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Autore: Hedoniste    29/02/2016    2 recensioni
Aveva giurato che il mondo in cui viveva non avrebbe avuto l’aspetto di prima, mai più. Non con lei viva.
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Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clef, Emeraude, Mokona, Nuovo Personaggio, Zagato
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Per un mondo migliore



Si elevò con la mente, oltre se stessa, per librarsi in volo fino ai confini del suo regno, spingendosi là dove nessun altro osava arrivare per proteggere la propria casa, il regno che le era stato affidato e aveva fatto suo.

Leggera come il vento che la accompagnava, sentì su di sé il tepore primaverile che accarezzava la sua pelle. Seguì gli incantevoli uccelli che si spostavano di corrente in corrente, planando sull’immensa distesa cristallina nei cui abissi dimorava lo Spirito del Mare. Il riflesso del sole creava infiniti bagliori sulla superficie dell’oceano, che le richiamavano alla mente una cascata di diamanti, intessuti in quell’azzurra trama da una mano sapiente.

Volando, giunse alla stupenda Montagna di Cristallo, che, come lei in questo momento, fluttuava senza peso nei cieli e dominava dall’alto tutto il paesaggio. Attraverso quell’enorme prisma trasparente, si poteva vedere la luce scomporsi in un eterno arcobaleno. Rapita da quella visione e dalla serenità emanata dalla Montagna, si fermò per un momento sedendosi alla base del Cristallo, l’orlo della veste che ondeggiava stuzzicato dai mulinelli d’aria.

Il cuore le traboccava dinanzi allo spettacolo che si mostrava agli occhi della sua mente, la terra emersa così verde e lussureggiante di vita da farle pensare che Sephiro, il suo Sephiro, potesse rivaleggiare in bellezza e vincere contro qualsiasi altro luogo dell’Universo. Dovunque si spingesse, incontrava solamente grandiosità e pienezza. I dolci fianchi delle colline erano ricoperti di boschi, punteggiati solo di quando in quando da villaggi e campi coltivati.

Concentrandosi su quelle terre che amava e dove abitavano le persone che la amavano, frugò con la mente nei loro sentimenti, per trarne qualsiasi traccia d’inquietudine che potesse mitigare con i propri poteri. Anche stavolta, non c’era altro se non fiducia profonda nel futuro.

È tutto perfetto, come sempre.

Era così orgogliosa del suo lavoro, fiera che quella realtà così bella fosse stata forgiata e si mantenesse per sua volontà. Sorrise, e il sorriso si mantenne anche quando finalmente aprì gli occhi per ritrovarsi nella sua alcova all’interno del Santuario.

Aveva giurato che il mondo in cui viveva non avrebbe avuto l’aspetto di prima, mai più. Non con lei viva.



***



A differenza del mondo che aveva creato, pieno di luce e di ampi spazi, l’alcova di Emeraude era un piccolo nido rischiarato solo dalla luce delle candele, che accoglieva il baldacchino dai pesanti tendaggi dietro al quale la Colonna stava celata agli occhi del mondo.

Non c’erano finestre, sedie o altri oggetti che avrebbero reso il luogo più confortevole, solo velluto cremisi e pesanti candelabri in ottone lavorato. Nessuno vi trascorreva più tempo di quanto non fosse strettamente necessario; lei stessa non perdeva occasione di lasciare il proprio corpo abbandonato sul giaciglio dietro le tende e andare a vegliare su Sephiro.

Se avesse potuto, si sarebbe disfatta di quell’involucro di carne, e avrebbe speso l’eternità a contemplare dall’alto il mondo che aveva imparato ad amare.


Il Grande Mago Clef era tornato di nuovo per parlarle del Sommo Sacerdote, ma la Principessa era distratta come al solito. Smaniava per riprendere il suo lavoro.

— Emeraude, mi stai ascoltando? Ti serve una mano, soprattutto per la barriera dimensionale. Ormai usi la tecnica di proiezione astrale che ti ho insegnato alla perfezione, anche meglio di me, ma non dimenticare che è molto dispendiosa per le tue energie. Accetta almeno che qualcuno ti aiuti: Zagato è potente e fidato, l’ho allevato io stesso. —

— Clef, tu non capisci, io non posso lasciare la parte più vulnerabile di Sephiro nelle mani di qualcuno che non sono io. Non sarei mai tranquilla, mi spiego? Lascia che questo Sacerdote si occupi, non so, di pregare per un raccolto abbondante o per far piovere quando serve. Questo è tutto l’aiuto di cui ho bisogno, la barriera dimensionale è un mio problema. Adesso, lasciami. —

Detto questo, chiuse gli occhi distendendosi di nuovo sul suo giaciglio. Dopo un momento, sentì un calore concentrato nel petto e si rilassò distaccandosi dal corpo.

Una volta fuori, in barba alle raccomandazioni di Clef decise di andare a controllare la resistenza della sua barriera. Saliva sempre più in alto, lasciandosi alle spalle tutto il resto. Arrivò al campo di forza, che era invisibile agli occhi tanto quanto era impenetrabile dai nemici. Standoci di fronte, si poteva ammirare il cielo. Al tatto, sembrava un muro di materiale denso, come gelatina, che opponeva resistenza alla pressione.

Ne percorse diversi metri, premendo qui e là per assicurarsi che nessun punto fosse troppo cedevole. A un tratto si fermò, presa dalla bizzarra sensazione che qualcuno la stesse osservando. Si voltò pensando che Clef l’avesse seguita per riportarla indietro, ma le bastò un momento per capire che chi la stava seguendo non era Clef. Lo sconosciuto che la fissava, incontrato per caso agli estremi del creato, era alto, portava delle vesti nere con paramenti viola e aveva dei lunghi capelli neri e lisci. Nei suoi occhi grigi era dipinta una profonda sorpresa, da cui si riscosse dopo un istante, chinando il capo dinanzi a Emeraude.

— Voi dovete essere la Principessa Emeraude, Colonna di Sephiro, colei che ha edificato questa barriera. I miei rispetti, Vostra Grazia. —

— E immagino voi siate il Sommo Sacerdote Zagato, date le circostanze di questo nostro incontro — rispose Emeraude.

— È così, Vostra Grazia. —

— Bene, ho appena discusso con Clef circa il compito che vi ha affidato. Lui vi stima molto e ha ragione. Sono in pochi quelli che possono utilizzare la proiezione astrale a un livello così alto. —

— Sono lieto che le mie capacità siano ritenute sufficienti da Vostra Grazia, darei la mia vita per potervi aiutare nella vostra Santa Missione. —

— …nonostante questo, vorrei modificare la vostra assegnazione. Adesso, facciamo ritorno da Clef in modo da discuterne insieme. —

Non si sentiva più tanto leggera, doveva rientrare al più presto nel suo corpo. Sentendo le parole “Santa Missione”, il cuore di Emeraude aveva avuto un tuffo. Così era stata chiamata l’ultima venuta dei Cavalieri Magici, avvenuta quando lei aveva solo quattordici anni.

