Un
giorno qualunque
Fece
vagare lo sguardo per il paesaggio circostante, facendo scorrere gli occhi lentamente
sulle distese rocciose che lo circondavano, quasi a volerle carezzare, immaginandosi
il continuo di quell’ambiente così immenso ogni volta che incappava in qualche
delimitazione visiva.
Un
rumore secco, seguito da un urlo acuto appena trattenuto – che aveva imparato a
riconoscere molto bene – lo distrasse dal suo immaginario peregrinare, facendolo
voltare e scorgere, così, l’elemento di
disturbo che aveva attirato la sua attenzione e che, da un po’ di tempo,
gli riempiva le giornate.
-
Dannazione!
- .
Sorrise
a quell’esclamazione astiosa, restando immobile a guardare la ragazza che
l’aveva pronunciata, osservandola mutare l’espressione del viso giovane in svariati
e pittoreschi bronci, la cui bocca sembrava lì per lì pronunciare una sequela
di imprecazioni, alcune tra le quali le aveva udite per la prima volta solo da
lei. Uno schiaffo morale alla grazia femminile che dimostrava, invece, in ben altre
circostanze, come quando, per esempio, si rivolgeva al fratello adottivo.
-
Maledetto
ramo dei miei stivali! – esclamò ancora la fanciulla, stringendo i pugni e
avventandosi sul ramo che le aveva procurato la caduta, spezzandosi
quando stava eseguendo una serie di addominali in cui stava servendosi
delle gambe come appiglio, mentre con le braccia teneva un peso di gran lunga
superiore a quella del suo stesso corpo. Probabilmente quella la causa che
aveva fatto cedere il suo strumento di esercitazione.
-
Al
diavolo! Porca di que… - .
Assottigliò
lo sguardo, pronto a sentirle uscire dalla bocca un’altra delle sue solite
frasi per niente ripetibili, quando la vide rivolgere lo sguardo, sottecchi,
all’altro osservatore dell’allenamento, che la stava scrutando attentamente con
i suoi occhioni verdi, un dito in bocca come di consueto – abitudine che proprio non riusciva a fargli
togliere, nonostante i continui rimproveri -
curioso probabilmente di sentirla continuare.
-
Porchetta
– capitolò, inaspettatamente, assumendo un’aria indifferente. – Ho voglia di
porchetta, questi allenamenti mi hanno sfiancata. Ce n’è in dispensa,
vero? – chiese al ragazzo di fronte a se, suo allenatore – nonché artefice
di quell’infame allenamento - lanciandogli uno
sguardo eloquente, chiedendogli così esplicitamente di reggerle
l’improvvisazione.
Sapeva,
il Grande Mu, di non doverle rispondere necessariamente, così si limitò a fare
un breve cenno con la testa, vagamente interpretabile sia come una risposta
negativa che positiva, abbastanza, insomma, da confondere l’attento fratellino,
che non era facile da imbrogliare.
La
vide darsi uno slancio e rimettersi subito in piedi, prendendo poi a incamminarsi
verso il palazzo, per poi abbassarsi, arrivata a colui che simpaticamente aveva
imparato a chiamare scricciolo, e
sottrarre alla bocca il dito di turno che era stato scelto da dare in
sacrificio ai denti.
-
Facciamo
merenda? – le sentì chiedere al fratello mentre gli
occhi si fermarono a osservarle la mano, sollevata per scompigliargli la folta
chioma rossa. Fu in quel momento che scorse nuovamente quella
grazia femminile a cui pensava prima, vedendo comparirle sul volto un
dolce e caldo sorriso, mentre, inaspettatamente, uno strano calore avvolgeva
contemporaneamente lui.
Ma
non vi diede peso, abituato com’era a non saper individuare sensazioni diverse
da quelle che già conosceva, e si limitò a seguirli all’interno della sua
dimora dello Jamir.
-
Uhm… -
pronunciò la sua allieva improvvisamente, subito dopo che ebbe sorseggiato un
altro po’ della cioccolata che si era versata precedentemente in una tazza,
dopo averne versata al fratello e dopo aver preparato a lui del thè – nonostante, come sempre, non gliel’avesse chiesto –
in un gesto puramente automatico, dettato dall’abitudine dell’esperienza che li
vedeva a convivere sotto lo stesso tetto durante i
periodi di addestramento.
-
Scotta? –
le chiese ingenuamente Kiki, incurante della bocca
sporca dovuta alla bevanda che, a differenza dei due adulti, aveva già finito.
