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Autore: Inquisitor95    17/02/2016    1 recensioni
L'ultimo anno scolastico: il più memorabile, il più tormentato e difficile da affrontare. Nove ragazzi decidono di andare per il fine settimana nella baita di montagna sul Crow's Peak vicino Seattle. La notte di Halloween non è mai stata così divertente per loro, tuttavia qualcosa turberà la loro notte che si trasformerà in un incubo ad occhi aperti nel quale la paura sarà l'elemento base.
[Storia Interattiva]
Genere: Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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18.

Swan Song






Sam
Baita degli Williams – 6.50



È tempo di andare!” Queste parole passano per la mia mente come un lampo, a quel punto mi sposto dal mio nascondiglio lentamente cercando di evitare il sangue di Serena sparso ormai per il salotto, cammino quasi con le punte mentre la creatura si ciba dei resti della ragazza, evito di guardarla perché potrei vomitare, già il suono della carne lacerata è tetro e mi fa sudare freddo.
Supero i resti del tavolo e quindi mi avvicino sempre di più a James che sta davanti la porta del patio del salotto come se fosse un buttafuori.
Mi abbasso quando raggiungo il divano e lo fiancheggio; da questa posizione posso vedere Alex che lentamente cammina verso la cucina, abbiamo poco tempo.
« Vi sento... » è il freddo ruggito che la creatura sussurra quando il mio peso fa scricchiolare il legno, stringo la mascella e mi immobilizzo, se dovessi fare un brusco movimento probabilmente la creatura mi ucciderebbe.
Il mostro quindi decide di spostarsi verso di me ancora una volta e comincio a tremare perché potrebbe sentire l'odore del sangue che ho addosso; i suoi lunghi artigli si muovono lentamente per afferrarmi quando tutti noi sentiamo Alex.
« Hey figlio di puttana! » urla ad alta voce, la creatura si gira quindi verso il ragazzo e comincia a ringhiare e a spostarsi verso di lui, so che cosa è stato quello: il segnale che devo correre, scavalco quindi il divano e con passi pesanti e veloci raggiungo le scale del seminterrato dove Blair non è più presente in quanto la ragazza è già scesa.
I gradini fanno parecchio rumore mentre li scendo velocemente e infine riesco a raggiungere il piano inferiore sentendo un senso di sollievo, sposto i miei occhi per la stanza disordinata e piena di mobili ma riesco a scorgere la porta con Blair che giocherella col terminale numerato.
« Cazzo, Blair datti una mossa! » dico quando inserisce la prima versione del codice, il terminale si illumina di rosso ed emette un suono strozzato e quasi silenzioso.
« Non so in che ordine vanno le date, ci riprovo! » inserisce nuovamente le date di nascita di Nicole e Ben, stavolta mettendo quella della ragazza per prima. Al piano superiore sentiamo un tonfo e credo che il pavimento possa spaccarsi per la brutale forza che è stata usata.
Ci sono delle urla e dei suoni che non riesco a distinguere, in cuor mio ho paura per Alex, temo che possa morire; e se lo fosse già? Non so se potrei reggere il suo sacrificio; ogni mio pensiero viene però bloccato dall'apertura della porta, il terminale di fatti emette un suono più forte e si tinge di verde, sentiamo lo sblocco della porta e quella si apre.
Io e Blair ci troviamo sulla soglia dell'uscita, della nostra salvezza, entrambi la superiamo aspettando che qualcun altro scenda per quelle scale, dovrebbe esserci Nicole visto che lei era nascosta più vicina di me, ma per qualche ragione sta ancora restando là sopra e non capisco il perché della sua esitazione, stringo i pugni e mi guardo con Blair.
« Aspettiamo... » sussurra lei, non possiamo fare altro.