Incominciò a tremare al ricordo di quanto era avvenuto, degli scontri a cui aveva assistito durante la Guerra Mashin, al suo mondo distrutto e a quella pallida luce di speranza intravista prima dell’orrore.

— No! —

Il grido le uscì dalle labbra senza che lei potesse trattenerlo. Zagato, agendo d’istinto, le afferrò le spalle per sorreggerla mentre le ginocchia le cedevano.

In quel momento, gli occhi azzurri di Emeraude si spalancarono e lei vide scorrerle davanti tutte le immagini strazianti che, per anni, aveva disperatamente cercato di reprimere.

Il dolore la sopraffece, troppo grande da affrontare, ma fu la vergogna a spezzarla del tutto: non aveva idea del perché, ma lei e il Sommo Sacerdote avevano condiviso quel momento e adesso Zagato sapeva.

Svenne.



***



— Vedi, Emeraude, ci sono stelle che non tramontano mai, anche se il cielo è ricoperto da nuvole, anche se c’è il buio intenso. Una stella non smette mai di brillare. La Colonna Portante è la stella che ci indica il cammino, che veglia su di noi e ci protegge dalle nostre paure. —

Suo padre Margad era un fervente sostenitore del sistema della Portanza, in virtù del quale una persona dalla grande forza di volontà poteva, da sola, plasmare un intero mondo. La giovane Emeraude lo considerava un eroe: era sempre stato il suo punto di riferimento, per il suo senso del dovere e la sua grande forza morale. Cercava di seguirlo in tutti i suoi incarichi ufficiali, anche ora che il regno era sull’orlo di una guerra con gli altri pianeti. Impaurita dal pensiero che Margad - la guardia personale di Ordlan, la Colonna Portante - potesse essere coinvolto nei combattimenti, Emeraude gli aveva tirato leggermente la manica per attirarne l’attenzione.

— Padre, la Colonna può salvarci dalla guerra? — aveva chiesto a voce bassa.

La risposta non la rassicurò completamente: dopotutto, non aveva detto che la guerra non ci sarebbe stata, né che Ordlan li avrebbe fatti uscire vincitori. Nonostante questo, il caldo sorriso di suo padre e la mano che le aveva appoggiato sulla spalla con fare protettivo scacciarono le sue insicurezze e le fecero pensare che sì, la Colonna Portante avrebbe sorretto Sephiro, e tutto sarebbe andato per il meglio.

Non sarebbe potuta essere più in errore: la guerra scoppiò, cruenta e devastante.



***



Emeraude riaprì gli occhi, ritrovandosi di nuovo nella penombra della sua alcova. Per un momento non capì perché il battito del cuore le rimbombasse nel petto e avesse il respiro affannoso. Poi, di colpo, realizzò cosa era accaduto pochi istanti prima, mentre lei e Zagato erano proiettati insieme sul piano astrale, fuori dai loro corpi. Avevano condiviso alcuni di quei ricordi che lei custodiva gelosamente nel fondo del proprio cuore, al quale non dava voce mai, temendo di essere straziata dal dolore. E lui, adesso, sarebbe andato a fondo della cosa.

Com’era potuto succedere? Non aveva esperienza di incidenti simili durante le proiezioni astrali, ma finora non aveva conosciuto nessun altro che padroneggiasse una magia così complessa a parte lei e Clef, il suo mentore. Peccato non poter chiedere il suo aiuto: Clef avrebbe potuto cancellare la memoria di Zagato e tutto sarebbe tornato alla normalità. Per farlo, però, lei avrebbe dovuto dirgli cosa eliminare. Questo avrebbe significato perdere per sempre la stima di quell’uomo, che l’aveva istruita sin da piccola e sostenuta in ogni momento della sua vita.

Interrompendo il flusso dei pensieri della principessa, Zagato entrò nella stanza seguito da due ancelle:

— Presto, soccorrete la Principessa, ha sofferto un terribile shock. —

Le due salirono immediatamente i gradini del baldacchino lasciando l’uomo indietro e tirarono le tende, per lavorare più in fretta. Emeraude sentì il gelo nelle vene quando i suoi occhi incontrarono lo sguardo di Zagato. Era gentile, ma tradiva un certo imbarazzo nel trovarsi di fronte a lei. Sicuramente gli faccio ribrezzo ora, altro che immolarsi per me, pensò. Nervosa, allontanò le ancelle che si prodigavano per tergerle la pelle madida di sudore, preoccupate che non avesse la febbre.

— Lasciatemi. Non è niente, davvero, portatemi un vestito pulito e cambiate le lenzuola. Non sono malata. —

Mentre le ancelle eseguivano, Emeraude pensò a come iniziare il discorso con l’uomo che attendeva ai piedi del baldacchino.

— Non farò parola dell’accaduto con nessuno, finché avrò vita. —

Sembrava ancora pieno di sollecitudine nei suoi confronti.

— Vi ringrazio, Zagato. Lo apprezzo molto. Apprezzerei anche che, come ho detto prima, mi lasciaste sola nel compito di proteggere la Barriera. —

— Purtroppo, non credo di poterlo fare, Vostra Grazia. —

— Osereste disobbedire a un mio ordine diretto? —

— Quello che è accaduto prima, Principessa, è il segnale che avete bisogno di qualcuno che vi aiuti, a partire dalla manutenzione della Barriera. —

Tacquero entrambi per un momento, a disagio. Fu lei a riprendere a parlare:

— Mi piacerebbe capire come sia avvenuta… la connessione, intendo — disse, sentendosi improvvisamente sfinita da tutta quella tensione. Si appoggiò allo schienale della poltroncina sulla quale era seduta.

— Il corpo astrale è costituito e governato dall’energia della mente. Di solito ha delle difese invalicabili, ma la fatica può indebolirle — le spiegò lui — e credo che il contatto fra i nostri corpi abbia fatto da ponte, se così si può dire, causando il passaggio dei ricordi da una mente all’altra. —

— Il contatto fra i corpi… ha un potere molto intenso. —

A queste parole Zagato distolse lo sguardo, e la Principessa poté giurare che un’ombra di rossore gli imporporasse le guance per un momento. Lei, che non aveva inteso la propria frase in maniera ironica, colse solo dopo il doppio senso nel quale era caduta e si affrettò ad aggiungere: — Voglio dire, la proiezione astrale è una magia avanzatissima, non mi era mai capitato di trovare qualcun altro al mio stesso livello, a parte Clef. Immagino che la connessione fra due corpi astrali sia un fenomeno che nessuno ha mai osservato prima. Se non fosse stato tremendo, sarebbe affascinante. —

Il Sommo Sacerdote fece un mezzo sorriso, continuando a fissare un drappo del baldacchino.

