Titolo:
Do
you remember that?[Everything has changed]
Autrice:
Nemo
From Mars
Avvertenze:
One-shot,
Song fic
Genere:
Introspettivo,
Malinconico, Romantico
Pairing:
Josh/Hayley;
accenni Jeremy/Sarah,
Zac/Emily,
Hayley/Chad
Rating:
Verde
Disclaimer:
Non
conosco i Paramore, non voglio offendere né insinuare nulla
sulla loro vita privata, non ci lucro e blabla.
Note
iniziali: La
storia non ha un’ambientazione temporale precisa, ma faccio
riferimento alle notizie e ai gossip del 2007/2008. Josh e Hayley sono stati insieme per tre anni e si sono lasciati a fine 2007: lei si
è messa con Chad Gilbert,
chitarrista dei New Found Glory, lui
con una certa Tabitha (e un anno
dopo si è fidanzato ufficialmente con la sua attuale moglie
Jenna, ma lasciamo stare XD). Anche Jeremy e la sua storica fidanzata Sarah si sono
mollati, mentre Zac
si è messo con una ragazza di nome Emily.
Importante:
Viene menzionato un
anello
che Hayley usava indossare sempre, fino al 2007 circa. Su di esso
è incisa la scritta “be true”,
“sii vera”. Qui
la foto. Ho fantasticato sul
fatto dell’anello, dando per buona la voce (letta su un
fanforum americano) secondo la quale Hayley lo ha ricevuto in regalo da
sua nonna.
Si cita anche Nate, il maggiore dei fratelli Farro.
*A me stessa,
a voi, che non lo sapete.
E a Cesena, la mia
città.*
***
DO YOU REMEMBER THAT? [EVERYTHING HAS CHANGED]
And
when we get home, I know we won't be home at all
This place we live, it is not where we belong
And I miss who we were in the town that we could call our own
Going back to get away after everything has changed
E
quando torneremo a casa, so che non saremo a casa affatto
Questo posto in cui viviamo, non è quello a cui apparteniamo
E mi manca chi eravamo nella città che noi chiamavamo nostra
Tornando indietro per fuggire dopo che tutto è cambiato
Franklin.
Ogni volta tornarci mi dà una sensazione così
strana, confusa e intensa, che è difficile capirne tutte le
sfumature.
Nostalgia, affetto, rimpianto, orgoglio, amore.
Tutto.
Questa città ha visto nascere me, Zac e Jeremy. Ha accolto
Hayley come figlia adottiva e ci ha uniti nella famiglia che ora siamo:
i Paramore.
Could
you remind me of a time when we were so alive?
(Everything has changed)
Do you remember that? Do you remember that?
(Everything has changed)
Could you help me push aside all that I have left behind?
(Everything has changed)
Do you remember that? Do
you remember that?
Puoi
ricordarmi del tempo in cui noi eravamo così vivi?
(Tutto è cambiato)
Te lo ricordi? Te lo ricordi?
(Tutto è cambiato)
Puoi aiutarmi a mettere da parte tutto quel che ho lasciato indietro?
(tutto è cambiato)
Te lo ricordi? Te lo ricordi?
Ogni
volta è sempre più difficile tornare qui, nel
nostro nido, affrontare il passato e rendersi conto di quanto siamo
cambiati.
E come fosse un rito, io e i compagni lasciamo il tour bus e da soli
scegliamo ognuno una strada diversa. Ognuno visita i luoghi che
preferisce, nell’ordine che vuole, e di sera, solo allora, ci
troviamo a casa Farro, tutti insieme per festeggiare il nostro ritorno.
Ma prima vaghiamo in una necessaria solitudine, come in cerca di un
pezzo di noi, qualcosa che sia rimasto a ricordarci chi eravamo.
E’ pieno autunno e il vento freddo mi ferisce il viso:
sarebbe stato bello visitare Franklin d’estate, ma eravamo in
tour, in giro per l’America.
Comunque la mia città rimane sempre bellissima, in qualsiasi
stagione. Nonostante abbia girato tantissimo, questo è
l’unico posto dove vorrei vivere per sempre.
Faccio
un timido cenno con la mano alla vecchia commessa
del negozio dove io e mio fratello ci fermavamo sempre a
comprare chewingum.
Lei mi rivolge uno sguardo perplesso senza rispondere al saluto, si
volta scuotendo la testa e torna in casa.
Non mi riconosce.
Non è la prima volta che succede, anche con le persone che
mi hanno visto crescere.
Sospiro e continuo a passeggiare per le strade semideserte.
