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Autore: EmmaStarr    11/03/2016    4 recensioni
Se solo avesse potuto parlare, avrebbe gridato a quel minorato mentale di smetterla di trattarlo come se fosse il suo animaletto da compagnia, avrebbe ordinato di essere riportato dalla sua ciurma, avrebbe insultato Trafalgar in ogni lingua conosciuta e lo avrebbe obbligato a procurarsi una nave degna di questo nome. Avrebbe parlato per il semplice gusto di parlare, e di essere ascoltato.
Ma non poteva: ogni cosa che cercava di dire si traduceva in miseri guaiti o sordi ringhi che non potevano essere in alcun modo interpretati.
E tutti continuavano a crederlo morto.

* * *
Eustass Kidd non è certo il tipo che si lascia sconfiggere facilmente. Ma una nuova e terribile minaccia cala sulla sua vita all'improvviso, e in seguito all'incontro con un misterioso pirata viene trasformato in cane. Come reagirà un certo Chirurgo della Morte alla notizia della dipartita del suo amante? E se giusto quella sera Penguin e Sachi avessero accolto a bordo della nave uno scorbutico cane rosso fuoco?
* **
{KiddLaw} {Angst, drammatico}
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altro Personaggio, Eustass Kidd, Trafalgar Law | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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-Capitolo I-
 

Do you know what's worth fighting for
When it's not worth dying for?
Does it take your breath away
And you feel yourself suffocating

-21 Guns, Green Day



Erano due settimane che Kidd si trovava in quella situazione, e non era sicuro che avrebbe mai visto la fine di quell'incubo. Sporse la testa fuori dall'oblò e rimase lì per qualche minuto, beandosi di quel poco di aria fresca che aveva a disposizione prima che il sottomarino si immergesse di nuovo.

Oh, ma cos'aveva fatto per meritarsi un destino tanto atroce? D'accordo, aveva ammazzato un considerevole numero di persone, ma solo perché era stato provocato, andiamo! E la condizione in cui si trovava era così assurda e crudele che gli sembrava una punizione decisamente troppo pesante.

«Ah, sei qui! Sbrigati, che stiamo per tornare sott'acqua!» lo richiamò quella specie di ragazzino dal nome assurdo (perché va bene tutto, ma Penguin), e Kidd dovette abbandonare di malavoglia il suo punto di osservazione. Il cielo era particolarmente azzurro, quel giorno: non si vedeva neanche una nuvola.

«Dai, muoviti! Se fai il bravo scommetto che il capitano ti permetterà di stare in sala da pranzo mentre mangiamo: prima, quando gliel'ho chiesto, ha praticamente detto di sì!» continuò a blaterare il ragazzino, eccitato. Kidd fece del suo meglio per ignorarlo, ma non poté impedire a un ringhio soffocato di sfuggirgli tra le labbra. Dover dipendere dalla magnanimità di quel... di quel coglione che, pur facendosi chiamare pirata, non aveva nemmeno la decenza di navigare in superficie come i comuni mortali, era una condizione peggiore della morte.

Lanciò un ultimo sguardo vagamente nostalgico all'oblò e si voltò, zampettando senza voglia, mentre l'azzurro terso del cielo lasciava posto al blu ipnotizzante degli abissi.

«Bravo cagnolino!» esclamò allora Penguin battendo le mani. Kidd cercò di urlargli un insulto, ma non emise altro che uno stridulo abbaiare: possibile che neanche quello sapesse fare? Insomma, non riusciva ancora a capire come modulare il suono. Se solo avesse potuto parlare, avrebbe gridato a quel minorato mentale di smetterla di trattarlo come se fosse il suo animaletto da compagnia, avrebbe ordinato di essere riportato dalla sua ciurma, avrebbe insultato Trafalgar in ogni lingua conosciuta e lo avrebbe obbligato a procurarsi una nave degna di questo nome. Avrebbe parlato per il semplice gusto di parlare, e di essere ascoltato.

Ma non poteva: ogni cosa che cercava di dire si traduceva in miseri guaiti o sordi ringhi che non potevano essere in alcun modo interpretati.

E tutti continuavano a crederlo morto.

 

* * *

 

Due settimane prima, Great Line

 

 

Kidd sbuffò, seccato: possibile che avessero fatto così presto? D'accordo, per mare tendeva sempre a perdere il senso del tempo, ma arrivare a Binks con un'intera settimana d'anticipo non aveva precedenti: doveva assicurarsi in tutti i modi che lui non lo venisse a sapere, o lo avrebbe preso per il culo a vita. Paura di arrivare in ritardo per l'appuntamento, Eustass-ya? Ti mancavo così tanto?

