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Autore: _Agata_    26/02/2016    2 recensioni
Il vino scioglie i pensieri e scatena i ricordi. Re Robert ricorda, riflette sul suo passato, su di sé e sulle persone più care.
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Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Eddard Stark, Robert Baratheon
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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“Io stesso non so molto di preciso sulle mie relazioni e non intendo nemmeno chiarirmelo. Di una cosa sola sono certo: che sono un povero pazzo.” 

 
Se quella puttana di Cersei aveva pensato di prenderlo in giro come un qualsiasi idiota, aveva fatto male i suoi conti. Pensava davvero che lui non immaginasse, non sapesse? No, Robert era davvero l’ultima persona cui cercare di rifilare quel genere di frottole. Ne sapeva troppo, di relazioni insane. I tre bastardi che portavano il suo cognome non avevano nemmeno un’oncia di sangue Baratheon. Forse, forse poteva avere qualche dubbio su Joffrey, ma gli altri due… Pensava davvero, la sua regale consorte, che fosse troppo ubriaco per ricordare dove lo metteva, o dove non lo metteva? Dove non lo aveva messo per troppe lune di seguito, per avere anche solo il dubbio che quelli fossero figli suoi?

Lui ed Eddard stavano tirando di scherma, al tiepido sole estivo dei cortili di Nido dell’Aquila. Poi qualcuno aveva annunciato l’inatteso arrivo di Lady Lyanna Stark. Il viso di Ned si era illuminato, gli occhi brillanti ed un sorriso trattenuto a stento; aveva lasciato cadere la spada al suolo e si era slanciato dalla direzione da cui era venuto il paggio, per voltarsi indietro dopo qualche passo, ma senza fermarsi, gridando di gioia verso di lui:
“Dai, vieni, ti faccio conoscere mia sorella!”
E l’aveva vista così, per la prima volta, i capelli castani baciati dal sole, gli occhi socchiusi, abbandonata all’abbraccio del fratello, che la stringeva dopo mesi di lontananza, durante i quali si erano scambiati lunghe lettere attese con impazienza e scritte con premura. Ned l’avvolgeva con le braccia, con le spalle, con il busto, e lei si afferrava a lui come se non avesse atteso altro. Aveva pensato, Robert, che avrebbe dato metà del proprio sangue per essere al suo posto.
E in quel momento, in quel preciso istante, lo aveva saputo. Aveva saputo che nella sua vita avrebbe amato davvero una sola donna, Lyanna Stark. Da subito l’aveva amata. Non per i lunghi capelli, non per le labbra vermiglie, non per i tratti eleganti, non per le forme che timide iniziavano a sbocciare; e nemmeno per il piglio focoso, né per i palpiti di dolcezza, che solo in seguito avrebbe imparato a conoscere. L’avrebbe amata perché Ned l’amava. L’amava perché era quanto di più vicino a Ned gli fosse concesso amare.

Spesso si chiedeva se non fosse un povero pazzo, a tollerare una situazione degenere fino a quel punto. Invariabilmente, si rispondeva di sì. Avrebbe dovuto svergognare e ripudiare la cagna che si era ritrovato a scaldargli le lenzuola. Poi si chiedeva a chi avrebbe giovato. Non alla casata Baratheon che ne sarebbe uscita umiliata, non ai bambini per cui nonostante tutto nutriva un po’ di affetto, non al regno che si sarebbe trovato senza legittimi eredi al trono. Né tanto meno a lui; non gli importava a chi si concedesse Cersei, come non gli importava delle altre puttane che frequentava. Non lo avrebbe rincuorato saperla oltraggiata ed avvilita. Sprofondarla nel fango non gli avrebbe reso Lyanna. E l’unica persona che lui amava… era un abominio tanto quanto quello di Cersei, forse peggiore, inviso agli uomini e agli Dei. Che la sgualdrina continuasse la sua farsa, se lo riteneva. Lui aveva i propri macigni sul cuore da sollevare ogni giorno.