Sul vetro di negozio vedo riflettessa la mia immagine: un ragazzo dal
fisico asciutto, i capelli corti scompigliati dal gel, occhi scuri e
acquosi, piercing al labbro, barba leggera, che indossa un paio di
jeans strettissimi e un giubbotto di pelle nero. Ha un’ aria
sicura di sé, questo tipo. Niente a che vedere col Josh di
quasi cinque anni prima: impacciato, timido ragazzino allampanato,
vestito sempre degli abiti smessi e sformati del fratello maggiore.
Odiavo portare le magliette e i jeans usati di Nate, ma non potevo
biasimare la mamma che, con cinque figli, all’epoca doveva
fare economia.
Noto solo in questo momento davanti a quale negozio mi sono fermato.
E’ dove ho comprato la mia prima chitarra. Non avevo i soldi
per comprare quella che volevo io e feci un sacco di fatica per
raggranellare abbastanza, risparmiando sulle merendine, sui fumetti e
su altre cose a cui potevo rinunciare.
In vetrina sono in esposizione alcune chitarre costose e firmate. Ora
potrei permettermele anche tutte, tranquillamente. Mi salta agli occhi
una Les Paul mogano,quella con cui ho registrato le canzoni di
“All we
know”. Bei tempi,
quelli…
So
we stand here now and no one knows us at all
I won't get used to this
I won't get used to being gone
And going back won't feel the same if we aren't staying
Going back to get away after everything has changed
Così
noi siamo qui ora, e nessuno ci conosce affatto
Non mi abituerò a questo
Non mi abituerò ad essermene andato
E tornare indietro non sarà lo stesso se noi non ci staremo
Tornando indietro per fuggire dopo che tutto è cambiato
Il
locale che ha accolto le prime esibizioni dei Paramore ha chiuso i
battenti.
Incredibile come quei giorni sembrino appartenere a una vita passata,
ma non potrò mai dimenticare la nostra prima serata: eravamo
tutti talmente nervosi che non riuscivamo a stare fermi.
Could
you remind me of a time when we were so alive?
(Everything has changed)
Do you remember that? Do you remember that?
(Everything has changed)
Could you help me push aside all that I have left behind?
(Everything has changed)
Do you remember that? Do
you remember that?
Puoi
ricordarmi del tempo in cui noi eravamo così vivi?
(Tutto è cambiato)
Te lo ricordi? Te lo ricordi?
(Tutto è cambiato)
Puoi aiutarmi a mettere da parte tutto quel che ho lasciato indietro?
(tutto è cambiato)
Te lo ricordi? Te lo ricordi?
Joshua leggeva febbrilmente la scaletta: aveva un inspiegabile terrore di dimenticare qualche brano durante lo show. Jeremy saltellava da una parte all’altra della stanza, facendo strani esercizi di stretching, probabilmente inutili. Zac tamburellava le bacchette sul muro, borbottando qualcosa di comprensibile solo a lui, a intervalli regolari. Hayley si passava di continuo le mani tra i capelli arancioni, arruffandoli sempre di più, e non faceva che ripetere che tutto sarebbe andato bene.
Era il momento: stavano per salire sul palco.
Prima
di uscire dal camerino si strinsero in un abbraccio intenso, poi
andarono. E dimenticarono ogni paura: erano nel loro habitat naturale.
Zac battè il tempo e un attimo dopo le note di “Emergency”
scoppiarono nella piccola e
afosa sala del locale.
“I
think we have an emergency
If you thought I’d leave then you were wrong,
‘cause I won’t stop holding
on…”
Il sudore rigava la fronte di Josh già dopo pochi minuti e il ragazzo si sentiva sfinito: troppe emozioni gli scorrevano in corpo. Ma la grinta dei compagni, la loro stessa musica e l’entusiasmo degli amici e delle persone che lo sostenevano da sotto il palco gli davano nuova forza.
Indescrivibile
il sollievo, alla fine, mentre stanchi e sudati, i ragazzi si
abbracciavano, saltavano e ridevano come bambini.
Era solo l’inizio.
Il loro inizio.
Un senso crescente di ansia mi avvolge da qualche parte
all’altezza dello sterno. Vorrei fermarmi, vorrei sedermi e
respirare perché mi sento come se mi mancasse il fiato. Non
mi sento più io ogni volta che guardo indietro, nel mio
passato.
Ma i miei piedi, che calzano scarpe firmate, nuove e costose,
continuano a percorrere con sicurezza le vie in cui io e gli eravamo
soliti scorrazzare tutto il giorno. Ricordo con improvvisa nitidezza le
Converse consunte che portavo a quei tempi, e il calore che sentivo
sotto le suole, d’estate, quando il sole faceva bruciare
l’asfalto e io e Zac correvamo per non far tardi alle prove
con la band.
