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Autore: GeorgiaRose_    29/02/2016    6 recensioni
Martina Stoessel è convinta che per lei la felicità non arriverà mai. Adottata a due mesi, a undici anni è dovuta tornare in orfanotrofio per via di un evento che le ha totalmente cambiato la vita. Non si fida più di nessuno. Non parla più ai ragazzi. Non ha più degli amici. Non ha più una famiglia. È sola. Ma l’incontro, dopo cinque anni, con il suo amico di infanzia Jorge Blanco le cambierà nuovamente la vita. Nonostante l’età, verrà adottata nuovamente, proprio dalla famiglia Blanco. Jorge, da sempre innamorato di lei, le starà vicino e diventerà, in poco tempo, più di un amico. Ciò che non sa, però, è che anche Jorge ha un brutto passato alle spalle. Riusciranno, insieme, ad affrontare e a risolvere i loro problemi?
“E adesso guardami, io non so più chi sono. Scaldami, quando resto da solo. Calmami, se mi sfogo con loro. Salvami.”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jorge Blanco, Un po' tutti, Violetta
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Mi è sempre piaciuto guardare fuori dalla finestra della mia camera ed immaginare la vita che si nasconde dietro al sorriso di una persona. Molte volte mi capita di vedere persone correre di fretta per prendere un taxi o un mezzo pubblico, o per arrivare puntuali a scuola; tutti si focalizzano sul ritardo vero e proprio, ma nessuno cerca di andare oltre. Certo, quel “ritardo” può avere anche dei motivi futili come l’essersi svegliati tardi o non aver voglia, ma un “ritardo” può essere portato anche da un motivo come un litigio, magari con un parente, o per altri motivi non più così innocui. Quello che voglio dire è che secondo me non bisognerebbe mai fermarsi alle apparenze. Nessuno pensa a quanto possa essere incasinata la vita di una persona, tutti pretendono che tu sia sempre felice e in ordine. Primo esempio di una vita incasinata? La mia. Ogni giorno indosso come una maschera che mi protegge da quel giorno in cui la mia vita ha preso una piega totalmente diversa. Molte volte mi capita di vedere persone lasciare un bambino di pochi mesi, o anche pochi giorni, fuori la porta di questo edificio e lì mi chiedo perché. Perché abbandonare un figlio? Non ha deciso lui di venire al mondo. È colpa tua che lo stai lasciando se lui esiste. Perché? È una domanda che non abbandonerà mai la mia mente, almeno fino a quando non avrò trovato una risposta che abbia un senso. Altre volte, invece, vedo una coppia di amanti uscire e portare con sé un bambino, peccato che non sia mai io. Be’, non c’è da sorprendersi data la mia età. Sono più che convita che abbandonerò questo edificio da sola. Tra un anno e due mesi avrò l’età giusta per andare via. Ma, cosa farò allora? Da sola?
«Martina, posso?» Un bussare alla porta interrompe i miei pensieri. Abbandono la finestra e mi siedo al lato del letto della mia camera, che in realtà non ho mai considerato mia.
«Sì, avanti»
«Tesoro, verresti a darmi una mano per la festa?» La testa di Patty sbuca da dietro la porta.
«Certo, Patty, arrivo subito» Le sorrido 
Patty chiude la porta alle sue spalle per poi andare via. È come una seconda madre per me o, meglio, terza madre. Lei mi ha aiutato quando nessuno c’era più e le sarò sempre grata per questo.
Dopo essermi cambiata, scendo al pian terreno dove un’indaffarata Patty sta aprendo degli scatoloni.
«Serve una mano?» Le chiedo, affiancandola.
«Sì, sono i resti della festa dell’anno passato, dammi una mano a portarli fuori» Prendo anch’io una scatolone e la seguo.
Ogni inizio anno l’orfanotrofio organizza una festa alla quale partecipano tutti i bambini e gli adulti interessati ad adottare.
«Quest’anno la festa sarà un successone!» Esclama Patty sistemando un telo su uno dei tavoli in giardino.
«Lo dici ogni anno, Patty» Le faccio notare.
«E infatti lo è ogni anno» Afferma, provocandomi una leggera risata.
«Domenica potrai accompagnarmi?» Le chiedo mentre sistemo dei bicchieri a forma di piramide.
«Oh, tesoro, te l’ho detto. Domenica ho diversi appuntamenti» Mi spiega, dispiaciuta.
«Posso andarci anche da sola, ormai conosco la strada a memoria»
«Lo sai che non puoi: hai ancora sedici anni…»
«Quasi diciassette.» La interrompo.