— Clef mi ha sempre detto che amate mettere alla prova i vostri limiti, ma ritengo comunque che non dovreste affaticarvi. Io sarei immensamente onorato di potervi aiutare, quindi abbiate più cura di voi stessa, Principessa, ve ne prego. Sephiro ha bisogno di voi. —

Quella frase fu come veleno alle orecchie di Emeraude. In tutti questi anni aveva sempre avuto il controllo esclusivo, e il fatto che a chiederle di lasciarlo fosse lui, che aveva visto, la fece solo arrabbiare di più. Aveva bisogno di contenere il danno creato da quello spiacevole incidente, evitando che Zagato parlasse con qualcuno e che Clef s’insospettisse. Se Zagato è sempre impegnato con la preghiera, non parlerà con nessuno, e Clef sarà contento.

Avrò bisogno di moltissimo aiuto da parte vostra. —

E tanto peggio per lei, se questo significava passare la maggior parte del loro tempo insieme. Mantenere il segreto era la cosa più importante, ne andava dell’integrità del suo - del loro - mondo.


Trascorsero insieme un tempo incalcolabile, impegnandosi a mantenere l’armonia e a rendere sempre più efficienti le strutture difensive. Zagato dimostrò di nutrire un immenso amore per il regno di Sephiro e i suoi abitanti, spendendosi fino all’ultimo per il loro bene. Questo permise a Emeraude di cominciare a fidarsi del Sommo Sacerdote.

Non avevano mai più riparlato di quello che era successo, fino a quel momento.

Con la proiezione astrale, avevano terminato l’ennesimo controllo della barriera: i loro corpi giacevano inermi a Palazzo, ogni volta se li lasciavano indietro per volare nei più remoti angoli del creato. Stavano ammirando il paesaggio dell’eterna primavera di Sephiro ed entrambi avevano avuto la sensazione che, da quella mattina, sarebbe cambiato tutto.

— Vostra Grazia — disse Zagato — posso farvi una domanda? Potete non rispondere, se non volete. —

Emeraude si sentì morire dentro: Zagato avrebbe finalmente preteso una spiegazione a quanto aveva visto dentro la sua mente.

— Certo, Zagato. Chiedete pure — rispose.

Ormai stimava molto l’uomo seduto accanto a lei, sulla Montagna di Cristallo, a contemplare la pace che aveva contribuito a creare. L’aveva visto smuovere mari e monti per aiutare gli altri e, al contrario, ne aveva apprezzato la calma e la pacata fermezza quando aveva discusso con lui dei temi più disparati. Clef, alla fine, aveva avuto ragione ancora una volta: quel gigante dai profondi occhi grigi era diventato il suo sostegno e, se il loro legame si fosse danneggiato, avrebbe sofferto terribilmente.

— C’è una cosa su cui ho continuato a scervellarmi, senza capire. Quello che ho visto durante l’incidente fa riferimento a dei fatti, delle persone… di cui io non so nulla. Eppure dovrei conoscerli! Non è un passato tanto lontano da essersi perso perfino nella memoria delle persone, nei libri… — Zagato tacque, temendo di aver parlato già troppo.

Emeraude sentì i battiti del cuore accelerare, riempiendole le orecchie e ovattando ogni altro suono. La sua gola si strinse per il panico. Già, perché non ti ricordi niente? Perché nessuno si ricorda niente?

Per un momento, considerò la possibilità di uccidere Zagato e raccontare che lui le aveva lasciato il servizio ed era poi partito senza lasciare traccia. Poi si voltò verso di lui e vide la sua espressione: non la stava giudicando o accusando di niente, era solo preoccupato per lei. L’anima si riempì di tenerezza nei confronti di quell’uomo, quello splendido giovane uomo che le era stato accanto tutto il tempo, senza chiederle nulla in cambio.

Volle rischiare. Come ricompensa per il suo aiuto, gli avrebbe offerto la verità, senza distorsioni.

— C’è una spiegazione. Guardate voi stesso — gli rispose, finalmente. Gli porse la mano, affinché si rinnovasse il contatto tra i loro corpi astrali, e lui potesse di nuovo vedere attraverso i suoi ricordi.



***



Autozam, Chizeta e Pharen, che insieme a Sephiro formavano la Confederazione, avevano solo finto di voler inviare degli aiuti, per fronteggiare i continui terremoti che da giorni scuotevano il regno. Una volta arrivati, ognuno aveva sferrato il suo attacco, aprendo diversi fronti che per le difese di Sephiro era stato impossibile gestire simultaneamente.


Ordlan, la Colonna Portante, mandò un messaggero presso l’abitazione di Margad ed Emeraude, per convocare urgentemente il Capitano della Guardia a Palazzo.

Emeraude, sulla soglia di casa, riuscì a convincere il padre a portarla ancora con sé al colloquio con la Colonna, nonostante fuori fosse veramente pericoloso.


Giunsero a destinazione dopo diverse ore; Margad aveva il braccio ferito in seguito ad uno scontro, ed Emeraude si era graffiata e strappata il vestito in più punti cercando di nascondersi.

La Colonna li aveva fatti attendere da alcuni servitori, che li condussero immediatamente alle stanze dove lui si trovava.

Margad esordì non appena le porte si aprirono: — Colonna, ho ricevuto il vostro messaggio e mi sono precipitato qui, che accade? —

Tacque, quando si rese conto che le condizioni in cui versava il vecchio Ordlan, già cagionevole di salute, erano peggiori di quanto non lo fossero mai state.

Il letto in cui la Colonna riposava era circondato dai maghi più eminenti del Regno. Emeraude riconobbe tra di essi Clef, un giovane mago di straordinaria potenza che faceva da insegnante alla ragazza. Lui, sentendosi osservato, alzò lo sguardo e i due si salutarono con un cenno.

Il Capitano della Guardia si avvicinò al capezzale di Ordlan e s’informò della sua salute con il Mago di Corte Lartius, che rispose: — La Colonna ha accusato molto duramente il tradimento da parte della Confederazione, da allora è rimasto cosciente solo per pochi minuti alla volta. Pensiamo che stia concentrando le proprie ultime energie nelle preghiere affinché il pianeta non si autodistrugga —.

Questo era il pericolo più grande che poteva correre Sephiro: quando la Colonna era a rischio, l’istinto di sopravvivenza prevaleva su tutto il resto ed essa smetteva di pregare per l’equilibrio del mondo. I terremoti, i mostri e la stessa guerra con la Confederazione si potevano spiegare con il cedimento della volontà di Ordlan.

