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Autore: Caramell_    26/02/2016    5 recensioni
Dean incontra Cas perché incontrare Cas è destino e probabilmente è scritto nei cromosomi di Dean e Dean non se ne lamenta, per niente, è solo che il destino certe volte è quello che è ed è un vero bastardo e, sul serio, rendersene conto così è una merda [...] perché Castiel [...] è, tipo, un insegnante ed è l'insegnante di Dean e beh, è uno schifo.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Note: Rimanere a casa a poltrire stimola il mio pigrissimo cervello, riesco a completare storie talmente vecchie che a volte mi stupisco d'esser riuscita a riprendere il filo del discorso in un solo pomeriggio. Spero sia una buona lettura, non posso negare di essermi impegnata, oh, e che non ci siano errori di ortografia o di qualsiasi altro genere - il mio livello di distrazione è rimasto invariato.


























 



Dove sei tu, quella è casa
Emily Dickinson

 

 

 

 

 

 

 

 

Dean incontra Cas perché incontrare Cas è destino e probabilmente è scritto nei cromosomi di Dean e Dean non se ne lamenta, per niente, è solo che il destino certe volte è quello che è ed è un vero bastardo e, sul serio, rendersene conto così è una merda.
Perché Castiel, ecco, Castiel è il suo vero nome anche se per Dean è Cas, solo Cas, è tipo un insegnante e fino a qui non c’è niente di male e insegna teologia e scienze e a volte filosofia e tiene convegni lunghi ore e ascoltarlo è un piacere e sul serio, ma il problema, il problema vero è che Castiel è l’insegnante di Dean e Dean segue due dei suo corsi per più di due giorni la settimana e uhm è lui il primo a riconoscere che avere una cotta per il proprio insegnante è parecchio controproducente e molto, molto patetico. Ma Dean, Dean davvero non ce la fa, e la colpa è di Cas, tutta di Cas, e delle sue stupide camice bianchissime e delle sue cravatte azzurre e della sua faccia e della sua bocca e di tutto il resto e Dean ha perso il conto di quante volte s’è masturbato in bagno pensando a Cas che glielo succhiava.
-sso la verità che, a quanto pare, in questo caso non è concepita come dottrina, ma più come un rivelarsi di Dio nella figura di Gesù che è, come dicevamo prima, Parola fatta carne, verità in persona a sentire Sant’Agostino e a questo punt- e cazzo tutta quella roba è uno strazio e una specie di colpo doloroso all’inguine, ma Cas le dice in un modo così da Cas che Dean starebbe lì a friggere per ore e a sentire la sua voce e a guardargli le mani e il collo e fa sempre così, si mummifica al suo posto e, solo, ascolta, e a volte prende appunti, poi torna a casa, si fa una sega sotto la doccia.
Ma mnh, in realtà sono due giorni che non chiude occhio e il suo corpo ha un disperato bisogno di dormire e quindi, si, il quaderno che s’è portato da casa sembra comodissimo, la sedia non così sgangherata e Dean chiude gli occhi un momento, uno solo, e rilassa le spalle e sente la voce di Cas in sottofondo ed è così bello, tutto quello, e rilassante e forse si concederà cinque minuti e non se ne accorge nessuno e nessuno ci pensa a lui e quindi si, ok, un sonnellino. Sogna che qualcuno lo scuote per le spalle e non la smette più e c’è una voce e una specie di cantilena e si fa più forte e più vicina e Dean sbatte le palpebre e gli sfarfallano le ciglia e ahcazzomerda alla fine si è addormentato sul serio e porca puttana, blu, perché blu? e il professor Cas ha gli occhi blu e sono bellissimi e oh.
- Non pensavo di essere così noioso – e poi Cas sorride e a Dean prende un mezzo infarto e – mnh no io-è solo che- e respira, Dean, andiamo, respira – è ok, sul serio, non succede spesso, ma oggi probabilmente non ho dato il meglio di me – e Cas sospira e Dean si gratta il collo e – è che sono in prova – snocciola svelto – e non dormo da due giorni, perciò- perciò si addormenta alle mie lezioni, signor- Winchester – s’imbarazza Dean – Dean. Winchester – e Castiel annuisce, fissa, e fissa e Dean se ne rende conto adesso, che gli occhi di Cas da vicino sono più grandi, più blu e – mi dispiace – dice – si? – si, sul serio – e Castiel arriccia la bocca, ah, tutto serio, e rigido – sei perdonato – sussurra – poi se ne va, così, come non fosse niente, e Dean rimane imbambolato e con la schiena che brucia, fermo lì per minuti interi, sorride – ok – sussurra – ok
Trascorre tutta la giornata con appiccicato in faccia il sorriso più ebete del mondo.