«Certo, ma sei comunque minorenne e non puoi uscire da sola. Chiederò a Lily di accompagnarti, okay?»
«Sì, va bene» Le rispondo, anche se non molto entusiasta.
Lily è una ragazza all’ultimo anno di liceo, diciannove anni, e per avere dei crediti extra per il diploma fa volontariato aiutando qui in orfanotrofio. È simpatica, ma non mi capisce come Patty. Lei non sa. Non capisce. Purtroppo, quando vado in quel luogo, mi perdo tra i pensieri e ci rimango anche per ore. Sicuramente Lily non vorrà aspettare per molto. Ma va bene così. Quel luogo mi fa ricordare ed è meglio starci per poco.
Dopo due ore di lavoro, il giardino è pronto per la festa. Tre tavoli sono ricoperti da bicchieri, piatti e posate, e tra poco la cuoca porterà le pietanze come dolcetti, cupcakes, torte e altro. Ci sono poi dei festoni e dei palloncini.
«Tesoro, la festa inizierà tra poco più di un’ora. Hai il tempo per una doccia e per cambiarti»
«Sì, grazie, Patty»
Salgo le scale del pianerottolo ed entro nell’edificio. Sto per salire la scala che porta alla mia stanza, quando qualcuno mi ferma.
«Martina, guarda!» Il piccolo Josh mi si avvicina e allunga il braccio destro verso di me; ha un foglio tra le dita.
«Wow, bellissimo, Josh!» Il disegno che mi mostra ha raffigurate quattro persone, tre donne e un uomo o, meglio, un bambino. Qui dentro sono una sorella maggiore un po’ per tutti, essendo la più grande.
Mi piego sulle ginocchia. «Questo sei tu?» Gli chiedo indicando il bambino sul disegno.
«Sì, questa è Patty, poi ci sei tu e questa è la mamma!» Afferma indicando le altre tre persone.
«Com’è bella la tua mamma!» L’ha raffigurata con i capelli scuri e gli occhi azzurri, proprio come lui.
«Sì, la mia mamma è bellissima, anche se non l’ho mai vista.» Annuisce.
«Tra poco inizia la festa, perché non vai a cambiarti?»
«Ancora due minuti, devo finire il disegno»
«Va bene, a dopo, Josh» mi rialzo e riprendo a camminare.
«A dopo, Tini»
Sorrido sentendo quel soprannome. La mia madre adottiva mi chiamava sempre così e da allora è diventato come un soprannome. Lei diceva che ero troppo piccola ed esile per avere un nome lungo come Martina e preferì abbreviarlo a Tini.
Salgo le scale e rientro in camera. Apro il mio armadio, e prendo i panni da indossare: dei jeans scuri, una maglietta grigia con le maniche che arrivano sotto i gomiti e decido di indossarli con le converse bianche. Prendo l’intimo ed entro in bagno - Patty ha deciso di darmi l’unica stanza con il bagno privato e le sarò eternamente grata per questo.
Dopo una doccia fresca, mi vesto e mi trucco con il mio solito strato di fard e un po’ di matita nera sugli occhi. Decido di lasciare i capelli sciolti. Sono di un colore tra il castano e il biondo ed arrivano alle spalle.
Controllo l’orario: 17:30. La festa sarà già iniziata.
Chiudo la porta della mia stanza e scendo in fretta le scale, per poi entrare in cucina.
«Posso fare qualcosa?»
«Oh, Martina, sì. Puoi portare quei vassoi fuori» Mi risponde gentilmente Angela, l’aiuto cuoca.
Prendo i due vassoi pieni di cupcakes ed esco sul giardino. È pieno di adulti che parlano tra loro, mentre i bambini giocano con l’altalena e lo scivolo. Sorrido vedendo quanto siano felici nonostante non abbiano dei genitori.
«Permesso… Scusate… Permesso… Grazie» La gente mi fa spazio man mano che cammino.
«Serve una mano?» Un ragazzo con un ciuffo all’insù mi viene in aiuto, vedendomi in difficoltà.
«No, non preoccuparti, faccio da sola.» Rispondo. Da quell’accaduto preferisco non stare molto a contatto con i ragazzi.
«Sei sicura? Sembra che a stento tu riesca a camminare.» Insiste.
«Ti ho detto che ce la faccio, okay?»
«Come siamo aggressive…» Sta iniziando a snervarmi.
«Senti, non ho tempo da perdere, quindi, per favore…»
«Per favore mi dai una mano? Certo.» Detto questo prende il vassoio dalla mia mano destra.
«Ehi!»