“Ehi,
Farros! Puntuali come al solito, uh?” li apostrofò
Jeremy con la sua voce nasale.
Hayley ridacchiò nel microfono, Josh le fece una linguaccia.
“Scusate” si giustificò, mentre
collegava il jack alla chitarra, “ma papà ha fatto
un po’ di storie, prima di lasciarci
uscire…”
“Solite robe, io e Josh ci siamo beccati
l’insufficenza in matematica…”
rincarò Zac imbronciato, sedendosi alla batteria.
E a quel punto ognuno era al proprio posto, con i propri strumenti, ed
era pronto per iniziare, dimentico di ogni altro problema.
A chi importava della scuola, dei compiti e della pagella, quando una
passione più forte di tutto il resto, prepotente ed
egocentrica, premeva con violenza nei loro cuori, gridando per uscire?
“Alright,
so you think you’re ready?
Ok, then you say this with me
Go!
We
were born for this”
***
Giungo
nel luogo che desideravo visitare fin dall’inizio: il piccolo
parco di Franklin.
Qui c’è tutto di me, di Hayley, Zac e Jeremy.
D noi.
Prima che ci accadesse tutto questo e diventassimo famosi, ci
ritrovavamo qui a suonare e cantare, a volte solo con una chitarra.
Stesi sull’erba, sognavamo di diventare luminosi come il sole
impertinente che ci picchiava sulla testa.
Il sogno è diventato realtà: siamo giovani stelle
della musica, ma quanti sacrifici ci è costato? Quanto siamo
cambiati in questi pochi anni?
Con un ennesimo sospiro lancio un’occhiata malinconica al
chiosco dei gelati in fondo al parco.
“Ehi,
Josh!” Zac correva verso di lui, trafelato.
“Scusa se ci ho messo tant…Oooh!”
Il ragazzino inciampò sui propri piedi e…
“Attento!”
Splat.
Addio gelati appena comprati.
“Oh, no!” esclamò Zac corruciato,
mordendosi il labbro inferiore e fissando l’enorme macchia di
cioccolato spiaccicata sulla sua maglietta bianca. Josh
sospirò: era la centesima volta che vedeva il fratello
ridursi così, correndo con due coni da tre gusti stretti in
entrambe le mani.
Non serviva a niente raccomandarsi di fare attenzione,
perché Zac era incredibilmente maldestro il più
delle volte: non tanto per la sua mole un po’ tarchiata,
rifletteva Josh, quanto proprio per un fatto di coordinazione. Bizzarro
a dirsi, ma gli unici momenti in cui era perfettamente aggraziato e le
sue mani e i suoi piedi si muovevano in sincronia perfetta, senza
errori, era quando si esercitava alla batteria.
Si avvicinò al fratello con un fazzoletto bagnato
d’acqua per cercare di pulirlo alla bell’e meglio,
pur sapendo che sarebbe stato del tutto inutile: Zac si sarebbe beccato
come al solito una sgridata spaccatimpani dalla mamma.
Mi
siedo su un’altalena corrosa dalla ruggine e fisso il prato
secco e spoglio sotto i miei piedi. Un tempo era verde e folto, era
bello sentirne la freschezza sui palmi delle mani quando affondavo le
dita tra i fili d’erba, ne strappavo a manciate e, di
nascosto, li buttavo sopra i capelli rossi di Hayley.
Uno scherzo così sciocco e infantile.
Ma lei se ne accorgeva sempre troppo tardi, sbottava che ero un
idiota…però poi sorrideva. Adoravo vederla
sorridere, lo adoro tutt’ora.
E’ come se riesca a illuminare tutti quelli che gli stanno
intorno, con la sua luce.
E non importa se non sta parlando con te o non ti guarda: ti senti
stupidamente felice e ti chiedi perché mai dovresti
preoccuparti di altro, quando Hayley sta sorridendo.
“You
got it, you got it
Some kind of magic
Hypnotic, hypnotic
You're leaving me breathless”
Jeremy
e Josh erano seduti sullo scricchiolante scivolo del parco: uno di
diciotto e l’altro di sedici anni, avevano senza dubbio
passato l’età per quei giochi, ma stare
lassù appollaiati in attesa di Zac e Hayley aveva un effetto
rilassante per entrambi.
“Josh?”
“Uh?”
“Senti…che
penseresti se una…insomma…una ragazza,
sì, molto carina ti invitasse a uscire con lei?”
Josh alzò gli occhi dalla rivista di musica che stava
sfogliando e fissò il bassista con espressione incredula:
che razza di domanda era? Da Jeremy poi, che in fatto di ragazze non
aveva certo bisogno di consigli da un timido imbranato come lui.No, ma
comunque, che diavolo significava? Era una domanda totalmente idiota
per principio, e infatti
glielo disse.