«Allora, capitano! Cosa facciamo, adesso?» chiese Heat, sogghignando. «Ho sentito dire che su quest'isola facciano il sakè migliore di tutta la Great Line!»

Kidd annuì: gli sembrava di ricordare che avessero scritto addirittura una canzone su quel benedetto sakè. Beh, visto che erano lì... «E allora andiamo, ciurma! Stasera vedremo di distruggere qualche locale!» ruggì, battendo un pugno sul parapetto della nave. Dalla sua ciurma si levò subito un grido di giubilo, e persino Killer pareva soddisfatto dalla piega che avevano preso gli eventi. Kidd sogghignò: era sicuro che sarebbe stata una serata da non dimenticare.

Raggiunsero il primo locale che erano tutti già mezzi ubriachi: come, non è dato saperlo. Ma d'altronde si poteva dire di tutto sui Pirati di Kidd: che erano crudeli, sadici, assetati di sangue, dei mostri, anche. Ma bisognava ammettere che, quando si trattava di fare baldoria, ci sapevano davvero fare.

Successe all'apice del divertimento, saranno state le due di notte: un paio di uomini avevano già iniziato a spogliarsi, qualcuno ballava sui tavoli e il sakè scorreva a fiumi -su quello niente da ridire, era il migliore del mondo- quando alla porta d'ingresso fece la sua comparsa un uomo. Dire che avesse una corporatura massiccia era dire poco: per un soffio riuscì a infilarsi nell'apertura, e con la testa quasi sfiorava il soffitto. Kidd non era ancora ubriaco perso, e una parte del suo cervello si ritrovò impegnata a chiedersi cosa diavolo ci facesse un uomo tanto immenso e dall'aria così importante in una locanda sul punto di andare in pezzi come quella. D'altra parte lui non era certo uno facile da impressionare, e si dimenticò del nuovo arrivato appena distolse lo sguardo. Fu quindi con stupore che, qualche istante più tardi, sentì una mano che gli si appoggiava sulla spalla.

«Eustass Captain Kidd?» chiese una voce roca, contraffatta.

«Dipende da chi vuole saperlo» replicò Kidd, improvvisamente guardingo. Non gli erano mai andati a genio gli impiccioni: la sua fama non era sufficiente per tenersi alla larga da lui? Si voltò per fissarlo negli occhi, e si trovò suo malgrado costretto a inclinare la testa verso l'alto.

«Seguimi» ordinò l'individuo, dopodiché si voltò.

Kidd inarcò un sopracciglio, scettico: «Intanto, non ti permettere di darmi ordini» esordì. «E poi, io non vado proprio da nessuna parte. Mi sto godendo un po' di meritato riposo con la mia ciurma, e non ho nessuna intenzione di mollare tutto proprio adesso!» concluse quasi gridando. Ma lo sapeva, quell'imbecille, con chi aveva a che fare?

L'uomo si fermò e si voltò con studiata lentezza. «Porto un messaggio dal mio capo, Kaido» sillabò come se stesse confidando il più importante dei segreti. Poi ripeté: «Seguimi».

Kidd aveva pochi secondi per decidere se rimanere lì o se andare dietro allo sconosciuto. Il suo primo obiettivo in realtà non era Kaido, ma Shanks il Rosso. Sapeva che c'era già Trafalgar a occuparsi di lui, ed erano rimasti d'accordo sul fatto di non intralciarsi l'un l'altro. D'altra parte... che motivo poteva mai avere uno dei Quattro Imperatori per cercarlo? La situazione era fin troppo irresistibile, e Kidd non era mai stato un tipo cauto. Forse fu per l'alcol, o per l'eccitazione, o per semplice curiosità: fatto sta che alla fine il pirata scrollò le spalle e si decise ad andare dietro allo sconosciuto.

Lo raggiunse affrettando il passo, e mentre uscivano dal retro del locale gli poggiò una mano sulla spalla. «Allora, cosa...» iniziò, ma venne improvvisamente catapultato avanti, sbattuto contro un ammasso di legno e mattoni che una volta doveva essere stato una casa. «Ehi!» esclamò, furibondo, rialzandosi senza esitazioni.

