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Autore: magixludo    22/02/2016    1 recensioni
Quando l'eroina si manifesterà
occhi di gelo e capelli di fiamma avrà

Larissa Seleucida ha diciassette anni, occhi azzurro ghiaccio e non è l'eroina di cui parla la profezia.
La prescelta è Rebecca, la sua migliore amica dai capelli rosso fuoco.
La cosa più saggia da fare ora sarebbe lasciarsi cancellare la memoria, ma Lara non è intenzionata a scordare che la magia esiste davvero e insiste per affiancare Reb nel suo ruolo di ”protettrice dell'equilibrio“. Il mondo che inizia a scoprire è incantato e ogni cosa nuova è uno spettacolo, tuttavia non ammetterebbe mai la vera ragione per cui ha deciso di non dimenticare: se per accompagnare la sua amica d'infanzia, se per scoprire quale elemento è in grado di manipolare oppure per seguire la persona che le ha rubato il cuore.
L'ultima opzione è quella più controversa perché se fosse vera allora dovrebbe capire se il ladro sia il ragazzo dagli occhi verdi o l'uomo dagli occhi azzurri.
Nella scelta tra il bene e il male, segui il cuore o la testa?
*(urban)fantasy*storia presente anche su wattpad con lo stesso titolo*
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo 1: Un ultimo anno

