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Autore: Asayuna    28/02/2016    1 recensioni
Ho voluto trattare un personaggio particolare, in questa Flashfic: parlo di Orianna, un campione veramente singolare e da analizzare nel profondo.
La Flashfic è scritta con uno stile diverso dal mio solito, spero vi possa piacere :3
Genere: Drammatico, Mistero, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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"Perché continuano a rompersi?"

La robot se lo chiedeva spesso: ogni volta che scendeva a lottare nella Landa degli Evocatori, qualche campione che incontrava lei per la strada veniva fatto a pezzi dalla sua forza e dalla sua tecnomaturgia.

Nel suo stile non c'è rabbia, né tantomeno vendetta; soltanto disgrazia e tristezza.



Lei era solo una copia di una ragazza, una ballerina, amante della lotta che si svolgeva nella Lega delle Leggende.



Un pover uomo oppresso dal dolore, un padre che aveva dovuto seppellire la propria figlia, le aveva dato lo stesso nome che portava la ragazza: Orianna.

Sapendo che avrebbe rispettato il volere della figlia, l'uomo le affiancò una palla che poteva proteggere la macchina durante le battaglie, la quale l'avrebbe accompagnata per sempre.

La piccola robot, fin dalla sua creazione, aveva una strana tendenza a danzare: volteggiava sulle punte come se fosse su un palcoscenico, in procinto di esibirsi. L'uomo rimase esterrefatto davanti quei suoi movimenti leggiadri; non aveva implementato nulla di sua figlia nella macchina, quantomeno i suoi pensieri.

E lei continuava a danzare, per conto suo, come se avesse conosciuto la ragazza dalla quale prendeva il nome.



Ma Orianna era pur sempre una macchina: non poteva conoscere cosa significasse essere umani.



Ed eccola lì, di nuovo sul terreno della League of Legends: la sua fidata palla accanto, e lo sguardo rivolto verso la torre di un rosso splendente dove sarebbe spuntato il suo avversario.

"Molto emozionante", disse, mentre l'elettricità che la collegava alla sua compagna scintillò dalla sua gonna fatta di metallo, che iniziò a girare lentamente ed a scatti.

Volteggiò ancora, danzando sull'erba; lo faceva sempre prima di combattere, la faceva sentire diversa.

Non stette per molto a danzare che decise di fermarsi, di svegliarsi da quella sottospecie di trans in cui si era chiusa: era tempo di lottare. E s'incamminò al fianco di quei piccoli esseri chiamati "minion", scorgendo all'orizzonte una figura: un ennesimo campione come tanti sceso nella Landa per affrontarla.

"Odio le cose molli" disse a se e se, e la battaglia incominciò.



Passarono i minuti, e la giovane robot trovava sempre meno interesse nella lotta in cui si era cimentata: la sua palla aveva lacerato gli avversari così tante volte che ormai si era stufata di quel combattimento così strano, così lento.

Doveva comunque pensare che non poteva andarsene da lì: era scesa in campo, un Evocatore l'aveva chiamata, aveva scelto lei perché conosceva le sue capacità.

E, come suo consueto, gli aveva detto: "Uccideremo i tuoi nemici... sarà divertente".

E aveva riso. Quella risata dal tono metallico e fastidioso.

Quella risata che lei sentiva umana.



Perché lei voleva essere umana.


Finalmente lo scontro era giunto al termine.

"Che strano..." iniziò a dire Orianna, con i cinque campioni agonizzanti dal dolore davanti ai suoi occhi

"... Urlano." concluse, avvicinandosi al Nexus avversario, e lasciandoli tutti e cinque senza vita.



Una luce blu circondò la sua mole meccanica: stava uscendo dalla Landa, e come ogni volta che una battaglia terminava quello strano calore l'accompagnava fuori da quel posto.

Tornò in quel laboratorio spoglio e vuoto; l'uomo che l'aveva creata l'aveva lasciata sola da tempo.

Guardò la sua fidata palla, e vece una piroetta, per poi stendersi su di lei; c'era sempre, ogni volta che cadeva.

Ogni volta.

"Quando cadi... ti rialzi" si disse, e si mise in piedi, guardando fuori dalla finestra.

Stava nevicando ancora.

Uscì, e si sedette sul freddo terreno, gelido quanto la sua stessa pelle che tale non poteva esser definita.

Si ricordò della neve, che la salutava ogni sera quando tornava dopo una lunga giornata. Ancora una volta alzò lo sguardo, con la sua fedele palla che le copriva la testa per non farle cadere la neve addosso.

E la piccola robot sorrise, come se fosse umana.

Perché lei voleva essere umana.

   
 
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