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Autore: Malanova    22/02/2016    5 recensioni
Bulma era una vivace bambina di cinque anni che viveva in una bella casetta a forma di igloo in mezzo alla grande Città dell’Ovest insieme ai suoi amorevoli ma svampiti genitori ma divenne protagonista della celebre storia di Frank Baum, insieme a altri pittoreschi personaggi nati dalla fantastica mente di Toriyama ... Spero che l'introduzione vi sia piaciuta e ... Buona lettura!
Genere: Demenziale, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Bulma, Jaco, Tights
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Queste oscure favolette'
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Bulma era una vivace bambina di cinque anni che viveva in una bella casetta a forma di igloo nella grandissima Città dell’Ovest, insieme ai suoi amorevoli ma svampiti genitori. Il padre era un famosissimo scienziato ed inventore, amato e stimato da tutti. Era capace di costruire qualsiasi cosa, dai mezzi di trasporto richiudibili in piccole capsule fino ad enormi astronavi, tranne però ciò che più gli stava a cuore: la macchina che avrebbe prodotto il cappuccino perfetto. La madre invece … Beh … Ecco … Lei era una capace di divertirsi con poco. Il suo hobby preferito era quello di andarsene in giro per la casa portando un gran vassoio con su delle tazze di ceramica e un bricco sempre pieno di caffè, che per qualche arcano motivo faceva versare a mo di cascata sul pavimento.



La storia iniziò in un giorno d’inverno. Bulma era nella sua cameretta, sdraiata sul pavimento, con le gambette che dondolavano frenetiche su e giù e tendendo le braccia in avanti. Impugnava una Barbie in una mano e un Ken nell’altra e li faceva saltellare quando uno di questi doveva ‘Parlare’. “Porco! Maiale!” urlò Barbie, con i lunghi capelli cotonati che le schiaffeggiavano il viso “Lo sapevo che mi facevi le corna con Skipper … Davvero mi credi così scema?!?” “Oh, ti prego Barbie …” la supplicava Ken “E’ stato solo un momento di debolezza … non ci sei che tu nel mio cuore …”. La bambina fissò Barbie nei occhi “Barbie, non credergli! Ti sta mentendo! Appena ne avrà l’occasione ti tradirà ancora!” ma la bambola bionda tese un braccio di plastica verso la piccola, azzittendola con un singhiozzante “Però io lo amo!”. Le due bocche dall’ampio ed etereo sorriso si unirono in un bacio focoso, che schiacciò leggermente le loro facce. La piccola turchina osservò con sconcerto la scena de lei stessa creata. Lasciò stizzita le due bambole e borbottò “Quanto sei scema …”.

Intanto, nell’edificio affianco alla casa sempre a forma di igloo che fungeva da laboratorio …

Una delle macchine del padre, un affare a forma di cono rovesciato ricoperto di chip luminescenti e con quattro antenne appuntite, iniziò a scoppiettare ed a fare fumo. Lo scienziato era più interessato a guardare le modelle sulla rivista Magazine piuttosto che gli schermi dei computer, che stavano lampeggiando con scritte rosso cremisi e facevano risuonare l’allarme su tutto lo stabile. La macchina si sovraccaricò d’energia, crepitando con piccole scariche elettriche, e scagliò un raggio laser in classico stile fantascientifico contro il cielo. Esso sfondò il soffitto ed appena giunse nell’atmosfera terrestre creò dense nuvole nere, scatenando anche un fortissimo vento. La madre della bambina, che era andata a portare una tazza di caffè al marito, alzò la testa e si mise una mano sulla guancia “Tesoro, credo che stia arrivando un temporale … non sarebbe meglio ritirare i panni?” “Non adesso Panchi! Sto finendo l’articolo …”. Intanto il vento freddo creato dalla macchina soffiava implacabile sulla città proprio nello stesso momento in cui soffiava già il vento caldo proveniente dalle isole dell’Est e … lo scontro tra i due venti creò un tornado così grande che tutti lo fotografarono con i loro cellulari prima di rifugiarsi nelle loro case oppure nei negozi più vicini. Le auto ed i fogli di giornale iniziarono a volteggiare nell’aria come foglie autunnali, seguite dalla pittoresca casa di Bulma … Un momento! Mi sa che mi sono persa un pezzo … COME DIAVOLO HA FATTO QUELLA A STACCARSI DALLE FONDAMENTA SENZA SBRICCIOLARSI?!? Però al momento alla bambina non gliene importava un granché. Affacciata alla finestra della sua cameretta batteva sul vetro e implorava aiuto a gran voce ma fu inutile. La casa volò sempre più in alto e più lontano, attraversando campagne piene di orti e gli oceani, battendo in velocità qualsiasi compagnia aerea, volteggiando leggera come un palloncino.

