Ares Chronicles – Destini Spezzati
Dapprima
Sosthenes non aveva fatto caso alla scomparsa del gemello. Non era un segreto
che spesso Arethas lasciasse la casa per insolite passeggiate notturne, quando
per una ragione o per l’altra non
riusciva a prendere sonno. Lui e Khloe avevano imparato a lasciarlo fare;
sapevano entrambi che Arethas aveva sofferto forse più di tutti per la perdita
dei genitori, e il fatto che volesse di tanto in tanto stare da solo era del
tutto giustificabile. Da quando, otto anni prima, i loro genitori erano
scomparsi Arethas si era chiuso in sé stesso in un mutismo che solo adesso
iniziava a superare. Lui era sempre stato un ragazzo riservato al quale non
piaceva mostrare i propri sentimenti: il nascondere quel dolore così grande
agli occhi di tutti doveva essergli costato una fatica immensa. Solo una volta
Sosthenes lo aveva seguito quando, per la prima volta, lo aveva visto
sgattaiolare furtivo fuori dalla casa della zia. Lo aveva visto passeggiare in
riva al mare notturno e asciugare una lacrima e poi un’altra, aveva visto le
sue spalle sussultare con violenza crescente e per la prima volta aveva sentito
il gemello singhiozzare disperato come un bimbo inerme davanti alla crudeltà
del mondo. Avrebbe voluto andare a consolarlo, stringerlo in un abbraccio e
lasciarlo piangere sulla sua spalla fin quando quella sofferenza non l’avesse
abbandonato del tutto, ma sapeva già che non sarebbe stata una buona idea: se
solo Arethas avesse scoperto di essere stato seguito si sarebbe privato anche
di quei momenti di sfogo, e ciò avrebbe contribuito solo a farlo stare ancora
più male. Alla fine Sosthenes era ritornato a casa e non aveva fatto parola con
nessuno di quella notte.
Dunque
quella sera aveva pensato che Arethas fosse stato colto da uno dei suoi
attacchi di malinconia e avesse preferito sfuggire da sguardi indiscreti per
cercare il conforto complice della notte. Aveva scacciato quel brutto
presentimento che per un attimo lo aveva messo in agitazione ed era andato a
letto, convinto che la mattina dopo avrebbe trovato il fratello in camera. Ma
quando si svegliò di colpo alle prime luci dell’alba la stanza era vuota e una
sensazione di ansia opprimente gli premeva in petto. Rimase per un lungo
istante a guardare il letto ancora in ordine del gemello, segno evidente che
Arethas non era tornato a casa.
Arethas non era tornato a casa. Aveva
sempre temuto qualcosa del genere. In tutti quegli anni Sosthenes aveva sempre
avuto il terrore che il fratello potesse commettere qualche imprudenza, che
alla fine non avrebbe retto più il peso del trauma e avrebbe finito con il
combinare qualche guaio. Dov’era finito, dove diavolo era andato?
Si
trattenne dal gridare il suo nome. Era ancora presto, avrebbe solo finito per
svegliare la zia e metterla in agitazione. Doveva ragionare, doveva fermarsi a
riflettere. Peccato che lui non fosse proprio il tipo da starsene seduto a
pensare, lui si trovava più a suo agio nel momento dell’azione.
Sosthenes
si prese la testa tra le mani imprecando sottovoce. Dove poteva essere? Scostò
con un gesto brusco le lenzuola e, ancora prima di rendersene conto, era già
vestito e diretto verso la porta. Esitò nel passare davanti la stanza della
zia: non potevano sparire entrambi, alla povera vecchia sarebbe venuto un
colpo. Così si mise alla ricerca frenetica di carta e penna e lasciò un
messaggio breve e conciso sul tavolo della cucina: Arethas era sparito. Lui
l’avrebbe trovato e poi sarebbero tornati a casa. “Non ti preoccupare”, scrisse alla fine, anche se sapeva che era
del tutto inutile: Khloe avrebbe dato di matto già dalla prima riga.
