dal gran ciamberlano e da uno dei capitani della guardia: un sovrano bambino, seduto sul trono che per lui – e per lui soltanto – era stato preparato, con la loro madre accomodata alla destra, fiera, sotto il baldacchino; vede splendere quel fanciullo, irradiare la Francia intera, scaldarla con le sue lunghe braccia dorate, proprio come fa ogni dì l'astro del giorno.

I suoi sudditi già lo amavano per la grandezza che prima era stata del padre, come le cronache si sono compiaciute di testimoniare per i posteri. Lo accolsero in massa, a Parigi, e non vi fu mai tanta impazienza e calca per adorare il Sole nascente[3], splendido nelle sue sete brillanti – infastidito, rizza la schiena e allontana il naso dalla bella faccia tonda di suo fratello.

Un breve, sciocco ritardo di clessidra gli avevano negato il mondo, tutto per Louis.

Ma neppure da bambino, quando innocenza ed egoismo si trovano in perfetta armonia nel medesimo piccolo corpo, aveva desiderato rubare la corona di suo fratello: allora gli bastavano le sue, di perle, e i rubini e gli smeraldi delle parure che già amava, per sentirsi un re – anche se sua madre lo chiamava figliola, ben consigliata dal Cardinale[4].

Nell'età perduta della purezza, aveva creduto che la vita fosse sogni segreti e frivola moda[5]. Un castello immaginario di avventure, da esplorare con Louis e Minette e il resto della corte più giovane; un paesaggio incantato, di morbido velluto e lucido damasco, con cuffiette piumate al posto delle nuvole, e poi dadi, trottole e aquiloni al posto di palazzi e carrozze, un mondo di favole e ombre cinesi.

Ispeziona i loro ritratti, ancora – quando ancora erano fratelli più nel cuore che in nome del sangue.

Prima che per Louis e gli altri ragazzi finisse il tempo delle sottane, delle vesti e dei grembiulini – sembrò non terminare solo per lui e il caro François-Timoléon[6]. E la sera, mentre Louis conquistava le prime ragazze, le petite Monsieur, nel silenzio solitario del letto, bambola fra le bambole, godeva dei corpi perfetti delle piccole dame parigine che lo circondavano, coi loro eleganti corredi, meravigliosi strumenti morali[7], immobili maestre di vita.

Grazie a loro aveva imparato tutto. Come riconoscere i merletti migliori e scegliere i nastri e le pietre per cappelli e polsini, come nascondere vezzosamente le mani coi guanti, seppellirle sotto gli anelli d'oro – erano state buone insegnanti, quelle donnine di legno, perché nemmeno Philippe riusciva a superarlo in buon gusto, e molte erano le signore che chiedevano a lui consigli di moda e bellezza.

Una porta si apre e, più in là, qualcuno sussurra qualcosa a qualcun altro: un servo si avvina col capo chino – nota dietro i ricci i begli occhi che ha – e lo informa che sono arrivati i suoi piaceri più intimi, le sue amiche più vecchie e care – lo liquida con un gesto e poi abbandona la stanza, lasciando i ritratti di famiglia a prender polvere.

Il suo Chevalier è in stanza, circondato da mille e ancor più scatole già aperte.

«Vieni, vieni», lo incita muovendo veloce le dita, e lui ubbidisce fedele, afferrandole con un bacio.

Anche Minette è lì, perfetta in crema, una visione per intenditori, mentre guarda silenziosa le scarpe e i tessuti sparsi sul letto e a terra: subito si alza in piedi, per lasciarli soli, senza bisogno di esser cacciata via – prima di sparire riesce a sfiorarle i lembi della camicia, il pizzo della manica che le tocca la segreta[8], e un brivido gli solletica la schiena, facendogli venire la pelle d'oca.

Sua moglie è ciò che porta addosso, sul suo corpo magro che tanto bene conosce: un fruscio delicato di stoffe, piume lievi che ondeggiano ad ogni alito flebile, complesse alleanze di sete lionesi, leggere mussole dall'Inghilterra e pizzi fiamminghi[9].

«Guarda questa», lo reclama Philippe, autoritario, mentre Minette esce dalla stanza, intrusa nel loro matrimonio a tre. «Guarda come splende» continua, mentre gli bacia le labbra e sventola sotto gli occhi un panno, il più bello che abbia mai visto.

