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Autore: FatSalad    25/02/2016    7 recensioni
Pensate che sia facile fare la bibliotecaria? Pensate che sia un lavoro tranquillo, poco impegnativo, magari anche romantico, che permette di avere tanto tempo a disposizione per leggere libri? Lo pensavo anch'io.
Prima.
[Quarta classificata al contest 'Zodiac game']
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Galeotta fu la biblioteca'
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Pensate che sia facile fare la bibliotecaria? Pensate che sia un lavoro tranquillo, poco impegnativo, magari anche romantico, che permette di avere tanto tempo a disposizione per leggere libri? Lo pensavo anch'io. Prima. Poi ho scoperto che mi sbagliavo più o meno su tutto.

Vi assicuro per esperienza personale che lavorare in una biblioteca non è un lavoro idilliaco come può apparire dall'esterno: ci sono continue magagne con gli utenti, il comune e quel mostro del computer. Lo chiamerò “computer” perché i programmi che devo usare, termini quali “software” o “link” e la tecnologia in sé e per sé sono mondi semi-sconosciuti, per me.

Vogliamo parlare della lettura? Se non ne fossi circondata direi che non ho avuto contatti con un libro da anni. Lo stipendio? Altro tasto dolente. Il contatto con le persone? Qualche sussurro di tanto in tanto e l'assorbimento di lamentele, quelle sì, tante.

Se invece pensate che il termine “bibliotecaria” equivalga a “zitella di mezza età, acida e con la casa infestata dai gatti”, ecco, adesso siete sulla strada giusta per definire quello che sono. Togliendo la mezza età, per ora.

I tardi pomeriggi estivi sono la parte più noiosa della situazione, per una serie ovvia di motivi. Primo perché pur essendo nel XXI secolo non disponiamo di impianti atti a rinfrescare la situazione, dunque siamo costretti ad avvalerci di qualche finestra aperta che, si capisce, risolve la situazione poco o niente affatto. Secondo perché, chiaramente, la gente è in vacanza e anche i più assidui frequentatori della struttura hanno posti migliori in cui passare il tempo. Di solito, dunque, la biblioteca nei pomeriggi d'estate è semi-deserta. “Semi” purtroppo significa che non posso comunque abbassare la guardia nemmeno per un secondo, per non rischiare di essere colta mentre mi stiracchio o mi sistemo l'intimo. Ehi, chi non lo fa mai?

Finalmente è arrivato Tommaso, il ragazzo carino. Avrà più o meno la mia età, ma che dico? So esattamente quanti anni ha ed è più giovane di me di un anno, ma questo uso dei suoi dati personali non è considerabile violazione della privacy, sia chiaro, si è trattato di una semplice... ricerca statistica, ecco! Dalla quale è risultato che i miei coetanei, (perché per due anni di differenza si può sempre definire coetaneo, no? E, ok, ho mentito: Tommaso ha due anni meno di me, non uno), pare che siano assidui frequentatori delle biblioteche quanto gli astemi lo sono delle birrerie. Di questa per lo meno. C'è giusto Tommaso che entra e saluta con un cenno del capo e una specie di brontolio dirigendosi senza fermarsi nella sala dei computer e poi c'è Rachele, la moretta che esegue lo stesso rituale, ma mi rivolge solo un sorriso dolce come saluto.

Tommaso è un nerd atipico: innanzitutto ci sta mettendo un sacco di tempo a completare la tesi di laurea, motivo per cui ogni giovedì alle 17:30 viene in biblioteca, inoltre si veste incredibilmente bene. Anche gli occhiali sul suo viso sembrano nient'altro che un ornamento, una cornice per quegli occhi tanto scuri da sembrare liquidi e le sue labbra piccole e piene hanno l'unico difetto di non incurvarsi spesso in un sorriso.

Come ho detto, Tommaso è anche incredibilmente attraente, motivo per cui oggi ho deciso di rivolgergli la parola e proprio oggi lui arriva in ritardo rispetto alla tabella di marcia. Questo potrebbe scombinarmi un attimo i piani, ma cerco di rimanere calma.