— Allora, il messaggio che ho ricevuto… —

— L’ha fatto mandare in uno dei suoi momenti di lucidità. Ha bisogno di te, Margad, perché ha invocato i Cavalieri Magici e adesso tu dovrai scortarli, proteggerli e addestrarli affinché possano compiere il loro destino e salvarci tutti. —

— Capisco. — disse semplicemente il Capitano. Osservò a lungo, senza parlare, il volto dell’anziano saggio al servizio del quale aveva passato l’intera vita.

— Se non c’è altro, Mago Lartius, vorrei ritirarmi per preparare il viaggio. —

— In realtà, la Colonna Portante mi ha comunicato anche un’altra cosa. —

In quel momento il corpo di Ordlan ebbe un fremito. Aprì gli occhi, si voltò verso di loro e disse, con voce stentata: — Lartius, aspetta. Lascia che sia io a dirglielo—. Margad si avvicinò subito al letto e si chinò verso l’anziano con sollecitudine.

— Colonna, qualsiasi cosa sia, ditemelo e lo farò.

— Margad, figliolo, io… sto morendo. Sono stanco, posso solo… evitare, di trascinare tutta Sephiro con me. Ho evocato i Cavalieri Magici, perché mettano fine alla vita di un vecchio… ma, ho bisogno di sapere che… Sephiro sarà in buone mani. Ho bisogno… che sia tu la Colonna, dopo di me. —



***



Il giardino centrale del Palazzo, per Margad, era il posto più bello di tutta Sephiro.

Anche se il cielo è ricoperto di nuvole, le stelle non tramontano mai.

Subito dopo l’annuncio della Colonna si diresse istintivamente all’esterno e rimase a guardare il cielo, senza pensare a niente se non a quanto fosse meraviglioso il mondo nel quale aveva la fortuna di vivere.

Era pronto a lasciare tutto il resto per proteggerlo?

Una stella non smette mai di brillare, anche se c’è il buio intenso.

Era pronto a essere la nuova stella di Sephiro?


Sentì sua figlia avvicinarsi, era venuta a cercarlo.

La mia piccola Emeraude. Lei e suo fratello Ferio erano cresciuti senza la madre, mancata a causa di una malattia, e presto anche il loro padre sarebbe stato una presenza distante. Quei ragazzi sarebbero stati soli: fortunatamente, potevano fare affidamento sulla loro forza d’animo.

Beh, almeno avranno un mondo in pace e non saranno spazzati via dall’autodistruzione di Sephiro.

— Padre! — Emeraude accorse appena l’ebbe visto, interrompendo il corso dei suoi pensieri e costringendolo a staccare gli occhi dalle stelle per tornare alla realtà.

— Tesoro, è molto tardi. Dovresti andare a dormire, stanotte rimarremo a Palazzo così potrò prepararmi per la partenza. —

— Padre, posso venire con voi? —

— Non stavolta, bambina mia. —

— Ma io… voglio vedere i Cavalieri Magici. —

Margad sorrise, il cuore colmo di tenerezza, ma scosse la testa.

— Emeraude, in questo viaggio io avrò la responsabilità di tre persone venute da un altro pianeta, cui dovrò far amare il nostro mondo così tanto, da indurle a compiere un grande atto di coraggio e compassione verso di esso… tutto ciò mentre li proteggo dalle forze di Autozam, Chizeta e Pharen che non desiderano altro che trovarli e ucciderli. Non posso farlo se devo prendermi cura di te. —

Lasciare lei e Ferio a Palazzo, alle cure dei maghi di corte e delle sue Guardie, era l’unico modo. Che cosa sarebbe successo, se avesse dovuto scegliere tra la vita di sua figlia e quella di uno dei Cavalieri?

La ragazza sapeva già che cosa il padre le avrebbe risposto, ma sentirselo dire davvero le spezzò il cuore.

— Padre, vi prego, non lasciatemi qui da sola. Non sarò un peso per voi… —

— Emeraude, devo. Tu e tuo fratello sarete al sicuro, ed io potrò compiere il mio dovere senza preoccupazioni. —

— È questo che siamo, una preoccupazione? Voi… va bene — disse, cercando di conciliare quando vide che l’espressione del padre non ammetteva repliche — però promettetemi che tornerete, dopo. Non potete davvero diventare la nuova Colonna Portante. Che ne sarà della nostra famiglia? —

— Tesoro, non capisci. Diventare Colonna di Sephiro è un grandissimo onore, e soprattutto significa che tu e tuo fratello avrete un mondo migliore di qualsiasi altro! Finalmente potrò fare in modo che voi non viviate nella paura, che nessuno viva mai più nella paura. Non è fantastico? —

— Come fate a pensare che non soffrirò, se sarò per sempre separata da voi? Io… non posso crederci. Voi avete già preso la vostra decisione, senza nemmeno discuterne. Dopo oggi non ci vedremo mai più, perché questo interferirebbe con il vostro dovere, e se non fossi venuta a cercarvi, probabilmente non mi avreste nemmeno parlato. Sareste partito e basta, lasciandomi qui da sola a prendermi cura di Ferio. — fece per voltargli le spalle, le lacrime che cominciavano a scorrerle sulle guance.

— Emeraude… —

— No, padre. Avete ragione. Il dovere prima di tutto. Porterò i vostri saluti a mio fratello. —

E scappò via, prima di essere spezzata dai singhiozzi.


***



Le settimane trascorrevano lente al Palazzo e l’umore di Emeraude non accennava a migliorare.

Era rosa dall’ansia e dal rimorso, per aver lasciato che suo padre partisse senza nemmeno dirgli addio. Non era certa che fosse vivo: Ordlan era stato spostato - sempre con la massima riservatezza, per evitare che le informazioni arrivassero alla Confederazione - presso la Sorgente Eterna, dove i Cavalieri Magici avrebbero affrontato una prova che avrebbe decretato la loro forza d’animo, rendendoli degni di dare alla Colonna la fine onorevole che si meritava.

Emeraude ascoltava le voci che circolavano a Palazzo, avida di notizie su suo padre, ma erano troppo contrastanti fra loro. Una mattina, decise che era stanca di vivere nell’incertezza. Avrebbe provato a cercare Margad da sola.

Per farlo, avrebbe utilizzato la nuova tecnica che le aveva insegnato Clef e che le permetteva di staccarsi dal suo corpo e volare con la mente in un altro luogo. A detta del mago, aveva una padronanza della proiezione astrale fuori dal comune: per lei era fin troppo facile usarla, essendo rinchiusa a Palazzo mentre desiderava disperatamente essere altrove.

Disse a suo fratello Ferio che sarebbe andata a fare il bagno - con quei capelli lunghissimi ci impiegava sempre delle ore - e si chiuse a chiave nella stanza per evitare di essere disturbata. Fece scorrere l’acqua calda e versò dei sali da bagno alle rose: un corpo rilassato permetteva più facilmente la proiezione del corpo astrale e, dovendo coprire una distanza considerevole, aveva bisogno di tutto l’aiuto possibile.

