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Autore: lisitella    29/02/2016    8 recensioni
La casa mi accoglie come sempre silenziosa e non troppo in ordine, e perchè dovrei affannarmi a pulire, a riordinare, per chi?
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Dedicata alla mia grande amica Skinplease, in bocca al lupo
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Finalmente mamma




 
Entro nell’ascensore con un respiro di sollievo, perché non ho incontrato nessuno. Di solito a quest’ora, le due del pomeriggio, c’è la moglie del portirre nella guardiola ed è una donna curiosa e antipatica. Mi ha detto almeno venti volte che una cugina di suo marito ha aspettato undici anni prima di avere un figlio,  e non vuol capire che a me, della cugina di suo marito, non me ne frega niente. Io il figlio lo voglio subito. Comunque, non sono fatti suoi.

Veramente sembra che il mio problema sia diventato il problema di tutti: amici, parenti, conoscenti. Ognuno ha una parola  di speranza da elargirmi e immancabilmente, il nome di un ginecologo “bravissimo”. Ce ne devono essere a centinaia di bravissimi nella mia città, ma, maledetto il mondo, nessuno riesce a far smuovere qualcosa nel mio ventre arido come un deserto. Ecco, mi sento così, arida e povera e inutile.

La casa mi accoglie, come sempre, silenziosa e non troppo in ordine. E perché dovrei affannarmi a pulire, ordinare? Per sentirmi dire dalle mie sorelle, dalle amiche prolifere che, beata me, posso godermi un po’ di pace e di ordine, perché  non ci sono bambini che sporcano dappertutto? Questa soddisfazione, certo, non la darò mai. Perché, è ovvio, loro sanno che io preferirei vedere giocattoli sparsi dovunque e panni panni dovunque. E per un po’ una delle mie tante fissazioni, quella dei panni dei neonati: mi piacerebbe tanto, ogni giorno, riempire le corde del terrazzino con pannolini ciripà filtranti bavaglini e via dicendo e vederli sventolare al sole come tante bandiere. Sono pensieri e sogni già vecchi di tre anni e non mi commuovono neanche più anzi mi induriscono, mi riempiono di un astio così forte verso i più fortunati che a volte vorrei vederli morti tutti quanti. E la rabbia, quando incontro donne incinte. E ne incontro tante. Una città piena di donne con pancione all’allaria. E piena di bambini.

Oh, al diavolo, il riso mi si è attaccato al fondo della pentola ma chi se ne frega: è già troppo che Giuseppe, tornando, trovi il piatto pronto sulla tavola apparecchiata. In fondo, facciamo quasi lo stesso orario di lavoro. Non è che Giuseppe non le capisca certe cose, ma anche questo mi da ai nervi, l’avere un marito comprensivo. Si, la pazienza di Giuseppe mi dà fastidio: ne ha troppa con me che ho, ormai un carattere impossibile. Non c’è neanche il gusto del litigio con lui, perché mi dà sempre ragione. A volte lo disprezzo perché mi sembra senza ideali: Mangia, lavora e sembra contento.

Un giorno arriverà, mi assicura Giuseppe e ha degli occhi teneri e infelici, quando lo dice. So che soffre per me, perché sembra che lui non sia ancora arrivato a sentire il vuoto in sé e intorno a sé. Ma accadrà, O è già accaduto? Se la sua tenerezza, il suo amore sono una finzione? Infine, credo proprio di non aver dimenticato nulla, in questi ultimi tempi, per farmi odiare o almeno per rendermi insopportabile. No, Giuseppe, il bambino non verrà. Tu lo sai. Ma no sai che lo so anch’io, che fingo solo di crederti, certe volte. Non posso averlo, non so per quale dannata ragione, ma, cocciutamente, mi dico che tutti, anche i medici, possono sbagliare.

In fondo, la cugina del portiere ha aspettato undici anni prima di avere un bambino e un’altra donna addirittura quindici.

Forse un giorno  sarò d’accordo con te di adottarlo un bambino, ma anche quando mi sarò decisa, credi che sia facile ottenerlo? Anche lì, attese, attese e difficoltà. Ma chissà, sarà forse proprio questo a farmi decidere, perché non mi parrà di entrare in un ufficio e prendermi il bambino di un’altra, ma mi parrà di averlo atteso con trepidazione e ansia come una mamma vera. Ma sarà la stessa cosa? Sarò capace di considerarmi una madre vera? Questi non sono pensieri di tre anni, sono pensieri  più nuovi, ma li ho fatti già tante volte anche questi e la testa sembra scoppiarmi.
Mi asciugo le lacrime col dorso della mano e vado ad aprire la porta. Giuseppe è arrivato. Non lo guardo neanche, mi lascio baciare  sulla guancia quasi con fastidio, un fastidio di abitudine più che sentito, come se mi sentissi in diritto di essere sempre così.

Giuseppe si siede a tavola, ha sempre tanto appetito, lui, e sta anche ingrassando.

“A proposito”, dice con noncuranza, “ho ritirato le analisi: sono positive. Ti annuncio che aspettiamo un bambino”.

Lo guardo senza capire. Ho fatto tante volte il test di gravidanza che non ricordavo neanche più di attendere un risultato. Poi una specie di gelo o di fuoco mi attraversa le vene. E guardo Giuseppe che mi guarda e piange. Piange proprio ed è un poco buffo, con quel faccione buono e virile, coperto di lacrime. Io invece di ridere o piangere, dico: “Lo adottiamo un bambino, Giuseppe, appena ci sarà possibile? Lo cresceremo insieme al nostro e gli daremo tanto amore”. Lui fa cenno di si.  Lui capisce sempre tutto. Mi sembra assurdo essere così calma, così gioiosamnete presente a me stessa.

Avrei dovuto impazzire per la gioia. Mi alzo, mi avvicino alla finestra e guardo fuori: mi sembra di vedere tanti pannolini stesi al sole e tra le lacrime, mi sembrano tante bandierine mosse dal vento leggero. Felici. Possono essere felici le bandiere? Io in questo momento lo sono: finalmente mamma.
 
 
 
 
   
 
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