Arriva anche Rachele, lei in perfetto orario rispetto al suo solito. Questo è il momento: a volte una donna deve fare cose da donna.

Prendo coraggio e mi dirigo verso la sala computer, dove il ragazzo ha avuto appena il tempo di accendere il monitor e tirare fuori il suo quadernetto degli appunti.

«Scusa, Tommaso, giusto?» sono sgamabile con questo tono innocentino? «Mi dispiace disturbarti, ma avrei bisogno di una mano: sono arrivati due scatoloni di libri e io ho la schiena bloccata, ti spiacerebbe portarmeli nella stanza-magazzino, per piacere?»

Lui è così gentile, che si è alzato in piedi appena ha sentito il suo nome ed accetta prima ancora di sapere che lavoro deve svolgere. Quanto è carino!

«Certo, certo, si figuri!» mi dice educatamente.

Però mi ha dato del lei! Sembro così vecchia?!

Senza dubbio il ragazzo ha il fisichino più adatto allo studio che allo sforzo fisico, ma mi riservo ugualmente il piacere di osservarlo mentre, con fatica, cerca di sollevare gli scatoloni. Oggi indossa un gilet che crea un interressante effetto ottico, facendo apparire le sue spalle più larghe di quello che sono e che non saprei se definire elegante o sportivo, poichè il modo disinvolto con cui lo porta fa sembrare tutto chic ma casual. Ha senso quello che sto dicendo?

Il poveretto non riesce a sollevare lo scatolone di libri, così, abbandonando le mie considerazioni in fatto di moda, gli do una mano a togliere un po' di libri e posarli sulla scrivania. Quasi mi dimentico che dovrei avere la schiena bloccata e fingo un improvviso dolore.

«Tutto bene?»

Che voce sexy, che ha!

«Sì, sì, tutto bene.»

Se lo berrà questo sorriso idiota?

Finalmente dopo quattro viaggi tutti i libri sono in magazzino ed io ho fatto due chiacchiere con il bell'intellettuale. Lo scopro molto cortese, anche se un po' timidino, un po' tanto... diciamo pure che è aperto quanto un passamontagna, ma rimane comunque cortese.

Sta per salutare e tornare alla sala computer, quindi, con uno scatto degno del mio gatto Pustola, lo precedo e chiamo la ragazza che dovrebbe essere rimasta lì dentro.

«Rachele, giusto?»

Lei si fa trovare già in piedi sull'attenti.

Rachele tiene spesso i riccioli castigati in una treccia, ma per fortuna qualche ciuffo anarchico si ribella a quella dittatura e le cade a incorniciarle il viso, uno di questi sta dondolando come una molla.

Le chiedo se per piacere può scendere alla cartoleria di fianco alla biblioteca, perché, spiego, la mia collega ha finito la risma di carta e io ho assoluto bisogno di stampare immediatamente dei documenti, ma non posso allontanarmi dalla mia postazione. Una scusa inventata a caso, spero non lo noti.

Lei si limita ad annuire vigorosamente, le dico di lasciare sul conto aperto della biblioteca e Rachele si defila.

Bene, dove ero arrivata con il mio piano malefico? Ah, giusto: Tommaso. Adesso è da solo nella stanza dei computer, non l'ho sentito fiatare da quando è rientrato.

Incerta sul da farsi mi rimetto al mio computer e cerco di pensare a qualcosa.

Ecco, adesso lo sento parlare, non c'è dubbio che sia al telefono.

«Giò, sono nella merda. Rachele ha letto il mio taccuino. Rachele, quella carina che viene in biblioteca, quella per cui continuo a giocare a Prato Fiorito da mesi, da quando ho finito di scrivere la tesi, pirla! Che c'entra se ho scoperto solo oggi il suo nome?»

Cerco di battere il più rumorosamente possibile sulla tastiera, non so se per ricordare della mia presenza o per fingere di essere così impegnata da non udire niente.