Aprì la finestra, si spogliò ed entrò nella vasca, sdraiandosi sul fondo e lasciando che il calore la cullasse e la sua energia si concentrasse nel petto mentre teneva gli occhi chiusi…


Quando li riaprì, vide se stessa nuda nell’acqua. Sorrise, pensando che la parte facile era andata. Salì sul davanzale della finestra, respirò profondamente e si lasciò cadere.

La sensazione che provò volando per la prima volta, all’esterno della sua prigione dorata, fu indescrivibile: le parve che i suoi occhi, il cuore, l’anima, tutto stesse per scoppiare, troppo pieno di libertà dopo tanto tempo.

Il desiderio di vedere suo padre era fortissimo. Non per ferirlo con altre parole piene di astio, ma per dirgli solo mi dispiace e ho bisogno di te; per dirgli ti voglio bene. Per un attimo, ebbe una fugace visione, insieme a tre uomini sconosciuti, sul limitare della foresta. Si lasciò guidare dall’istinto che - ne era certa - l’avrebbe guidata bene, e si diresse verso ovest.

Il paesaggio di Sephiro era diverso da quello che aveva sempre conosciuto; gli alberi erano per la maggior parte spogli e spettrali, la terra era arida ed anche il mare aveva preso un’orribile colorazione giallastra riflettendo il cielo livido soprastante. L’impressione generale era quella di un vecchio decrepito e rinsecchito, arrivato agli ultimi aliti di vita.

Capì di essere arrivata a destinazione quando vide uno specchio d’acqua risplendere improvvisamente di un’energia abbagliante e quattro figure proiettate sopra di esso, in una colonna di luce. Emeraude sorrise felice, quando ne riconobbe una. Padre! Quando lei toccò terra, i quattro uomini erano ancora sospesi sopra la Sorgente Eterna e dai loro volti traspariva il peso della responsabilità di aver tolto la vita a una persona. Suo padre era, ovviamente, il più scosso dei quattro. La ragazza avrebbe voluto avvicinarsi, ma lui non avrebbe comunque potuto vederla né sentirla, quindi stette a osservare la scena mentre i Cavalieri Magici salutavano Margad, che li aveva accompagnati nel loro viaggio, e sparivano, riportati nel loro mondo dalla magia dell’Evocazione.

Non appena i tre Cavalieri sparirono alla vista, il Capitano della Guardia cadde in ginocchio. Emeraude ebbe un tuffo al cuore. Era la prima volta nella sua vita che vedeva suo padre piangere. Vedendolo sciogliersi in lacrime, addolorato nel profondo per la morte della Colonna, non poté fare a meno di muovere qualche passo verso di lui. Spostandosi vide qualcosa che prima non aveva notato: un animale dal pelo bianchissimo, simile a un coniglio, anche se più rotondetto. Non appena il suo sguardo incontrò quello di Emeraude, la gemma sulla sua fronte emise un bagliore dorato.



***



L’animale spalancò la bocca, che continuò ad aprirsi a dismisura. Dall’interno, si generò un vortice d’aria che trascinò Emeraude e Margad al suo interno prima che essi potessero anche solo chiedersi cosa stesse succedendo.

Usciti dal vortice, si ritrovarono a galleggiare nel cielo di un mondo completamente diverso da Sephiro, in quella che sembrava una grande città avvolta nella notte. Sotto di loro, solamente costruzioni enormi, di diverse altezze; fra tutte spiccava una torre di travi metalliche che risplendeva di luce dorata. Era tutto talmente luminoso che a Emeraude parve per un momento di essere a testa in giù, e che quelle sotto i suoi piedi fossero le stelle che guidavano gli abitanti di quel pianeta. Là in alto, dov’era lei, di stelle non se ne vedevano: si erano probabilmente spente, addolorate perché nessuno più le degnava di uno sguardo.

Suo padre Margad era accanto a lei, ma ancora non poteva vederla.

All’improvviso, una voce risuonò nel buio: — Il Cammino della Colonna si è aperto. Chi di voi sarà degno? —

Emeraude si voltò nella direzione della voce e vide la creatura di prima che, avendo spiegato un paio di candide ali piumate, fluttuava sopra le loro teste.

Margad rispose: — Eccomi, Creatore di tutti i Mondi. Il mio nome è Margad e sono stato designato dalla precedente Colonna, per mantenere in vita Sephiro dopo la sua morte. —

Il Creatore dei Mondi, pensò Emeraude, colui che ha creato la Portanza.

— Margad, ti conosco. Il tuo animo è puro e la tua forza è grande. Saresti un’ottima Colonna per Sephiro, perché il tuo cuore è molto forte e sacrificheresti la vita per realizzare il tuo desiderio di pace eterna. Eppure, una persona con un cuore ancora più forte del tuo è giunta fin qui, grazie al suo immenso potere — rispose la creatura.

L’uomo, sconcertato, si guardò attorno ma non vide nulla, finché non avvertì un soffio d’aria che trasportava delle minuscole particelle luminose. Pian piano esse formarono una figura umana, poi un volto che non tardò a riconoscere…

— Emeraude! —

— Padre! Potete vedermi, finalmente. Mi siete mancato tanto! —

Si andarono incontro per abbracciarsi, incuranti per un momento del fatto di essere sospesi nel cielo, sull’orlo del proprio destino.

— Emeraude — ripeté il Creatore dei Mondi. — Non avevo mai visto nessuno con una forza di volontà tale da portare il proprio corpo astrale persino su un altro pianeta. Ho fatto in modo che il tuo corpo fisico ti raggiungesse qui per affrontare il Cammino della Colonna. Ritengo, infatti, che sia tu, la persona più degna di perpetrare la Portanza. Questa è la mia decisione. Ci vedremo a Sephiro. —

Sotto di loro, la torre di metallo brillò di una luce più intensa e un nuovo portale si aprì al suo interno. Il Creatore sparì senza lasciare traccia.

Margad ed Emeraude erano entrambi ancora sconcertati dall’accaduto. Margad sciolse l’abbraccio per guardare la figlia negli occhi:

— Emeraude, cosa ci fai qui? Perché hai messo a rischio la tua vita? —

— Padre, io volevo raggiungervi, vedervi, quindi ho usato la proiezione astrale… Non immaginavo di diventare la nuova Colonna, ma adesso che lo sono, torneremo a Sephiro e realizzeremo insieme il mondo che avete sempre sognato! Non sarò mai più un peso per voi, anzi, sarò io a proteggervi!

— Tesoro mio, non capisci… non potremo mai più essere insieme. Solo la Colonna può far ritorno a Sephiro. Chi fallisce, è destinato a dissolversi. —

— Ma, non può essere… Io… No! — Emeraude afferrò il braccio di suo padre e lo trascinò verso la torre. Arrivati davanti al portale, Margad fu bloccato da una forza che gli impediva di attraversare il Cammino della Colonna.