E la sera sta ancora sorridendo e uhm, probabilmente se si guarda allo specchio è disgustoso, ma Dean non l’ha fatto per tutta la giornata, è un buon segno ma – echeccazzo, Dean, piantala. Sta cominciando a diventare inquietante – e Sam è suo fratello, si, e i fratelli non si scelgono, e Dean lo ama, sul serio, gli vuole un bene dell’anima, ma non è detto che debba anche sopportarlo e poi Sam è un guastafeste e una grandissima testa di minchia, perciò – non rompere, Sammy, sono così felice che potrei vomitare arcobaleni – e – allora – sospira Sam e tira fuori una birra dal frigorifero e stappa e ci si appiccica vicino – chi ti sei scopato? – e Dean guarda come se fosse pazzo e anche se è nel suo stile non c’entra niente, non s’è scopato nessuno, lui, non ancora e glielo dice e – non mi sono scopato nessuno – bisbiglia con la bocca piena – e allora perché sei così schifosamente felice? – e – non sono felice – no? – e Dean scuote la testa – no – e – ok – e poi rimangono un poco così, solo zitti e Dean è abituato a quei silenzi, sono un toccasana per il cervello, e per il cuore, e Sam ha come la sensazione che sarà così per sempre e va bene, non riesce ad immaginarsi niente di meglio ma poi – chi è che vorresti scoparti? – e dio santo, Dean lo ammezzerà, più prima che poi l’ammazzerà, è uno dei suoi buoni propositi, già ci sta pensando – signore dio, Sam, non voglio scoparmi nessuno, non più del solito e ora, per carità, finiscila di sparare cretinate e pensa alle tue, di scopate.
Sam a quel punto alza le mani, la birra ancora stretta tra le dita e comincia a fissarlo e Dean detesta quando Sam lo fissa, è snervante e fastidioso e stupido e fastidioso due volte e Sam lo guarda con quella faccia tutta sottintesi e un giorno di questi a Dean scoppierà qualche vena del collo, se lo sente – c’è – cede, comincia piano piano – c’è questo tizio, al mio corso di teologia – e – ah-ah – borbotta il babbeo e solleva le braccia, ed è ridicolo – io lo sapev-aspetta, teologia? Perché diavolo segui un corso di teologia? – per questo tizio – e Sam storce la faccia, rilassa la schiena sulla poltrona – devo ammetterlo – dice – ha senso – eh – è bello? – e Dean ci pensa e si vede Castiel davanti e non gliene frega niente se è un professore, gli piace tanto che non è quantificabile – si – dice – bellissimo – e Sam sorride e anche Dean sorride e rimangono zitti e – ho conosciuto una ragazza – dice Sam dopo un po’ e – davvero? – si, Dean, davvero – e Dean annuisce piano, finisce il suo panino – anche lei è bella? – domanda – bellissima – e merda sembrano due adolescenti alla prima cotta, ma Dean riconosce che non è niente male avere una mezza-piccola infatuazione come ce l’ha lui, perché è come se tutto fosse frenetico e orribile e dolcissimo insieme e non fa così schifo, sul serio, è semplicemente perfetto.
- Voglio, ecco, voglio invitarla ad uscire – snocciola Sam e Dean lo guarda in faccia e prova a non ridere, ma non ci riesce, e un poco ridacchia davvero e – puoi farlo, Sammy – e poi – mi raccomando, però – e ha una faccia così seria che Sam già sa dirà uno stronzata – prova a durare più di tre minuti – e – non sarebbe carino sennò – e, signore, suo fratello è un imbecille e a Sam non rimane che ridere appresso a lui – sei davvero uno stronzo – gli grida dietro e afferra il cuscino che ha infilato sotto al culo e glielo lancia in faccia, ma Dean sembra la persona più felice del mondo e, beh, dopotutto, va bene così.


