Sei fuggita, così tua madre mi ha detto, tra le lacrime preoccupate.
Non mi curo del suo animo, scosso dal terrore di perderti.
Non ho tempo per lei, per i suoi sentimenti futili.
Vado in cerca di te, che sembri sparita, divorata dalla nebbia.
Finalmente ti trovo, voglio stringerti, farti mia, per sempre.
Lo sai Helena, non ho mai nascosto il mio amore, come avrei potuto?
Sarebbe come tentar di intrappolare la potenza della tempesta, in un calice di vetro.
Ma lo rigetti, mi guardi con malcelato disgusto, disprezzo.
Orgogliosa, come sempre.
Mi dispiace, il tuo sangue fuoriesce a fiotti violenti, sopra le mie mani, che affondano con il pugnale nel tuo ventre.
Una, due, tre volte, non riesco più a contarle, mi perdo nei tuoi occhi, che si svuotano di umanità.
Si spengono con un ultimo guizzo disperato, rivolto verso di me.
Mi dispiace amore mio, ma non sarei riuscito a sopportare la vista del tuo cuore, che batte, ma non per me.
Voglio unire il tuo sangue al mio, non mi resta che dirigere verso il mio petto il pugnale, tinto ancora della tua linfa vitale.
Non fa male, non molto.
E sorrido quietamente mentre la vita scioglie l'abbraccio, chiedendomi come sia possibile, uccidere un uomo già morto.