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Autore: Atena_Laufeyson    17/02/2016    6 recensioni
Erano passati anni, troppi anni per essere contati, dall'affondamento del Titanic.
Sherlock però riviveva quella tragedia ogni notte, svegliandosi di colpo sudato e con le lacrime agli occhi
Era anziano ormai, aveva 89 anni e suo figlio ormai si era fatto una sua famiglia...
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Buonsera miei piccoli ricci! Eccomi tornata con un capitoletto speciale, sequel di "My heart will go on" Spero davvero che vi piaccia. Buona lettura!


I was waiting you

 
Erano passati anni, troppi anni per essere contati, dall’affondamento del Titanic.
Sherlock però riviveva quella tragedia ogni notte, svegliandosi di colpo sudato e con le lacrime agli occhi

Era anziano ormai, aveva 89 anni
I capelli un tempo nero corvo ora erano bianchi come la neve, gli occhi cerchiati da pesanti rughe e senza più la luce di un tempo

Il suo bimbo, che ormai bimbo non era più, si era sposato con Elisabeth, una donna che aveva conosciuto per caso mentre era al lavoro.
La amava moltissimo e Sherlock non poteva che essere felice per lui; era diventato anche nonno di un bellissimo bambino che John e la moglie avevano deciso di chiamare Jared, e che ora aveva 10 anni

Era tutto bellissimo, ma era solo

Da quando John si era trasferito con la moglie Sherlock si era rintanato in casa, rifiutandosi di uscire, anche perché ormai l’età non gli permetteva di camminare tanto
Prima c’era John che veniva con lui e lo sorreggeva nei momenti di debolezza, ma ora era solo

Il figlio lo andava a trovare ogni tanto, ma erano incontri che duravano un paio d’ore

Non c’era più nessuno a stargli accanto la notte, quando gli incubi gli impedivano di dormire e quando le crisi di pianto lo sorprendevano all’improvviso

Era solo

Una mattina d’inverno si svegliò tranquillo, per la prima volta aveva dormito senza incubi

Si mise a fatica a sedere sul letto, quando un dolore al braccio destro lo sorprese
Rimase per qualche secondo ancora seduto con lo sguardo perso nel vuoto, poi quando il dolore cessò, prese il suo bastone e si tirò in piedi trascinandosi in cucina

Mise l’acqua a bollire per farsi il tea e si tirò fuori dalla dispensa una scatola di biscotti

Afferrò la scatola, ma poi un forte dolore al petto lo fece piegare su se stesso, facendo finire tutti i biscotti a terra
Sherlock si appoggiò al ripiano della cucina per non cadere a terra, intanto che cercava di regolarizzare il respiro dopo che il dolore fu passato

Stava arrivando il momento, il suo

Non aveva mai pensato a cosa volesse fare nel suo ultimo giorno sulla Terra, ma non gli ci volle molto prima di capire che cosa voleva fare

Andò in salotto, prese il telefono e chiamò il figlio

Papà! Tutto bene?” Chiese John insospettito dalla chiamata del padre, di solito non si faceva sentire, doveva sempre chiamare lui

“Va tutto bene John, tranquillo” Mentì Sherlock “Volevo solo chiederti se stasera ti andava di venire a cenare qui insieme a Elisabeth e Jared”

In quel momento dall’altra parte del telefono si sentì un chiacchiericcio, John stava chiedendo alla moglie se avevano impegni per la sera, poi tornò a rivolgersi al padre

“Ci saremo!” Affermò felice

Sherlock allora ringraziò e chiuse la chiamata

Poi si sedette sulla sua poltrona davanti al camino e si mise a leggere un libro

Anni fa avrebbe suonato il suo amato violino, ma ormai le mani erano troppo tremanti per permettere di formare quel suono limpido che componeva un tempo
Lesse per tutta la mattina, poi nel pomeriggio uscì a vedere la città un ultima volta.

Avrebbe tanto voluto vedere la sua Londra, che in fondo gli mancava, ma ormai non c’era più tempo

Camminò fino a un parco dove si sedette su una panchina a riposare, intanto che un altro dolore al braccio destro lo sorprendeva
Fece però finta di niente e rimase seduto tranquillo
Fissò nella sua mente ogni suono, ogni profumo e ogni sensazione che provava, anche solo stando fermo in quel punto, voleva ricordarsi tutto, doveva ricordarsi tutto

Sherlock si avviò verso casa solo quando il sole cominciò a tramontare

Arrivò e preparò la tovaglia in modo semplice, poi attese il figlio che arrivò poco dopo con Jared ed Elisabeth, che portava con se un grande piatto con un arrosto preparato da lei.