Subito
dopo era fuori a guardarsi intorno: da dove iniziare le ricerche? In quel momento lo spirito pratico del fratello
gli avrebbe fatto comodo. Mai lui si era perso in lunghe riflessioni, mai aveva
esaminato le diverse possibilità alla risoluzione di un problema. Di solito
agiva di impulso, spesso sbagliava o non riusciva ad affrontare la situazione
al meglio. Gli veniva persino difficile seguire i ragionamenti logici che il
fratello spesso provava ad illustrargli per il semplice fatto che non riusciva a
fermarsi per riflettere, l’unica cosa che gli premeva era passare alla parte
pratica della questione.
Cos’avrebbe
fatto Arethas al suo posto? Infine decise di cercare prima nei luoghi che
frequentavano spesso, dove credeva di avere maggiori possibilità di trovare
qualcosa. Scese dunque in spiaggia, esaminò ogni singola insenatura senza
risultato; poi passò lì dove avevano costruito una pericolante casa sull’albero
qualche anno prima; dopo ancora ispezionò le vie sterrate che conducevano alla
campagna, nei loro mille nascondigli. In nessuno di quei posti gli fu possibile
scovare anche il minimo indizio del passaggio del gemello. Il sole era già alto
in cielo quando Sosthenes tornò sui suoi passi per dirigersi infine verso il
cuore del villaggio: forse lì qualcuno avrebbe potuto aiutarlo, in cuor suo
sperava che qualcuno avesse notato qualcosa di insolito, un movimento, un’ombra
che avrebbe potuto condurlo sulla pista giusta.
Chiese
inutilmente ad ogni persona che incontrava se avesse visto un ragazzo identico
a lui passare per quella via la notte scorsa: qualcuno scrollò le spalle, altri
lo guardarono in modo strano borbottando con disapprovazione su quello scherzo
idiota.
Sosthenes
iniziò a perdere le speranze. Calciò una pietra con rabbia: doveva pur esserci
una spiegazione, suo fratello non aveva certo potuto volatilizzarsi da un
giorno all’altro! Non voleva pensare al peggio. Non voleva pensare che forse
Arethas avesse potuto avere un incidente, che potesse essergli successo
qualcosa di irreparabile. Non se lo sarebbe perdonato.
Stava
pensando se non fosse il caso di chiedere aiuto quando la voce di un’anziana lo
distolse dai suoi pensieri.
-…
la scorsa notte, inspiegabilmente-
Stava
dicendo a qualcuno. Sosthenes ebbe un sussulto e si affrettò a sporgersi dall’angolo
di un’abitazione: un uomo gli dava le spalle, di fronte a lui c’era la donna
che aveva parlato. L’uomo era alto, indossava quella che sembrava una divisa da
addestramento; aveva lunghi capelli blu sciolti sulla schiena e poggiava una
mano sulla spalla della nonnina come se stesse cercando di rassicurarla.
-Scopriremo
cosa sta succedendo e ritroveremo suo nipote-
Promise
prima di andare via.
“E’
scomparso qualcun altro?” – cosa stava succedendo? Il cuore gli batteva forte
in petto, agitato da quell’inquietante notizia.
Sosthenes
fu abbastanza svelto da nascondersi prima che l’uomo si girasse, ma non poté
fare a meno di notare la sua aria cupa quando gli passò accanto. Era evidente
che lui si stava in qualche modo occupando della faccenda. Dopo un attimo di
incertezza il ragazzo prese coraggio e gli corse dietro.
-Fermatevi!-
Quello
si voltò subito, rimanendo a scrutare il ragazzo che lo aveva richiamato. Mai
Sosthenes si era sentito in imbarazzo, eppure in quel momento, sotto gli occhi
azzurri di quell’individuo, si sentì di colpo a disagio.
-Posso
fare qualcosa per te?-
Gli
venne incontro il suo interlocutore dopo alcuni secondi di silenzio. Quello
contribuì solo a impacciarlo ancora di più: perché non aveva pensato prima a
cosa dire? Di sicuro Arethas lo avrebbe fatto.