«Ancora vivo?» sghignazzò l'uomo, riponendo un'arma dalle dimensioni di un lanciafiamme. «Allora sei davvero in gamba come dicono». Persino in quel vicolo scarsamente illuminato, i suoi occhi viola acceso sembravano brillare di luce propria. Aveva un aspetto completamente diverso da prima, adesso, un'aura molto più pericolosa.

Kidd non ci mise più di due secondi per richiamare a sé il maggior numero di strumenti di metallo che riuscì a trovare nei dintorni. Un ammasso di spade, fucili, posate, bulloni e molto altro si radunarono velocemente attorno alla sua figura, componendo una sorta di enorme mano meccanica. «Adesso apri bene le orecchie, pezzo di merda» sibilò, gli occhi ridotti a due fessure. «Mai mettersi contro il Capitano Kidd, sono stato chiaro?» gridò poi, facendo per scagliare quell'immensa mole di oggetti meccanici contro il suo assalitore.

Quello non parve minimamente impressionato. «Direi che il rosso ti si addice abbastanza bene, sì» mormorò quasi tra sé e sé. Chiuse gli occhi, come se si stesse concentrando molto intensamente su qualcosa. Kidd si preparò a sferrare uno dei suoi attacchi più potenti, quando l'uomo si fiondò contro di lui e lo sfiorò con il palmo della mano. Tutto il ferro che fluttuava nell'aria cadde a terra con un rumore assordante.

Sconvolto, Kidd cercò di richiamare a sé il suo potere, ma era inutile: oltretutto, quand'era caduto per terra? Cercò di rialzarsi, ma aveva le membra come intorpidite. «Cosa mi hai fatto, bastardo?» fece per gridare, ma dalla gola non gli uscì che un flebile suono strozzato. L'aveva solo toccato, maledizione! Com'era possibile che fosse stato messo a terra così in fretta?

L'uomo che gli si stagliava davanti si mise a ridere sguaiatamente. «Oh, un altro dei miei capolavori!» si vantò, allungando due mani simili ad artigli verso di lui.

In quel momento si precipitarono fuori dal locale tutti i Pirati di Kidd, attirati dal rumore. «Cos'è successo?» gridò Killer, trafelato.

Oh, era ora! Esultò internamente Kidd. Ma, invece di conciare per le feste quel bastardo grosso come un armadio, Killer gli parlò: «Scusa, hai visto da queste parti il nostro capitano? Capelli rossi, corporatura massiccia... non è stato lui a evocare tutte queste armi?»

Che stai dicendo? Sono qui! Voleva urlare Kidd. Ma Killer lo ignorò, rivolgendo uno sguardo preoccupato all'uomo che gli stava di fronte. «Ah, intendi Eustass Kidd? L'ho visto lottare contro un uomo vestito di nero. Si sono diretti verso la foresta» mentì quello con una facilità impressionante. E ancora più impressionante fu che Killer annuì a labbra strette, ringraziandolo. «Forza, ragazzi, andiamo!» gridò, e ben presto dei suoi uomini non rimase più traccia.

Kidd fece per corrergli dietro, ma si sentì afferrare dal suo avversario per... un momento: per cosa lo stava tenendo? Per la prima volta, Kidd si guardò le mani. Solo che non erano mani, erano zampe. Due zampe ricoperte da un folto pelo rossiccio. Fece risalire lo sguardo, sempre più sconvolto, e i suoi occhi incontrarono una pancia coperta da rada pelliccia rosso pallido, seguita da due zampe posteriori e -ma com'era potuto succedere- da una folta coda rosso fuoco, che il suo avversario teneva saldamente con entrambe le mani.

«Sorpreso?» rise quello, mettendo in mostra gli sporchi denti gialli. «È il potere del mio frutto. Riesco a trasformare le persone in animali, e viceversa» spiegò con baldanza, ignorando gli strattoni di Kidd, che lottava per liberarsi. «Inutile che ti sforzi, i tuoi poteri non torneranno» aggiunse, fissandolo con commiserazione. «A meno che, ovviamente, il grande Kaido non ti ritenga degno del... diciamo, giusto addestramento. Vedrai, ti abituerai in fretta al tuo nuovo corpo: da domani entrerai nell'armata degli animali da combattimento dell'imperatore Kaido!»

Kidd, che non ne aveva nessuna intenzione, reagì morsicando violentemente la mano dell'uomo. Quello gridò, ma prima che Kidd potesse rendersene conto sentì un forte dolore dietro la testa, e poi fu tutto nero.

