Casa
Così,
dopo molti anni, mi trovai a
casa. I volti dei miei cari genitori di nuovo di fronte a me. A casa,
in questo
luogo luminoso, etereo, fuori dal tempo e dallo spazio, a cui tutti i
miei
affetti più stretti sono legati. Eccole, le figure
impalpabili dell’amato padre
e della dolce madre venirmi incontro, dopo anni che sono sembrati secoli.
Ecco anche
l’adorato fratello, che mai avrei pensato di rivedere, eccoci
finalmente
riuniti, finalmente insieme; ma questa riunione, questo
ricongiungimento, ci è
costato tanto dolore, una sofferenza infinita, indescrivibile, ma siamo
a casa
ormai, nulla ha più importanza.
Questo
caro luogo ha molti nomi:
Ade, Oltretomba, Inferno o Paradiso, e molti altri, definizioni che
sono state
date nel corso dei lunghi secoli per spiegare un concetto
così semplice, che
ora sembra banale: la vita oltre la morte continua e io sono finalmente
a casa.
Quando
il mio corpo e la mia anima
erano ancora uniti nell’abbraccio della vita, il mio nome era
Nebel, “Leben”,
la vita, non mi è mai davvero appartenuta; sono sempre stata
una negazione di
questo effimero soffio che i mortali amano tanto. I miei genitori hanno
raggiunto questo luogo molti anni prima di me, quando ero appena
un’adolescente
e mia sorella ancora non era in grado di camminare; mio fratello
invece, è qui
da pochi giorni più di me e come me ha scelto da solo di
venire qui.
Ma
l’amore, il sangue e il nostro
caro nome, ci hanno sempre tenuti legati, in un vincolo più
forte di qualsiasi
dolore, più stretto di qualsiasi nodo: l’amore per
mio fratello mi ha permesso
che giungessi qui, le mie scelte, di cui sono pienamente responsabile,
hanno
fatto sì che scegliessi di rompere l’abbraccio
dell’anima e del corpo.
In
vita era stato imposto al capo
mio e della mia amata sorella, di rompere qualsiasi rapporto, qualsiasi
legame
col nostro adorato fratello; le cause erano semplici, così
riteneva nostra zia
che, dopo la morte dei nostri genitori, ci ha amorevolmente accudite:
una
terribile imputazione pendeva al collo del caro fratello, egli da poco
era
stato accusato della più grave colpa che possa colpire un
uomo:l’amore, che
tutti predicano e che nessuno applica, era da lui rivolto nei confronti
di una
giovanissima, poco più grande della nostra sorella minore,
e, benché
ricambiato, non accettato dai genitori di questa che in breve tempo
avevano
fatto rinchiudere il mostro. Quel mostro che i media hanno additato e i
giornalisti hanno infamato, quel nome che era sulle labbra di tutti,
nel
disprezzo di tutti, era a me infinitamente caro, al punto che nessuna
legge
dell’uomo avrebbe mai potuto spezzare il legame che il
sangue, che Dio, che la
Natura avevano voluto. Ebbene, questo veto incombeva però
sulle nostre teste:
che nessuna delle due si avvicinasse più al nostro amato,
che nessuna piangesse
per lui, che intrappolato in una prigione di ferro e cemento, fosse
preda della
crudeltà affamata degli altri uomini. Ma io non avrei mai
potuto accettare una
crudeltà tanto disumana: sapevo che il mio caro fratello
aveva sbagliato, ma
anche che quello che ci univa era molto più forte di
qualsiasi legge
artificiale, creata dall’uomo, che vuole innalzarsi sopra la
testa di Dio. La
piccola sorella tuttavia, tanto amata da me sebbene tanto codarda e
debole per
natura, non volle ascoltarmi e tanto meno volle seguire le gesta
dell’imprudente
e sfrontata consanguinea; così, sola ma sempre
più determinata, infransi quello
scellerato veto e mi recai nel luogo di prigionia del mio amato. In
questo
luogo triste e desolato venni a conoscenza della peggiore notizia della
mia
vita: una lama affilata aveva inciso le braccia del caro fratello che
aveva
deciso di rompere l’abbraccio fatale dell’anima e
del corpo, poiché ormai
separato da tutti i suoi affetti: che nessuno piangesse sulla sua
tomba, ci
ammonì la crudele zia. Ma nulla, nulla mi avrebbe mai
separata dal mio amato, e
sulla sua lapide versai infinite lacrime. Infranto anche il secondo
veto, la
punizione venne messa in atto: che nessuno però osasse
toccare la sorellina,
no, lei non aveva trasgredito, e che lei non si azzardasse ad
attribuirsi ciò
che non aveva fatto! Io e io sola dovevo pagare, scontare la pena per
la mia
devozione, per il mio amore fraterno. Sola, desolata, abbandonata ma
sempre più
convinta che nessuno avrebbe mai dovuto porsi al di sopra
dell’amore nei
confronti dei familiari, che nessuna legge umana potesse mai superare
le leggi
che per natura ci legano ai nostri cari, mi ritrovai confinata lontano
da tutto
ciò che amavo. Una sola strada era quella giusta da
percorrere, una sola via,
che mi avrebbe riunito alla mia famiglia, ai miei cari, a tutto
ciò che amavo:
ho detto addio a questo mondo, a questa vita, che non mi sono mai
appartenuti,
e con una corda ho raggiunto questo luogo di eterna luce: e dopo molti
anni,
finalmente mi ritrovo a casa.