Nicole
Baita degli Williams – 6.50



Faccio segno a Blair così la ragazza capisce che deve scendere, dobbiamo aprire la porta così da liberare la nostra via d'uscita; la vedo scomparire al piano di sotto: uno di noi è già sceso almeno. Sento poi il sussurro della creatura e segue l'urlo di Alex che si trova a metà del corridoio che va verso la cucina, alzo appena la testa così da vedere Sam che scavalca il divano e si dirige verso la scale e le scende.
Quando la creatura si avvicina ad Alex quello resta fermo, prima che il mostro lo raggiunga però interviene James strappando una lampada da uno dei tavolini al proprio fianco e la tira contro la creatura che si distrae colpita con forza dall'oggetto volante, prima però di voltarsi verso colui che ha scagliato l'oggetto rivolge un'ultima occhiata ad Alex che con tutta la forza che ha lo scaglia via facendolo volare direttamente dentro la cucina, temo per lui visto il fracasso che ha fatto quando si è scontrato contro i mobili.
Adesso la creatura sembra unicamente interessata a James, il ragazzo però non è stato stupido e si è spostato: si trova davanti le finestre con le tende tirate e quindi la creatura si muove come una furia verso la porta trovandola però vuota, colpisce i mobili del salotto e distrugge tutto quello che si trova tra le mani, mi alzo appena dal punto in cui mi trovo e la creatura rivolge uno sguardo di odio nel punto in cui mi trovo io e ciò mi porta ad immobilizzarmi di botto.
Comincia a camminare lentamente verso di me e allo stesso modo mi sposto affiancando il camino mentre la creatura si fa sempre più vicina, passo davanti le fiamme roventi evitando persino di respirare, non che possa farlo visto come sento i miei polmoni stretti. La creatura urla ancora e si scaglia con forza contro la parete attrezzata che fiancheggia la parete fracassandola e mandandone i vetri in pezzi: è un bene che mi sia spostata da lì visto che rischiavo di morire, l'ultimo sforzo di Serena mi ha quindi salvata.
Ma la creatura è comunque troppo vicina a me e si volta ringhiandomi contro, si muove velocemente con gli artigli sguainati e getto un urlo quando vedo la sua mano cercare di affondare dentro di me, mi getto a terra mentre James riprende a distrarre la creatura urlando.
« Sono qui, stronzo. Combatti con un uomo! » nonostante io sia stesa a terra riesco comunque a vedere il coltello lanciato dal ragazzo che colpisce il mostro, quel colpo però non sembra neanche scalfirlo quindi la creatura è più forte che mai e arrabbiata visto che è stata stuzzicata due volte.
Distrugge il tavolino al centro dei divani mentre continuo a restare stesa per terra con le gambe tremanti per la paura, il mostro si spinge in avanti per raggiungere James e so che quello è il momento che devo sfruttare per scappare. Non perdo tempo a rimettermi in piedi e semplicemente striscio fino alle scale, a quel punto riesco a trovare l'appiglio della balaustra di legno e sgattaiolo fino al piano di sotto correndo sui gradini che scricchiolano sotto il mio peso, mi giro verso la porta e la trovo aperta osservando Sam e Blair che si trovano già sulla soglia, corro verso di loro mentre altri suoni di distruzione riempiono la stanza superiore.
« Che sta succedendo là sopra? » chiede Blair, sembra impaziente, so bene che è preoccupata per James e che vorrebbe aiutarlo, in cuor mio sono gelosa di quello che lei ha, eppure penso che stia bene con il ragazzo.
Forse è il momento di agitazione a farmelo pensare. « Alex e James stanno distraendo la creatura. » mi volto verso le scale sentendomi il cuore stringere, dobbiamo solo aspettare loro due e poi saremo tutti e cinque salvi.