 

* * *
 

Il mondo sapeva di plastica e ferro, e il caldo sembrava investirlo a intervalli regolari, come un'onda che non lasciava scampo. Poi arrivava dolore.

Kidd cercò di alzarsi in piedi, ma il risultato fu una specie di capriola storta che gli causò seri giramenti di testa, oltre che una musata contro il pavimento ruvido. Giusto, come aveva fatto a dimenticarsene? Ormai non aveva più nemmeno un viso da ferirsi, o due gambe su cui reggersi.

Alzarsi a quattro zampe si rivelò più semplice del previsto, e Kidd ebbe finalmente la possibilità di guardarsi intorno: si trovava in una piccola cella, illuminata da una fioca lampadina dalla tetra luce rossastra. Adesso abbaio, si ritrovò a pensare. Abbaio così forte che quegli stronzi saranno costretti a venire qua a prendermi a calci in culo. Poi scapperò, insomma, mi inventerò qualcosa.

Prese fiato e fece per dar fondo ai polmoni, quando la porta della cella si aprì con uno scatto. «Ah, siamo svegli, allora! Bene, bene, Kidd: sapessi quante cose abbiamo da fare...» esordì un uomo. Aveva un aspetto molto diverso da quello che l'aveva trasformato: era basso e grassottello, e il suono della sua voce infastidiva Kidd oltre ogni misura. Sembrava più o meno... come un'oca col raffreddore, sì. Kidd si stupì di questa considerazione, temendo già che l'istinto canino stesse prendendo il sopravvento su di lui. Cercò di darsi un contegno e ringhiò: oh, questo gli veniva bene, considerando che aveva praticamente passato tutta la vita a ringhiare. Solo, sotto forma di cane veniva molto meglio.

«Ringhia pure quanto vuoi, ora però è il momento di portarti dal capitano Jacob Moore! Quindi mettiti questo qui, e...» disse, armeggiando con uno strano affare. Kidd capì troppo tardi di cosa si trattasse, ed era ancora troppo debole per opporsi adeguatamente: fu questione di pochi istanti, e si trovò ingabbiato in uno stretto guinzaglio. Una guinzaglio a lui, Eustass Kidd! Inghiottì la bile e si fece trascinare dall'uomo fuori dalla cella, verso l'esterno.

Capì subito di essere in mare. Prima era ancora un po' stordito, ma appena mise la testa fuori dalla stanza lo riconobbe: era l'odore del mare, cento volte amplificato dal suo nuovo, sensibilissimo olfatto. L'odore fresco e frizzante dell'aria salmastra, la salsedine appiccicosa e il sale tra i capelli. O la pelliccia, ecco. Era decisamente su una nave.

Raggiunsero il ponte, con Kidd che continuava a strattonare il guinzaglio e a rendere più difficile il lavoro del suo carceriere, ed entrarono in una piccola stanza arredata elegantemente. «Si è svegliato, Capitano Moore!» esclamò quello, gongolando. «E non sono passati neanche due giorni! Non è incredibile?»

Kidd voltò la testa di scatto: aveva sentito un nuovo odore, e non gli piaceva per niente. Appena riuscì a mettere a fuoco, poi, ne capì subito il motivo: si trattava dell'uomo che lo aveva trasformato! La sua stazza immensa era impossibile da non notare. In quel momento Kidd aggiunse alla lunga lista per cui lo avrebbe fatto fuori anche il fatto di aver ottenuto un olfatto tanto sviluppato: il suo odore nauseabondo gli faceva venir voglia di vomitare, era un misto di frutta marcia e pelliccia bagnata. Jacob Moore, eh? Si fece l'appunto mentale di non dimenticarsi di quel nome. «Solo due giorni? Abbiamo un cane davvero speciale, qui, dico bene?» latrò l'uomo, sorprendentemente allegro. «Adesso devo scendere, stiamo facendo scalo sull'isola di Arō. Potrei portarmelo dietro, così cominciamo subito» propose. Kidd strattonò il guinzaglio con tutte le sue forze, e l'uomo che lo stringeva dovette usare tutte e due le mani per trattenerlo.

Moore si accigliò immediatamente. «Cosa... cosa sta facendo?»

«Non è stato calmo un secondo» sbuffò il suo carceriere. «Continua a tirare, ringhia... non è una cosa normale?» domandò poi, notando l'allargarsi dell'espressione adirata dell'uomo.