Dean detesta svegliarsi presto la mattina e odia le urla di Sam nelle orecchie e il rumore infernale di quella sveglia rompipalle e poi è giovedì e dal suo punto di vista i giovedì sono tremendamente inutili e alzarsi dal letto o solo sollevare gli occhi per uno dei giorni più inutile e stupidi sulla faccia della terra è-un momento. Merda. Giovedì. Rettifica. Porca merda. E cazzo, perché si, Dean non sopporta i giovedì e i venerdì e qualsiasi giorno non sia domenica, ma sono ormai quasi quattro mesi che giovedì è il giorno di Cas e le lezioni al corso di teologia cominciano alle nove in punto e ok, sono solo le dieci, forse c’è stato un problema e Castiel è arrivato in ritardo e, e magari s’è rotto qualche computer e la lezione e stata rimandata e, e niente, deve sbrigarsi, infilarsi i pantaloni e la giacca e afferrare le chiavi e porco cane, spera di arrivare in tempo anche solo per vederlo.
Il punto è che quella è l’ultima lezione e tra un po’, un bel po’ in realtà, è Natale e l’università rimane chiusa per parecchio e Dean ha pensato che non ce la fa a stare due settimane senza vedere Cas ed è una cosa stupida e Cas è un insegnante, ma non gliene frega niente e Dean vuole guardarlo per bene un’ora buona prima di sognarselo solo la notte e-ah, alla fine all’università c’arriva tutto intero e s’attacca alla maniglia e tira e nessuno, là dentro non c’è nessuno, tutto vuoto, finito, computer spenti e Dean sospira, forte, prova a riprendere fiato. Sono le dieci e mezza e ha un ritardo terribile, avrebbe dovuto immaginarselo. Ma forse, forse c’è qualcuno là sopra che lo ama, e parecchio anche, perché è vero, non c’è nessuno o, almeno, nessuno che possa interessargli e Dean stiracchia le labbra in silenzio e – sei in ritardo – si sente dire e poi Cas lo guarda e Dean arrossisce un poco sul naso e gli prendono fuoco le lentiggini, le punte delle orecchie – la lezione è finita da un po’ – e – mi dispiace – sussurra Dean e gli sembra che, con Cas, non faccia altro che scusarsi – non ho sentito la sveglia
Cas sospira e scuote la testa, riprende a scrivere e Dean, da stupido qual è, s’incanta a fissargli le dita. Sono belle anche quelle e lunghe e sottili e poi di sicuro sono calde, e ferme e gentili e sentirsele scorrere addosso deve essere meraviglioso e a Dean tremano un poco le gambe e ha la bocca secca, gli occhi liquidi e quando solleva la faccia vede che Cas lo sta fissando e oh, male, molto male.
- Vuoi chiedermi qualcosa, Winchester? – Dean – cosa? – solo Dean, se non le dispiace – e Cas annuisce – Dean – dice e a Dean non è mai andato pazzo per il suo nome, ma così, così è tutta un’altra cosa, è come se l’avesse appena accarezzato e qualcuno nel suo cervello deve aver appena sparato un razzo e dio santo che cretinata.
- Hai bisogno di qualcosa, Dean? – e Dean si gratta un orecchio e pensa a Sammy e alla sua stupida cottarella e – un caffè – sputa fuori veloce e Cas inclina il viso a sinistra, aggrotta le sopracciglia – un caffè? – si – dice Dean – sa per, per farmi perdonare, per il ritardo e, tutto il resto – e passa un secondo, due, tre e poi, poi Castiel sorride, piano, e sta volta non è solo il suo cervello, ma anche lo stomaco e un poco il cuore.
- Winchester – bisbiglia poi Cas e – mi scusi? – ho solo controllato – spiega – non c’è nessuno con quel nome nel mio corso – e Dean a quel punto vorrebbe sotterrarsi e scavare una fossa così profonda da inghiottire l’intero stato americano ma Dean rimane un imbecille anche quando perde e la sfacciataggine è sempre stata una specie di suo marchio di fabbrica, perciò – non sarebbe conflitto d’interessi – mnh? – quel caffè – specifica – non sono un suo alunno, può uscire con me senza essere sbattuto fuori o, peggio, additato come adescatore di ragazzini – e poi Dean quasi scoppia a ridere, perché Cas ha, tipo, un’aria sconvolta e un sopracciglio alzato e le spalle rigide e la faccia di uno che sta per avere un infarto istantaneo e – perché – dice, schiude le labbra – mi stai chiedendo di uscire con te, Winchester? – è Dean – lo corregge in automatico – e si, ma credevo di essere stato abbastanza esplicito prima – Castiel annuisce ancora e – credo che sarò costretto a rifiutare – dice alla fine e allunga le mani e afferra i fogli sparpagliati sulla scrivania e Dean un po’ si sente male perché ha chiesto a Cas di uscire e Cas gl’ha appena detto di no e non ci pensa proprio che forse è normale e che Cas è un insegnante e lui solo uno studente e nemmeno troppo brillante, solo, vuole solo che lo guardi e lo veda e lo prenda in considerazione e – quindi – bisbiglia alla fine, Cas s’avvicina, si ferma un attimo – va bene?
- Dean – e Castiel ha appena detto il suo nome e l’ha detto così bene, fermo, come fosse un rimprovero, ma a Dean sta bene così e – non le dà fastidio se continuo a provarci? – e Castiel stringe forte le dita, sospira e scuote la testa, mezzo rassegnato – ti stancherai presto – mormora e poi se ne va e come la prima volta lascia Dean fermo in un’aula vuota, ma stavolta ce lo lascia deciso, preparato. Dean decide che troverà un modo, uno qualunque e prenderanno quel caffè, non gl’importa nient’altro.
 