“E’
proprio una domanda idiota. Penserei che è interessata a me,
no?”
Jeremy fece una smorfia, ma non sembrava offeso, quanto più
assorto. Era da un po’ che il compagno gli sembrava strano:
bè, Jeremy era sempre stato strano, ok. Ma in quegli ultimi
mesi lo era più del solito, ecco.
Aveva perennemente la testa tra le nuvole, si dimenticava le cose e
dopo le prove con la band spariva sempre chissà dove.
“Interessata…”
mugugnò Jeremy mordicchiandosi le unghie.
“Hai
un appuntamento con una?” si informò
distrattamente Josh.
Jeremy aveva un’espressione indecifrabile.
“Non
lo so…”
“Fammi
indovinare, un’altra groupie con cui sei andato a
letto...”
“No!” esclamò subito Jeremy, piccato.
“Ah
no?”
“No,
infatti. Lei è…oh, è così
stupido da dire…ma non è una semplice groupie,
lei è…”
“Bah…”
Josh fece una smorfia annoiata e tornò al suo giornale: era
sempre la solita solfa che l’amico tirava fuori ad ogni
conquista. Per i primi giorni non faceva che ripetere quanto la ragazza
in questione fosse perfetta e speciale. Poi si stancava di lei per un
nonnulla e la scaricava alla prima occasione con una scusa scema.
Josh non aveva troppa esperienza in merito e non pensava di sapere
molte cose in fatto di relazioni, ma non ne aveva bisogno per capire
che Jeremy si comportava in modo decisamente immaturo per la sua
età.
Si chiedeva spesso cosa ci trovasse di bello l’amico nel fare
così.
Josh avrebbe voluto le attenzioni di una
sola persona in particolare…Anche
se non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura.
Dopo un po’ di silenzio, Jeremy fece un breve sospiro.
“Si
chiama Sarah” buttò lì.
Il giovane Farro fu costretto ad interrompere la lettura nuovamente:
incredibile, Jeremy che per una volta si ricordava il nome di una che
si era portato a letto! Allora forse era qualcosa di serio per davvero.
“Sarah..?”
fece eco, perplesso.
“Bel
nome, vero?”
“Mah,
sì…anche se piuttosto comune”
Jeremy parve riflettere su quel commento un po’, ma poi
replicò allegro.
“E’
bello lo stesso e a lei sta proprio bene”
“Ok…”
Proprio strano,
Jeremy oggi…
“Sa tutte le nostre
canzoni a memoria! E la vedo ad ogni nostra data…Insomma, ci
segue per davvero! Non è
solo…una…incontrata per caso e presentatasi
perché…bè, perché io sono
il bassista…”
Josh, ammutolito, lasciò che il compagno continuasse il suo
caotico monologo, tentando confusamente di trovarci un filo logico.
“Mi
ha chiesto di uscire. Sarah. Dovrei accettare? Non so…voglio
dire, le piacerò sul
serio?”
Jeremy era…davvero un
bambino troppo cresciuto.
“Sei
idiota, Jerms” concluse il chitarrista stringendosi nelle
spalle.
L’amico si esibì nel sorriso più ebete
che Josh gli avesse mai visto – e gliene aveva visti fare
tanti-, mentre gli occhi azzurri gli brillanavano di una luce insolita.
“Già…Me
lo ha detto anche lei”
Josh scosse la testa, ma le sue labbra non poterono fare a meno di
piegarsi all’insu.
Restarono muti un altro po’, mentre il chiacchiericcio dei
bambini che giocavano a football sotto di loro non riusciva pienamente
a distrarli dai loro pensieri.
“E
di te e Sponge che mi dici?”
La frase di Jeremy fu così inaspettata e spiazzante che Josh
aprì la bocca esterrefatto.
Lui e Hayley.
Quella decisamente non era una domanda idiota. Era piuttosto…
“Che
vuoi dire?”
Incomprensibile, sì.
E imbarazzante.
Lui ed Hayley erano migliori
amici, niente di più. Lo sapevano tutti!
“Andiamo, non riesci
a staccarle gli occhi di dosso, bro…”
Era davvero così evidente?
“Ma
cosa blateri?! Stiamo parlando di chi dico io?” la voce di
Josh era salita di un’ottava.
“Di
Hayley, ovvio! Chi sennò?”
“Ah,
piantala…Hayley è…Hayley! Insomma,
lei…io…assurdo!” concluse, lasciandosi
sfuggire il giornale dalle mani e accorgendosi di un improvviso calore
alle guance. Era infuriato per qualche motivo che non sapeva spiegarsi
e si aspettava una fragorosa risata da parte di Jeremy, che
però non ci fu.