Alex
Baita degli Williams – 6.55



Per pochi istanti sento solo aria intorno al mio corpo, poi arrivo a sbattere la schiena contro i mobili della cucina e sento la spinta verso il basso che mi costringe a cadere; alcune cose che si trovavano dentro gli sportelli mi cadono addosso ma riesco comunque a riprendermi dalla botta e sento il polso che mi brucia e pulsa come se stesse per esplodere. Mi mordo le labbra socchiudendo gli occhi!
Devo resistere a questo dolore...” se mi facessi prendere dal dolore probabilmente resterei fermo nel punto in cui mi trovo, però giocando a football è una cosa a cui sono abituato quindi mi rialzo senza problemi, la creatura non è più nel corridoio e questo significa che James è riuscito a distrarla, spero solo che non sia stato a costo della vita di qualcun altro. Mi avvicino subito al forno e giro tutte le manovelle per far uscire il gas, ben presto la cucina se ne riempirà e spero che arrivi in fretta a diffondersi per tutta la casa.
Per un breve istante prendo una boccata d'aria, poi mi ricordo del piano e quindi dobbiamo andare via dalla baita il più in fretta possibile. Lentamente ritorno nel corridoio sentendo l'urlo di Nicole e un sacco di rumore, posso vedere che la creatura ha quasi rischiato di colpirla e lei si è buttata a terra, James a quel punto tira il coltello alla creatura.
Quella non si fa deridere in questo modo da noi: il mostro distrugge il tavolino al centro dei divani e si fa strada verso James che continua a spostarsi mentre Nicole sfreccia velocemente verso il piano inferiore.
È il mio momento: esco dal mio nascondiglio prima che la creatura riesca a raggiungere James e strappo la lampada dal mobiletto al mio fianco, la tiro contro la creatura che non sembra distrarsi, James comincia a correre superando il sangue di Serena così da entrare nell'ingresso mentre il mostro sbatte contro le tende e crea altra distruzione.
Attraverso l'intero salotto così da trovarmi davanti alla porta di servizio, James fa il giro per trovarsi al fianco delle scale: se riesco ad attirare la furia della creatura addosso a me dovei anche riuscire a far scappare James visto che è il più vicino alle scale, sarà poi un'impresa la mia fuga...
« Sono qui, figlio di puttana! » la creatura, da che stava seguendo le tracce di James verso l'ingresso, si volta verso di me, faccio un cenno al ragazzo che si sposta verso le scale e comincia a scenderle, mi guardo a destra e sinistra per decidere cosa fare e improvviso visto che non ho più un piano da seguire: pianto il coltello nell'interruttore sulla parete e quello fa uno strano rumore, come se andasse in cortocircuito, sfrutto quella mossa per correre verso le finestre visto che non posso far avvicinare la creatura a James.
Ancora una volta però il mio piano funziona: la creatura viene distratta e si trova davanti la porta del patio colpendo un bersaglio che non c'è; evito di pestare il sangue di Serena perché rischierei di scivolarci e cadere, l'odore ferroso riempie presto il mio naso miscelato però a qualcosa di disgustoso come l'odore del gas che sta già entrando nel salotto. È perfetto! Però devo correre, cazzo.
Getto una rapida occhiata alle scale e vedo che James è ancora su di esse, come se stesse per aspettarmi, vedo le sue labbra muoversi e chiaramente mi sta dicendo: “Muoviti!”
Prendo quindi quella decisione: la creatura si volta nuovamente verso di me, chiaramente ha sentito i miei passi spostarsi prima ed è stato facile ritrovarmi; comincio quindi a correre senza fermarmi un istante mentre James scende la rampa di scale e mentre la creatura si getta in mezzo alla stanza cercando di afferrarmi, riesco a raggiungere James nella rampa di scale e sento che la creatura sbatte contro il camino, ci seguirà fino al seminterrato!
Ci troviamo entrambi al piano inferiore, la porta d'uscita è aperta e i nostri tre amici si trovano già oltre di essa, James per primo sfreccia in avanti per raggiungerli, io sono subito dietro di lui e sento la creatura sfondare il solaio per raggiungerci e per catturarci ma noi riusciamo a superarla; James per primo oltrepassa la porta mentre gli altri cominciano a correre via sotto le sue grida e si appoggia alla porta così da poterla chiudere in qualunque momento, infine anch'io supero la porta che viene chiusa alle mie spalle mentre la creatura vi sbatte contro.
Pochi secondi: non abbiamo molto tempo per allontanarci per il passaggio buio simile a quello che ho già visto quando ero con Sam dopo l'attacco dell'assassino, poi sentiamo l'esplosione e capiamo di essere finalmente salvi, di essere riusciti a sconfiggere la creatura. Le fiamme riempiono il corridoio alle nostre spalle ma si fermano prima di inghiottirci, ben presto raggiungiamo l'uscita, una luce in fondo al corridoio che ci porta nel limitare del bosco.
Tra gli alberi riesco a scorgere la luce del sole, è ancora debole ma pian piano aumenta di intensità, osservo i volti dei miei amici, siamo tutti stanchi e sporchi e nessuno osa parlare. Poi sentiamo un ronzare fastidioso e alziamo gli occhi osservando un elicottero che scende, la luce di un faro accecante puntato contro di noi.
« Procediamo col recupero dei ragazzi, state tranquilli. Presto sarete in salvo... » è una voce dall'altoparlante a rassicurarci, tutti noi ci guardiamo un ultima volta.
Nessuno di noi sorride; ci scambiamo sguardi fugaci come per farci forza ma quando incrocio lo sguardo di Sam abbasso automaticamente gli occhi, cerco un punto in cui appoggiarmi mentre l'elicottero procede con la discesa: resto seduto mentre Sam è al mio fianco, Blair e James si abbracciano stringendosi con forza e Nicole si mette in ginocchio piangendo, immagino si tratti di lacrime di gioia visto che questa notte non sembrava finire mai per noi.
Siamo ancora scossi da ciò che abbiamo passato, da chi abbiamo perso e da ciò che abbiamo rischiato, di tutti i pericoli e della morte che più volte abbiamo sfiorato, non lo dimenticherò mai, ma credo che nessuno di noi avrà mai modo di dimenticare quest'incubo.



Dipartimento di polizia di Seattle – 9.20 del mattino.