Le vacanze di Natale sono terribili, ma no, non sul serio, perché Bobby va a trovarli e lui e Dean e Sam passano un’intera settimana insieme e, per miracolo di non si sa quale santo, si ritagliano pure un paio d’ore per addobbare l’enorme albero finto che da due anni prende polvere in cantina. L’unico problema è che Dean ci pensa, a volte, a Cas e al loro caffè e alla sua faccia sconvolta, ai suoi occhi, alle sue mani, a tutto e ci pensa continuamente e quando è a letto, da solo, ecco, allora è terribile ed è bellissimo e Dean non ci può fare niente e prova ad immaginarsi come deve essere, essere toccato da Castiel e sentire le loro pelli a contatto e si viene forte addosso, geme come una ragazzina.
Poi, poi succede ed è colpa di Sam, ma è sempre colpa di Sam, perciò – è che, ecco, voglio prenderle qualcosa, capisci? E lei è così intelligente, così troppo per me che, ah, un libro, un libro potrebbe piacerle, no?
E quindi si, il fatto è che Sam vuole fare un regalo a quella sua stupida cottarella da universitario e Dean è costretto a seguirlo per mezza città e finiscono in una libreria e Dean le detesta, le librerie e, mentre Sam si dimena tra scaffali e scaffali di pagine ammuffite – questo, no, no e ques-oh – Dean si guarda un poco intorno e libro uno, libro due, libro tre, quattro, orribile, deve essere una palla assurda e alla fine l’occhio gli cade sull’ultimo libro d’uno di quegli scaffali non troppo in alto, uno di quelli ordinati per colore e misura e oddio.
Comunque più che un libro pare un diario, strettissimo, in formato tascabile, nuovissimo e lucido e Dean aggrotta piano le sopracciglia e scorre un poco le pagine con la punta del dito e sono citazioni, frasi così corte e piccole che Dean riesce a leggerne dieci in nemmeno cinque minuti. Sono, belle. Cioè. E Dean inclina la testa e sono divise per argomento e ci sono talmente tante pagine bianche e basta che, una volta acquistato, è quasi un dovere sentirsi derubati che, più o meno, è come si sente Dean quando riesce a trascinare suo fratello via da quel posto infernale. E – Dean? – che vuoi, Sam? – l’hai comprato sul serio? – Sam – oh mio dio, perché diavolo l’hai comprato sul serio? – è perché-perché oh, andiamo, non rompere e zitto – e Sam non la smette di ridacchiare, ma tipo, mai e Dean arriva a fine serata che prova a fare di tutto per evitare di spedirlo in orizzontale e ok, non ci riesce, e deve sorbirsi i suoi grugniti idioti per una quasi-mezza settimana e dio, l’amore fa schifo.