«Il problema, geniaccio, è che sono circa sessanta pagine che parlo solo di lei! Sono sicuro che l'abbia letto, sì, non ha nemmeno acceso il computer, che avrà letto per un quarto d'ora, la tastiera? No, ora è uscita un attimo, che faccio?»

Sembra che il ragazzo si stia lentamente dimenticando che si trova in biblioteca e alza progressivamente il tono di voce.

«Il problema è che sono timido! “Hai letto il mio taccuino?”, giusto, glielo chiederò. E se lei dice di no che figura ci faccio? Va bene, ho capito, fingere di sapere. Sapere è potere, dopotutto, hai ragione. Allora le dirò “Piaciuto?”. Sembra abbastanza strafottente, sì. E se lei mi dice “Maniaco!”? Che le dico io? Devo dirle che non sono uno stalker! “Non sono un maniaco” , sì, mi sembra un ottimo inizio, ma poi? Ok, hai ragione, le dirò che semplicemente scrivo su di lei perché sono mesi che ci vediamo in bilioteca e lei mi sta davanti e mi distrae con tutti quei capelli. Dici che è meglio se ometto il fatto che negli ultimi due mesi vengo solo per farmi distrarre dai suoi capelli mentre gioco a Prato Fiorito? Sì, meglio omettere, sì. Forse è meglio fingere che non mi piaccia da morire, vero?»

Sento dei rumori provenire dalle scale, penso stia tornando Rachele e se ne accorge anche Tommaso che chiude in fretta la conversazione.

«Non avevano risme di carta.» mi informa la ragazza, scusandosi in un sussurro.

«Oh, fa niente.» le rispondo cercando di minimizzare adesso l'importanza della commissione.

Continuo a battere sulla tastiera come se niente fosse, ma purtroppo ho sentito tutto e continuo ad udire la conversazione che si svolge nella sala dei computer.

«Hai letto il mio taccuino?»

«Era lì sulla scrivania, io... mi ci è caduto l'occhio per sbaglio, non volevo ficcare il naso...»

«Mpf! Piaciuto?»

Faccio fatica a sentire la risposta, che esce in un soffio:

«Tantissimo.»

«COSA? Cioè, io... dovevo dire che... cosa dovevo dire? Ah, sì, io... non sono un maniaco! È solo che tu... tu hai tanti capelli e io gioco a Prato Fiorito, perché sono timido, ma tu mi distrai e io sono laureato, cavolo!»

Tommasino, vuoi scavarti la fossa da solo? Dov'è il tuo buonsenso?

«Aspetta, tu vieni in biblioteca per giocare a Prato Fiorito?»

«Merda, questa era la parte che non dovevo dire...»

Segue un breve silenzio, poi Rachele parla a volume più basso.

«Io gioco a Freecell.»

Altro silenzio imbarazzante.

«Caffè?»

Bravo Tommaso! Alla fine ti sei deciso ad usare un po' della materia grigia che ti ritrovi nella scatola cranica!

Vedo i due coetanei passarmi accanto a testa bassa, lui si morde il labbro inferiore, nervoso, lei lo segue cercando di trattenere un sorriso che vuole sfuggirle.

Che coppia divertente! E che fatica, però! Almeno oggi ho capito come mai imparare a cambiare la password di un computer per farli finire accanto non era stata una buona idea. Però... di quante “spintarelle” avevano bisogno quei due?

Finalmente per un giorno se ne sono andati via prima che li sbattessi fuori per chiudere, questo significa che ho ben trenta minuti per scrivere la loro storia, poi magari la stampo. Giusto! Meglio tirare subito fuori la risma di carta dal cassetto, sennò domani la mia collega non la troverà mai.

Aspetta, come mai Rachele sta tornando nella sala dei computer salendo le scale di corsa, tutta trafelata? La vedo tornare indietro e mi mostra lo zainetto che con tutta evidenza aveva dimenticato, a mo' di scusa. Ci scambiamo un sorriso, le faccio un occhiolino d'intesa e so che in quell'istante capisce tutto.

E va bene, ho mentito fin dall'inizio: non sono affatto depressa.
   
 
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