 
«Un altro anno. Solo un altro anno e poi sarà tutto finito» sto ripetendo questa frase da quando ho ripreso ad alzarmi alle sei dopo tre mesi durante i quali colazione e pranzo sono stati la stessa cosa.
Provo a convincermi che dopotutto non sarà così male, che rivedere tutti i miei amici e brindare con loro in piazza mi abbia rallegrato la mattinata, ma nel momento in cui attraverso il portone di una scuola che non è quella che ho frequentato per gli ultimi quattro anni sento un nodo allo stomaco.
Sfortunatamente alcune aule del nostro solito edificio scolastico sono inagibili a causa di alcuni lavori di ristrutturazione che si protraggono dalla primavera scorsa e, dato che non fare entrare alcune classi non era possibile, la preside ha deciso in piena autonomia – comunicando la notizia solo il giorno prima dell'inizio della scuola quando ormai aveva già organizzato tutto e sarebbe stato impossibile protestare – di spostare il nostro corso nell'altro istituto che è sempre sotto la sua giurisdizione. Ovviamente non le è passato neanche per un secondo per l'anticamera del cervello che forse dopo quattro anni una persona si sia abituata a frequentare un determinato posto, conosca la maggior parte degli studenti e non abbia piacere ad essere spedito lontano dai suoi amici.
Se non fossimo stati abbastanza entusiasti per l’inizio dell’anno dopo questa comunicazione improvvisa, quello che è successo durante il resto della mattinata non è certo servito a migliorarci l’umore: tanto per cominciare abbiamo ricevuto un’altra terribile notizia (la nostra professoressa d’inglese ha ottenuto il trasferimento in una sede più vicina a casa sua, per questo motivo ora dobbiamo aspettare che il provveditorato nomini un nuovo docente; non sono molto entusiasta della cosa, a differenza di alcuni miei compagni, e spero che si sbrighino perché essere indietro con il programma di letteratura inglese l’anno dell’esame di stato non è il massimo) quanto agli altri professori, non considerando che siamo appena tornati dalle vacanze e che magari almeno un giorno per riassestarci ci avrebbe fatto comodo, hanno iniziato subito a spiegare. Mi rendo conto di essere stata io stessa a dire di non voler restare indietro, però così mi pare addirittura esagerato. Dove sono finiti i bei vecchi tempi in cui ti chiedevano come avevi passato l'estate?
Alla fine suona l'ultima campanella e questa prima assurda giornata di scuola è finita.
Esco da scuola e avverto un tremendo senso di smarrimento attanagliarmi lo stomaco, deglutisco e cerco di scacciarlo mentre mi mischio a tutti quegli studenti che non ho mai visto.
Guardo l'orologio e sono lieta che per il primo giorno ci abbiano concesso di uscire alle undici, in realtà anche l'orario d'ingresso era posticipato alle nove, ma noi ci siamo incontrati nella piazza sotto la nostra scuola per brindare all'ultimo anno insieme alle altre quinte e poi siamo venuti qui insieme. Per arrivare abbiamo dovuto prendere pullman e metro e adesso mi toccherà rifare lo stesso lungo tragitto anche al ritorno, una strada molto diversa da quella che ho fatto in tutti questi anni in cui la scuola era vicino a casa mia!
Ho salutato i miei compagni prima di uscire dalla classe perché avevo immaginato che ci sarebbe stata confusione all'uscita, quindi, non dovendo aspettare nessuno, mi dirigo spedita verso la discesa per la metropolitana.
Mentre mi muovo nella ressa urto un gruppo di universitari, il più alto di loro mi scocca un'occhiataccia e si spazzola la parte della camicia che ho toccato, mi scuso e procedo oltre, verso la mia meta.
La fermata non è troppo lontana ma mentre vado mi fermo ad un bar a comprare una tavoletta di cioccolata per tirarmi su di morale dopo questa assurda giornata. Il sapore della Milka alle nocciole mi invade la bocca ed il mio umore migliora.
Sono i primi di settembre e fa ancora caldo, quindi il cioccolato si scioglie in fretta e io sono costretta a mangiarlo rapidamente, preferirei che questo piacere durasse di più, ma non posso modificare il tempo atmosferico.
Scendo le scale e vado sottoterra, faccio il biglietto e scendo un'altra rampa di scale. Quando sono quasi in fondo un flusso di persone che sale mi viene incontro, capisco subito che la metro deve essere appena arrivata; non ho voglia di aspettare la prossima che chissà quando passerà, quindi salto gli ultimi due scalini e corro verso il treno in partenza. Riesco a infilarmi poco prima che gli sportelli si chiudano, solo che lo slancio preso per la corsa mi fa quasi cadere, per (s)fortuna invece di finire a terra urto un ragazzo e resto in piedi.
Voglio scusarmi per la mia sbadataggine - di solito non sono così impedita ma evidentemente il cambio di scuola mi ha fatto più male di quanto pensassi - e alzo lo sguardo per incrociare quello del ragazzo. Gelo sul posto appena lo riconosco, l'ho già visto prima, all'uscita dalla scuola: è l'universitario che ho urtato poco fa. Il ragazzo è alto e snello, i suoi corti capelli sono neri, ha occhi verdi e un incarnato troppo pallido considerando che sono appena finiti due mesi di sole, ma ancora più strano è che con la temperatura che fa riesca ad indossare, senza versare una goccia di sudore, una candida camicia abbottonata fino al colletto e lunghi pantaloni neri.
«Hai deciso di seguirmi tutto il giorno e sbattermi costantemente addosso?» mi domanda, io non rispondo, limitandomi a scusarmi nuovamente, conscia che in realtà non sta davvero cercando di fare conversazione.
«Scontrosetta la tipa, eh?» a parlare è stato il ragazzo accanto a lui, ha ricci capelli rossi, occhi castani e lentiggini a ricoprirgli l'intero viso e anche lui l'ho visto prima nel gruppetto che ho urtato. Anche questa volta comunque non reagisco alla provocazione.
La metro si ferma e questa volta salgono molte persone e siamo costretti a stringerci, per fortuna non dobbiamo stare attaccati gli uni agli altri perché davvero mi sentirei una stupida a finire addosso allo stesso ragazzo per la terza volta nel giro di un'ora. In ogni caso siamo troppi e le persone nel vagone sono tutte sudate - tutte ovviamente tranne il ragazzo in camicia - la puzza e l'afa si mischiano provocandomi un giramento di testa. Se la temperatura fosse appena di qualche grado più bassa questo viaggio sarebbe molto più sopportabile, meno male che mi resta solo una fermata prima della mia.
Quando però il treno si riferma e le persone si accalcano per uscire io vengo spintonata e finisco di nuovo addosso a qualcuno, mi allontano subito, o meglio lo farei se riuscissi a muovermi nella folla, così rimango attaccata per la spalla al povero malcapitato che ho investito. Quando le persone se ne stanno finalmente andando e sto per allontanarmi e scusarmi come si deve sento una frase non molto carina nei miei confronti: «Fantastico, non bastava che l'incapace qui finisse addosso a Tommaso, ora ha preso di mira anche me!»
Mi volto indispettita verso il ragazzo che ho urtato - che almeno stavolta non quello dai capelli neri ma il suo amico rosso - e, invece di scusarmi, gli dico: «Di certo non l'ho scelto io di venire sballottata di qua e di là, ma quando i mezzi di trasporto sono pieni può succedere di urtare le persone!» e non so bene neanche io da dove ho tirato fuori questo coraggio.
Il volto del ragazzo assume di colpo lo stesso colore dei suoi capelli, lancia un'occhiata semi-disperata al suo amico e dice: «Oddio, dimmi che non l'ho detto ad alta voce!» ma non riesco a capire se sia ironico o davvero preoccupato, però per quanto mi faccia male ammetterlo temo che si stia prendendo gioco di me.
Il ragazzo, che deduco chiamarsi Tommaso da quanto ho sentito prima, rimane un attimo perplesso, guarda me e il suo amico e poi un lampo di comprensione sembra attraversare i suoi occhi, ma si limita a dire: «Probabilmente eri sovrappensiero e ti è scappato... e comunque non vedo quale sia il problema.»
Per fortuna molte persone sono scese alla fermata, così posso andare a sedermi dall'altro lato del vagone e ignorare questi due imbecilli, e il pensiero che probabilmente li rivedrò ogni giorno all'uscita da scuola non serve a migliorarmi l'umore. L'ideale ora sarebbe un pezzo di cioccolata, ma se l'avessi conservata si sarebbe sciolta. Dannato caldo!
Il treno frena per la terza volta ed esco subito; probabilmente me lo sono immaginato ma giurerei che Tommaso mi abbia lanciato un'occhiata inquisitoria e che mi abbia osservata fino a quando le porte non si sono richiuse e il convoglio non è ripartito, ma probabilmente mi sbaglio e si è solo chiesto se dovrà tenere gli occhi aperti per il resto dell'anno per evitare che gli finisca costantemente addosso.
Mentre salgo le scale già immagino il caldo torrido che mi assalirà, e invece all'uscita una folata di vento fredda mi fa stringere le braccia intorno al corpo. È assurdo, fa troppo freddo per essere settembre: è proprio vero che non ci sono più le mezze stagioni. Non che mi lamenti, intendiamoci, del resto è da quando sono uscita da scuola che ho desiderato che la temperatura si abbassasse.

  
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