Dean in verità ha un piano e non è neppure un piano così malvagio e poi c’ha pensato per tutte le vacanze e quindi per la sua testa sarà un successo, punto e basta e, beh, ha bisogno di post-it, una montagna di post-it e di penne, una montagna di penne e poi può cominciare, gli ci vorranno come minimo un paio d’ore e quando poi si torna a scuola e Dean è agitatissimo, si presenta nell’aula di Cas due ore prima che cominci la prima lezione della giornata e quel corridoio è deserto e inquietante e Dean sta per avere un ictus, a di quelli veri, e infila una mano nella borsa che porta a tracolla e caccia fuori uno di quei quaderni con gli anelli, blu, perché adesso blu è il suo colore preferito, perché si, e l’appoggia sul legno della cattedra, sgattaiola via come un ladro.
È che c’ha lasciato scritto una cosa, là dentro. Guardami negli occhi, ha preso in prestito e tracciato in blu, e dietro a questo punto nero sono io, e questo piccolo punto impedisce che tu possa vedermi [1], poi ha lasciato un poco di spazio e D.W. s’è firmato perché Cas deve sapere e durante la lezione deve guardarlo e pensare a Dean e magari innamorarsi un poco di lui e rimuginarci tutto il giorno e, ok, nella sua testa tutto quello sembra molto meglio di com’è in realtà, ma ci sta provando e non ha intenzione di mollare così facilmente. E poi Cas il suo messaggio lo trova sul serio, e lo legge e Dean lo vede spalancare i suoi bellissimi occhi blu e dischiudere le labbra, stringere le palpebre e pensa ch’è più bello del solito, tutto confuso e coi capelli in disordine e allora la scrivania di Castiel continua a riempirsi di citazioni e di idee e di frasi scritte di fredda e Cas le trova ogni mattina e ogni mattina le legge e spalanca gli occhi, gli tremano le ciglia, e poi, furtivo e nervoso, se le nasconde nei libri enormi che si porta dietro e tiene la lezione che ha programmato a casa, a cui ha pensato tutta la notte e, quando poi a casa ci torna, la sera, Dean non lo sa, ma si rilegge tutto, e le frasi belle, e quelle brutte, sorride, scuote la testa e le raccoglie tutte in una scatola da scarpe, si ripromette che proverà a rilegarle una per una.
La più diffusa malattia degli occhi è l’amore a prima vista [2] trova una volta e sempre due lettere D.W. scarabocchiate in basso e questa, questa Castiel la conosce , solleva lo sguardo, s’arrotola una ciocca scura attorno alle dita e lo trova, D.W, seduto in ultima fila, i pugni chiusi sulle guance e gli occhi attenti. Poi è la volta delle frasi amatoriali, di quelle semplici e buttate giù di getto, di quelle nelle quali Castiel forse riconosce sul serio l’alunno spericolato e testardo che ha preso a fargli la corte ed ecco, parlare con gli occhi è molto più facile, niente errori, solo verità e poi sotto, per la prima volta, uno di quei post scriptum degli adolescenti alle prime cotte, ps recita il biglietto io la guardo prof, sul serio, e con lei ci parlo, ma lei, lei mi sente? e Dean, quando si sveglia presto e va a seguire le sue lezioni, lo vede accartocciarsi i suoi fogli in tasca, sorridere lento, e allora pensa che il suo piano sta funzionando e prende a pensare alla prossima frase, alle prossime lettere.
E vanno avanti così per un mese e Sam non fa che prenderlo per il culo, ma, tipo, continuamente – diavolo, Dean, ma perché semplicemente non gli chiedi di uscire? – sta zitto, Sam – oh, andiamo, credo tu la stia facendo un po’ troppo difficile. Fa come me, Jessica ha accettato e, indovina?, ho solo chiesto – Sam, per pietà, evita di rompere – ma Dean non fa che scrivere, e scrivere, e scrivere e alla fine qualcosa succede e Cas lo ferma un momento dopo la lezione, gli tocca una spalla con la mano – Dean – dice e Dean già ha le ginocchia molli, la gola riarsa – che significa? – e Cas ha un foglio infilato tra le dita e ha delle dita lunghe, affusolate, belle e Dean ci mette un po’ a rispondere, a ricordarsi il suo nome.
- Aveva detto che non le importava se continuavo a provarci – snocciola sicuro – e io ci sto provando – e Cas fa quella cosa, quella cosa che lo tormenta anche la notte e inclina un poco la testa e aggrotta la fronte, stringe le labbra – io sono un insegnante – dice ed è come se fosse in dubbio anche lui, come se dovesse ricordarlo a se stesso, a Dean – non sarebbe – e si ferma un poco e cerca la parola giusta – decoroso – e Dean arriccia l’angolo destro delle labbra e stringe gli occhi verdi e Castiel, anche lui, un poco s’incanta e – no davvero – bisbiglia, scuote la testa.
- È solo un caffè – dice Dean – e io non faccio parte del suo corso, è molto più decoroso di molte altre cose – e Cas sembra pensarci su e ponderare sul serio l’idea e per Dean quella già è una piccola vittoria e gli esplodono milioni di fuochi d’artificio nella pancia, negli occhi e – allora? – sussurra, arrossisce un filo e Castiel, Dean ancora non lo sa, è per quello che si convince, quasi s’allunga a toccarlo – ci viene con me?


