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Autore: LaNonnina    28/02/2016    2 recensioni
Sophie soffriva, soffriva di un dolore tremendo, un dolore orrendo causato dall’amore.
Non a causa di un amore non corrisposto o violento o impossibile, ma per un amore perduto.
Eppure, Luke le aveva promesso che non l'avrebbe lasciata, mai.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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*** NOTA DOVEROSA ***
Questa storia era già stata pubblicata da me medesima. Ho deciso di eliminarla e sistemarla per poi pubblicarla nuovamente, in soli tre capitoli, e - spero - con uno stile più maturo e corretto. Quando l'ho riletta infatti mi è sembrata un po' infantile, caratteristica non propriamente adatta per questa tematica assai delicata. Non ho messo il rating giallo, penso non sia necessario, ma posso sempre cambiarlo se pensate che verde sia riduttivo. La trama si ispira e prende spunto dal film P.S. I love you, ovviamente non ne detengo titoli o diritti, mi ha solo dato un'idea. Ultimo ma non meno importante, vorrei ringraziare in particolare Niniel82, Joy_10, CinderNella e Clairy che avevano gentilmente recensito la storia e chi l'aveva inserita tra le seguite o aveva semplicemente letto.
Grazie di cuore a tutti, buona lettura.
LaNonnina

 

LOVE NEVER DIES

Stay strong
 
Sophie si agitava irrequieta nel letto, continuando a girarsi e rigirarsi tra le coperte per tentare di riposare almeno un po’. Sprimacciò il cuscino e vi immerse la testa augurandosi di soffocare.
Il suo desiderio, però, non fu esaudito.

Sophie stava soffrendo. Soffriva di un dolore tremendo, un dolore orrendo causato dall’amore. Non un amore non corrisposto o violento o impossibile, ma un amore perduto.
Quante sono le vedove sparse per il mondo, chissà.
Ciascuna di quelle donne, giovane o matura che sia, sente su di sé il peso della perdita di una parte del loro cuore. Niente può colmare quel profondo vuoto rimasto nella loro anima, trasformata in un enorme buco nero che pare risucchiare ogni scintilla di vita rimasta.

Questo è accaduto anche a Sophie, una stella luminosa implosa, che ha iniziato ad inghiottirsi nel buio del baratro aperto da lei stessa. Fino ad un paio di mesi prima, Sophie aveva un marito che l’amava e la faceva sentire viva.
Ora Luke era morto e lei sentiva di esserlo insieme a lui.

Sophie aveva finalmente trovato una posizione abbastanza comoda e stava per addormentarsi, ma il suo sforzo fu reso vano dal suono acuto e perforante di un’ambulanza. Imbronciata, girò il cuscino per appoggiare la testa sul lato fresco. Nemmeno questo però poté rimediare al danno della sirena.

-Anche questa notte non riesci a dormire?
“Secondo te?”
-Già, pare proprio di no…
Intuì il suo sorriso.
-Devi riposarti, non puoi sciupare in questo modo il tuo bel visino!
“Non ci riesco…”
-E perché?
“Tu non ci sei…” Sospirò.
-Questo non è vero, io non ti lascerei mai…
“Però lo hai fatto!” Sbottò all’improvviso.
Lo sentì irrigidire la schiena.
Sophie passò una mano tra i capelli lunghi e mossi, afflitta, esausta, vinta. “Scusami, non volevo. Io… non so. Non so più nulla. Niente ha più senso senza di te, nemmeno dormire mi sembra necessario e…”
-Sssh… Tranquilla, rilassati. Sono qui con te, ora.
Percepì il suo abbraccio e vi si abbandonò, facendosi cullare dal battito di un cuore che si era spento da due lunghi mesi. “Perché fa tutto così male? Cosa ho fatto di sbagliato?”
- Assolutamente niente.
“E allora? Dio ha creduto di avermi dato troppo così da potersi permettere di portarti via da me?”
-Non penso che lui faccia carognate di questo genere. Ha progetti ben più ampi che non possiamo comprendere. Devi solo avere fede.
“Per te è facile crederci… Resta almeno fino a domani mattina.” Mormorò prima di assopirsi, ascoltando quella voce che tanto aveva amato, e tuttora amava, mentre le sussurrava: Io resterò per sempre.