A Bulma non le rimase far altro che rassegnarsi al suo destino ed aspettare la sua fine “Prima o poi il vento calerà e allora la casa precipiterà uccidendo, oltre a me, anche decine di persone ... se lo farà in un villaggio o in una città … ma se finirà in un deserto? Beh … allora diventerò tutt’uno con le rocce …”. Il ciclone, però, la trascinò ancora per molte miglia e per molte ore battendo ogni legge della fisica e della logica. Bulma si era un po’ stancata di aspettare la propria morte così prese alcuni fogli bianchi dalla sua libreria insieme a dei pastelli e tornò a sdraiarsi sul pavimento “Se devo morire tanto vale lasciare un ultimo segno …” e si mise a disegnare. Dopo un paio d’ore la casa decise finalmente di atterrare ma non fu lo schianto che la bimba aveva predetto. Ci fu uno scossone lieve e le pareti avevano smesso di ondeggiare. Ella sollevò lo sguardo dai fogli e mormorò “Come? Tutto qui?”. Si alzò da terra e si diresse verso la finestra ma la polvere che il ciclone aveva tirato su aveva talmente sporcato il vetro che non riuscì a vedere niente e un po’ di detriti si erano depositati sui bordi formando una pasta così dura che non le permise neanche di aprirla. Decise allora di uscire di casa e di vedere dove era finita. Attraversò i lunghi corridoi, dando una sbirciata di tanto in tanto alle altre stanze in cerca di una finestra più pulita ma sembravano tutte, se non peggio, nelle condizioni di quella della sua cameretta. Arrivò davanti alla porta d’ingresso leggermente ansiosa. Cosa avrebbe trovato là fuori? E se poi la casa stava ancora galleggiando nel cielo? La corrente forte del ciclone l’avrebbe strappata dall’ingresso e fatta cadere nel vuoto … La piccola scosse la testa, facendo si che i codini dondolassero. Si lisciò il suo abitino bianco con i quadratini azzurri, si allacciò bene le scarpe ed infine afferrò decisa la maniglia “O la va o la spacca …”. Girò la maniglia e spinse con forza la porta.

Ciò che vide la lasciò di stucco: davanti a lei si stendeva una vallata ricoperta di erba blu dove pascolavano placidamente dei animaletti a forma di cuscino e marshmallow giganti. Il cielo era verde, con qualche nuvola bianca sparsa che sfumava dalla tonalità più scura fino a diventare verde acqua. A spezzare la pianura ergevano alcuni alberelli dal tronco sottile e la chioma azzurrina e tondeggiante, che alla bambina faceva venire in mente quei bastoncini che la sua mamma utilizzava per pulirle le orecchie. La sua attenzione, infine, cadde all’orizzonte dove si stavano avvicinando in tutta fretta un assortito gruppo di nanetti dalla testa ovale e vivaci occhi neri, che spiccavano grazie alla pelle bianchissima e gli sgargianti abiti viola. Erano capitanati da una strana donna della stessa statura, dalle fattezze umane e molto più anziana, vestita con una lunga tunica nera e un cappello a punta che faceva intravedere sotto la tesa una chioma di capelli color glicine ed era seduta a cavalcioni su una sfera di cristallo gigantesca, che a sua volta si librava a circa dieci centimetri da terra. Quando il gruppetto fu abbastanza vicino; l’anziana esclamò “Ho visto molte cose nella mia vita ma mai una casa precipitare dal cielo! E cosa ancor più straordinaria è che, grazie a te, un terribile male è stato debellato: l’orribile Stregone dell’Est, il Maestro della Gru, è stato sconfitto!” “Eh? Di che cosa stai parlando?”. La strega (perché non poteva essere altro con quei abiti e quella sfera fluttuante) indicò un punto ai piedi dell’edificio e sorrise. Schiacciato per metà dalle fondamenta; stava un vecchietto dall’aria malefica con i capelli e i baffetti grigi, acconciati in stile asiatico , un capello nero a forma di gru sulla testa ed inforcava dei grossi occhiali da sole. L’uomo diede un forte pugno per terra e rantolò “P- Perché?! N- Neanche sono apparso in questa s- storia che sono g- già morto …”. Sputò un po’ di saliva mischiata al sangue e ringhiò “Perché n- non ho usato … il DODOMPA?!?” “Ehi! Non siamo nella Fabbrica di cioccolato”.