I corridoi della struttura erano silenziosi, alcuni poliziotti stavano radunati a protezione di una delle stanze dell'interrogatorio. L'ispettore David Garcia si avvicinò quindi alla porta provocando subito il silenzio dei colleghi che fecero un cenno, uno di loro stringeva una ciambella glassata tra le dita. « Se continui a mangiare quelle porcherie ti verrà il diabete. » disse l'ispettore.
Ignorò la risposta del poliziotto con la ciambella ed entrò nella stanza, si avvicinò quindi al banco e si sedette davanti al primo dei ragazzi che erano sopravvissuti agli eventi del Crow's Peak. La richiesta d'aiuto era stata chiara, più o meno, ma lui voleva capire esattamente cosa fosse successo.
« Samuel Collins, giusto? » chiese l'ispettore, il ragazzo alzò lo sguardo rivolgendo un cenno muto, cianotico in viso e con mezzo volto coperto da garze bagnate di sangue. « Allora che mi dici del tuo orecchio? Cos'è successo? »
Il ragazzo emise un sospiro, era stanco visto che aveva passato la notte completamente senza dormire. L'ispettore poteva capire il suo stato d'animo, ma doveva avere chiara la situazione. « C'è stata un'esplosione in segheria... sulla montagna; eravamo inseguiti dal guardiacaccia. Voleva ucciderci. Voleva usarci come mangiare per... » all'ultimo istante il ragazzo si zittì bruscamente, suscitò ancora più confusione e curiosità nell'ispettore. « Non mi crederebbe. »
« Prova a spiegarmelo allora. » disse lui insistendo.
Il ragazzo abbassò lo sguardo di traverso. Fece un leggero cenno con le labbra e l'ispettore capì subito che il ragazzo non avrebbe mai detto tutto quello che sapeva. « Sono stato colpito alla gamba dal guardiacaccia con un proiettile di un cazzo di fucile! Alex mi ha portato in salvo e siamo finiti in questo cazzo di hotel abbandonato... » fece una pausa, più lunga, nel quale i suoi occhi si persero nel ricordo di qualcosa. « C'era una creatura. Un mostro... ed è stato proprio lui ad inseguirci fino alla baita, per questo motivo abbiamo fatto saltare in aria quei due posti... per difenderci. »
L'ispettore Garcia non era un uomo di fede, anzi, era invaghito della scienza e di ogni meraviglia. Ma dal rapporto che era stato stilato era impossibile che quella creatura, prima uomo, fosse realmente esistita. E il ragazzo non sembrava neanche avere intenzione di mentire ora. « Ed è stato il mostro a ferirti all'orecchio? Chi vi ha aiutati a medicarlo? »
Ancora una volta il giovane fece una leggera smorfia con le labbra, una menzogna? Garcia stavolta fece attenzione, cercò altri sintomi della bugia. « L'esplosione nella segheria mi ha fatto perdere l'udito, ero troppo vicino alle fiamme... io e gli altri abbiamo sistemato come meglio potevamo l'orecchio e la ferita al collo di Blair. » uno scatto nervoso dell'occhio, la menzogna. L'ispettore sorrise.
« Che altro è successo? » era comunque curioso di saperlo, menzogna o no voleva vedere se la versione corrispondeva anche negli altri ragazzi, e quel ragazzo diceva alcune cose credendo che fossero vere come l'esistenza del mostro.
Samuel Collins alzò gli occhi per guardare la telecamera nell'angolo della stanza. « Lo abbiamo già detto. Vuole sapere cos'è successo? Lo legga nel rapporto! » disse aggressivamente ma senza muovere un muscolo del proprio corpo. « Ho imparato qualcosa da tutto questo... e vorrei non averlo fatto se il prezzo è stato il mio orecchio e metà del mio udito andato a farsi fottere! » Garcia annuì lentamente, si alzò dal proprio posto così da lasciare il ragazzo da solo con i suoi pensieri, era arrabbiato e confuso probabilmente. “L'aver realizzato di aver perso qualcosa deve averlo sconvolto, ma si riprenderà. Ha un carattere forte il ragazzino!” pensò l'ispettore Garcia chiudendosi la porta della stanza alle spalle.
