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Autore: theuncommonreader    18/02/2016    2 recensioni
|Nuova introduzione | Zeus/Persefone; Ade/Persefone|
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Prima della regina degli Inferi, prima di Persefone, c'è Kore, la giovane incarnazione della primavera. Per un Immortale le stagioni scorrono in un ciclo senza fine, ma l'esistenza della figlia di Demetra ha preso a girare impazzita: la vita ritirata che ha condotto in Trinacria non l'ha preparata ad affrontare se stessa e la sua stirpe, e ora un segreto più grande di lei le grava sulla coscienza: un segreto che, privata della sua confidente, deve tenere per sé; che sua madre è disposta a tutto per scoprire; che suo padre non desidera altro che celare.
A tutti è richiesto un sacrificio - ad alcuni più di altri. Ma la bilancia del Fato non tiene conto di Odio e Amore, solo di Necessità, e quando servirà uno sposo, poco importa che si tratti di chi le ha portato via la sua Leuce e che il suo sia un regno remoto e inaccessibile: il Caso non esiste e Kore è fiduciosa di avere una meta. Scoprirà, però, che quando ci si crede arrivati, spesso bisogna ancora partire.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ade, Demetra, Persefone, Zeus
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate, Triangolo
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Parte II  - Terremoto

 

 

 

IX.

La

Fanciulla

impossibile

in cima al vulcano

 

 

L’irrequietezza delle bestie è palpabile quanto lo zolfo che appesantisce l’aria e penetra nelle froge allargate sui lunghi musi neri, lucidi di sudore.

Con la mano libera, Ade passa il palmo lungo un collo possente, sulla corta criniera dal pelo setoso e ritto per l’agitazione; per l’ennesima volta controlla che le redini d’oro siano saldamente assicurate al ramo di un giovane leccio – poi, si calca bene l’elmo sul capo, celando al disotto il viso incupito da un cipiglio che gli scava la fronte.

La kuné [1] lo scherma da sguardi indiscreti, ma nulla può contro lo spiacevole calore che si insinua sotto il chitone – il pesante soffio della fornace di Efesto [2] che ammorba quella prigione a cielo aperto ribollente di odio.

Non varca volentieri i confini del suo regno, Ade.

La sua mente è silente mentre prende a inerpicarsi su per la schiena inarcata del vecchio nemico – sotto i calzari, l’erba si fa sempre più rada e spinosa, la terra scura, sabbiosa; nuvole impalpabili si alzano a ogni passo, e la polvere si aggrappa ostinata alla pelle nuda.

Il brontolio come di uno stomaco di enormi proporzioni romba nella quiete innaturale, più simile alle sterminate Pianure [3] che al caotico reame che i suoi fratelli si dividono di malavoglia, scambiandosi sorrisi da lupi che nel ghigno mostrano i denti.

Sciocchi bisticci di cui non si cura. Mentre sale, conficcando il bastone d’oro coronato d’uccello [4] nel terreno sdrucciolevole per far perno, la vista della desolazione circostante gli si insinua tra le palpebre socchiuse.

Il profilo aguzzo della gabbia di Tifeo si staglia contro il volto troppo azzurro del padre di suo padre; il bastone si impiglia negli aculei dello spinosanto; il nero della sabbia ne è macchiato come certune anime che si presentano a lui coi segni della pestilenza sui visi incavati dalla fame.

Dall’alto, il respiro mefitico del titano incombe su di lui; gli ricorda quell’aria pesante che si accumulava nelle viscere di suo padre, quasi solida e nauseabonda; il pensiero gli solletica lo stomaco, e antica bile gli risale in gola.

Stringe i denti, distrattamente, ma prosegue imperterrito.

Il fumo lo soffoca, si insinua nelle fessure della kuné; gli occhi pizzicano lievi ma Ade non vi bada.

Un piede dopo l’altro.

 

Sotto le suole dei calzari, il terreno si fa incandescente.

Lo sente consumare il cuoio, venire a contatto con la carne. Ritto immobile, lo scettro piantato accanto a sé, Ade guarda in basso. Con gli occhi segue la crepa frastagliata che spacca in due la terra.

Si china, una goccia di sudore che rotola dalla fronte sino alla punta del naso. Cade verso il basso, inghiottita nel crepaccio. La ruga si fa più profonda, scava un solco d’aratro sulla pelle pallida.

La preoccupazione dello Psicopompo non è dunque tanto infondata. Si posa sulle ginocchia.

Neppure stringendo gli occhi gli riesce di arrivare alle profondità della terra con lo sguardo – scorgere uno scorcio di casa da quel regno estraneo, o un tentacolo di Tifeo, una testa di drago che strisci sotto la superficie in cerca di una via di fuga; le Anime, tuttavia, sono creature leggere, più del soffio dei venti – e i Mortali hanno il cervello aguzzo, se si tratta di creare scompiglio nell’Ordine, da morti o da vivi.

I palmi bruciano lentamente e attorno a lui vapori si levano al cielo. Sopra di lui, l’occhio implacabile di Helios gli frusta la schiena. Gli manca il respiro.

Ade allarga le narici come le froge del suoi cavalli, ispirando l’odore pesante – e allora, qualcosa lo disturba.

Leva il capo, lentamente.

Annusa ancora, come Cerbero a caccia.

Una fragranza diversa.

Dolcissima.

Nauseante e familiare.

Stringe gli occhi e cerca, il bastone che si sdraia a terra vicino a lui.

Nel petto si muove qualcosa – nella gabbia delle costole, dove credeva che tutto fosse ormai muto.

 

Il pericolo è dietro di lui – accanto.  

Il primo istinto è quello di voltarsi si scatto – dimentico della kuné, invisibile scudo. Una figura gli si ferma al fianco, si china vicino a lui e guarda in basso, imitando il percorso del proprio stesso sguardo, pochi attimi prima.

Immobile, l’Invisibile [5] la osserva. Osserva la carne macchiata di scuro, i capelli pallidi come luce di Emera sulla soglia di Erebo. Sul viso tondo, gli occhi sono dischi incolori attorno alla nera pupilla – e conosciuti, pure se mai ha incontrato quella fanciulla prima d'ora.

Gli è così accostata che riesce a vedere l’aria greve insinuarlesi tra le labbra dischiuse, nelle narici tese. Quando si volta verso di lui, gli pare che lo fissi, conficcandogli addosso quegli occhi temporaleschi.

« Ti sento. »

Il rombo del ventre di Tifeo assorda, ma le sue parole gli arrivano senza sforzo alcuno.

« Cosa sei? », domanda la Fanciulla impossibile in cima al vulcano.

 

 

NOTE:

 

[1]: L’elmo di Ade che gli permetteva di diventare invisibile una volta indossato.

[2]: Si diceva che Efesto abitasse sotto l’Etna, che gli fungeva da fornace.

[3]: Le vaste Pianure di Asfodeli, dove dimoravano le anime mediocri.

[4]: Lo scettro che permetteva ad Ade di accedere nell’Erebo.

[5]: Attributo di Ade.

   
 
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