Un minuto di silenzio … capisco da sola di aver fatto una battuta di Mm.

Comunque; il vecchio tirò le cuoia e sparì tra le fiamme, lasciando un intenso puzzo di erba bruciata e un globo arancione con cinque stelle rosse al centro. La strega esclamò “Una Sfera del Drago! Non sapevo che il Maestro della Gru ne possedesse una …” “Che cosa fa?” chiese la bambina mentre la raccoglieva da terra e la ripuliva dalla cenere. La donna alzò le spalle e rispose “Non saprei dirtelo … So solo che ce ne sono sette in tutto e che possiedono un potere misterioso …”. Bulma osservò il cimelio per un po’, pensando “Mmh … Potrei raccoglierle tutte e svelare il loro mistero … Finalmente qualcosa che non siano le solite figurine …”. Ritornò dentro casa e si diresse in cucina, dove dopo pochi minuti riuscì a costruire un radar capace di percepire le onde che rilasciavano le Sfere. Non per niente era la figlia di suo padre. Quando lo ebbe terminato tornò fuori, tutta contenta, e mostrò il suo operato sia ai nanetti che alla donna. “E’ chiaro come il sole che mi trovo lontanissima da casa … Mi sai dire dove mi trovo e come faccio a tornare indietro?”. La vecchia gonfiò il petto, orgogliosa, e rispose “Il luogo in cui ti trovi è la fantastica terra di Oz!”. Indicò la valle che le circondava e aggiunse “Qui siamo nella parte Est, dove vivono molte razze tra cui i Tech-Tech, che vedi insieme a noi …”. Il gruppetto si inchinò. Poi la donna sospirò e mormorò “Purtroppo non so come potrai ritornare a casa tua: la regione è circondata da un deserto dalle sabbie molto tossiche e impossibili da attraversare a piedi …”. Ci rifletté un po’ su, poi batté le mani e disse “Ci sono! Prova ad andare da mio fratello, il Mastro Muten, che fa il …” lì fece le virgolette con le dita “Il Mago e governa la gloriosa Città di Smeraldo … Forse sa un modo come potrai oltrepassare il deserto …”. La prese per mano e la condusse nei pressi di una strada fatta di mattoni gialli “Segui questa strada, soltanto questa, e se sarai fortunata fra un paio di mesi sarai arrivata alla Città …” “Cosa?!?”. La piccola turchina si voltò verso la strega con gli occhi sbarrati “Vorresti farmi fare tutta quella strada da sola e a piedi? Perché non usi i tuoi poteri e non mi teletrasporti direttamente laggiù?!?”. La donna grugnì “Lo sai da quanto tempo Oz non ha un turista decente? Farai il sentiero e vedi di goderti la gita”. Infine la strega si librò in cielo, la salutò con la mano e scomparve, seguita poco dopo dai Tech-Tech. Gli ometti le diedero un cestino pieno di cibo e le fecero il segno della croce giustificandolo così “Il sentiero che stai per attraversare è come le indicazioni di Venezia per Piazza San Marco: ti dicono che è dietro l’angolo quando invece non è vero … sarà un miracolo anche se raggiungessi la città dopo due mesi …”. La bambina fece un sospiro, rassegnata, ringraziò il gruppetto e iniziò il suo viaggio.

  
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