-Io…
ho sentito che dicevate di cercare il nipote di quella donna. Mi chiedevo…-
-Conoscevi
quel ragazzo? Sai dove può essere?-
Sosthenes
scosse la testa –No. Però questa notte è scomparso anche mio fratello. In
realtà non so se sia scomparso, fatto sta che non riesco a trovarlo da nessuna
parte. Insomma, non intendo scomparso nel nulla, ma forse…-
“Diamine,
penserà che sono un idiota!” il ragazzo decise di tacere.
In
effetti lo sguardo dell’uomo tradiva una certa perplessità, ma dopo un po’ si
accorse che quell’atteggiamento non era dovuto alle sue parole. Il giovane di
fronte a lui pareva riflettere su qualcosa, la fronte appena aggrottata. Infine
quella ruga si distese quando tornò a guardarlo.
Sosthenes
decise di andare dritto al punto –State facendo delle indagini riguardo questa
faccenda?-
L’altro
indugiò nel dare la risposta –Sì, diciamo pure così-
Il
ragazzo gli si parò davanti –Permettetemi di aiutarvi! Per favore, farò
qualunque cosa mi sarà detto di fare, non vi sarò in alcun modo d’intralcio.
Per favore-
Gli
occhi azzurri dell’uomo scrutarono i suoi per un tempo che parve lunghissimo. Il
ragazzo confidava sul fatto che un aiuto avrebbe fatto comodo in quelle circostanze:
nessuno era così sprovveduto da accollarsi la ricerca di due ragazzi smarriti,
sempre ammesso che non ce ne fossero stati altri.
-Seguimi-
Disse
alla fine l’uomo, e riprese il cammino senza aggiungere altro mentre lui si
affrettava a corrergli dietro.
Si
allontanarono sempre di più dal centro abitato percorrendo strette vie e gole
profonde fino ad arrivare in un largo spiazzo deserto. Uno spettacolo
mozzafiato si rivelò agli occhi del ragazzo. Aveva sentito parlare di quel
luogo solo nelle antiche leggende. Il sentiero ripido tra le insenature delle
rocce, il marmo bianco dei templi che riluceva al sole, tutto era come l’aveva
sempre immaginato. Sosthenes non credeva ai suoi occhi.
-Questo…
questo è…!-
-Sì,
esatto. Benvenuto al Grande Tempio-
Il
Grande Tempio di Atene, il luogo di culto della Vergine guerriera. Molti erano
i racconti che Sosthenes aveva sentito narrare su Athena e i suoi Cavalieri, le
gesta degli eroi che avevano più volte salvato la terra. In realtà le
narrazioni di quelle battaglie memorabili erano andate perdute nel corso del
tempo, e lui aveva sempre creduto che non fossero altro che storie antiche,
nient’altro che leggende volte ad esaltare grandi eroi dei quali nessuno poteva
confermare l’esistenza.
Eppure
ecco che tutto era realtà, proprio lì davanti ai suoi occhi. Dopo la sorpresa
iniziale di fronte al complesso dei dodici templi, una nuova supposizione si
fece strada nell’animo del ragazzo. Si voltò a guardare l’uomo accanto a sé con
un timore quasi reverenziale e parve riconoscere solo allora chi si trovava di
fronte.
-Voi
siete dunque…-
-Saga
di Gemini, custode della terza Casa dello Zodiaco-
Per
un attimo Sosthenes ebbe la netta impressione di trovarsi in un sogno. Come
poteva essere altrimenti?
-Ti
vedo stupito, ragazzo- un leggero sorriso divertito illuminava il viso del
Saint di Gemini –posso assicurarti che è tutto reale. Finirai per farci
l’abitudine, suppongo. Se hai ancora l’intenzione di aiutarmi seguimi pure-
Quasi
Sosthenes non si accorse che il Cavaliere si stava allontanando; teneva ancora
gli occhi fissi sull’intero complesso, troppo stupito per ribattere.
Il
Tempio di Athena, i Saints… quelle erano le storie che avevano accompagnato la
sua infanzia. Adesso gli sembrava incredibile che tutto si fosse materializzato
davanti ai suoi occhi: si sentiva come risucchiato indietro nel tempo fino ai
tempi del mito, accanto a guerrieri valorosi e Dèi
senza pietà. Lui cosa ci faceva immerso in quelle vicende di sangue?