“Come
ti vengono certe idee, comunque?!” sbottò ancora,
incapace di trattenersi.
L’amico si limitò a stringersi nelle spalle,
buttandosi in bocca un chewingum gigante.
“ Shcusha, lasha
perdeue” biascicò
masticando e poi gonfiando una bolla.
“No,
adesso invece continui e mi spieghi perché..!”
“Cos’è
che Jerms deve spiegarti?” chiese una voce vivace e familiare.
Il
discorso fu rimandato ad un altro momento: Hayley era arrivata.
A
malincuore, come se avessi evitato di guardare in quella direzione per
tutto il tempo ma non avessi resistito, il mio sguardo si sposta sul
vecchio platano al centro del parco. Fu sotto quelle fronde che io e
Hayley ci presentammo.
Lei era così diversa da come è oggi, e ricordo
che la paragonai subito a un selvatico animaletto spettinato dal pelo
fulvo. A prima vista, nessuno avrebbe mai pensato a quanta
determinazione e quante qualità potesse avere quella
piccoletta, ma bastava fissarla negli occhi per capire che Hayley non
era come tutte le altre…
E ha sempre avuto potere su di me: con la sua naturalezza, il suo
carisma e il suo sorriso mi ha legato a lei per sempre, lo so. Io non
ho mai creduto nel destino, ma a volte ho la certezza inequivocabile
che io e lei dovessimo incontrarci.
E che dovessimo amarci. Come fratelli, come amici, come
amanti…o forse un ibrido tra queste cose. Non sono mai
riuscito a capirlo, ma è poi importante saperlo?
I
due ragazzi erano ben saldi a cavalcioni sul ramo
dell’albero. Hayley dondolava i piccoli piedi mentre Josh
fissava il tramonto e le prime luci di Franklin che si accendevano.
“Pensi mai a come sarai da grande?”
La risposta di Hayley si fece attendere qualche secondo.
“Non mi va di crescere…quindi non ci
penso!”
Josh sbuffò.
“Ma sentila, Peter Pan in gonnella…”
Hayley scoppiò in quella sua risata calda, lievemente roca,
contagiosa.
Poi tornò seria e quando parlò la sua voce era
matura, appassionata.
“Rimarrò sempre come sono adesso, fin tanto che
posso essere coerente con me stessa…Be
true.”
La ragazza alzò la
mano destra all’altezza del viso e guardò
l’anello che indossava all’anulare e che brillava
appena al sole morente.
Il motto “be
true”,
“sii vera” , era inciso a chiare lettere sul
cerchietto di metallo che la ragazza aveva ereditato dalla sua amata
nonna.
“Sii vera, sii te
stessa in ogni momento della tua vita. Solo così
sarò giovane per sempre…”
C’era così tanta intensità in quella
risposta, così tanta fiducia e sicurezza che contrastavano
con i lineamenti da bambina di Hayley, che il ragazzo ne fu quasi
abbagliato.
Guardò colpito la ragazzina, che sembrava intenta a
cercare qualche altro segreto in quell’anello, e l'improvviso desiderio di stringerla a sè e baciarla gli attraversò il petto in una fitta quasi dolorosa.
Hayley era così…diversa da tutte quelle che
conosceva.
Unica, nella sua semplice straordinarietà.
E fu in quel momento che Josh capì di essere
irrimediabilmente innamorato di lei.
E che ai suoi occhi avrebbe continuato ad essere per sempre giovane,
per sempre travolgente e libera come il vento, per sempre
un’ispirazione, per sempre il suo primo amore.
“And
if it ends today,
well, I’ll still say that you shine brighter than
anyone”
***
Scendo dall’altalena e mi avvicino all’albero. Con
affetto ne sfioro il tronco e una miriade di ricordi ed emozioni
riverbera nel mio petto.
Non siamo più i ragazzini che eravamo quando abbiamo
lasciato la nostra città. Quasi sovrappensiero attacco a
voce alta il ritornello di “Franklin”.
“Could you remind me
of the time…”
“…when we were so alive? ”
completa la voce di Hayley, alle mie spalle. Non l’ho sentita
avvicinarsi, ma non mi ha spaventato: sapevo che sarebbe arrivata. Io e
lei non riusciamo a stare per troppo tempo lontani, qualunque cosa
succeda.
Inspiro e sento che anche lei fa altrettanto, prima che le nostre voci
si intreccino nelle frasi successive della canzone.
“Do you remember
that? Do you remember that?”
A questo punto seguirebbe il mio giro di chitarra solista, ma
c’è solo il fischio del vento a riempire il
silenzio tra di noi.