La stagione mite aveva ceduto il passo ad un inverno inclemente, ed in quel volgere di mesi aveva avanzato la sua proposta ed ottenuto la mano di Lyanna. Non era stato facile persuadere la fanciulla, gli aveva raccontato Eddard, data la sua tendenza a peregrinare da un letto all’altro. Ma Robert era pronto a giurare che non avrebbe più toccato nessun’altra donna, dopo le loro nozze. Lyanna gli sarebbe bastata; avevano gli stessi capelli, gli stessi occhi, lo stesso sorriso, e lei cavalcava e tirava di scherma, e chissà quante altre somiglianze avrebbe trovato col tempo… Magari il modo di corrugare la fronte quando si concentrava, o di intrecciare le dita quando era nervosa … Non gli sarebbero servite altre alcove. Lyanna sarebbe stata abbastanza.
Amare Lyanna sarebbe stato come amare Ned. Non era una finzione, non era un pretesto. In lei amava il fratello, ma non l’amava di meno, o meno sinceramente, per questo. Semmai, l’amava di più, l’amava perdutamente, l’amava alla follia perché attraverso di lei poteva amare lui come mai in nessun altro modo avrebbe potuto. E l’amore per l’uno e per l’altra non si sommava semplicemente, ma si moltiplicava in ogni rimando dall’una all’altro, riempiendo il suo cuore di così tanto amore da non poterlo contenere, da poterne scoppiare da un momento all’altro.

Quanto amara era la maturità e quanto salato il costo di una fiduciosa giovinezza. Tutta la devozione che lo colmava, il tempo e gli strali della sorte l’avevano guastata e fatta inacidire, e ormai dentro di sé trovava solo una massa putrescente di tristezza, solitudine, amarezza. Se avesse osato, in barba alle leggi degli uomini e degli Dei, quando non lo aveva fatto, troppo ligio per tentare un sentiero così sconsiderato; se si fosse lanciato sapendo che non c’era una rete, forse avrebbe volato. Invece aveva seguito le tradizioni ed il comune senso di rettitudine, conformemente alle aspettative non aveva agito. Ed era stato infine premiato con l’angoscia di una vita svuotata di gioia e di senso, che si trascinava lenta e miserabile, spenta; una pena a cui ogni giorno cercava di trovare un antidoto o anche solo un palliativo, nel vino, nel cibo, nelle donne; nell’oblio. Dimenticare per non soffrire, dimenticare perché non c’era più un rimedio, non c’era più niente che potesse fare, niente che potesse anche solo sperare di poter fare per recuperare quel che aveva perduto. Ogni giorno pagava lo scotto del rimpianto, rimpiangeva gli errori che non aveva avuto il coraggio di fare, e che non poteva più commettere; troppi anni si erano accumulati, e troppi silenzi, troppo dolore, troppa lontananza.

La notte era scesa, gelida e umida, e loro due se ne stavano accasciati davanti al camino, coperti da pesanti coltri ed addossati l’uno all’altro per tenere lontano il freddo. Avevano brindato e chiacchierato, brindato e riso, brindato e brindato ancora. Tante volte i calici erano stati rabboccati, tante volte svuotati; l’ebbrezza che li aveva colti li aveva resi dapprima chiassosi e ridanciani, poi quieti e silenziosi. Ned aveva lasciato cadere la testa, appesantita dal vino, contro la sua spalla, ed aveva chiuso gli occhi. Respirava contro al suo collo. E lui accarezzava pensieri che mai avrebbero dovuto raggiungerlo. Li accarezzava come distrattamente sfiorava la peluria ancora rada che copriva le guance dell’altro, il profilo austero degli zigomi e della mandibola. Come esitante scendeva a seguire la linea del collo in punta di dita, per non turbarne il riposo.
Ad un certo punto, aveva smesso di pensare. Aveva sollevato delicatamente il viso di Ned, aveva passato una mano fra i suoi capelli, aveva posato la fronte sulla sua. Poi aveva esitato, inspirando profondamente, i visceri in subbuglio. Sapeva bene come continuare, altrettanto bene sapeva che era sbagliato, immorale, empio. Sapeva che non avrebbe dovuto, ma era più forte l’amore. Perché di amore si trattava, non di lussuria, non di concupiscenza. C’erano diversi più o meno leciti giacigli in cui sfogare le brame della carne, ma nessuno sfogo per l’amore che gli colmava il cuore. Aveva posato le labbra sulle sue, trattenendo il respiro; le aveva lambite appena, lieve, incerto. La bocca di Ned si era schiusa per lui. Aveva osato insinuare la lingua, poi si era ritratto, turbato, emozionato. Aveva adagiato più comodamente Ned sul divano, gli aveva sistemato con cura le coperte, e poi si era ritirato nella sua stanza.