«Dove li portiamo?» Mi chiede, ignorando le mie proteste.
«Esattamente qui.» Poggio il vassoio sul tavolino e lui mi segue.
«Allora, come ti chiami?» Mi chiede lui.
«Perché dovrebbe interessarti?»
«Sì, sei molto aggressiva.» Sorride. «Andiamo, ti ho chiesto solo il tuo nome.»
«Mi chiamo Martina, ma tutti mi chiamano Tini.»
«Tini, molto piacere, Jorge Blanco.» Allunga la mano destra verso di me che, dopo un po’ di esitazione, afferro. Sbaglio o ha detto “Blanco”?
«Oh, Tini, vedo che hai conosciuto Jorge.» Patty ci raggiunge.
«Già.»
«Anche lui, come Lily, fa volontariato per la scuola. Ci aiuterà questa settimana.» Mi spiega.
«Grandioso…» Sorrido molto ma molto falsamente.
«Voi restate qui e quando finirà il cibo, venite in cucina a prendere gli altri vassoi. Okay?»
«Certo, Patty.» Le sorrido, mentre Jorge annuisce.
Patty va nuovamente via.
«Allora, hai detto che ti chiami Blanco?»
«Esattamente.» Sorride.
«Per caso sei figlio di Cecilia e Alvaro Blanco?»
«Sì, come fai a saperlo?» Mi chiede sorpreso.
«Erano i miei vicini.»
«Aspetta…» Mi guarda attentamente come se stesse cercando di capire qualcosa. «Tu sei Martina, la figlia di Mary e Stefan?» Mi indica con il dito destra, completamente sbalordito.
A sentire quel nome mi si congela il sangue nelle vene. Da quanto tempo non lo sentivo? Ma no, lui non ha più questo potere su di me, ormai l’ho dimenticato.
«Sì, sono io»
«Ma come, non vi eravate trasferiti?»
«Trasferiti?» Non capisco.
«Sì, almeno così mi ha detto mia madre. Avevo dodici anni quando ve ne siete andati.»
«No, non ci siamo trasferiti.»
«Oh, bene. È un sacco di tempo che non vedo tua madre. Lei è qui? Mi piacerebbe rivederla.» Già, anche a me.
«No, non è qui.»
«No? E dov’è?»
«Potresti smetterla di fare domande sulla mia famiglia?» Gli chiedo non proprio educatamente.
«Okay, okay. Scusa. Cambiamo argomento, ti va?» Annuisco. «Anche tu sei qui per volontariato?»
«Ehm, non proprio.» Rispondo. Tutte queste domande sulla mia famiglia e il mio passato mi stanno mettendo a disagio.
«No?»
«Certo che non ti smentisci mai, eh.»
«Chiamala curiosità.» Sorride beffardo.
«Io qui ci vivo.»
«Come?» Adesso è sorpreso.
«Sì, sono un’orfana.» Perché cavolo sto raccontando a questo sconosciuto della mia vita? Be’, non proprio sconosciuto. Lo conosco da quando avevo otto anni, da quando la sua famiglia si è trasferita a Buenos Aires, proprio nella casa accanto alla mia, ed era un mio caro amico. Ci divertivamo un sacco quei pomeriggi a giocare a nascondino e a mosca ceca. Sorrido, pensando a quei bei ricordi.
«Cosa? Un’orfana?»
«Sì, Jorge, un’orfana. Ma non chiedermi di raccontarti cosa è successo perché non ti risponderò.»
«Okay, va bene.» Non se l’aspettava, ovvio che non se l’aspettava. «Ehm, e quanti anni hai, adesso?»
«Sedici, a Marzo diciassette.»
«Io ne ho diciassette, a Dicembre diciotto. Ho un anno in più a te.»
«Sì, lo so. Me lo ricordo. Ricordo anche quanto piangesti quando tua madre ti disse che non ci sarebbe stato il clown al tuo undicesimo compleanno.» Scoppio a ridere ricordando quella scena.
«Ehi, il clown era fondamentale. Si sarebbe travestito da Spiderman, capisci? SPI-DER-MAN.» Esclama, facendomi ancora più ridere. È ancora buffo come ricordavo. «Credi che ti adotteranno?» Diventa d’improvviso serio.
«No, ormai ho superato l’età. Nessuno vuole una sedicenne. Preferiscono i neonati o al massimo i bambini di tre o quattro anni.»
«Sì, capisco. E cosa farai quando avrai diciotto anni?»
«Non ne ho idea. Patty mi ha detto che posso rimanere qui quanto voglio, ma, sai, non è bello. Questo posto, per quanto possano essere accoglienti le persone che ci vivono, non mi piace, non mi piacerà mai.»