— No, no! Non voglio arrendermi, non adesso! Dobbiamo tornare a casa insieme… —

— Bambina mia — disse Margad, stringendola a sé — Non è possibile. Tu devi fare rientro a Sephiro, diventare la Colonna e riportare la pace e l’armonia. Non preoccuparti per me, io ho fatto il mio tempo. Sapere che mia figlia sarà colei che guiderà il mondo con la sua rettitudine, è la mia gioia più grande. —

— Ma padre, io… io non posso, senza il tuo aiuto… —

— Certo che sì. —

Si chinò all’orecchio di sua figlia per sussurrarle le sue ultime parole, le baciò una guancia e la spinse verso il portale. La forza che respingeva Margad, attirò invece Emeraude che si sentì cadere all’indietro.

Padre, padre! Noooo…

Il volto del Capitano si era disteso in un sorriso, un attimo prima di cominciare a sbiadire.



***



Le lacrime le rigavano le guance si erano già asciugate, quando ritornò a Sephiro.

Si ritrovò nel giardino del Palazzo, quel luogo che suo padre Margad aveva tanto amato, circondata da tutti i dignitari di corte e i maghi che ora salutavano la nuova Colonna Portante.

Emeraude accolse con un sorriso meccanico i loro inchini e le loro manifestazioni di gioia, il petto oppresso da una morsa di gelo.

Che importa se questa gente è felice o no, sono solo formiche. Non contano niente conta più, oramai.

Ignorò i festeggiamenti che volevano indire in suo nome e si scusò dicendo che aveva bisogno di stare da sola.

Mi danno la nausea. Non gli importa che è successo a Ordlan, né a mio padre, fintanto che c’è qualcuno che si sacrifica per le loro sciocche vite. Mi fanno schifo.

Voleva scappare nella sua stanza, ma al centro del giardino trovò ad aspettarla il coniglio bianco.

— Salve, Colonna. Dobbiamo parlare. —

La ragazza gli scoccò un’occhiata vaga.


Tutti si fecero da parte per lasciarli avvicinare, rimanendo comunque ad ascoltare la conversazione.

— Il mio nome è Mokona, e posso leggere la tua mente e il tuo cuore. Sei piena di rabbia e disperazione, in questo momento, ma ricordati che questo mondo è dominato dalla volontà. Se continui a indulgere in questi desideri di distruzione, Sephiro finirà per sgretolarsi per sempre. —

— …e questo sarebbe un male? Al momento, non vedo niente che meriti di sopravvivere in questo posto. —

La folla si zittì e calò un silenzio mortale.


Mokona tacque per un lungo momento, prima di riprendere a parlare: — In quanto Colonna, sei libera di desiderare quello che vuoi, inclusa la completa sparizione di questo mondo. —

— Tu hai creato questo mondo perché fosse governato dalla volontà, ma s’intende la volontà di ognuno, giusto? Non solo quella della Colonna. Allora perché questa gente non si salva da sola? Perché ha bisogno di un sacrificio umano, per continuare ad andare avanti? Perché ho appena perso mio padre, e ciò nonostante dovrei rinunciare a essere padrona della mia vita?—

Emeraude andava avanti a parlare, non curandosi di quello che quella gente avrebbe potuto pensare. Non le importava niente di loro, che la odiassero! Aveva bisogno di sapere.

— La comprensione di questo concetto è ciò che contraddistingue chi è degno della Portanza. Le persone, a Sephiro, non avrebbero bisogno della Colonna. Qui, la forza di volontà governa tutto, dalla riuscita di un incantesimo alla vittoria in battaglia. Il problema è che pochissime persone hanno una forza d’animo così incrollabile, da essere sempre salda nonostante le avversità; i più si fanno prendere dall’ansia, dal timore che le cose non andranno come vorrebbero, e queste paure confluiscono insieme creando mostri, malattie e guerre. —

— Siamo tutti artefici del nostro destino. I deboli come i forti. —

— Già. La Colonna è un simbolo, risolleva gli animi più deboli e non permette ai sentimenti negativi di dilagare. Per svolgere questa funzione, però, non deve avere legami, o le persone penseranno che sia troppo presa dai suoi interessi personali per proteggerle e si faranno prendere dalla paura. —

— E poco importa se a farne le spese è una persona come loro, giusto? No, non sono d’accordo. —

Il brusìo riprese, più teso e preoccupato di prima.


— La rabbia che hai nel cuore è grande quanto la tua forza d’animo. Che cosa potrebbe farti stare meglio? —

— Distruggere Sephiro e tutto quello che ci abita. —

La folla intorno a loro cominciò istintivamente a disperdersi e a gridare sempre più forte. Delle colonne di fuoco presero a scendere dal cielo, infiammando la notte di Sephiro. Le persone scapparono, cercando una via d’uscita. Ma la via d’uscita non ci sarebbe stata, questa volta, e non ci sarebbe stato nessuno a cui chiedere aiuto. La Colonna da cui tutti si aspettavano di essere salvati, si era trasformata nel loro nemico più mortale, e avrebbe guardato il mondo bruciare con il sorriso sulle labbra.




***



Zagato aveva staccato la mano da quella di Emeraude, interrompendo il contatto e il flusso di ricordi.

Fissò attonito il volto della principessa, rigato dalle lacrime e rosso dalla vergogna per aver rivissuto quei terribili momenti. Non avrebbe mai immaginato che dietro le immagini confuse che aveva visto tempo prima, si nascondesse un avvenimento così tremendo.

— Ecco, adesso hai visto tutto, adesso sai cosa è successo. Il motivo per cui nessuno se ne ricorda è che, dopo essere tornata in me, ho pregato Mokona di cancellare la memoria di tutti. Ho eretto la barriera e sospeso i rapporti con i pianeti della Confederazione, così che non arrivino minacce esterne. Gli abitanti di Sephiro non ricordano che ci sia mai stata una Colonna prima di me e come io sia arrivata alla Portanza. Tutti vivono in pace e si fidano della loro Principessa. I Cavalieri Magici sono una semplice leggenda. Solo io so la verità… E ora, anche tu. —

— Perché non siamo morti? Voglio dire, avete cambiato idea, alla fine. —

— Sì. —

Era stato merito di Clef. Il suo mentore non si era lasciato prendere dal panico: mentre il pianeta aveva cominciato a sfaldarsi in un cumulo di macerie ardenti, aveva raggiunto Emeraude e l’aveva scongiurata di fermarsi, di pensare a Margad, a come sarebbe stato distrutto dal dolore se avesse saputo che proprio sua figlia aveva portato Sephiro alla distruzione.

A lei erano ritornate in mente le ultime parole di suo padre. Ti voglio bene, tesoro. Sono fiero di te. Era così orgoglioso che sua figlia fosse stata scelta per proteggere il mondo che amava tanto. Non poteva deluderlo.