Mi volto e la guardo: i capelli rosso fuoco ondeggiano appena
nell’aria autunnale, ha gli occhi un po’ lucidi e
non mi è mai sembrata così bella. Affondo le mani
nelle tasche, e mormoro un flebile “Ciao”.
Hayley piega la testa di lato, mentre le sue labbra si increspano
appena in un sorriso mesto quanto enigmatico.
“Sei un po’ giù, mh?”
“Uh, cosa…?”
Lei si avvicina e tira leggermente l’anello che ho sul
labbro, facendomi sbottare in un’esclamazione sorpresa.
“Ci stavi giocando. Lo fai sempre quando sei nervoso,
preoccupato o…triste” spiega semplicemente,
indietreggiando di un passo.
“Ah, già…vero”
A volte lo faccio, sovrappensiero…Certo che mi conosce anche
troppo bene.
Si gira dandomi le spalle; forse crede di aver fatto qualcosa che non
avrebbe dovuto.
Da quando tra noi non è più
come prima, abbiamo dei
determinati ruoli.
Lei sta con Chad.
Io con Tabitha.
Bisogna mantenere un certo equilibrio, anche se è
più difficile nel nostro caso. Siamo sempre stati abituati a
non mettere ostacoli di alcun tipo a gesti e parole che ci venivano del
tutto naturali. Ora non ci è più permesso.
Forse è per questo che adesso, dopo il suo gesto,
c’è uno strano e inusuale imbarazzo tra noi.
“Pensavo a Franklin…a noi…Anche
tu?” chiede, mentre io mi stupisco ancora una volta di come
possiamo essere sempre sulla stessa lunghezza d’onda.
“Già…anch’io.”
La verità è che siamo dei maledetti nostalgici.
Per quanto ci proviamo non riusciamo ad allontanarci dai ricordi, e
continuamo ad inseguirli, anche quando fanno male.
Le note di “Franklin” mi rimbombano nella testa da
tutto il pomeriggio e improvvisamente realizzo che questa canzone non
è mai stata vera per tutti noi come lo è adesso.
Taking
up our time
Taking up our time
Taking up our time
It's taking up our time we can't
go back, we can't go back at all…
It's taking up our time, taking up our time
Riprendendo
il nostro tempo
Riprendendo il nostro tempo
Riprendendo il nostro tempo
Si sta riprendendo il nostro tempo,
noi non potremo tornare indietro,
non potremo tornare indietro affatto…
Si sta riprendendo il nostro tempo,
riprendendo il nostro tempo
“Chissà se riusciamo ancora ad arrampicarci sul
vecchio platano…” chiede Hayley con una punta di
curiosità nella voce. Io abbozzo un sorriso, nonostante il
mio umore.
“Proviamo”
Intreccio le dita, con le mani a coppa, lei appoggia un piede per darsi
la spinta e issarsi. Con facilità si sistema sul ramo
più robusto.
“Se ce la fanno i nani, posso farcela anche io”
dico con un’occhiata divertita. Lei per tutta risposta mi fa
una linguaccia. Mi graffio un po’ i palmi delle mani, ma
riesco a salire. C’è poco spazio, anche se una
volta stavamo comodi perfino in quattro su questo ramo.
Ora siedo accanto ad Hayley, come quel giorno in cui mi
spiegò il significato di quell’anello, di quel
“be true”
Lo sguardo mi cade sulla sua mano destra: è priva
dell’anello e di quella promessa che aveva fatto a se stessa.
Non so perché Hayley non lo indossi più, ma solo
ora mi rendo conto della sua assenza. Buffo, di solito noto anche il
più piccolo, insignificante dettaglio della sua persona. Mi
chiedo come posso essere stato tanto distratto.
“Hayley, dov’è il tuo anello? Be
true…”
La sento sospirare profondamente, ansiosamente.
“…L’ho perso” sussurra, in un
tono così affranto che mi do dello stupido per averglielo
chiesto.
“Non so quando sia successo, ma l’ho
perso…”
Capisco in un attimo che deve essersi ricordata di quel giorno, quando,
su questo stesso albero, mi mostrò l’anello e che
anche lei prova la mia stessa malinconia, il mio stesso sconforto.
Mi passa una mano sulla spalla e si stringe a me, mentre l'imbarazzo di
poco prima è già dimenticato da entrambi.
“Everything has
changed” sospiro.
La sento annuire.
Tutto è cambiato, sì. Allora significa che ora
siamo adulti, siamo cresciuti, a dispetto di quello che mi ha detto
quel giorno, fiduciosa.
“Rimarrò sempre come sono adesso, fin tanto che posso essere coerente con me stessa…”
Non
posso biasimarla se è successo…Io non sono da
meno. Mi rendo conto di quanto gli eventi mi abbiano segnato solo
quando, come in questi momenti, mi fermo a riflettere.