Nella stanza successiva c'era un altro dei tre ragazzi sopravvissuti alla notte, l'ispettore aveva ricevuto il compito di occuparsi dei ragazzi mentre la sua collega avrebbe parlato con le ragazze; l'uomo quindi si spostò verso il prossimo a cui era stato richiesto di testimoniare.
James Adams stava seduto con un modo di fare piuttosto nervoso, forse ansia per qualcosa che aveva fatto; Garcia analizzò il battere del piede convulsivo del ragazzo che non sembrò distogliere lo sguardo dal poliziotto neanche per un istante: non nervosismo, ma paura di ricordare quello che aveva dovuto passare durante la notte.
« Allora... forse tu mi saprai dire chi è che vi ha aiutati, il tuo amichetto finocchio e la tua ragazza... non spararmi cazzate! » Garcia aveva un modo strano di approcciarsi alle persone, riusciva sempre a fare centro grazie alla sua abilità, avrebbe potuto fare teatro per come si adattava.
Solo silenzio fu però la risposta del ragazzo che guardò con sfida e coraggio l'ispettore. « Ci siamo aiutati da soli! » disse freddamente, Garcia notò subito il tono controllato e pacato che era stato usato dal giovane, era così ovvio quindi che stesse cercando di nascondere la verità mantenendosi calmo nonostante il tic nervoso alla gamba.
« Da soli? Mi hai preso per un coglione, ragazzino? » l'ispettore cercò nuovamente di far parlare il giovane, a quel punto qualcosa passò per gli occhi del ragazzo. Un barlume, un ricordo che però stava sfruttando in maniera diversa da com'era la verità. « Parla e non farmi perdere tempo. »
« C'era qualcuno nelle piscine. » disse improvvisamente, l'ispettore cercò di appellarsi al rapporto che aveva letto, nessuno aveva nominato le piscine e sembrava strano che il ragazzo ne parlasse, però colse la verità tra le sue parole. « Non so chi fosse, io e Nicole siamo scappati perché pensavamo fosse qualche poliziotto... » la sua mente viaggiò velocemente, Garcia poteva vedere l'impegno che il ragazzo stava mettendo nel cercare una risposta, ne vedeva anche la sincerità e stava per dire qualcosa di vero.
« Hai idea di chi fosse? Nei rapporti dell'Agente Hills e dell'Agente Holson non c'è nulla riguardo le ricerche nella piscina. Forse ti stai sbagliando ragazzo... » era vero, nessuno dei due aveva anche minimamente annotato qualcosa al riguardo da qualche parte, forse poteva essere il loro aiutante misterioso che tanto si ostinavano a nascondere.
« Penso fosse uno degli assassini. Erano in due, non escluderei che si trattasse di uno di loro, chissà da quanto tempo ci stavano già spiando... » stavolta la bugia era troppo visibile, neanche lui ci credeva sul serio.
« Mi hai preso per un idiota, ragazzo? Ho quarant'anni in più di te! Sono anche più intelligente. Ora dimmi chi vi ha aiutati! » stava alzando la voce così da metterlo sotto pressione quando il ragazzo scattò in piedi urlando a sua volta contro l'ispettore che ne fu chiaramente stupito.
« Nessuno! Ci siamo aiutati da soli, cazzo! »
Ancora una volta l'ispettore non aveva nulla tra le mani, colui che li aveva aiutati doveva essere ancora sulla montagna, era presto per dirlo visto che ancora dovevano controllare le reti dei bunker. Con muto silenzio, l'ispettore Garcia si alzò dal proprio posto per prendersi una pausa.