La volontà di distruzione della ragazza aveva vacillato. Si era resa conto che anche suo padre sapeva benissimo che la fragilità delle persone aveva reso necessaria la Portanza, ma, a differenza sua, considerava un onore poterle proteggere. Il sacrificio che questo comportava, per lui era niente, in confronto alla consapevolezza che, grazie alla Colonna, ognuno avrebbe potuto trovare la propria felicità.

— Ho deciso di realizzare il desiderio di mio padre, rendere Sephiro un luogo di pace. —

Zagato sospirò, incerto se parlare o tacere. Alla fine parlò: — E voi? —

— Io? —

— Sì, chi pensa a voi, ai vostri desideri? Non avete anche voi diritto alla felicità come tutti gli altri? —

— Io non devo essere felice. Proteggo il mondo come voleva mio padre, per espiare il mio peccato contro di esso. La vita della Colonna è così, io devo amare tutti gli abitanti indistintamente e tutti amano me, perché mi prendo cura di loro. —

— No, non tutti. Io non ho bisogno della Colonna, eppure… vi amo lo stesso. —

Zagato l’aveva guardata negli occhi per tutto il tempo, ma all’ultimo non ce l’aveva fatta e aveva distolto lo sguardo. Emeraude incespicò un poco, perdendo il filo del discorso.

— Ehm, allora… come mai avete deciso di diventare Sacerdote? —

— Non è stata una decisione vera e propria. Desidero aiutare gli altri e nutro da sempre una grande ammirazione per voi, quindi non avrei potuto far altro nella mia vita. Sarò onorato di starvi accanto e servirvi finché avrò vita. —

— Se aveste saputo che ho cercato di distruggere il mondo, non mi avreste ammirato tanto. —

— Il vostro è stato un gesto disperato, Principessa. Al contrario, adesso che so la verità, vi amo ancora di più, perché avete scelto di salvare Sephiro nonostante abbiate perso la persona più cara che avevate per colpa della Portanza. —

Da quando lui aveva cominciato a usare con disinvoltura il verbo “amare”? Emeraude, imbarazzata dalla facilità con cui Zagato esternava i suoi sentimenti, decise di giocare in difesa.

— Rimane il fatto che voi siete un uomo adulto, con i bisogni di un uomo adulto. Tra non molto, non vorrete più seguire a tempo pieno una ragazzina. —

Il Sommo Sacerdote assunse un’espressione perplessa.

— …sapete che il corpo astrale e quello fisico possono apparire molto diversi? La principessa che ho davanti è molto diversa da quella che ho visto tempo fa, nel Santuario. —

— In che senso? —

— Tornate indietro con me e ve lo mostrerò — rispose lui, chiudendo gli occhi e lasciandosi cadere all’indietro prima di sparire in un milione di particelle luminose. Era tornato a Palazzo, ricongiungendosi con il suo corpo fisico.

Emeraude rimase sola a riflettere sulla Montagna di Cristallo. Sapeva che, sebbene il segreto del suo passato fosse stato svelato, c’era un altro segreto nel suo cuore, ancor più pericoloso. Incontrando Zagato nella sua alcova, senza i limiti imposti dalla proiezione astrale, avrebbe rischiato di rovinare tutto, ma la tentazione era troppo forte perché lei potesse resistere.



***



Emeraude rientrò nel proprio corpo. Più tempo passava al di fuori di esso, meno le piaceva far ritorno: tutte quelle sensazioni la turbavano profondamente e preferiva di gran lunga la sensazione di distacco creata dalla proiezione astrale.

Emozionata, sentì i passi di Zagato avvicinarsi, salire i gradini che portavano al baldacchino e scostare i drappi che la separavano dal resto del mondo.

Lui era identico a quello che aveva sempre visto: imponente nelle vesti di Sommo Sacerdote, con i liscissimi capelli neri a far da cornice a un viso affilato e i profondi occhi grigi che le avevano rubato il cuore, appena un po’ più foschi del solito.

Guardandosi davvero per la prima volta, entrambi provarono un piacevole stordimento: nei corpi astrali non sentivano i battiti del cuore accelerare e la temperatura aumentare, non avevano il fiato corto per la tensione.

— Adesso capirete: venite — disse lui, porgendogli la mano per aiutarla a sollevarsi dal giaciglio.

Quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva camminato? Le gambe di lei vacillarono e dovette farsi sostenere da Zagato per arrivare davanti allo specchio appeso alla parete. Quel contatto, così reale, dette loro un brivido.

La sua mente si è fermata a quell’evento traumatico di quando aveva quattordici anni… non ha mai voluto superarlo consciamente, e con la magia ha messo un filtro fra lei e il dolore.

— Non voglio guardarmi allo specchio Zagato, so come sono fatta. —

— Ne dubito. Guardate. —

Emeraude obbedì. L’immagine riflessa nello specchio la fece rimanere a bocca aperta: davanti a lei stava una donna, con lunghissimi capelli biondi e luminosi occhi azzurri. Questa sono io? Non poteva credere che quel corpo fosse il suo: i fianchi pronunciati, il seno florido, non li aveva mai avuti prima. Si passò un dito sulle labbra piene, ancora incredula.

— Ecco come vi ho vista finora, Vostra Grazia. Una donna adulta, con i bisogni di una donna adulta. —

Lui, che ancora la sorreggeva, approfittò del suo sconcerto per proseguire:

— Principessa, so che non vorreste che io vi parli in questa maniera, ma devo farlo, altrimenti mi scoppierà il cuore. Io non posso più fare a meno di voi, non come Colonna Portante, ma come donna. Siete bellissima, intelligente… sensuale. Io… —

Prese il suo viso tra le mani, per costringerla a guardarlo negli occhi.

Lei s’immerse in quelle pozze di metallo fuso. Stava toccando il cielo con un dito, ma al contempo, si sentiva sanguinare l’anima. Lo amava, bello e forte e gentile com’era, e proprio per questo, avrebbe dovuto rinunciare a lui. C’era solo una maniera.

— Ti amo, Emeraude… — bisbigliò Zagato, chinandosi per baciarla.

Appena prima che le loro labbra si toccassero, la principessa scivolò via dal suo corpo ancora una volta, lasciando un involucro vuoto tra le braccia del Sommo Sacerdote.

Zagato lo strinse a sé e pianse amaramente, conscio di averla persa per sempre.



***



Emeraude volò da Clef, trovandolo da solo nella Sala del Trono. Non perse tempo in convenevoli.