Lei
sorrise, intenerita – aveva imparato anche a saper distinguere i suoi sorrisi - , privandosi del proprio tovagliolo per pulirgli la bocca,
scuotendo successivamente la testa.
-
No,
pensavo… - la sentì rispondere, mentre riprendeva a sorseggiare il suo thè, gustandoselo lentamente a occhi chiusi, come di
consueto.
-
A cosa? –
le chiese di rimando il piccolo, prendendo nuovamente a osservarla curioso.
-
Che manca
poco. Ancora un paio di giorni e tornerò a casa. – rispose semplicemente lei,
facendosi sfuggire l’espressione triste che si era dipinta
sul volto del bambino, tornando a guardare davanti, per riprendere a sorseggiare
la sua cioccolata.
Così
come le sfuggì il sussulto interiore che ebbe il suo
maestro. Non che sarebbe riuscita a scorgerlo - abile com’era a risultare tanto
imperscrutabile - se avesse voluto, ma una piccola speranza lui l’aveva covata,
per poi darsi dello sciocco e chiedersene il motivo non appena la razionalità
aveva fatto nuovamente capolino negli anfratti della sua mente complessa.
Il
tempo passava incredibilmente presto in compagnia. Era questo il motivo che
riuscì a individuare – e ad accusare - analizzando la propria reazione a quella
constatazione così inaspettata.
-
Devi
proprio andare via? - .
La
voce di suo fratello lo distolse dai pensieri, facendogli risollevare il viso e
aprire gli occhi.
-
Non puoi
proprio restare? - .
-
No,
scricciolo, non posso proprio. Il maestro ha bisogno di me per disciplinare i
nuovi allievi. – rispose lei, portandosi una ciocca di capelli ricci dietro ad
un orecchio, per poi voltarsi nuovamente verso di lui, poggiandogli una mano
sulla testa. – Ma torno presto, sai? –
continuò, vedendo lo sguardo del bambino rimanere diffidente. – Hai visto
cos’ho combinato oggi? Sono cascata come un frutto acerbo, e se lo fossi stata
davvero mi sarei anche spiaccicata al suolo… considerando il peso che
sostenevo… - pronunciò le ultime parole osservando con un’espressione cerea il
suo maestro, che le rivolse uno dei suoi soliti sguardi pacati, attraverso il
quale lei, comunque, riuscì a scorgerne un sorriso divertito. – Devo dunque
rimediare se voglio diventare più brava e forte! – esclamò con entusiasmo,
trascinando nell’euforia anche Kiki, che annuì
convinto, quasi come a volerle dare il suo appoggio quando si sarebbe trattato
di dover affrontare nuovamente l’allenamento.
-
Magari
nel frattempo tuo fratello tenta di dare pace alla sua vena sadica… - le sentì
dire ancora, più velatamente ma con accenni provocatori ben distinguibili,
facendogli aumentare l’impulso di concedersi una delle sue leggere risate.
-
Avresti
dovuto stare più
attenta – le rispose pacatamente, nonché gentilmente, lui, chiudendo gli occhi,
per riprendere a sorseggiare, un attimo dopo averle visto spalancare gli occhi
scuri – dal taglio fine e delicato – in un gesto di pura incredulità.
-
Naturalmente!
– fu la risposta sarcastica che ne seguì, mentre Kiki
guardava entrambi confuso, cercando di seguire un discorso a lui – ancor troppo
giovane – incomprensibile, e la risata di Mu si diffondeva nella camera.
Era
ormai partita da tre giorni.
Il
silenzio che regnava, incombendo con la sua pesante coltre sul territorio circostante,
ne era la conferma.
Nonostante
i continui rimproveri auto inflittisi, ancora gli capitava di pensare al motivo
di quello che sembrava essere – senza ormai alcun ombra
di dubbio – la causa del suo malumore. Il giorno che il maestro Shion – suo mentore, maestro e padre - teneva a celebrare
ogni anno come un giorno importante, lei, così attenta ad avvenimenti del
genere, se n’era dimenticata.
Scosse
la testa, dandosi nuovamente pena per gli sciocchi pensieri che gli stavano
occupando la mente da ormai un bel po’, venendo
distratto – fortunatamente – da Kiki, che acclamava
da un bel po’ di tempo – ora a gran voce – la sua razione di cioccolata
giornaliera. Capì dunque che, con quei presupposti, gli sciocchi pensieri,
incentivati, non avrebbero smesso di tormentarlo.
-
Sorpresa!
- .
