Titolo:
In the rain
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng
Genere: fluff, romantico
Rating: G
Avvertimenti: oneshot
Wordcount: 830
(Fidipù)
Note: Questo è il risultato venuto dopo aver ascoltato
initerrottamente questo
video tutto il giorno; si può dire che questo sia una specie di
prequel della mia fanfiction Miraculous
Heroes, ma può anche essere letto da solo e...beh sì, è la
rivistazione di una certa scena e a parte questo non so che altro dire:
buona lettura!
«E’ tutto finito, Tikki.» mormorò
Marinette, sdraiata sul suo letto e con lo sguardo rivolto verso il
soffitto: «Abbiamo sconfitto Papillon, Parigi è al sicuro...» la ragazzina
si fermò, socchiudendo gli occhi: «E’ tutto finito.»
La piccola kwami ridacchiò, volandole davanti il viso: «Non è finito
niente, Marinette. Questo è stato solo l’inizio.» dichiarò Tikki,
adagiandosi poi sul cuscino e imitando la posa dell’umana: «In tutta la
mia vita, ho imparato che c’è sempre bisogno di Ladybug e Chat Noir, c’è
sempre bisogno di due eroi che proteggono chi non ha poteri.»
La ragazza abbozzò un sorriso, voltandosi a osservare la sua kwami:
«Papillon era il padre di Adrien…» bisbigliò, quasi come se avesse timore
che nelle ombre della propria camera si celasse qualcuno che potesse
ascoltarla.
«Non l’avresti mai detto, eh?»
«No.»
Il rombo di un tuono le fece trasalire entrambe: Marinette si issò a
sedere, osservando il cielo plumbeo che s’intravedeva dalla botola che
dava sul terrazzino: «Meglio chiudere, altrimenti ci ritroviamo tutta la
camera allagata.» scherzò Tikki, mentre la ragazza annuiva e si alzava per
fare ciò.
Allungò una mano per prendere la maniglia della botola, ma la sua
attenzione fu catturata dalla figura nera che, completamente a suo agio,
si godeva il panorama dal terrazzino: «Chat Noir?» esclamò, sorpresa di
trovarsi l’eroe – e suo partner – lì.
Il giovane mascherato si voltò, abbozzando un sorriso: «Buonasera.» la
salutò cordialmente, tornando poi a osservare la figura mastodontica di
Notre Dame: «Sembra stia per piovere…»
Marinette salì i pochi gradini che rimanevano, affiancando il giovane:
«Perché sei qui?» domandò, cercando di trovare una motivazione logica alla
sua presenza lì: non c’era nessun akuma, nessun cattivo che la minacciava,
nessun pericolo che richiedeva la presenza di Chat Noir.
«Chissà…» mormorò il ragazzo, facendo scivolare lo sguardo verde su di lei
e abbozzando un sorriso: nessuna battutina, nessuna chiacchiera senza
senso.
Stranamente silenzioso.
Le prime gocce di pioggia caddero, creando piccoli aloni scuri sulla
maglia bianca della ragazza: «Da quanto lo sai?» domandò Marinette,
abbassando lo sguardo e portandosi indietro una ciocca nera.
«Mmmh…» Chat inclinò la testa, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé: «Non
so quando l’ho capito veramente: ci sono state varie cose che mi hanno
portato alla soluzione.»
«Perché non me l’hai mai detto?»
«Perché tu avevi deciso di tenere nascoste le nostre identità.» dichiarò
il suo partner, abbozzando un sorriso e grattandosi il naso con il dito
guantato di nero: «E i desideri della mia lady sono ordini.»
Marinette annuì, alzando la testa e offrendola alla pioggia: «Aspetta
qui.» ordinò, dirigendosi verso la botola che portava alla sua stanza:
scese velocemente le scale e iniziò a cercare un ombrello nella sua
stanza, finché non ne trovò uno.
Uno che era legato a un ricordo importante.
Tenne fra le mani l’oggetto dalle tonalità scure: non aveva mai avuto
occasione di ridarlo indietro.
Ogni volta che aveva tentato, la sua lingua si era impastata e lei non
aveva saputo mettere insieme due parole di senso compiuto; poi era
scivolato in fondo all’armadio e lei si era scordata di darlo al legittimo
proprietario.
Sospirò, stringendolo al petto e sorridendo alla kwami, che fluttuava a
mezz’aria con lo sguardo preoccupato: «Va tutto bene, Tikki.» dichiarò,
dirigendosi verso le scale e salendole velocemente: Chat era ancora fermo
lì, con le gambe divaricate e ben piantate per terra, la figura snella e
atletica, lo sguardo rivolto verso Parigi.
«Chat?»
Il ragazzo si voltò, studiando i suoi movimenti mentre lei apriva
goffamente l’ombrello nero: «Io avevo paura…» mormorò Marinette,
tenendo la testa bassa: «Questa storia della supereroina, di proteggere
Parigi…Io avevo paura, per questo non volevo rivelarti chi ero…» spiegò,
abbozzando un sorriso e alzando il viso: «Perdonami, forse sarebbe stato
tutto più facile, sapere chi eravamo veramente.» dichiarò, offrendo
l’ombrello al giovane.
Chat la fissò, mentre le labbra gli si distendevano in un sorriso aperto e
sincero.
Lei conosceva quel sorriso…
Lei sapeva di chi era quel sorriso.
Un tuono rimbombò in lontananza, facendola sussultare, mentre il ragazzo
allungava la propria mano e sfiorava le sue dita, prima di prendere
l’ombrello dalla sua stretta.
Marinette rimase a osservarlo, senza poter dire una parola: adesso sapeva.
Adesso aveva capito.
Chat le sorrise maggiormente, quasi come se leggesse la consapevolezza
nello sguardo di lei.
E poi successe: come se fosse animato di vita propria, l’ombrello si
chiuse, inghiottendo Chat al suo interno – come era già successo una
volta. Come era già successo quella volta, a ruoli invertiti – e Marinette
scoppiò a ridere, mentre il giovane mascherato faceva capolino da sotto
l’incerata nera e ridacchiava divertito con lei.
«A domani, allora.» mormorò Chat, sfuggendo alla presa famelica e saltando
giù dal balcone.
Marinette l’osservò usare il bastone per raggiungere il tetto di una casa
e poi sparire dietro di essa: «A domani.» bisbigliò, voltandosi e
raggiungendo la botola, chiudendola dietro di sé.
«Finalmente gliel’hai reso.» dichiarò Tikki, raggiungendola subito e
sorridendo alla sua protetta.
La ragazza si voltò indietro, sorridendo: «Sì.»