La cena passò serenamente, risero e si raccontarono del più e del meno mentre Jared ogni tanto si alzava per andare in braccio al nonno

“Papà mi sembri strano” Disse poi John una volta che Elisabeth sparì in cucina a ripulire i piatti e Jared la seguì

“Sto bene” Affermò deciso Sherlock

“Non mentire”

Sherlock sbuffò di fronte alla cocciutaggine del figlio “Tale e quale a Watson sei”

“Non a caso mi chiamo come lui” Ribattè con un sorriso “Ora dimmi che succede”

L’ex violinista optò per dirgli una mezza verità “Ormai sono anziano John, sono invecchiato molto e tu lo sai, e sai anche che non rimarrò qui ancora per molto. Il poco che mi rimane voglio passarlo con chi amo”

A quel puntò John aveva capito che il tempo che gli rimaneva era davvero poco, più poco di quanto il padre affermava, si gettò tra le sua braccia come faceva da bambino quando qualcosa lo preoccupava

“Papà no” sussurrò tremando

“Va tutto bene John, io sono tranquillo. E sarò più sereno se saprò che lo sarai anche tu. Puoi fare questo per me?” John annuì cercando di non piangere, poi arrivarono di nuovo la moglie e Jared e da li decise di fare finta di nulla

Rimasero tutta sera in salotto a parlare
John ed Elisabeth raccontarono a Sherlock dei loro progetti futuri e della vacanza che volevano fare a Londra la prossima estate

“Ci farebbe molto piacere che tu venissi con noi” Disse Elisabeth sorridendo raggiante

Il volto di John si incupì di colpo, abbassò lo sguardo per non farsi vedere

Sherlock invece ricambiò il sorriso della donna “Se per voi non ci sono problemi, accetto” Rispose

“Quindi il nonno viene con noi?” Chiese Jared al padre tirandogli leggermente la giacca per attirare la sua attenzione

Sì, verrà con noi” Rispose con gli occhi lucidi, ma sorridendo per non far insospettire il piccolo, che gioioso della notizia si tuffò tra le braccia del nonno

Rimase lì finchè non si addormentò, era quasi mezzanotte

“Forse è ora di andare. Porto Jared in macchina” Disse Elisabeth prendendo il bimbo

Sherlock gli accarezzò dolcemente il volto per poi lasciarlo alla madre, che si diresse all’uscita

Ora rimaneva solo John

“E’ ora che tu vada” Disse Sherlock al figlio che ancora non si era alzato dalla sua poltrona

Fissava il pavimento senza alzare lo sguardo, stava piangendo

“Non voglio andarmene, voglio restare qui con te” Sussurrò per evitare che emergessero i singhiozzi

“John ascoltami” Iniziò il padre alzandosi a fatica in piedi “Se tu ora resterai qui cosa dirai alla tua famiglia? Non voglio farla preoccupare. Vi ho invitati qui per passare la mia ultima serata con chi amo e a me basta così”

Il figlio si alzò a andò ad abbracciare il padre, senza dire nulla, non c’era bisogno di parole
Non sarebbe mai riuscito a convincere Sherlock a cambiare idea

Si tennero per mano fino all’uscita, poi si diedero un ultimo abbraccio e John uscì di casa asciugandosi le lacrime
Sherlock guardò la macchina andare via, poi richiuse la porta e andò nella sua stanza

Indossò il pigiama e poggiò il bastone al muro come tutti i giorni, poi si coricò coprendosi con il piumone
Guardò la sua stanza per l’ultima volta, proiettò nella sua mente il volto di John, Elisabeth e Jared, ripensò a tutti i momenti con loro: John il primo giorno di scuola, il giorno del diploma, il matrimonio, la nascita di Jared...

Poi chiuse gli occhi...

Si sentì leggero, quasi come una piuma
Aprì gli occhi e si ritrovò nel grande salone del Titanic, era deserto

Si guardò in uno degli specchi disposti intorno alla sala: Era tornato lo Sherlock di quei tempi
Capelli ricci color corvo e occhi accesi color ghiaccio

“Ti stavo aspettando” Disse una voce alle sue spalle, una voce che conosceva benissimo

Si voltò sorridendo, con gli occhi lucidi
Era lì, John Watson, il suo John

“Ti ho fatto aspettare molto” Fece notare Sherlock ridendo

“Ne è valsa la pena” Sussurrò il moro tirandolo a se per baciarlo

Sherlock ricambiò il bacio, accarezzandogli la schiena

Ballarono poi in quel salone, una musica che suonava solo per loro

Una danza lenta, tranquilla
Ballarono scambiandosi baci di tanto in tanto e tenendosi stretti

Poi uscirono da salone per ammirare le stelle che si riflettevano sull’oceano
Si sedettero su una panchina tenendosi per mano

Sherlock appoggiò la testa alla spalla di John

"Ho tante cose da raccontarti" Proseguì Sherlock, ricordando tutti i volti e le sensazioni provate che si era impresso in mente

"Abbiamo tutto il tempo che vogliamo, con calma" Lo interruppe John poggiandogli un dito sulle labbra per poi baciarlo, passando le mani tra i capelli corvini


“Promettimi che questa volta non finirà” Sussurrò poi

“Lo prometto”

E rimasero lì, in quell’attimo perfetto della loro eternità...
   
 
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