Dipartimento di polizia di Seattle – 9.35 del mattino.

L'agente Susan Little del dipartimento di criptografia quel giorno doveva essere in pausa, aveva programmato la vacanza con la famiglia da ben sei settimane, sarebbe dovuta essere in Europa con i propri figli e il marito, ma il dipartimento di polizia l'aveva chiamata con urgente bisogno, solitamente lei si occupava di codici, misteri e altri indizi celati da strani oggetti rinvenuti sulle scene dei crimini; quel giorno però le avevano affidato il compito di interrogare due ragazze, due sopravvissute ad una notte di terrore nel quale non si era ancora capito chi fosse il responsabile.
La donna quindi passò il corridoio illuminato con intermittenza dal neon, era ovvio che l'avessero mandata ad interrogare qualcuno nel settore più malandato della centrale. Quando entrò nella prima stanza vide subito una ragazza seduta sulla sedia, il viso piuttosto stanco e gli occhi arrossati, contornati da un leggero strato di trucco per nascondere le visibili occhiaie. L'agente Little si avvicinò quindi alla ragazza porgendole in avanti la scatola di fazzoletti.
« No, grazie. Ne ho già presi a sufficienza, non ci sono più lacrime che posso buttare... ho pianto abbastanza per questa notte... » spostò gli occhi verso la finestra, il sole era alto nel cielo, una giornata incredibilmente soleggiata nonostante l'inverno fosse ormai alle porte, un evento raro. « Anche se ormai posso dire per oggi. » concluse.
L'agente Little annuì. « Anch'io ho perso mio fratello da piccola. Lui però aveva solo un anno, io dieci. È stato un colpo per me, ogni giorno penso a cosa sarebbe stata la sua vita... » Nicole Williams era chiaramente in stato emotivo critico, era fragile e pronta a dire ogni cosa se fosse stato necessario. Little però aveva domande chiare.
« Che cos'è successo nel bunker? Dici che tu e una ragazza di nome Ingrid avete trovato degli indizi... » Nicole sospirò con fatica abbassando il viso, stringendosi le dita delle mani per trattenere il proprio stato di panico e ansia.
« Stavamo scappando dalla poliziotta, un'agente della FBI. Poi pensavo di aver trovato l'assassino che però è scappato... ho abbandonato Ingrid! » rispose la ragazza, a quel punto l'agente Little annuì più volte, osservò il breve rapporto che le era stato consegnato e lesse nella propria mente.
« Non abbiamo trovato tracce della vostra amica, stiamo ancora cercando ma è probabile che sia morta... » nessuna reazione da parte della ragazza, probabilmente non erano molto amiche, intuì l'agente di polizia. « Per quanto riguarda Maria... abbiamo trovato il suo corpo dilaniato da qualcosa; che cos'era? È importante che dica la verità! » era questo che nessuno nel dipartimento riusciva a capire, la ragazza alzò lo sguardo e fece un sorriso tetro.
« Abbiamo già detto cosa ci inseguiva. E se un agente come lei non riesce a capire che stiamo dicendo la verità allora si fotta! » disse la ragazza guardando dall'altra parte, osservando ancora una volta il sole, e ancora una volta i suoi occhi si tinsero di lacrime. L'agente Little si alzò.
« Non credo in Dio, ma mi piace pensare che mio fratello, come il tuo, o la tua migliore amica siano in un posto migliore adesso. » con quelle ultime parole se ne andò via dalla stanza uscendo ed entrando nella porta che si trovava davanti, era simile a quelle precedente.
Cambiava solo l'assenza della finestra e la ragazza che era seduta al centro della stanza oltre il tavolo, l'agente Little si avvicinò a Blair Evans, sconvolta in viso come se avesse scoperto una grande verità. Alzò gli occhi con pesantezza, chiaramente stanca da tutto quello che aveva passato.
L'agente Little pose la stessa domanda a lei. « Che cosa vi ha attaccati? E cos'è questa storia delle visioni... che cosa significa? Nominate anche un indiano che non è il massimo dell'attendibilità visti i precedenti negli anni settanta per uso di droghe pesanti e le accuse di spaccio! »
Con voce pesante, Blair schiuse le labbra e cominciò a rispondere alle domande che la poliziotta aveva posto. « Non so cosa fossero quelle visioni, so però quello che ho visto, che abbiamo tutti visto. Ma non riesco a crederci neanche io quindi è inutile che ne parli con lei... »
Mosse i suoi occhi azzurri altrove, abbassandoli nuovamente per poi trattenere un singhiozzo, strinse le labbra e l'agente rimase in silenzio mentre la ragazza compiva tutti questi movimenti con dolore nel cuore. « Dovevamo divertirci, doveva essere una serata diversa da solito: dovevo solo vedermi a casa con Sam per passare una serata con dei film... » una leggera pausa mentre i suoi occhi cercavano il contatto di quelli dell'altra donna.
« So che è difficile da accettare, avete perso amici e persone care... ed è inutile che vi dica che il dolore passerà. Non cesserà mai, imparerete però a convivere con tutto questo, con i giorni, forse mesi o anni... »
La ragazza continuò a stare col viso chinato in avanti, chiaramente addolorato da tutto quello che aveva dovuto passare, non doveva essere facile per qualcuno di così giovane; l'agente Little si rivedeva molto in quella giovane e poteva capire quello che quei ragazzi avevano passato, quanta paura li avrebbe per sempre segnati.
« Doveva essere una normalissima serata tra compagni di classe... » ripeté la giovane ragazza, non riusciva a piangere, si manteneva composta e scura in viso, l'apparente forza che mascherava la sua facciata forte.
« Se hai bisogno di qualcosa o di un aiuto psicologico... » l'agente Little cercò di parlare per consolarla, qualunque cosa avrebbe chiesto alla ragazza avrebbe ricevuto le stesse risposte che aveva già avuto, tutto ciò che avevano detto sul dossier era vero? Stentava a crederci.
« Sto bene! » disse freddamente. « Non volevo neanche venirci, Ben aveva convinto Sam e se lui poteva andarci allora avrei dovuto accompagnarlo per farlo felice. O anche solo per stargli vicino... e abbiamo rischiato di morire. »
La poliziotta non ebbe altre parole da aggiungere alla sofferenza della ragazza. Era semplicemente ingiusto che dei ragazzi quasi ventenni soffrissero e patissero quell'orrore. « E ora che Ben è morto... sembra quasi tutto così assurdo, spento. Privo di senso. » la poliziotta non poté continuare a stare l'ha dentro, non poteva fare nulla per alleviare quei dolori. Quando uscì dalla stanza vide un'agente del distretto interno avvicinarsi a lei con aria interrogativa.
« I due assassini sono stati identificati, credo che avessero un qualche animale feroce con loro, questo deve averli spaventati... » dubitava delle proprie parole, ma era l'unica spiegazione che i suoi superiori avrebbero accettato.