Gli prende dita per guidarlo, come fosse ancora un bambino, per fargli tastare l'oro sull'oro e assaporare quei ricami, che sono di pure luce diurna, e le increspature intessute d'oro misto ad un certo altro tipo d'oro[10], di un diverso bagliore.

«Davvero stupenda», risponde.

«Sontuosamente divina», lo corregge Philippe «adatta a un re.»

Rabbrividisce di nuovo, senza sapere se è colpa di tutto quel luccicare, o se sia stato il suo sussurrargli all'orecchio parole pericolose.

Se fosse al posto del fratello, è vero, si mostrerebbe così fiammeggiante come un vero sole, ma lui è solo Monsieur.

«Tu saresti un tale meraviglioso re, amore mio» dice e getta via la pezza, afferrando il suo viso con entrambe le mani, e infilandogli la lingua in bocca.

Mentre lo stringe, in un intreccio appassionato di nastri e passamanerie, sente sotto le dita l'anima del suo amante, ricca e stravagante come rhingrave[11] – è lusso e pretesa e bellezza, il suo cuore.

 



Note:

[1] Così erano definiti i sovrani di fede cristiana.

[2] Dei Testelin e degli altri pittori di corte che immortalarono in moltissimi quadri la famiglia reale.

[3] Si tratta delle parole di uno storico del XVII o XVIII secolo – riportate su un testo di inizio Settecento – di cui, purtroppo, non sono riuscita a rintracciare il nome. Tutte le informazioni riportate sono – salvo errori involontari! – storicamente esatte. Non essendo tuttavia un'esperta del periodo, anzi, se leggeste qualcosa di sbagliato, anche nei più pallidi dettagli, vi sarei molto grata se mi informaste a proposito. Naturalmente, scrivendo della serie televisiva e non dei veri personaggi storici, quando necessario ho dovuto coniugare fiction e realtà: tenete perciò conto di questo, quando leggete il pezzo.

[4] Mazzarino, il quale, pare, abbia suggerito alla Regina di effeminare al massimo il secondogenito.

[5] La moda, come concetto assai simile alla sua controparte moderna, nasce proprio nel XVII secolo.

[6] François-Timoléon de Choisy, poi uomo di lettere e abate. Lui e il fratello di Luigi XIV, compagni di giochi, vennero vestiti come femmine dalle rispettive madri oltre la cosiddetta età del bavaglino, cioè quegli anni in cui bambini e bambine non portavano indumenti che caratterizzassero la loro diversa sessualità – anzi, erano tutti fortemente "femminilizzati". [7] Già dal secolo precedente circolavano trattati sul potere educativo – esclusivo, in pratica, secondo la comune morale dell'epoca – del gioco, attraverso l'apprendimento tramite imitazione. Le bambole di Parigi, in particolare, presto superarono quelle straniere che inizialmente avevano preso a modello.

[8] Nome con cui veniva indicata un tipo di gonna del tempo.

[9] La Francia, già nel Seicento, dettò legge in fatto di moda e notissime erano le sue sete, soprattutto di Lione; per quanto la mussola, questa veniva ancora prodotta in Asia, ma l'Inghilterra era una grandissima acquisitrice e, poiché Madame era di sangue inglese e tornò più di una volta in patria, ho immaginato non dovesse esser difficile trovarle addosso questo tipo di tessuto; riguarda il pizzo, invece, ancora poco dopo la metà del secolo, i più apprezzati e usati sono quelli fiamminghi.

[10] Per l'occasione, ho sfruttato la vera descrizione di una stoffa dell'epoca, fatta da Madame de Sévigné.

[11] Calzoni per certi versi simili a una gonna, in voga soprattutto nella seconda metà del secolo.


 
***

SPAZIO DELL'AUTRICE:

Questa one shot è stata scritta per Donatella Ceglia, durante un evento del gruppo We are out for prompt. La raccolta è solamente all'inizio e come per altre già presenti, in attesa di esser continuate, avverto in anticipo che l'aggiornamento avrà cadenza irregolare: se non volete perdere i successivi capitoli vi suggerisco, quindi, di metterla fra le storie seguite! Grazie a tutti coloro che leggeranno e in particolare a chi lascerà un commento.
   
 
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