Se ti aspettavi che me ne stessi buono buono ad aspettare i tuoi comodi caschi male, stronzo, pensò Kidd, ringhiando più che poteva.

«Significa che la droga non ha avuto effetto? Di solito non ricordano nulla, e sono sempre incredibilmente docili!» tuonò Moore, in collera. Droga? Kidd non era certo di aver capito tutto, ma il fatto di essere immune a una roba del genere lo inorgogliva parecchio.

Approfittando del momento di distrazione, diede un forte strattone al guinzaglio e si liberò dalla presa dell'uomo; allora si voltò e corse di gran carriera verso l'uscita. Moore aveva detto che stava per sbarcare, giusto? Allora dovevano essere già vicini a riva. Conosceva vagamente l'isola di Arō: di certo, una volta là, avrebbe escogitato qualcosa.

Udì delle voci dietro di lui che gli intimavano di fermarsi, ma si guardò bene dall'obbedire, e in men che non si dica fu a terra.

Finalmente un vantaggio della sua nuovissima condizione: la velocità. Schizzava tra le gambe della gente come se non avesse fatto altro in vita sua, evitando gli ostacoli con salti vertiginosi. Ringraziò di non essere stato trasformato in un barboncino qualsiasi: era abbastanza grande, anche se non quanto avrebbe voluto. Arrivava appena alle ginocchia dei passanti, ma riusciva in ogni caso a guadagnare sempre più terreno sui suoi inseguitori. Era quasi convinto di avercela fatta, quando si sentì spingere violentemente in avanti. Sbatté la schiena contro il muro del vicolo in cui si trovava e rimase a terra per qualche istante, stordito. Solo allora si rese conto del sangue che si spandeva copioso sotto di lui, e del dolore proveniente dalla zampa destra davanti.

Sentì una voce gridare «L'ho preso!», e qualcun altro complimentarsi con lui. Kidd ringhiò, e in qualche modo riuscì a rialzarsi, tremando. Ignorò la fitta alla zampa e piantò lo sguardo negli occhi di Jacob Moore, appena accorso sul luogo, l'aria affannata. Cercò di concentrarsi sulle possibilità di fuga che gli rimanevano: se fosse riuscito ad oltrepassare i tre uomini che aveva alle spalle... «Allora, qualcuno mi spiega cosa sta succedendo?» gridò l'uomo, il fiato corto. «Quando mai si è visto uno di loro che... che si ribella, ringhia, morde, scappa? Ma se non funziona, beh, è inutile: abbiamo sprecato un mese per niente, ve ne rendete conto?» Kidd si chiese confusamente cosa intendesse con quell'affermazione: un mese intero? In che senso? Lo avevano spiato prima di trasformarlo, o... Ma i suoi pensieri vennero interrotti dall'ultima frase di Moore. «A questo punto, tanto vale ucciderlo. Sbrigatevi, prima chiudiamo la questione meglio è. Kaido mi ammazzerà» sbuffò, agitando la mano.

Kidd vide solo lampi di coltelli e ghigni spaventosi, e prima che potesse solo pensare di muoversi il dolore esplose in mille piccoli fuochi d'artificio in ogni angolo del suo corpo.

Dopodiché, il vuoto.

 















Angolo autrice:
Salve a tutti! Era tantissimo che non pubblicavo qualcosa in questo fandom, e quale occasione migliore per tornare che una KiddLaw nuova di zecca? Sto lavorando a questo progetto da davvero tanto tempo, e ora che ho quasi completato le scene finali mi sono decisa a iniziare a pubblicare il primo capitolo. Spero vi sia piaciuto! Trovo che Kidd sia un personaggio stupendo, e mi piace troppo immedesimarmi in lui... spero non abbiate trovato il suo linguaggio un po' troppo, uhm, scurrile. Dovevo calarmi nel personaggio, capitemi ù.ù
Nel prossimo capitolo assisterete alla reazione di Law... come credete che si comporterà nello scoprire che il suo bello è stato brutalmente assassinato? (questa è la ragione principale per cui ho scritto questa storia. Law disperato perché Kidd è morto, quel genere di disperato che è tuto no-non-me-ne-frega-un-cazzo-giuro ma in realtà è morto dentro. Vedrete, vedrete!)
Grazie di cuore a chi è arrivato fin qui, ci riaggiorniamo venerdì prossimo!
Un abbraccio
Emma
  
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