Dipartimento di polizia di Seattle – 9.50 del mattino.

L'ultimo ragazzo sopravvissuto a quella notte era un certo Alexander Gray, all'ispettore Garcia però non importava nulla se era il più popolare della scuola o qualunque altra cosa gli passasse nella testa, a lui interessava solo la verità su quello che era accaduto durante quelle dodici ore notturne.
Si avvicinò quindi al giovane che se ne stava con le gambe spalancate e la schiena poggiata su un bracciolo della sedia dell'interrogatorio, chiaramente era spavaldo e aveva già ben chiaro cosa dire a qualsiasi domanda gli sarebbe stata posta, perciò Garcia dovette cercare il modo di farlo parlare.
« Allora ragazzino? Cos'è successo stanotte? I tuoi amichetti mi hanno detto tutto. Penso però che sia assurdo che proprio lui vi abbia aiutati... » era una tattica, chiaramente l'ispettore non aveva idea di chi potesse averli aiutati e sperava di far cascare il giovane nel tranello.
« Non pensare di fottermi. Abbiamo già detto tutto quello che sappiamo e che è successo. Ed è tutto vero... sia il mostro, che le visioni, tutto quanto! » di certo Garcia non aveva modo di portarlo sotto scacco, stava per parlare nuovamente per cercare altre cose a cui aggrapparsi quando il suo cerca-persone suonò, gli diede una rapida occhiata e sbuffò.
« Va bene, ragazzino. Presto verranno le vostre famiglie a prendervi e vi rilasceremo... domani si torna a scuola! » disse sbuffando quella frase con freddezza, prima però che se ne andasse oltre la porta, il ragazzo aggiunse ancora poche parole rivolte al nulla, come se parlasse con se stesso.
« Non posso più pensare a ciò che farò domani, non dopo quello che è successo oggi. Posso solo vivere la giornata come meglio credo... » pochi istanti di pausa. « Anche se forse un progetto per il futuro penso di volerlo davvero... » Garcia ebbe come l'impressione che il ragazzo parlasse di una persona in particolare ma non capì di chi parlasse.
Così uscì dalla stanza per ritrovarsi con la collega.