Sebbene
qualcosa gli dicesse che quello non era il suo posto si affrettò a seguire Saga
su fino al terzo Tempio. L’interno era semibuio nonostante la luce del sole al
di fuori, un’atmosfera pesante e carica di mistero aleggiava tra le mura di
marmo, come se quelle pareti facessero uno sforzo enorme per non gridare di
tutto il dolore e la morte a cui avevano assistito.
Sosthenes
si sentiva in soggezione mentre percorreva il lungo corridoio centrale, e si
sentì ancora più a disagio quando una nuova figura sbucò dall’ombra
squadrandolo con ostilità.
Il
nuovo arrivato era del tutto identico a Saga: esistevano solo alcune piccole,
impercettibili differenze tra loro, che solo un occhio esperto avrebbe potuto
cogliere; la più evidente in quel momento era l’espressione del viso: l’altro
lo scrutava come un leone che ha appena fiutato un intruso nel proprio
territorio.
Rivolse
una breve occhiata al Cavaliere e incrociò le braccia appoggiando il peso su
una colonna. Un sorriso sbieco gli distorse le labbra mentre continuava a
fissare l’ospite con aria di superiorità.
-Bè,
Saga… se proprio volevi portare in casa un randagio, avresti potuto scegliere
un cane-
Quello
era chiaramente l’unico benvenuto che Sosthenes avrebbe ricevuto da parte sua.
Saga
degnò il gemello di una fugace occhiata di rimprovero –Il randagio potrebbe aiutarci, Kanon-
Il
ragazzo si sentì perquisire dallo sguardo indagatore dell’uomo. Una scrollata
di spalle fu la sua prima risposta –Già, lo vedo. Allora, ragazzo, svelaci un
po’ di quest’oscura minaccia. Ne sai qualcosa, immagino-
Lui
fece per rispondere, ma Saga gli si era già parato davanti –Smettila. È
possibile che tu sia sempre così…-
Abbassò
il capo senza terminare la frase. Sosthenes aveva intuito una nota di disperata
rassegnazione nelle parole del Cavaliere. Gli fu subito chiaro che, qualunque
cosa fosse successa tra i due, il loro rapporto non era dei migliori. Tutto
l’opposto di lui e Arethas. Nel pensare al fratello gli si strinse lo stomaco
in una nuova fitta di preoccupazione.
Solo
dopo che si furono allontanati Saga gli rivolse una fugace occhiata colpevole.
-Perdonalo,
Kanon è fatto così. I rapporti sociali non sono mai stati il suo forte. Temo
che dovrai farci l’abitudine quanto prima-
In
poche parole: avrebbe dovuto imparare a convivere con chi avrebbe preferito la
compagnia di un cane alla sua.
Il
Cavaliere non approfondì l’argomento, tuttavia Sosthenes ebbe come
l’impressione che quell’uomo portasse dentro un gran peso, qualcosa che lo
tormentava a proposito del fratello.
Attraversarono
in silenzio le restanti Case prima di giungere nella sala in cui Athena li
aspettava già: la giovane si alzò dal trono rialzato non appena i due fecero il
loro ingresso nella stanza. Il suo viso tradiva una certa apprensione, non si
aspettava buone notizie.
Sosthenes
rimase in disparte mentre il Saint riferiva delle notizie apprese al villaggio:
a quanto pareva altri ragazzi erano spariti, e nessuno aveva idea di dove
trovarli. L’espressione della ragazza si fece ancora più grave, poi i suoi
occhi azzurri si spostarono sull’ospite.
-Tu
hai dunque promesso a Gemini di aiutarci a scoprire di più su queste
sparizioni?-
Sotto
quello sguardo si sentì subito sotto interrogatorio; nonostante quello si fece
avanti.