***

Io e la mia dolce dolce mogliettina non siamo in casa. Lasciate un messaggio dopo il beep, ci faremo sentire al più presto!
– Beeeeeep –


Sophie si svegliò con calma, facendosi coccolare dalla voce di Luke. Ascoltarla sulla segreteria telefonica era decisamente molto meglio che sentirla nella propria testa.
Sophie! Sono la mamma, so che sei ancora a letto… svegliati pigrona! Mi avevi promesso che mi avresti accompagnato dal dottore questa mattina!
Sophie spalancò gli occhi, furiosa. Se c’era una cosa che proprio non tollerava era essere buttata giù dal letto dalla voce squillante di sua madre. A maggior ragione, se interrompeva il flusso di nostalgia scaturito dalla segreteria telefonica registrata da Luke.
Coraggio! Rispondi a mamma!
Con uno sforzo enorme, Sophie abbassò il piumino lilla e si mise a sedere. Guardò l’orologio: erano già le dieci e all’appuntamento mancava meno di mezz’ora. Imprecò a bassa voce, nonostante sua madre non potesse in alcun modo sentirla.
Tesoro! So che sei ancora a letto! Alzati!
La ragazza prese il cordless appoggiato sul comodino e finalmente rispose. “Buongiorno anche a te mamma…”
Oh… finalmente! Orsù! Lavati, vestiti e magari mangia qualcosa… è tardi!
“Mamma non sei Hitler e io sono abbastanza grande per sapere cosa fare appena sveglia la mattina…”
Non ne sono tanto sicura sai, tesoro mio?
“Grazie mamma, davvero. Ora se permetti, vorrei prepararmi…”
Oh scusa cara… ora metto giù.
“A dopo.”
Sophie! Ancora una cosa!
Sophie sbuffò. “Cosa c’è?”
Aprimi la porta tesoro, sono qui fuori da venti minuti e sono congelata!
Sophie chiuse la chiamata incredula. Indossò un maglione blu di Luke a mo’ di vestaglia e scese al piano di sotto per andare ad aprire la porta.
“Non ci credo… ma non può suonare il campanello come tutte le persone normali?”
- Amore, vorrei ricordarti che tua madre NON è una persona normale!
“Luke! Lo sai benissimo che è solo un po’ strana…”
- E tu la definiresti solamente strana?
“Ma smettila! Guarda che se ti sente sono guai!” Sophie si immobilizzò, rendendosi conto dell’assurdità della cosa. “Che stupida che sono. Lei non può sentirti…”
Non sapeva come, non ne sapeva il perché, ma lei lo sentiva accanto a sé e gli parlava. Lui era morto, ma lei continuava a raccontargli ogni cosa e a comportarsi come se fosse ancora dove doveva avrebbe dovuto essere: al suo fianco. Davvero speciale però era il fatto che lui le rispondesse. Luke le sussurrava parole dolci all’orecchio per calmarla, rassicurarla, aiutarla, come se non se ne fosse mai andato.

Questa situazione era semplicemente paradossale.
Sophie davvero non capiva come tutto ciò potesse accadere. Credeva che fosse tutto frutto della sua mente ancora in stato di shock per la scomparsa improvvisa del marito.
Però le sembrava tutto così vero.

Si bloccò davanti alla porta, gli occhi velati di lacrime. Doveva assolutamente riprendersi o sua madre si sarebbe trasferita a casa sua chiamando uno strizzacervelli per aiutarla ad affrontare la perdita.
Si strofinò gli occhi, indossò il sorriso più falso ed aprì la porta.

“Tesoro, siamo in ritardo! Corri a cambiarti!”
“Signorsì signora!”
Anne diede un amorevole scappellotto alla figlia e, mentre Sophie cominciava finalmente a prepararsi, diede un’occhiata all’appartamento. Fece delle indagini in cucina e trovò scodelle, piatti, bicchieri e posate perfettamente puliti, sistemati nei rispettivi scomparti. Al contrario il tavolo ed il lavello erano imballati di cartoni di pizze e confezioni d’asporto di cibo cinese.
“Come sospettavo…” Sospirò Anne.
Il tavolino del salotto invece era pieno di oggetti appartenenti a Luke: scarpe, vestiti, il suo orologio, il video del loro matrimonio, la sua palla da basket… Sul pavimento erano posizionate delle foto in ordine cronologico. Sembrava un puzzle, ma un puzzle particolare, perché raccontava la favola di Sophie e di Luke, dalle prime uscite fino al matrimonio e all’inizio della loro vita insieme.

Tutta la loro storia si trovava lì, sul pavimento.