— Ho preso una decisione. Evocherò i Cavalieri Magici. —

Per Clef fu come una doccia fredda:— Ma sai cosa significa? Non devi farlo! —

— Certo che sì. C’è una ragione ben precisa. Io… non posso fare altrimenti, mi sono innamorata perdutamente di Zagato. So benissimo che non è possibile per me amare un uomo, che quest’amore non ha nessun diritto di esistere, ma è più forte di me! È un sentimento che supera la mia forza di volontà… per quanto mi sforzi, non riesco più a reprimerlo. — Scoppiò a piangere, al pensiero che proprio l’amore l’aveva fatta cedere.

— Lo sapevo. Immaginavo che fra voi due sarebbe nato qualcosa di più forte di un’amicizia. —

Aveva avvicinato Zagato ed Emeraude proprio perché la Principessa avesse qualcuno che si prendesse cura di lei. Non immaginava di certo un epilogo simile.

— Nessuno può rimproverarti il fatto di esserti innamorata, devi pensare anche alla tua felicità o finirai per esaurire le forze… —

La Principessa crollò del tutto, cominciando a urlare fra i singhiozzi: — Ma io non posso scegliere! Non ho mai potuto! Da quando sono diventata la Colonna, la mia unica possibilità di liberarmi di questo peso è la morte! —

Clef capì che Emeraude era terribilmente seria, e gridò a sua volta nel disperato tentativo di convincerla: — Sì, è vero, tu sei la nostra Colonna Portante, Emeraude. Però sei in primo luogo un essere umano, non devi dimenticarlo mai! Non puoi essere perfetta!—

— Devo! Non escludo che gli abitanti di Sephiro possano perdonare la mia debolezza, ma io non riuscirei mai a farlo. Non potrei mai essere felice, sapendo che per salvaguardare il mio amore, Sephiro ha dovuto rinunciare alla pace. Sarebbe come tradire tutto ciò che ho fatto finora, tutto ciò in cui mio padre ha creduto prima di me… —

— Tuo padre? Ma che stai… —

Non poté finire la frase perché Emeraude era già svanita. Sentì solo la sua voce che gli raccomandava di prendersi cura delle ragazze che sarebbero arrivate da un altro mondo, per dare finalmente pace alla Colonna di Sephiro.



***



Un fulmine squarciò la tenebra che li avvolgeva, dando una visuale ampia del campo di battaglia. Un’occhiata bastò perché l’ormai familiare sensazione di angoscia tornasse ad attanagliarlo. Che ne era delle colline che un tempo avevano costituito quella regione? Ovunque, si susseguivano gli spuntoni di roccia, taglienti e inospitali quanto le condizioni climatiche. La pioggia, diventata quasi incessante, riduceva il terreno a un’informe massa di fanghiglia, e aumentava il rischio di smottamenti e frane, già all’ordine del giorno; sottile, gelata, s’infiltrava nelle vesti e nelle anime dei sopravvissuti, opprimendole. Era così densa, che vedere a un metro di distanza era quasi impossibile per chi, a differenza di Clef, non possedeva il dono della magia.

Un altro fulmine illuminò la desolazione che li circondava, e il fragore del tuono che lo accompagnava bastò appena a coprire le urla agghiaccianti che si levavano dalla tenda dove venivano curati i feriti.


La Seconda Guerra Mashin, così era stata chiamata la battaglia interminabile che stavano vivendo Clef e gli altri.

Anche se gli scontri principali avvenivano a diversi chilometri di altezza dal suolo, la terraferma non era risparmiata dalla distruzione. I superstiti non avevano perso l’abitudine di alzare lo sguardo verso i cieli di Sephiro; solo, quel che prima era un’immensità azzurra e serena si era tramutata in una densa cappa nera. Vedere una scia brillante che attraversava il buio, non faceva più pensare alle speranze e ai desideri delle stelle cadenti: le luci, causate dagli attacchi magici, significavano dover correre ai ripari per evitare le onde d’urto.

Quando l’Ultima Colonna aveva deciso eliminare la Portanza, dividendo il destino del mondo fra tutti i suoi abitanti, i dignitari di Sephiro e degli altri pianeti della Confederazione, di nuovo in pace, si erano incontrati diverse volte per discutere quale fosse il sistema migliore, in modo da applicarlo al nuovo mondo e farlo finalmente prosperare nella pace eterna per i suoi abitanti.

Dopo aver preso in considerazione diverse possibilità - dalla civiltà imperiale di Chizeta e Pharen al Consiglio degli Oligarchi di Autozam - la scelta era ricaduta su uno dei numerosi modelli applicati sulla Terra: il popolo di Sephiro avrebbe eletto la propria guida, ed essa avrebbe protetto il pianeta fin quando ne avesse avuta la forza. Arrivato il momento, si sarebbe proceduto a una nuova nomina: mai più una persona sarebbe stata obbligata a sacrificare la propria vita.

Tutti si dissero entusiasti di questo nuovo sistema, che garantiva una certa continuità con il passato: ci sarebbe comunque stato un personaggio forte, sulla cui energia poter fare affidamento nei periodi di crisi.

Proprio questo è il problema, pensò Clef mentre attraversava la tenda per visitare i feriti del loro campo base.

Questa gente mi guarda come se io fossi onnipotente, come se potessi sanare i loro mali schioccando le dita. Perché? Perché non capiscono che essi stessi potrebbero guarirsi se solo lo volessero davvero?

Ricercando a tutti i costi una soluzione esterna, un “qualcuno” che si prendesse cura dei loro bisogni e li soddisfacesse senza sforzo, gli abitanti di Sephiro avevano ancora una volta condotto se stessi e il loro mondo alla rovina. Poco dopo l’inizio del nuovo sistema, infatti, essi avevano messo da parte i buoni propositi, permettendo alla paura e all’odio di germogliare nei loro cuori. Si erano formate delle fazioni, che si accusavano a vicenda di utilizzare l’odio come arma. Il popolo aveva cominciato a criticare il comportamento di chi eleggeva, a non dargli fiducia. Pretendeva sempre di più, non perdonando neppure un errore. I mostri generati da tutti quei sentimenti negativi cominciarono ad aggredire le persone.

Incapaci di risolvere i loro conflitti, le fazioni avevano cominciato a desiderare di eliminarsi l’un l’altra, e a creare armi sempre più raffinate per farlo. Era infine scoppiata la guerra civile, fra gli abitanti di Sephiro per cui Emeraude si era sacrificata anni prima, affinché loro potessero continuare a vivere in pace.

Clef pensava spesso alla Principessa, e alla sua esistenza spesa per il bene del mondo.


Principessa Emeraude… Solo ora capisco quanto profondamente tu avessi a cuore questo mondo. Quando hai concentrato l’intero controllo di Sephiro nelle tue mani, anziché spartirlo con gli abitanti, lo hai fatto per proteggere le persone da loro stesse… Sei arrivata a privarti dell’amore e della vita per mettere noi al primo posto, e ora ti stiamo ripagando così, ammazzandoci a vicenda.


  
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