Non aveva mosso guerra ai Targaryen per il trono. Voleva indietro la sua promessa e voleva rendere a Ned il sorriso, vendicandone il padre e il fratello maggiore. Ereditare le terre del padre e sposare la donna che amava non sarebbe stato troppo poco. Ma gli Dei non erano d’accordo. Si erano presi la vita di Lyanna e la gioia di Eddard, e a lui era rimasta soltanto la magra consolazione di quello scomodo scranno.

Non c’era posto per altro che per il dolore. Eddard stava accompagnando la salma della sorella nell’ultimo viaggio, verso Grande Inverno, alla cripta di famiglia. Era giunto ad Approdo del Re nella notte, aveva chiesto soltanto un letto dove riposare, sarebbe ripartito l’indomani prima dell’alba. Soltanto per caso lui lo aveva saputo, soltanto per caso aveva potuto incontrarlo, nella stanza che gli avevano assegnato. Per lunghi istanti erano rimasti ad osservarsi. Ricordava bene la lite furibonda che aveva preceduto la partenza di Ned. Ma non c’era posto per altro che per il dolore, per entrambi. Entrambi avevano perso qualcuno di prezioso. Il dolore era più forte dell’astio, il bisogno di conforto più forte dell’ostilità. Lo avevano capito nello stesso istante. Si erano stretti l’uno all’altro come all’unica ancora di salvezza in un mare in tempesta. Trascinato da una necessità impetuosa e viscerale, per la seconda volta aveva attaccato le labbra a quelle di Ned. In quello slancio quasi brutale non c’erano la trepidazione e la delicatezza di una notte lontana in una roccaforte fra le cime innevate; c’era un abisso in tempesta di sofferenza, e il bisogno impellente di riemergere dalle onde e respirare, di sentire che c’era ancora qualcosa in mezzo allo sfacelo e alle rovine. Sapeva che sarebbe stato respinto, ma questo non era valso a fermarlo, il cuore aveva deciso prima della ragione. Invece Ned si era aggrappato a lui ed aveva risposto, con la stessa aggressività, con la stessa disperazione, con la stessa necessità. Era stato un lungo, lunghissimo bacio, che li aveva portati lontani da tutto e da tutti; quasi una lotta, un reciproco tentare di vincersi e poi una resa e un cercarsi in pace, e di nuovo, più volte di quante fosse riuscito a contare. Si erano staccati a fatica, solo quando il respiro era mancato, e il peso degli ultimi eventi si era schiantato come un macigno sulle spalle di entrambi, schiacciandoli nuovamente con la consapevolezza della devastazione dei loro cuori.
“Ho davvero bisogno di dormire, adesso…” lo aveva congedato Ned.
E quel bacio era rimasto sospeso fra di loro, come il malsano frutto dei terribili incubi in cui i loro giorni di allora si erano trasformati. Mai un cenno, mai un riferimento; fino a poter credere che non fosse mai successo.

Il cavallo nitrisce e s’impenna, strappando Robert ai ricordi in cui il vino lo aveva sprofondato. Si agita, lo disarciona. Fin troppo distintamente il Re vede il cinghiale infuriato avvicinarsi in carica, un singolo balzo alla volta; ma le sue membra non rispondono come vorrebbe, come dovrebbero, e troppo lentamente riesce a rialzarsi e ad imbracciare l’arma. Il cinghiale gli è addosso.
  
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