E quel caffè lo prendono, alla fine, e uscire con Castiel è proprio come Dean se l’era immaginato; una specie di realizzazione di sogni ad occhi aperti, bello, rilassante e – mi sono piaciute – scandisce Cas con la bocca appoggiata alla tazza, poco caffè, un sacco di zucchero, e latte, e una spruzzata di cacao – le tue frasi – specifica – mi sono piaciute tutte – e dall’imbarazzo Dean si brucia la lingua e ci rimette un paio di papille gustative e gli si infiammano le orecchie e tossisce e – non sono mie – dice – ho trovato questo libro e-lo so, Dean – e Dean vorrebbe che Cas pronunciasse il suo nome di continuo, per sempre – le hai scelte tu, però, ed erano belle – lo erano? – molto – e poi rimangono in silenzio per un tempo che a Dean pare lunghissimo e non è un silenzio imbarazzante, un vuoto di conversazione, è più un riprendere fiato e respirare e sperare che tutto quello vada avanti per un po’, un po’ tanto.
- Perché io? – gli chiede poi Cas e Dean lo sta ancora guardando e i suoi occhi sono d’un verde così luminoso che Castiel quasi s’incanta, si maledice, ma Dean, Dean gli gratta piano una guancia, storce la bocca e gli si incavano le guance – perché? – e Cas annuisce – sono più vecchio di te, nemmeno tanto bello, un tuo insegnante – snocciola piano – quindi, perché? – e Dean sorride un poco, di quei sorrisi accattivanti e storti che tanto fanno girare la testa alla metà delle sue studentesse e gli guarda le ciglia lunghe, lunghissime e il collo bianco e gli occhi e la bocca – è solo, è solo che lei-tu – e le lentiggini gli prendono fuoco e Castiel si rende conto che sarebbe capace di contarle tutte, una per una, distinguerle dal rossore della sua pelle – è che sei, tu, e niente, solo questo – e Cas inclina un poco la testa, un ciuffo umido gli scende sulla tempia – non sembra un motivo tanto valido – lo è – contesta Dean – per me lo è – poi sospira e – d’accordo, ok – andiamo Dean, va bene, è Cas – è perché ti ho sentito parlare, là dentro, in aula, di cose di cui non conoscevo nemmeno l’esistenza e che mi sono piaciute appena hai aperto bocca, e perché t’ho visto prima, e dopo, ed è stato come se non avessi mai visto nessun altro in vita mia e perché mi sembra di volerti bene da sempre, di non aver fatto altro fino ad oggi – e adesso non sono solo le lentiggini, è tutta la faccia, è tutto Dean che va a fuoco. Castiel ha gli occhi un poco spalancati e, merda, è rosso sulle guance, e sulla fronte e Dean maledice quel fottutissimo tavolo che lo separa dalla sua bocca e la gente che c’è intorno, le loro differenze, tutto il resto. E poi Cas solleva un angolo della bocca, e sorride, ridacchia piano. È delizioso, sul serio, Dean non riesce a trovare nessun altro aggettivo – così, pretenzioso – gli dice e Dean per la prima volta lo sente ridere, a bassa voce, discreto e non riesce a smettere di guardarlo e, si, un po’ idiota si sente, ma con Cas, con Cas è normale.
- Dean – mnh? – sei meraviglioso – e ok, l’ha detto davvero merda, niente panico e non è vero, non lo è, e dio, dio santo quanto ti amo – io sono mnh – e meraviglioso è il fatto che tu non te ne renda conto – e Castiel sorride, tutto denti e guance colorate – ma non posso darti più di questo, e lo sai – poi si alza e la sedia scricchiola e Dean rimane imbambolato per due secondi, due secondi di troppo, e lo vede allontanarsi, piano, e fissa i cinque dollari che Cas ha lasciato vicino alla sua tazza e sorride, impreca, prova a non pensarci, e gli tremano le mani, addio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 















 

 

[1] Lorenzo Olivan
[2] Gino Carvi

 

  
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