«Sì, posso capirti. Ma, la tua famiglia? Non so, nonni, zii… Dei parenti.»
«Sono finiti i cornetti, vado a prenderli.» Lo informo, deviando la sua domanda.
«Certo, ti aspetto qui.» Mi sorride ancora.
Non avrei mai detto di rincontrarlo, non dopo tutto questo tempo. Devo ammettere che è diventato proprio un bel ragazzo.
«Servono dei cornetti.» Dico alla cuoca Mirta, dopo essere entrata in cucina.
«Sì, quasi pronti.»
«Ehi, Tini, lo sai che quel ragazzo, Jorge, sembra molto interessato a te?»
«Ah, Patty, non iniziare. Non dovresti essere fuori?» Ogni ragazzo che incontro, comincia a dire che è fatto apposta per me. Ormai ci sono abituata.
«Certo, ma sono rientrata perché volevo parlare con te. Sai, Jorge è molto carino, potresti provarci.»
«No, Patty, non posso. Lo sai.»
«Oh, ma, tesoro, non puoi vivere nel passato. Devi andare avanti.»
«Lo so, ci sto provando, ma così non mi aiuti.»
«Ecco i cornetti.» Afferma Mirta per poi tornare al lavoro.
Afferro il vassoio e poi raggiungo Jorge.
«Ehi, posso?» Mi chiede vedendo il vassoio pieno di cornetti.
«Va bene, ma solo uno, sono per gli ospiti.»
«Solo uno.» Prende un cornetto e lo assaggia. «Molto buono, ma mia madre li fa meglio.»
«Sì, concordo pienamente. Sai, mi piacerebbe rivederla.»
«Noi abitiamo ancora lì, se ti va, puoi venire qualche volta.» Mi invita.
«Ci penserò, okay?»
«Certo.» Mi sorride, mangiando poi l’ultimo pezzo di cornetto. Smettila di sorridere!
«Sei ancora un maiale, vedo. Hai già finito il cornetto.»
«Sei tu che sei lenta.» Ribatte.
«Certo, certo.» Dico con nonchalance. Ci guardiamo poi negli occhi e dopo qualche secondo scoppiamo a ridere. Mi ero quasi dimenticata come fosse ridere così, e con Jorge.
«Purtroppo adesso devo andare. Ho gli allenamenti di calcio»
«Fai calcio?»
«Già, non te lo ricordi?»
«Vero, ogni pomeriggio la tua palla arrivava nel mio giardino e puntualmente bussavi alla porta ed andavi a riprenderla.»
«Be’, almeno era una scusa per vederti.»
«Cosa?» Non credo di aver capito bene.
«Ciao, Tini.» Mi dà un leggero bacio sulla guancia e poi mi sussurra all’orecchio. «Sei diventata ancora più bella di quel che già eri.» Mi sorride di nuovo, e poi si allontana.
Perché riesco a fidarmi di lui? DI solito, quando un ragazzo o un uomo mi si avvicina ho dei brividi lungo la spina dorsale, provocati per la paura. Con Jorge, invece, è stata bella sensazione, erano brividi, oserei dire, di piacere. Spero di rincontrarlo.
Sabato mi sveglio al solito orario. Dopo essermi cambiata scendo al pian terreno per andare a fare colazione. Mi seggo al solito posto, a capotavola, dove posso vedere tutti i bambini giocare e parlare. Prendo i miei soliti cereali e inizio a mangiarli in una tazza con del latte. Sono tranquilla, quando vedo Patty arrivare velocemente verso di me. Cosa ci può essere di tanto urgente di Sabato mattina?
«Martina, io… sono così contenta, ah...» È addirittura sudata.
«Patty, calmati. Che succede?»
«Vogliono incontrarti… Oggi. Sono così contenta per te.»
«Non ti capisco, ti prego, parla chiaro.»
Dopo aver fatto due respiri profondi, Patty mi risponde. «Due signori hanno chiesto di vederti, hanno le carte in regola per adottarli ed hanno intenzione di farlo, oggi stesso li incontrerai.»

 

*Angolo autrice*
ehi ehi ehi! Come staate? Ebbene sì, sono tornata mlmlml questo è il primo capitolo della mia nuova FF. La sto scrivendo da tempo per aggiustare bene trama e capitoli, e solo adesso mi sono decisa a pubblicarla. Bien bien bien. Spero che questo primo capitolo via piaciuto eeee al prossimo caaapitolo! Tanti besoos, byeee.

  
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