Vorrei avere ancora sedici anni, avere i problemi che ha ogni comune
adolescente –scuola, brufoli, crisi esistenziali, litigate
coi genitori- , vorrei che in questo momento, seduti su
quest’albero, io e Hayley tornassimo a quei giorni
d’estate in cui i Paramore nacquero e un amore
segreto finalmente si
rivelò.
Amore.
Amore tra noi c’è sempre stato, e
c’è ancora, sebbene non stiamo più
insieme.
Beninteso, Hayley è davvero innamorata Chad…
Solo, è qualcosa di diverso da quello che unisce me e lei.
Hayley una volta mi chiese se credevo nelle anime gemelle.
Oh, non certo nell’accezione banale e abusata di
“amore della tua vita”, ma qualcosa di
più intimo e spirituale. Un’affinità
che percepisci all’istante sentendoti legato
indissolubilmente a una persona, in qualunque momento. Un legame che
senti forte perfino quando vi allontanate l’uno
dall’altra, litigate o prendete strade diverse.
Noi siamo anime gemelle? Non lo so.
Ma in qualche modo noi ci…completiamo. Quando le nostre voci
si intrecciano all’unisono mi sento pienamente vivo, forte,
invincibile e certo della totalità della nostra unione.
Anche in questo momento so di condividere i suoi stessi sentimenti, so
che anche lei si sente frastornata da quello che ci è
successo, dagli eventi, dall’equilibrio che abbiamo perso,
dai legami e dalle piccole cose che inevitabilmente abbiamo trascurato
in favore della fama.
Dal fatto di essere cresciuti, di aver perso parte della nostra
luce…
La nostra innocenza, la nostra purezza…? Non ho idea di cosa
fosse, ma qualcosa manca se sono qui con lei in questo momento e faccio
certi penseri, no?
Guardo Hayley e penso che la amo ancora, più di quanto mi
sia concesso, ma non glielo dirò mai.
Penso alla gelosia quando ho saputo di lei e Chad.
Penso a Tabitha, a quanto sia importante per me, lei che mi ama anche
sapendo che non sarà mai quel che Hayley è per me.
Penso a Jeremy e Sarah, che ormai nemmeno si parlano più,
mentre lui cambia fidanzata ogni due giorni come faceva da ragazzino.
Penso a Zac ed Emily, che, fiduciosi si avviano verso progetti di
matrimonio che solo due persone pure e ingenue come loro possono
sognare in un momento come questo.
Penso ai Paramore, e ho una tremenda paura che tutto,
per qualche pazzesco motivo, finisca.
E penso a me.
Joshua Neil Farro.
Inizio a dubitare di tutto: se è successo di perdere così
tanto, di dimenticare le promesse, di cambiare, che cosa ci
può essere di certo, ancora?
“‘Cause
we are broken,
What must we do to restore
Our innocence
And oh the promise we adored?
Give us life again ‘cause we just wanna be whole”
Ricordo quanto mi divertivo, da bambino, a fare i castelli di sabbia in
riva al mare.
In vacanza, passavo ore sotto il sole cocente, impastando la sabbia e
l'acqua marina, per creare piccoli mondi di gioco.
La parte più difficile era creare un muro che difendesse la
costruzione. Questo perchè le onde, insidiose e
imprevedibili, potevano distruggere l'opera in pochi secondi. E allora
continuavo a prendere manciate di sabbia bagnata e, come fosse cemento,
provavo a rafforzare le mura, rendendole sempre più spesse.
Ma non serviva.
Appena abbassavo la guardia e smettevo di appianare e smussare la
sabbia con la certezza che le mura fossero solide, quelle, schiacciate
dalla loro stessa pesantezza e erose dalle onde, crollavano su loro
stesse.
In pochi attimi anche il castello era divorato dalla marea, e della mia
fatica non rimaneva altro che un ammasso informe di sabbia bagnata.
Mi sentivo in colpa per avere abbassato la guardia e pensavo che forse
il castello non avrebbe ceduto se avessi prestato più
attenzione…
Ogni granello è un attimo trascorso in compagnia delle
persone che ho amato, ogni manciata di sabbia è un soffio
delle nostre vite che si è incrociato, ammalgamato, unito
saldamente.
Ora mi chiedo se davvero avrei potuto fare qualcosa contro la forza del
mare, o se era tutto sbagliato fin dal principio: ho costruito il
castello nel posto sbagliato, troppo vicino alla riva.
O forse è semplicemente destino che debba crollare,
perchè niente è per sempre?
Dall’amore all’amicizia, tutto può
essere ucciso dagli eventi, niente è immune dal cambiamento,
dal potere che il tempo esercita su di noi?