Anne pensò che Sophie avesse voluto calpestare tutto quello che c’era stato fra lei e Luke, tutto ciò che lei era stata insieme a lui. Non capiva invece che quelle fotografie, per sua figlia, erano il pavimento stesso della sua vita. Sophie non avrebbe mai potuto cancellare il suo passato, o passarci sopra, ma lo avrebbe usato come fondamento per la sua vita futura.
Questo, ovviamente, solo quando si sarebbe sentita pronta per ricominciare tutto daccapo.

***
 
“Sophie, sbrigati! Non te lo ripeto più!”
“Sono pronta!”
Sophie comparve sull’ultimo gradino. Anne la guardò scettica, squadrandola dalla testa ai piedi. Indossava una tuta blu scuro, chiaramente non sua dato che aveva dovuto fare i risvolti alle estremità dei pantaloni e delle maniche.

“Che c’è?” Sbuffò la figlia, legandosi i lunghi capelli castani in una coda alta.
Anne levò un sopracciglio. “Come - che c’è? - Guardati! Sei sciupata, distrutta, non usi i tuoi vestiti sebbene tu abbia un armadio che straripa più di un fiume in piena, mangi schifezze su schifezze, il tuo salotto sembra un campo di battaglia e tu osi chiedere a me, tua madre, - che c’è? - !!” Prese fiato. L’età certo non aiutava in casi del genere, ma avrebbe volentieri dato entrambi i polmoni per rivedere sua figlia solare e felice come una volta.

Sophie sentì nascerle dentro uno strano sentimento. Lo identificò come un misto tra frustrazione e rabbia, anche se sapeva che sua madre aveva ragione. Le sembrava però tutto troppo difficile ed era troppo presto per ricominciare, quello che le era accaduto era troppo ingiusto.

Tutto le sembrava semplicemente troppo.

“Mamma, ho appena trent’anni e sono già vedova, mio marito è morto poco più di due mesi fa e tu mi rinfacci il fatto che io mangi schifezze e mi metta i suoi vestiti?”
- In effetti non ti fa bene mangiare quella roba… Sai che i cinesi cucinano i topi?
“Taci tu! Non sei di aiuto!” Sbottò Sophie.
Anne impallidì. “Ecco, vedi tesoro?! Parli pure da sola! E io non mi dovrei preoccupare?”
Freddo. Sembrava che una corrente d’aria gelida fosse appena entrata nel salotto di casa Minton. Brividi bollenti corsero lungo la schiena di Sophie. “I-io… No, non è co…”
“Non è come credo? Sophie, per favore, sono tua madre. Io so quando sei felice, quando sei triste, quando stai male, se la giornata è storta… semplicemente io so. È il mio mestiere…” Anne la guardò amorevolmente.
A Sophie sfuggì un sorriso che, così come era apparso, altrettanto all’improvviso sparì. “Lo so che può sembrarti strano… Ma lui mi parla e io lo sento. Lui è qui accanto a me… E io? Cosa posso fare io se non rispondergli?”
“Tesoro, è normale… Lui se n’è andato da poco e ti manca così tanto che il tuo cervello rielabora i ricordi che tu hai di lui e ti sembra di averlo ancora vicino…”
Sophie la guardò storto. “Da quando in qua sei un’esperta in psicologia?”
“Non sono un’esperta, ci sono passata anche io…” Sospirò la madre.

Papà.

Il marito di Anne era morto, quando Sophie era ancora una ragazzina, a causa di un tumore al fegato.
Ma lei era stata coraggiosa, non si era arresa, aveva stretto i denti e guardato avanti, per garantire a Sophie un futuro sereno e tranquillo.

“Scusa mamma, non vol…”
Anne strinse la figlia in un caldo abbraccio, lasciandole un bacio in fronte. “Ssh, tranquilla, non ce n’è bisogno…”
Sophie si fece cullare dalla madre.

Perché non era come lei? Così coraggiosa e sicura di sé? Anche a lei sarebbe piaciuto riuscire a guardare il lato positivo delle cose, in ogni occasione. Anne non si era mai data per vinta. Com’è che a lei tutto ciò invece pareva impossibile?

“È… troppo per me…” Disse in un soffio.
“È sempre troppo per tutti…” Assicurò Anne liberandola dalla sua stretta materna. “Ora andiamo, siamo già abbastanza in ritardo, non vorrei che mi spostassero l’appuntamento a martedì prossimo… sai che ho il corso di ginnastica dolce!”
Sophie questa volta non riuscì a trattenere una risata. “Certo mamma, andiamo!”










*** Il prossimo aggiornamento sarà Mercoledì 2 Marzo ***
  
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