Mai
sensazione diversa dalla perenne pacatezza che lo caratterizzava aveva contratto
la sua espressione. Eppure, in quel momento, la parola “stupore” poteva leggerglisi in faccia quasi a caratteri cubitali.
-
Credevi
che me ne fossi dimenticata, eh?? Dai… è vero che sai
essere terribilmente irritante e insopportabile quando indossi le vesti di
maestro inflessibile onnisciente… - .
Le
parole gli arrivavano confuse. Stentava quasi a comprendere il motivo di quella
visita tanto improvvisa quanto inaspettata.
-
Ma sei
anche… - s’interruppe, abbassando la testa in un segno di chiara indecisione. –
Mi sopporti. – pronunciò successivamente, continuando a tenere lo sguardo
lontano dal suo. – Mi accetti nonostante tutto… non posso non volerti bene! –
capitolò infine, ironizzando come suo solito, facendogli scappare un sorriso.
-
Buon
Compleanno, Mu! – si sentì dire, trovandosi inevitabilmente ad accettare poi –
non senza un minimo d’imbarazzo – il libro che lei aveva scelto – dopo un’indecisione
che sembrava volesse durare secoli - di regalargli.
Quando
si scostò dall’uscio per invitarla ad entrare per ripararsi dal freddo pungente
tipico dell’alba, si diede nuovamente dello sciocco – scadendo, con suo sommo
disappunto, nel ripetitivo –, voltandosi poi per chiudere la porta, considerando
il sole del nuovo giorno non qualunque, com’era abituato metodicamente a
considerare. Le sfumature calde tipiche dell’alba, quel giorno, acquisirono per
lui tutt’altro valore.
Angolo
dell’autrice…
Bwaaaaaa! *scoppia a piangere disperatamente*
Sono arrivata in ritardo al compleanno del mio ariete preferito!!!
[Suvvia… non importa ndMu]
[Ma come non importa?!? Scrivo una fan
fiction in cui te ne succedono di tutte i colori,
addestro le nuove adepte di Saint Seiya alla tua
adulazione, rubo (leggasi anche, prendo in prestito…) l’action figure che ti
ritrae da mio nipote… e poi… mi dimentico del tuo compleanno!!! ndHope]
[…
ndMu]
[…?
ndHope]
[Mi era sembrato di capire che fossi
arrivata semplicemente in ritardo… ndMu]
[Oh… ehm… *cof cof*…
uhm… ndHope]
[Ricevuto… ndMu]
[Ma continuo ad amarti lo stesso,
tranquillo ^__^’’ ndHope].
Dunque…
about this…
Come
anticipato nella presentazione, questo non è che un piccolo scorcio della vita
passata di Reiko (si è capito che è lei, no, anche se non viene
menzionata?) e Mu, nei primi anni della loro conoscenza (non proprio i primi,
primi, poiché lei si sbilancia con quel “ti voglio bene” finale… ma,
considerando che loro si conoscono da sette anni (volendo riferirci a “Somebody”) e che Kiki qui si
succhia il pollice (puccio puccioso
*__*), vi dico che orientativamente, pur non avendo stabilito un ordine
temporale, questa piccola parentesi ho immaginato potesse appartenere a 3-4
anni prima…
Pur
facendo riferimento a “Somebody - the begin” questa storia può considerarsi auto conclusiva. È un
semplice tributo a Mu, auguratogli da Reiko ^__^ Facendo riferimento a ciò che
ho immaginato potesse essere successo in passato…
Ve
la meritavate pure una scenetta un po’ “fuori” dai canoni di Somebody, per farvi capire anche “che tipo” di amicizia v’è
sempre stata tra i due, decidendo di raccontarvela (a differenza di Somebody) da un narratore esterno, che narri dell’uno e
dell’altra senza subire le manipolazioni che subirebbe un normale racconto
narrato da uno dei due, influenzato dai propri sentimenti.
Più
“obiettivo” dunque, senza tralasciare nulla di approfondito. Tutto a carte scoperte,
insomma, con qualcosa a libera interpretazione ^__- .
Spero
vi sia piaciuto, anche se non è stato nulla di
particolare, una cosuccia molto semplice e poco elaborata, da leggere senza
tener conto della storia originaria (come “Happy Birthday,
Capricorn!” per intenderci).
Ringrazio
anticipatamente chiunque avrà voglia di commentarla o anche leggerla soltanto.
Ribadendo:
In onore del Grande Mu, che ha compiuto gli anni il 27 marzo.
BUON COMPLEANNO, ARIETE!
HOPE87