 
Epilogo

August Lewis aveva lasciato il silenzio nelle bocche dei suoi studenti, loro lo guardavano ancora come se ci fosse dell'altro, ma tutto si concludeva con l'esplosione della villa.
Il professore si mise appena più comodo sul proprio posto, l'attimo seguente suonò la campanella, segnando quindi la fine dell'ora di lezione. L'uomo rivolse uno sguardo verso la porta della classe, guardò ancora una volta i suoi studenti: chi restava serio, chi invece piangeva segretamente, altri invece stavano semplicemente pensando a qualcosa, qualunque cosa avrebbe permesso loro di capire perché quattro giovani erano morti ingiustamente in una sola notte.
« Il mondo è pieno di ingiustizie, ragazzi miei. Ma la più grande è quella che l'uomo compie ogni istante, la scelta di fare del male solo per il proprio fine! » disse il professore con voce profonda, si alzò allora dalla propria sedia, girando per cancellare tutto ciò che aveva scritto alla lavagna.
Come una sorta di percorso di studio che adesso veniva cancellato, il professore lasciò gli studenti con sole parole nella loro mente, la verità che la polizia e i mass media non avevano voluto diffondere: non un mostro, non una favola, non visioni impossibili. Tutto ciò era accaduto veramente ed era suo compito illuminare le menti degli studenti.
Perché d'altronde lui stesso era là quando quella notte era cominciata. « Professore? » chiese uno degli studenti alzandosi e rincorrendo Lewis nel corridoio che già si riempiva di studenti che uscivano dalle loro classi per andare alla successiva lezione. « Davvero queste cose possono succedere? » chiese il giovane, Lewis guardò il ragazzo con assenza, annuì e poi si voltò ripensando a tutto il dolore che i suoi fratelli avevano arrecato, ancora più di prima era certo che la sua decisione di andare via di casa, da quella casa infernale e dai suoi fratelli fosse stata la scelta migliore.
Mentre Lewis camminava lentamente verso l'uscita della scuola, non poté non notare una ragazza in mezzo alla mischia che stava salutando alcuni dei professori; Lewis riconobbe subito la giovane anche se in due soli mesi dal suo diploma era cambiata; aveva i capelli corti fino alle spalle, i suoi occhi erano sempre grandi e azzurri e senza la divisa scolastica sembrava una bellissima donna, il suo viso era coperto da un leggero strato di trucco; una cosa in particolare però non era cambiata in lei: il solco della cicatrice che le percorreva il collo, il ricordo di un vecchio scontro.
August Lewis si avvicinò a Blair con un leggero sorriso, quando lei si accorse della presenza del professore fece un sorriso accennato e si congedò dagli altri. Il professore a quel punto fece un atto di puro affetto: strinse la ragazza tra le propria braccia e lei ricambiò. « È bello vederti. » disse lui.
« Volevo salutare la mia vecchia scuola, il mio passato visto che tra pochi giorni comincerò l'università... » disse Blair in risposta al saluto del vecchio professore.
« Hai poi scelto Harvard o Yale? » chiese lui scherzando un po' con lei; la ragazza sorrise appena socchiudendo gli occhi.
« Yale. » rispose, il professore quindi annuì soddisfatto della scelta che la ragazza aveva fatto. « Io e James ci trasferiremo lì, abbiamo trovato un piccolo appartamentino e possiamo starci insieme. » non era un mistero che i due giovani erano ormai fidanzati da parecchi mesi.
« E dimmi un po', come stanno Gray e Collins? » chiese il professore come se stesse parlando di figli che non vedeva da molto tempo ormai; Blair fece spallucce e alzo gli occhi.
« Sono... molto amici, direi. » era chiaro che le sue parole celavano molto riguardo quello che era l'attuale rapporto dei due, ma il professore non indagò oltre su di loro.
« E Williams? Ha deciso poi che strada prendere? » chiese; il viso di Blair si rabbuiò improvvisamente, poi abbassò gli occhi come se fosse imbarazzata dalla domanda.
« Ha deciso di andare a studiare a Londra; credo che da quando Ben sia morto non avesse voluto altro che andare via, e posso capirla visto che anch'io ogni notte ho gli incubi in cui rivedo Benny... » disse la ragazza, in un primo momento aveva un tono distaccato, ma verso la fine della frase divenne dolce e velato da una nota di dolore.
« Non voglio trattenerti oltre, piccola. Ti lascio salutare i tuoi amici... » a quel punto allungò la mano stringendo quella della ragazza, lui le sorrise e lei ricambiò all'inizio prima che il suo sguardo si perdesse nel vuoto, come se improvvisamente fosse assente. « Tutto bene? » chiese.
La ragazza rimase immobile, interdetta e confusa; erano tutte sensazioni che aveva già provato, che conosceva bene anche se era ormai molto tempo che non le provava. « Professore, lei è... » ma il professore la interruppe ancora una volta scuotendo il viso così da non farla parlare.
« Lascia perdere, Blair. L'importante è che voi stiate bene adesso... » disse con tono rassegnato e felice prima di lasciare definitivamente la struttura scolastica passando per il parcheggio così da ritrovare la sua automobile nera metallizzata col solo desiderio di andare a casa.
Quando tornò nel proprio appartamento nella periferia di Seattle, il professore si trovò solo in casa: erano le cinque del pomeriggio ormai e il sole era sul punto di calare sulla città; si trovò quindi nella cucina, cominciando a preparare la propria cena armeggiando con i fornelli, qualcosa però colse la sua attenzione e si trovò costretto a fermarsi; dei passi dietro di lui fece scricchiolare il pavimento, Lewis non batté ciglio: sapeva già che era collegato a ciò che era capitato a Blair quella mattina, e in cuor suo sperava che quella maledizione fosse finalmente finita.
Si spostò nel salotto accanto, lasciò la luce spenta e avvicinandosi al piano bar si versò da bere in un bicchiere, si spostò verso il tavolino che fiancheggiava la sua poltrona e introdusse un cd nello stereo facendo partire una composizione classica che risuonò nella stanza.
Poi prese la cordicella della lampada e la tirò per una luce soffusa.
« Sapevo che saresti venuto da me, John. Aspettavo la tua visita da molto tempo ormai, ma immagino di essere sempre stato pronto a questo momento... » disse il professore voltandosi verso l'ospite indesiderato che aveva in casa; dalle ombre di fatti uscì un uomo dalla carnagione scura.
« Spero ti sia mancato, fratellino! » disse l'uomo in nero alzando il braccio e rivelando una pistola, ne tolse la sicura e la puntò contro il professore, l'attimo seguente fece fuoco.
Poi ci fu il silenzio e un secondo sparo subito dopo, il tonfo di due corpi senza vita che cadevano a terra e la periferia di Seattle divenne di nuovo quieta, illuminata dalle sole luci dei lampioni e riempita dal lontano ed incessante rumore delle automobili che sfrecciavano per le strade.
  
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