Tutto
è destinato a crollare…?
“Hayley…” il mio sussurro le fa alzare
il capo. Mi guarda.
C’è amore, c’è tristezza nei
suoi occhi, e qualcos’altro che non riesco a decifrare. Ed
è in quel momento che, dalle mie labbra, escono le parole
più egoiste e difficili che potrei mai rivolgerle.
“Promettimi…”
(Promettimi che non te ne andrai mai. Che rimarremo sempre io, tu, Jeremy e Zac. Promettimi che non ve ne andrete come hanno fatto in troppi. Promettimi che tu, Hayley Williams, non distoglierai mai gli occhi da me. Promettimi che continuerai a stare al mio fianco, come stai facendo adesso. Prometti…)
Ma
non posso…non posso farlo ovviamente.
“Promettimi…che qualunque cosa
succeda…qualunque strada prenderemo, farai in modo
che…io, tu e gli altri ci troveremo sempre qui, a Franklin.
Insieme.”
Hayley schiude le labbra.
“Josh, io…te lo prometto”
Te lo prometto.
Non dimenticherà questa
promessa, lo so.
Mi rendo confusamente conto che lei e io siamo
insieme più di
quanto non siamo stati negli ultimi tempi. Siamo anime
gemelle, ancora.
E mi accorgo che sto stringendo con forza la sua mano.
Quando è successo l’ultima volta?
Non mi importa di Chad, non mi importa che lei non ricambi quello che
provo, non importa dell’imbarazzo che potrebbe esserci dopo,
ma voglio farlo ugualmente.
“Le anime gemelle possono morire?”
Lei incredibilmente sorride con sollievo.
Un sollievo inspiegabile che contagia anche me.
“*Le
anime gemelle non muoiono mai, Josh.”
E allora finalmente ho trovato la certezza che cercavo. Ho ritrovato me
stesso, ho ritrovato il coraggio. Allento la presa su Hayley, che
però non lascia la mia mano, mentre abbasso gli occhi sul
prato.
In lontananza scorgo la sagoma tarchiata di Zac e il passo strascicato
di Jeremy.
Siamo ancora qui, a Franklin, a casa.
Nel bene e nel male.
E siamo ancora insieme,
l’unica cosa che conta.
“Meet
me in the middle
In the middle we can be again
If we meet in the middle
I know you'll love me ‘til the end”
FINE
***
*traduzione dell’inglese ”Soulmates never die”, dalla canzone “Sleeping with ghosts” dei Placebo. A loro i credits per questa frase.
Quasi tutte le canzoni citate
appartengono
ai Paramore.
In ordine di apparizione, i testi citati sono quelli di
“Franklin”, “Emergency”,
“Born for this”, “I Caught
Myself”, “Brighter” e “We are
Broken”.
L’ultima strofa a chiusura della fanfic è della
canzone “I had a revelation” scritta e suonata da Josh
Farro, per un suo progetto
solista fuori dai Paramore (ma non ho idea di quando questa e le altre
due canzoni, “Plane Crash Dream” e “So
Much More”, siano state registrate)
Note
finali:
Non avete idea di quanto sia stato difficile finire questa
shot… >//< E non credo sia proprio venuta
fuori come speravo, ma pazienza. Ho davvero fatto del mio meglio.
Era da un bel po’ che volevo scrivere qualcosa di nostalgico
su Paramore e spero di essere stata all’altezza. Immagino
Franklin simile alla mia città: tranquilla, amabile, piccola
ma non troppo. Soprattutto ho cercato di trasmettere quello che provo
associandola alla canzone.
E’ stato particolarmente divertente scrivere i flashback
(volutamente messi in ordine temporale casuale) di Josh e company,
perché ai miei occhi, nonostante non li conosca, appaiono
sempre dei coetanei e dei ragazzi “ordinari” :).
E’ estremamente impegnativo, invece, descrivere il rapporto
tra Hayley e Josh. Questo perché nella mia fantasia (e chi
ha visto certi video e foto e li conosce non può non darmi
in parte ragione XD) loro sono davvero
anime gemelle. Loro si amano a prescindere, e basta. Non posso fare a
meno di adorarli e non importa se ora stanno con altre persone: per me
rimarranno sempre Josh&Hayley ^^.
Ho deliberatamente ignorato Taylor in questa fanfic, in quanto al tempo
in cui la scrissi non era ancora un membro ufficiale e -per quanto
abbia sempre frequentato la band- non lo sentivo ancora parte del
“nucleo” dei Paramore come gli altri quattro
ragazzi, che sono sempre rimasti insieme. Qualsiasi
critica/consiglio/commento è ben gradito ^^