-Farò
tutto il possibile per esservi d’aiuto, potete starne certi-
Lei
lo scrutò a lungo quasi volesse scrutargli dentro per scoprire le sue
intenzioni –Potrebbe non essere semplice. Per quale motivo hai deciso di unirti
alle ricerche?-
Sosthenes
chinò per un attimo lo sguardo, subito dopo strinse i pugni con rinnovata
determinazione –E’ per via di mio fratello. Lui è tra i ragazzi scomparsi. Ho
promesso che l’avrei trovato e riportato a casa, a qualunque costo. Se posso
fare qualcosa per aiutarvi a ritrovarlo non mi tiro indietro-
Tra
la ragazza e il Cavaliere corse un breve sguardo d’intesa. La determinazione di
quel nuovo arrivato gli sarebbe stata d’aiuto, tuttavia la questione non era
semplice come poteva sembrare.
-Potrebbe
celarsi qualcosa di oscuro dietro queste sparizioni- la giovane strinse le
braccia al petto, il viso teso da una preoccupazione che non si era curata di
nascondere –non possiamo sapere a cosa andremo incontro. Forse…-
Non
terminò la frase. Sosthenes scrutò il Saint di Gemini: aveva dipinta in volto un’espressione
pari a quella della dea; i muscoli gli si erano irrigiditi quasi fosse pronto a
scattare contro un misterioso rivale.
-Temete
qualcosa in particolare, Signora?-
Aveva
preso la questione alla larga, facendo però intendere di volere una risposta
ben precisa.
Lei
sospirò, i suoi occhi vagarono alla ricerca di quelli di lui –Temo un
avversario più potente di un semplice criminale. Se così fosse sai cosa
potrebbe scatenarsi, Gemini-
Saga
annuì appena, riflettendo sulla rivelazione appena appresa.
Dal
canto suo, Sosthenes si stava rendendo conto che i due lo avevano tagliato
fuori dalla conversazione come se stessero decidendo da soli se valesse la pena
tenerlo con loro o meno. Non poteva perdere quell’occasione: se gli fosse stato
negato l’aiuto di chi combatteva per la sua stessa causa cosa ne sarebbe stato
di suo fratello?
-Se
credete che si stia preparando una battaglia- prese parola approfittando del
silenzio sceso nella sala –sappiate che non temo la guerra. Ho fatto un
giuramento e intendo mantenerlo, che voi mi concediate il vostro appoggio o
meno. Se proprio è una battaglia quella che dovremo affrontare allora
preparatemi, non chiedo altro-
Athena
e Saga lo scrutarono per un istante infinito.
-Essere
allenato qui, al Grande Tempio? Ciò che richiediamo ai nostri allievi va oltre
le capacità di un comune essere umano-
Il
ragazzo strinse i pugni: era facile capire che non avrebbe demorso fin quando
non avesse ottenuto ciò che voleva –Mettetemi alla prova. Se non sarò degno di
ciò che cercate allora me ne andrò senza intralciare oltre le vostre ricerche.
Ma datemi almeno una possibilità-
La
ragazza fece per ribattere, ma un gesto del Cavaliere bloccò la sua protesta.
Gemini lo squadrava come se avesse riconosciuto in lui qualcosa, come se lo
ritenesse davvero degno di perseguire quella lotta al fianco dei guerrieri
della dea vergine.
-Se
è questo che vuole allora sta bene. Una possibilità: ti accetto come allievo,
ragazzo, ti concedo una settimana per farmi vedere ciò di cui sei capace-
____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Eccoci qua, finalmente entrano in scena Saga e l’amore
fraterno di Kanon. Si vogliono tanto bene, non so se avete notato xD lo so, forse sono stata crudele a contrapporli a due
gemelli che, invece, si amano profondamente. Questo li metterà parecchio in
crisi.
Concentriamoci un po’ su Sosthenes: a differenza del fratello
lui è senza dubbio più forte, ma cosa dite: riuscirà a sopravvivere
all’addestramento del nostro Gemini? Lo scopriremo solo leggendo ;)
Vi ringrazio come sempre per seguirmi, adesso si aprono le
scommesse su quale dei due gemelli avrà vita più dura.
Come riferimento temporale la storia si svolge nel solito
ipotetico post Hades, tutti vivi, tutti felici (felici?), tutti a poter morire
allegramente insieme di nuovo, insomma.
Bon, passo e chiudo,
alla prossima
Rory_Chan